Cosa è successo a BilBOlbul 2015

La pigrizia mi spingeva a pensare che non avrei mai scritto un reportage da BilBOlbul, tant’è che sono partito per Bologna senza macchina fotografica e non ho utilizzato il cellulare per scattare foto nemmeno una volta in tutto il festival. Una volta tornato a casa, la responsabilità ha avuto però la meglio sulla pigrizia, perché sarebbe stato davvero un peccato non scrivere di un festival con un programma così ricco, delle mostre così curate, degli ospiti così interessanti. E così mi sono messo alla tastiera e ho immolato qualche ora della mia vita per scrivere queste righe. Mi scuso anticipatamente per sciatterie, approssimazioni o eventuali inesattezze, dovute probabilmente alla fretta con cui ho buttato giù il tutto. Ho sopperito all’assenza di foto chiedendone alcune in prestito e ringrazio tutti coloro che hanno contribuito. Ah, per chi non lo sapesse BilBOlbul si è svolto dal 19 al 22 novembre scorsi ed è stato organizzato come sempre dall’associazione culturale Hamelin. Alcune delle mostre sono ancora aperte e quindi avete ancora la possibilità di visitarle se avete mancato l’evento dello scorso weekend.

VENERDI’ 20 NOVEMBRE – Salto il programma del giovedì perché non c’ero e mi sono perso diverse cose interessanti, come la tavola rotonda Sociali o dissociati, l’incontro con Giacomo Nanni che fungeva da preludio all’inaugurazione della sua personale, la serata Il racconto breve a fumetti con ospiti Bianca Bagnarelli, Lilli Carré, Joe Kessler. Venerdì sono  arrivato a Bologna durante le ultime battute di un’altra tavola rotonda, Draw It Yourself, in cui un gruppo di autori ed editori coordinati da Volker Zimmermann discuteva delle diverse modalità di fare autoproduzione. L’ultima parte della chiacchierata è andata ad approfondire l’interazione autoproduzioni-istituzioni, tra apocalittici (Breakdown Press, la Ion Editions di Benoît Preteseille) e integrati (i lettoni di kuš!, per esempio). Il tutto si svolgeva all’Accademia di Belle Arti, e così ne ho approfittato per scendere le scale e guardare la mostra di Giacomo Nanni, insieme a quella di Magnus (ne parlerò in seguito) indubbiamente la più curata e completa delle mostre di BilBOlbul, con tantissime tavole originali, un bell’apparato critico e la possibilità alla fine di sedersi a leggere uno dei libri dell’autore. Curiosa la parte finale con alcuni quadri datati 2015 in cui è possibile ammirare un Nanni in chiave completamente pop art. Di seguito, dopo aver dovuto rinunciare all’incontro Anubi con il duo Taddei-Angelini e Spugna, che tardava purtroppo a iniziare, mi sono spostato alla Scuola di Lettere per Stop and Motion, conversazione con Lilli Carré guidata da Ilaria Tontardini in cui si è parlato del fascino della storia breve, di animazione e molto altro, in una sala gremitissima, mentre fuori risuonavano le urla sconsiderate di giovanotti appena diventati dottori (erano in corso le sessioni di laurea), opponendosi in maniera netta all’estrema compostezza della Carré.

Lilli Carré

L’incontro con Lilli Carré (foto di Emanuele Rosso)

Eccomi dunque a Modo Infoshop ad ascoltare Olivier Schrauwen, per me uno dei migliori autori sulla piazza al momento, anche se in questa occasione non è stato certo spumeggiante, forse perché annoiato da qualche domanda troppo ripetitiva, forse perché non ama parlare del suo lavoro in pubblico, forse perché chissà… Nonostante tutto sono emerse diverse cose interessanti sul processo creativo del suo capolavoro Arsène Schrauwen, edito da Fantagraphics e che avevo messo in prima linea nel mio Best of dell’anno scorso. La mancanza del dono dell’ubiquità mi ha invece impedito di presenziare al contemporaneo incontro per la presentazione del nuovo B Comics, intitolato Gnam! e dedicato al cibo, con la partecipazione dell’editore Maurizio Ceccato e di parecchi degli autori dell’antologia. Peccato. La sera è proseguita con una serie di inaugurazioni nel quartiere San Vitale, a partire dal Museo della Musica dove c’era Movimento minimo di Lilli Carré, autrice che stilisticamente non è proprio la mia “cup of tea”, anche se la mostra era ben curata con alcune storie brevi addirittura tradotte in italiano per l’occasione, un po’ di illustrazioni e anche qualche lavoro di animazione. Mi sono dunque spostato alla mostra Breakdown Press, gremitissima, con le tavole appiccicate al muro con lo scotch e senza nessuna protezione, cosa che lasciava intendere l’energia, la voglia di fare, la praticità di questi ragazzi inglesi. Forse un po’ di contesto e di apparato critico in più non avrebbero guastato, ma pazienza, non si può avere tutto dalla vita. Le tavole erano di Antoine Cossé, Joe Kessler e Richard Short, tutte belle e interessanti, anche se a essere particolarmente degne di nota erano quelle di Kessler, che mettevano in luce il processo di disegno e “ridisegno” che porta al risultato finale delle pagine del suo Windowpane (di cui esordiva a Bologna il terzo numero). Uscito da lì, mi sono diretto al vicino Museo Davia Bargellini per la curiosa mostra di Benoît Preteseille, che si è divertito a spostare gli oggetti del museo intervallandoli a volte con i suoi disegni, tanto che sembrava di giocare a Where’s Wally?. Le idee e le trovate di Preteseille erano meglio chiarite in un libretto stampato appositamente dalla sua Ion Editions, di cui potete vedere la copertina qui sotto.

E' tutto vero

 

Ho perso invece, e non sono più riuscito a recuperarla, la mostra Poema barocco di Renato Calligaro ad ABC Arte Bologna Cultura (me ne hanno parlato tutti benissimo), e l’inaugurazione della Porta del Sì (appunto all’Atelier Sì) disegnata da Martoz, che però sono riuscito a vedere subito dopo. Questo qui sotto è lo stesso Martoz che dipinge sulla porta, immortalato da Emanuele Rosso.

Martoz Sì

SABATO 21 NOVEMBRE – La giornata inizia nella Biblioteca Salaborsa, dove oltre alla lunga tavolata in cui si vendevano fumetti vari, con un occhio di riguardo agli autori presenti al festival, c’era anche uno spazio dediche e BBBZine, cioè la mostra mercato di autoproduzioni internazionali con Breakdown Press, Tieten Met Haar, kuš!, Peow Studio, Jean Guichon Editeur, Ion Editions. Ma nemmeno il tempo di dare un’occhiata ai prodotti cartacei che bisognava già prendere posto per Qui e oltre, incontro o meglio conferenza di Richard McGuire, artista che ha talmente tante cose da dire che non ha bisogno che gli vengano poste domande, infatti fa tutto da solo, riuscendo anche a ridere alle sue stesse battute. La scaletta, scandita di tanto in tanto dagli interventi di Franco Minganti, ha ripreso grosso modo quella dell’incontro di Lucca, concentrandosi però più su Here e meno sulle altre opere come le copertine del New Yorker. Si sono invece visti alcuni dei lavori fatti sulle copertine della sua band Liquid Liquid, che a Lucca erano rimasti nel cassetto (anzi, nell’hard disk). Ma la principale differenza rispetto a Lucca è stata la presenza del pubblico, infatti se un mesetto fa gli ascoltatori scarseggiavano, l’Auditorium della Salaborsa era strapieno con gente anche in piedi. Ma non c’è da stupirsi, tanta è la differenza di target e di contenuti tra le due manifestazioni.

Here Bologna

“Qui e oltre”, qualche minuto prima (foto di Roberta Muci)

Stesso scenario dell’Auditorium per Mirabilia, conversazione tra Preteseille e David B coordinata da Alessio Trabacchini. La discussione è stata viva e interessante, buona anche per approfondire un autore come Preteseille che francamente conoscevo pochissimo prima di BilBOlbul. David B ha parlato un po’ dei suoi progetti futuri e un po’ de Il grande male, cosa che non guasta mai. Ma si è parlato anche di sogni, di Alfred Kubin e molto altro ancora. Se non sbaglio è a questo punto che, affrontando la pioggia torrenziale e ininterrotta di sabato, sono andato a vedere la mostra di Martoz aperta presso la galleria/negozio di dischi/libreria/bar Ono Arte Contemporanea, ben consapevole che il giorno successivo non avrei potuto presenziare all’inaugurazione a causa dell’orario non in linea con quello del mio treno di ritorno. Poche le tavole, otto se non sbaglio, ma comunque bellissime per il modo in cui sono disegnate selvaggiamente a matita, tanto che sembrano realizzate sui banchi di scuola. Tutte erano tratte dal nuovo libro dell’autore, Remi Tot in STUNT, presentato in anteprima a Bologna da MalEdizioni. Tutto ciò mi ha impedito di seguire l’incontro con Vincenzo Filosa (che avevo però già ascoltato a Lucca) ma non quello tra Giacomo Nanni e il duo Enrico Fornaroli-Gino Scatasta, segnato da un’approfondita analisi dell’ultimo lavoro dell’autore, Prima di Adamo, edito da Canicola. Al calare della sera è arrivato nuovamente il momento dei vernissage, in primis quello assolutamente mondano di Magnus e l’altrove. Favole, Oriente, leggende presso una Fondazione del Monte piena di pellicce, permanenti, cravatte e non so cos’altro, con gli ospiti intenti a sgomitare per accaparrarsi bevande e vivande, nemmeno fossimo in un film di Ferreri o di Fantozzi (scegliete voi l’opzione preferita). A parte questo, la mostra è assolutamente notevole, e dato che è aperta fino a gennaio se passate per Bologna vi consiglio di andarla a vedere. La prima parte era dedicata al Magnus prima di Magnus, come suggerisce il titolo del libro edito da Alessandro Distribuzioni e regalato a tutti i presenti all’inaugurazione (troppa grazia), focalizzandosi su alcune illustrazioni realizzate per favole per ragazzi. La seconda invece era incentrata sul Magnus maturo con una serie di tavole tratte da I Briganti, Le 110 Pillole, Le femmine incantate ed era davvero pazzesca.

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Altra inaugurazione di sabato quella di Ciao, sono O. Schrauwen, bella personale del fumettista belga che permetteva di studiare il lavoro di taglia e incolla fatto sulle tavole originali di Arsène Schrauwen, di guardare un po’ di pagine da Il mio bimboMowgli’s Mirror Greys, e anche di leggere le versioni stampate di Cartoonify, pubblicato da Squadro Stamperia in edizione limitata e firmata dall’autore in occasione della mostra, e del comic book Zaadmat Magazine uscito negli USA per Desert Island. E visto che mi trovavo lì, ho anche potuto dare un’occhiata ai lussuosi portfolio realizzati da Squadro per la Galerie Martel di Parigi, come quelli di Burns, McGuire e Spiegelman. La raffica di inaugurazioni continuava con quella di Andrea Bruno a Dynamo alle 22, ma la folla era veramente tanta e la mostra era strutturata in modo da permettere l’entrata soltanto a un numero limitato di persone per volta. Alla fine ho rinunciato, rimandando il tutto alla mattina seguente.

DOMENICA 22 NOVEMBRE – E infatti ho iniziato la giornata di domenica proprio andando a vedere Cinema Zenit di Andrea Bruno, dove le tavole originali erano del tutto assenti per lasciare spazio a una performance che, cito dal programma ufficiale, “vuole ricreare con video, sonorizzazioni e scenografie l’atmosfera e gli eventi della storia”. E posso dire che ci riesce egregiamente, a partire dalla location, una serie di caverne oscure dove inizialmente il visitatore si trova al buio, senza riferimenti né coordinate, e da cui pian piano emergono installazioni, proiezioni e musiche, con un effetto complessivo avvolgente e ben riuscito. Di seguito un paio di foto che spero possano rendere almeno un po’ l’idea.

Andrea Bruno 1

Foto di Roberta Muci

Andrea Bruno 2

Foto di Elena Orlandi

Uscito da Cinema Zenit, mi sono diretto verso Les Libellules, studio di sartoria artigianale che ospitava Wislawa Szymborska. Si dà il caso che io sia qui, con le tavole tratte dall’ultimo lavoro di Alice Milani per Becco Giallo sulla poetessa e artista polacca premio Nobel nel 1996. La Milani si è divertita non solo a ricreare lo stile dei collage dell’artista polacca all’interno del suo libro, ma anche ad abbellire le pareti dello spazio espositivo, come potete vedere qui sotto.

Alice Milani 1

Foto di Roberta Muci

Alice Milani 2

Foto di Roberta Muci

A quel punto era quasi mezzogiorno e dopo una breve sosta nell’epicentro della Salaborsa, era ora di spostarsi verso la libreria Trame per vedere la presentazione di Cocktails – After Dinner, secondo capitolo della quadrilogia sui cocktail ideata da Studio Pilar. Presenti i quattro artisti del collettivo, ossia Giulio Castagnaro, Andrea Chronopoulos, Andrea Mongia e Giulia Tomai, intervistati da Simone Sbarbati di Frizzifrizzi e con Alessio Trabacchini in versione barman. Infatti trattandosi di cocktail, si è ben pensato non solo di parlarne ma anche di farli assaggiare al pubblico, che così ha potuto sperimentare classici come il White Russian o chicche misconosciute come lo Champs-Élysées. Confidenziale, vivace, allegra, la conversazione è filata liscia tra un bicchierino colorato e l’altro.

pilar a bilbolbul

BilBOlbeve (foto di Studio Pilar, gioco di parole tutta colpa mia)

Neanche il tempo di finire la chiacchierata e sono passato al Cinema Lumière per la proiezione/incontro che vedeva protagonista ancora Richard McGuire, questa volta non per parlare di Qui ma dei suoi lavori di animazione. Sono stati proiettati l’episodio del film collettivo Fear of the Dark firmato da McGuire, caratterizzato da una forte opposizione bianco/nero e da uno stile retrò, e il corto Micro Loup che utilizzava la stessa visuale dall’alto di cui McGuire si servì per il suo fumetto breve ospitato sul tredicesimo numero di McSweeney’s, quello dedicato al fumetto e curato da Chris Ware. E non a caso l’incontro si intitolava Points of View. A seguire una conversazione con l’autore, sollecitato da Andrea Martignoni, interessante anche per chi come me non ama particolarmente (forse è un eufemismo nel mio caso) il cinema di animazione. Peccato aver dovuto abbandonare la discussione prima del tempo per spostarmi alla Feltrinelli Ravegnana per assistere all’incontro con Alessandro Tota. Argomento Il ladro di libri, ultimo lavoro uscito per Coconino, frutto della collaborazione con Pierre Van Hove, che doveva essere presente all’evento ma che è rimasto in albergo fermato dalla febbre. L’autore di Yeti e Fratelli è riuscito comunque a cavarsela benissimo da solo, raccontando l’incontro con Van Hove, la genesi del libro, lo scenario culturale in cui è ambientato, il modo in cui sono stati costruiti i personaggi e tanto altro. Il prolungarsi dell’incontro con Tota mi ha fatto perdere l’inizio di Breakdown Press. Il nuovo fumetto a Londra, in cui Richard Short e Joe Kessler dialogavano con Volker Zimmermann dei loro lavori e del progetto editoriale Breakdown, una delle migliori realtà editoriali internazionali del momento. Pur arrivando da Modo Infoshop in ritardo sono comunque riuscito a sentirne una parte, in cui si è detto del modo di Short di inserire citazioni nelle vignette del suo Klaus, della storia scritta insieme a Reuben Mwaura pubblicata su Windowpane #2 di Kessler e di qualche altro argomento che ora non mi sovviene. A quel punto, mentre si inaugurava la stanza disegnata da Alice Socal all’hotel Al Cappello Rosso e si proiettava il documentario Ho conosciuto Magnus, io ero sul treno di ritorno.

APPROFONDIMENTI – Il blog della manifestazione sta pian piano pubblicando diversi reportage fotografici. Per guardare qualche altra foto e leggere un esaustivo resoconto che approfondisce soprattutto le diverse mostre, vi consiglio questo articolo di Alessandra Ioalè. A proposito di Here di Richard McGuire, potete leggere la mia recensione e questo reportage da Lucca. Sulla Breakdown Press vi rimando all’approfondimento di Valerio Stivé su Fumettologica, mentre sulla pagina dedicata alla casa editrice londinese del negozio di Just Indie Comics trovate un po’ dei loro libri in vendita (e altri sono in arrivo a breve). Per Remi Tot in STUNT di Martoz date un’occhiata alla mia anteprima. Anche di Cocktails After-Dinner avevo mostrato qualche tavola.

Colville, un diamante di ruggine

Una storia da tempo incompiuta che ora viene finalmente pubblicata in una nuova e definitiva versione, un fumettista italiano che sicuramente tutti voi conoscete. Ratigher ci parla di Colville, capolavoro misconosciuto di Steven Gilbert, di cui sono diventato il maggiore importatore italiano (e forse europeo). Ne trovate alcune copie nel negozio di Just Indie Comics. Intanto leggete cosa ne scrive l’autore di Trama e Le ragazzine stanno perdendo il controllo. Buon divertimento.

Colville cover

Di Colville, e del suo autore Steven Gilbert, ne avevo letto su internet. Seguo molto il fumetto americano indie e avevo visto citare questo fumetto da persone interessanti, anche Frank Santoro (autentico radar del fumetto meritevole) ne faceva accenno sul sito Comics Comics, riprendendo la rubrica Good Cartoonists Gone inaugurata da Sammy Harkham sulle pagine della sua rivista, Crickets. Da questi accenni sparsi veniva fuori il racconto di un libro maledetto. Un libro ormai difficile da recuperare (pubblicato originariamente nel 1997), scritto e disegnato da un tipo schivo e irrintracciabile, che contiene una storia cattiva e spiazzante. Per me questi sono gli ingredienti perfetti per accendere curiosità e desiderio. Queste suggestioni mi hanno portato quasi a farmi un Colville fatto in casa, me lo stavo per disegnare io un Colville, come me lo ero immaginato, e molte delle suggestioni di questa piccola leggenda finiranno anche in una storia che realmente pubblicherò in un prossimo futuro. Quest’anno però, la svolta, Colville torna disponibile ristampato autoprodotto dal suo autore, che fonda la Fourth Dimension Books con cui pubblica anche il suo nuovo libro, The Journal of Main Street Secret Lodge. Non solo viene ristampato, ma con l’aggiunta di più di 100 pagine! Mando immediatamente una mail per sapere come comprare entrambi i libri e Gilbert mi risponde 10 minuti dopo, gentile, impeccabile e senza fronzoli. Mi è arrivato il pacco dal Canada, mi sono messo in un cantuccio isolato e mi sono finalmente letto Colville. Un fumetto di genere, centripeto, che costruisce tutto intorno a sé uno steccato che impedisce ad elementi altri dal racconto di entrare.

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Siamo nella provincia nord americana, quei sobborghi visti mille volte, nei film ma soprattutto nei fumetti, dove la gente o vive tranquilla o vive disperata. Tutti gli elementi necessari al racconto sono in questo sobborgo chiamato Colville, non esiste altro, non esiste la Cina o l’Europa, ma non esiste nemmeno Toronto o New York. Lo ripeto, è un racconto chiuso, e che per questo non prevede vie di fuga ed è chiaro fin da subito. È vero che è un libro maledetto, finisce peggio di come ci immaginiamo. I personaggi sono sprovveduti che provano a reagire ad un destino incolore o stupidi che reagiscono a tutto con la violenza. È un thriller di quelli dove un piccolo crimine ti si rivolta contro, decuplicato. Della storia non vi dico altro, vi dico qualcosa di come è montata tutta intorno ad una scena topica che ci viene raccontata varie volte (a partire dalla copertina) e che solo alla fine sarà svelata nella sua interezza. Un meccanismo che tocca il suo vertice ne La Conversazione di Coppola (lo cito perché l’ho visto due giorni prima di leggere Colville; che bomba di weekend è stato!) e che proprio come nel film di Coppola non ha nella scoperta della verità il climax, ma nella reiterazione e nella raffinazione della visione, come se sparissero tutti i sensi tranne la vista. Colville non ha odore e non ha suoni. Gli occhi del lettore si trovano davanti un segno sintetico classico dell’underground americano, non cito roba strana, immaginatevi Daniel Clowes ma senza linee curve e con molto tratteggio in più. Un bianco e nero molto equilibrato che non vuole mai stupire.

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Colville è un monolite, non potrebbe che essere un libro a partire dalla forma. È perfetto come i lampi di genio di una mente autistica. È l’opera di un autore solitario (intendo nella direzione artistica, dalle poche parole che ci ho scambiato via mail mi sembra proprio simpatico) che nel secondo libro, come è normale, cerca di ampliare il suo spettro ma lo fa costruendo un ibrido tra fumetto, illustrazione e racconto scritto, in una via insolita di cui vi parlerò un’altra volta. Compratevi Colville, è uno dei pochissimi libri veramente maledetti che avrete in libreria. Compratevi Colville o vi spezzo un braccio, con un martello arrugginito.

Anteprima di “Remi Tot in STUNT” di Martoz

 

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Debutterà questo fine settimana al Bilbolbul di Bologna Remi Tot in STUNT, nuovo fumetto di Martoz edito da MalEdizioni, le cui tavole saranno protagoniste di una mostra dal 19 al 29 novembre presso Ono Arte Contemporanea, con inaugurazione domenica 22 alle 18.30 alla presenza dell’autore. In attesa di avere tra le mani questo volume decisamente stuzzicante, e di cui spero di parlare più approfonditamente in seguito, potete gustarvi alcune tavole in anteprima, intervallate dal comunicato inviatomi dall’editore e dalla biografia dell’autore. Buona lettura/visione.

Remi Tot in STUNT2

Remi Tot è uno stuntman della realtà: un geniale matematico in grado di intrufolarsi nelle geometrie segrete degli eventi, uno spregiudicato funambolo dell’imprevisto che si sostituisce a persone coinvolte in immani catastrofi e sopravvive al posto loro. La sua missione è tuffarsi nel caos e uscirne vivo. Ma perché fa tutto questo? Remi è un eroe o è più egoista di quanto non sembri? Assieme a lui scivoleremo sul finimondo, verso il suo misterioso obiettivo.
Il segno potente, dinamico ed espressivo di Martoz spinge il fumetto oltre i suoi limiti, giocando con la storia dell’arte e catapultandoci in un mondo di prospettive spettacolari, colori che bucano la retina e inquadrature caleidoscopiche.
Un fumetto fatto di esplosioni ed equazioni, una storia di azione e avventura che è anche una riflessione sui confini del possibile.

Remi Tot in STUNT

Martoz è un illustratore e fumettista nato ad Assisi. Fa parte del collettivo Lab.Aquattro – con cui condivide il laboratorio – che si occupa di piccole produzioni editoriali, tra cui i volumi Parade e Crisma. Ha collaborato con piccola editoria e autoproduzioni, tra cui Inuit, B comics (IFIX), Squame, Turkey Comix e Lucha Libre. Ha esposto i suoi lavori in gallerie internazionali, tra cui la Galerie Glénat di Parigi, la Hero Complex Gallery e la Gallery1988 di Los Angeles. È nella selezione giovani della biennale ILLUSTRI 2015 e nel 2016 esporrà i suoi lavori in una personale a Mosca, presso la Bratec Lis Gallery, dove terrà anche un workshop di illustrazione.

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Street artist nel tempo libero, la sua passione per la carta lo ha portato all’utilizzo della Poster Art, sia per progetti urbani personali che su commissione per performance nei festival di musica, fumetto e illustrazione. Ha elaborato poster anche per Sky Atlantic, nella cornice di Lucca Comics. Il suo vero diletto è la natura: oltre a coltivare la terra, è solito intraprendere avventure indomite assieme al suo fido amico Manfredi Ciminale. Esplorare case abbandonate, navigare in canotto sui fiumi, viaggiare in monopattino. Altrimenti la scrivania si impoverisce…

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Potete ordinare Remi Tot in STUNT qui al prezzo speciale di 17,50 euro più spese di spedizione.

 

Festival dell’altro mondo: Cake!

Ho già parlato da queste parti del CAKE di Chicago, una delle convention di fumetti indie e underground più importanti del Nord America. Anche se non ero lì, l’evento dell’anno scorso mi è sembrato di assoluto valore, come potete vedere da questa galleria fotografica che ho pubblicato qualche mese fa. In questi giorni la nuova edizione del Chicago Alternative Comics Expo è già in via di definizione, dato che il termine per presentare la domanda di partecipazione è il prossimo 30 novembre e già sono stati annunciati i primi ospiti, cioè Sammy Harkham, Patrick Kyle, Tyrell Cannon, Ezra Clayton Daniels, Cathy G Johnson e Laura Park. Ne ho parlato con uno degli organizzatori, il cartoonist Jeff Zwirek (autore di Burning Building Comix). Vi rimando a questo link per leggere l’intervista, ovviamente in inglese.

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Talking about CAKE with Jeff Zwirek

I already talked about CAKE, one of the most important underground and indie comics convention in the North America. Even if I wasn’t there, last year’s event looked like a big show, as you can see from this photo gallery I published some months ago. In these days, the new edition of Chicago Alternative Comics Expo is already in the works and so I talked with one of the organizers, the cartoonist Jeff Zwirek (author of Burning Building Comix), about CAKE and more.

Cake 2015 (photo by Jared Smith)

Cake 2015 (photo by Jared Smith)

Ok, let’s start from the most important thing. When next CAKE will take place and when the deadline for application is?

CAKE 2016 is June 11th and 12th. It’s our fifth year and we’re happy to once again be back at the wonderful the Center on Halstead. Applications are open now up until November 30th.

I know the show was founded only in 2012, but now it’s already one of the most important underground and indie comics conventions in North America, maybe thanks to the big comics community of Chicago, where there is also Quimby’s, a store that is a sort of institution for underground and self-published comics… I’d like to know how the idea of CAKE was born and if you had some specific goals for this show.

It’s funny you mention Quimby’s cause it’s there where CAKE was really born. Neil Brideau and Edie Fake were both employees of Quimby’s at the time and started a conversation about Chicago needing a comics convention to highlight all the talent that’s pooled in the city. They recruited some friends that felt the same way like me, Max Morris and Grace Tran. We didn’t really know what we’re doing, but had experience as comics makers and exhibitors at other shows.  It was also at Quimby’s that we had our meetings after the store would close. The goal was to make a show for Chicago and the Midwest that highlighted the talent that we have. We’ve always admired other conventions like SPX, that have promoted the alternative comics community and have tried to model ourselves on those types of shows while being true to our Midwestern roots. Most importantly though, the purpose of the show is to promote our exhibitors. They make up the community and it’s that community that makes the show the success that it is.

Speaking of which, when you’re selecting people who are submitting an application, you have a preference for artists and publishers in the Chicago area or the show is equally open to everyone?

The show is wide open to anyone. We encourage a wide a range of applicants as possible so long as they make alternative comics. We do love our Chicago residents and try to get their names promoted as much as possible, but we always have a large portion of our exhibitors from out of town and we always have a show floor stacked with incredible talent. All the CAKE artists are also on the same level, so sometimes you’ll find a first-time exhibitor sitting next to a 30-year vet.

You’re also organizing other events in Chicago and I think this is an important thing to keep the attention about CAKE alive. I’m thinking for example at the event with Keiler Roberts and Edie Fake at the Chicago Architecture Biennial. Do you have other meetings in the works?

CAKE has turned into a series of events throughout the year. We host several fundraisers including drink and draws and our very popular art auction. It’s a chance for the community to get together more and socialize. CAKE has been expanding into other areas like the Architecture Biennial, and we look forward to more partnerships with the city.

CAKE 2015 (photo by Marco Giampaolo)

CAKE 2015 (photo by Marco Giampaolo)

How is the comics scene in Chicago? Which spots you would recommend to a visitor? And do you think there are some comics that describe your city or are strictly connected to it?

The comics scene in Chicago is very exciting. With a crew of veteran cartoonists and young fresh faces showing up all the time, there is a wide range of styles and personalities. Chicago has a ton of great comic shops and several are must go to destinations. Quimby’s is legendary as is its sister store Chicago Comics. There’s also the Comix Revolution, Challengers, First Aid Comics, Third Coast, and like a dozen Graham Crackers stores. Edie Fake’s comics are an excellent example. I also think Chris Ware, early Daniel Clowes and Jessica Abel, and Ivan Brunetti are tied to the city in a special way. John Porcellino’s King Cat speaks more to Illinois and the Midwest in general, but his comics and his dedication to the medium have always been very important to CAKE. And of course there is Trubble Club, the Chicago collective who’s crazy comics are made jointly by Chicago cartoonists who meet and draw together regularly.

I saw a first list of guests for next year’s event, including Sammy Harkham, Patrick Kyle, Tyrell Cannon, Ezra Clayton Daniels, Cathy G Johnson, Laura Park. Do you want to disclose some other names?

We’re not ready yet to talk about other names just yet. We’re diligently working on more people to bring to the show with some super exciting names in the mix. We’ll be announcing more names as they get confirmed, so make sure to follow our social media posts to get the latest news.

There will be some changes in next year’s show?

The show evolves and changes a little every year. Last year we saw a big jump in attendance and our exhibitors reported high sales. We also introduced our workshops programs which were a huge hit. We’ll continue to refine those aspects and bring new ideas to the show, but a lot of the good things will be the same. We’ll be in the same amazing space at the Center on Halstead. We’ll still have our show in June, when the weather in Chicago is beautiful, and we’ll continue to keep our table costs low for our exhibitors, and the show free to attend. I’m sure we’ll have new exciting exhibitors, and we’ll have a slate of programming with our special guests that continues to enrich the comics culture here in the city.

And what about you? Are you working on a new comic to debut at CAKE?

One of the ironies of organizing a comics festival is that it gives me less time for my own comics. So debuting a comic for the show has never really worked out. I pluck away at comics as much as I can and go to other great conventions like SPX, Autoptic, TCAF, and SPACE.

CAKE 2015 (photo by Corinne Halbert)

CAKE 2015 (photo by Corinne Halbert)

Dracula Mountain – 16/11/2015

Nuovo appuntamento con la rubrica di segnalazioni, link e quant’altro, che per l’occasione cambia nome. In effetti “Il meglio del web” faceva veramente schifo e in più era diventato fuorviante, nel senso che in questa serie di post non stavo riportando soltanto link ma anche notizie varie dal mondo del fumetto, ovviamente sempre secondo il mio personale punto di vista. In attesa di un titolo migliore, ho scelto di utilizzare un’intestazione di volta in volta diversa, vagamente o per niente collegata agli argomenti trattati. Potrete comunque riconoscere la rubrica dalla presenza della data nel post, mentre il sommario renderà noti i principali contenuti, cosa che dovrebbe incoraggiare o scoraggiare la lettura da parte vostra.

Finita questa doverosa premessa di cui probabilmente non fregherà niente a nessuno, veniamo al sodo. Scrivo queste righe, almeno quelle iniziali perché mi rimane poco tempo prima di dover iniziare a fare altro, di sabato mattina, 14 novembre, mentre sul mio profilo Facebook arrivano continui aggiornamenti sulle persone che per fortuna sono sane e salve dopo i fatti di Parigi e in tv passano le immagini di quanto accaduto ieri notte. Non sono bravo in queste cose, ma mi sento almeno di esprimere la mia tristezza e la mia vicinanza a quelli che erano lì. Tra questi una delle mie più recenti conoscenze parigine, il francese Gabriel Delmas, autore di Largemouths, uscito di recente per la Hollow Press del mio amico Michele Nitri. A Lucca Gabriel ha realizzato una serie di sketch e un impressionante live painting, che potete vedere nella foto che ho scattato dopo aver assistito passo dopo passo al processo creativo. Non c’entrerà niente, ma quando ho saputo quello che era successo, mi è ritornato in mente questo urlo di terrore.

Delmas live painting

E’ stato poi lo stesso Gabriel a mostrarmi la più recente uscita di Kaboom, rivista sempre di altissimo livello di cui è ora disponibile un bellissimo dodicesimo numero, da non perdere se masticate un po’ di francese. Nel sommario una lunga conversazione tra Brecht Evens e Olivier Schrauwen, un’approfonditissima intervista ad Adrian Tomine condotta da Stéphane Oiry, un reportage dal workshop Pierre Feuille Ciseaux a Minneapolis e tanto altro ancora.

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Passiamo ad altro e in particolare a Bilbolbul, appuntamento ormai alle porte e che come al solito promette un programma stellare. Avevo pensato di fare una piccola guida come quella pubblicata in occasione dell’ultima Lucca Comics, ma poi mi sono reso conto che un articolo di questo genere non avrebbe fatto altro che riportare l’intero programma della manifestazione, tante sono le cose interessanti che succederanno a Bologna dal 19 al 22 novembre prossimi. Cito brevemente alcune mostre (Magnus, Giacomo Nanni, Lili Carré, Benoît Preteseille, Olivier Schrauwen, Breakdown Press, Alice Milani, Martoz), i workshop (Paolo Bacilieri, Elisa Talentino, ancora Carré e Schrauwen), i tantissimi ospiti che non sto qui ad elencare, le tavole rotonde, le presentazioni, gli incontri, le proiezioni, oltre allo spazio BBBZine, mostra mercato che ospita sei realtà europee (Breakdown Press, Tieten Met Haar, kuš! komiksi, Peow Studio, Jean Guichon Editeur, Ion Editions). Per il programma completo vi rimando al sito del Bilbolbul.

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Proprio a Bilbolbul debutterà una nuova collana pubblicata da kuš!, che per la prima volta vedrà la casa editrice lettone impegnata con fumetti “lunghi”. Il formato di kuš! mono sarà ancora l’A6, lo stesso dell’antologia trimestrale š!, e l’onore del debutto toccherà al russo Roman Muradov con le 100 pagine a colori di The End of A Fence. “Cosa succederebbe se fossimo costretti a essere compatibili? Se andassimo d’accordo su tutto, dai tagli di capelli alla filosofia? Se non avessimo motivo di prendere posizione? Cosa rimarrebbe nel mezzo? Ispirato da J.G. Ballard, Ai Weiwei, Jonathan Monk e da tutte le recenti notizie di cronaca. Immaginate una comunità schiava degli algoritmi di OkCupid… O lasciate perdere, perché Roman Muradov l’ha fatto al posto vostro!”. Per un’anteprima più dettagliata vi rimando qui, mentre se non siete a Bilbolbul potete già ordinare il libro a 14 dollari spese di spedizione in tutto il mondo incluse.

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Sempre a Bologna sarà disponibile š! #23, numero fresco di stampa che con il titolo Redrawing Stories From The Past affronterà il tema delle vittime del nazismo, sviluppato anche in una mostra tutt’ora in corso a Berlino. Anche in questo caso vengono messe temporaneamente da parte le storie brevi per lasciare spazio a cinque fumetti dalla foliazione più consistente, realizzati dal lettone Mārtiņš Zutis, dai tedeschi Max Baitinger e Paula Bulling, dal serbo Vuk Palibrk e dalla polacca Zosia Dzierżawska, con una postfazione di Ole Frahm.

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Festival che viene, festival che va. A New York il 7 e 8 novembre c’è stato il Comic Arts Brooklyn. Tra gli ospiti di quest’anno Daniel Clowes, che al contrario di quanto annunciato qualche mese or sono non ha fatto in tempo a portare in anteprima il suo nuovo libro, Patience, in uscita nei primi mesi del 2015 per Fantagraphics (da noi lo pubblicherà Bao). Per avere un’idea di cosa è sucesso al CAB, che come lo scorso anno era suddiviso in una giornata di mostra mercato e in una seconda di incontri con gli autori, potete leggere (e guardare) un primo reportage del Comics Journal a firma Frank Santoro e John Kelly, un bell’articolo di Nick Gazin su Vice con un’intervista all’organizzatore Gabe Fowler del negozio Desert Island, un pezzo del Publishers Weekly e la galleria fotografica di The Beat. Tra i cartoonist ritratti in quest’ultima c’è anche Brian Chippendale, che ha portato al CAB una settantina di copie in anteprima del suo Puke Force, disponibile in tutta la tiratura per Drawn and Quarterly il prossimo febbraio. Ed esattamente una settimana dopo il festival newyorkese, Chippendale è arrivato in Italia per una serie di concerti dei Lightning Bolt, devastante duo che ho potuto vedere in azione nella data di sabato 14 novembre all’Init di Roma. Qui sotto un video della parte finale del concerto, per cui ringrazio Luca Sancisi. E con questo è tutto.

Cartoline da Lucca: Richard McGuire

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Uno degli ospiti più importanti della recente edizione di Lucca Comics è stato Richard McGuire, illustratore, musicista, regista e ovviamente cartoonist statunitense ben conosciuto agli amanti del fumetto per il suo Here, opera rivoluzionaria pubblicata nel 1989 sul magazine Raw ed espansa in una nuova versione uscita lo scorso anno negli Stati Uniti e qualche mese fa in Italia per Rizzoli Lizard (ne ho parlato qui). McGuire è stato protagonista di una personale a Palazzo Ducale incentrata principalmente sul suo ultimo lavoro e ricca di gustosi retroscena, su tutti le foto di famiglia riprodotte con minuziosa cura, oltre ad appunti, bozzetti, quadri che raffiguravano i particolari di alcune vignette. Un video mostrava inoltre il funzionamento dell’ebook, non una semplice versione digitale del libro ma un suo remake, come ha spiegato lo stesso autore nell’incontro di venerdì 30 ottobre alla Chiesa di San Giovanni, condotto con la solita puntualità e preparazione da Paolo Interdonato. In questa occasione, dopo una mezz’ora dedicata interamente a Here, McGuire si è soffermato su altri suoi lavori, come le tante copertine realizzate per il New Yorker, i libri per bambini e le opere video. Peccato che queste ultime non si siano potute apprezzare perché sul computer utilizzato per le proiezioni non era installato Quick Time. E peccato anche per una traduzione spesso imprecisa quando si dovevano adattare termini tecnici riguardanti il fumetto o riferimenti ad autori, riviste, libri, ecc., non certo colpa di Interdonato, che anzi spesso si trovava costretto a sopperire alle lacune dell’interprete messo a disposizione dall’organizzazione.

Avevo intenzione di riportare l’intera conversazione, ma il continuo riferimento alle immagini proiettate (pagine di fumetto, copertine, ecc.) renderebbe impossibile una piena comprensione. Mi limito così a trascrivere alcune frasi, intervallate da qualche foto scattata alla mostra, intitolata Richard McGuire: il tempo, lo spazio, l’uomo. Ma prima di lasciarvi a tutto ciò vi segnalo che McGuire è ancora in Italia per una serie di appuntamenti che culmineranno il prossimo fine settimana a Bilbolbul, dove incontrerà Franco Minganti per una conversazione intitolata Qui e oltre (sabato 21 novembre ore 11 all’Auditorium della Biblioteca Salaborsa) e dove verranno finalmente proiettate le sue creazioni in animazione nell’ambito di una retrospettiva intitolata Points of View (domenica 22 novembre ore 14 al Cinema Lumière).

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“La prima versione di Here è stata ispirata da una conferenza in cui Art Spiegelman descriveva i fumetti come dei diagrammi. Questa è stata una delle scintille da cui è nata l’idea e quando sono tornato a casa ho guardato l’angolo della mia stanza e ho pensato alla linea che divideva l’angolo della parete come se dividesse lo spazio in un lato che andava avanti nel tempo e un altro che andava indietro. In seguito un amico mi ha parlato del programma Windows e a quel punto ho capito che potevo dar vita a un’esplosione di finestre temporali. E a quei tempi era una cosa piuttosto strana, perché adesso è normale guardare cose di questo genere quando si è al computer, ma allora si trattava di qualcosa di nuovo”.

“Ho usato fotografie della mia famiglia, per esempio quello nell’angolo in basso a sinistra è mio fratello in tre diverse fasi della sua vita (si riferisce a pag. 3 della versione originale di Here, ndr). Ho realizzato la prima versione di Here nel 1989, allora non c’era internet e le foto di famiglia erano una sorta di database”.

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“All’inizio Raw era una rivista di dimensioni veramente enormi, ma quando Art Spiegelman ebbe successo con l’edizione in volume di Maus, che era stata pubblicata in un formato più piccolo, decise di ridurre anche Raw, magari perché pensava che quello fosse il formato più adatto a un fumetto per adulti… La mia storia inizialmente aveva delle tavole più grandi ed era di sole tre pagine, ma poi ho dovuto riadattarla per farla andare bene per il nuovo formato di Raw… Nell’originale per esempio c’erano tre vignette per riga”.

“Quando ho inziato a pensare alla nuova versione di Here, avevo intenzione di farla come l’originale, cioè con molte vignette, ma poi ho capito che era meglio in questo modo, perché si poteva entrare direttamente nello spazio della stanza. In passato ho realizzato alcuni libri per bambini e probabilmente mi hanno influenzato nel realizzare il nuovo Here solamente con delle doppie pagine”.

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“Mentre lavoravo al libro, lavoravo anche all’ebook, che non è un ebook tradizionale, perché funziona con dei programmi specifici che sono stati scritti appositamente. In realtà l’ebook è una sorta di remake del libro. Potete scorrere le pagine normalmente, ma se cliccate sulle date si aprono nuove finestre in modo casuale, dando vita a combinazioni sempre diverse tra gli sfondi e le vignette. C’è anche un po’ di animazione, per esempio il gatto che si lecca la zampa, ma è comunque una parte marginale del libro, perché ho voluto che fosse più un’esperienza di lettura che la semplice visione di un filmato. Per questo non ho voluto utilizzare suoni”.

“E’ difficile spiegare come ho costruito la nuova versione di Here, molte decisioni sono state dettate dall’istinto ma ci sono state un sacco di cose che mi hanno aiutato durante la stesura, per esempio le fotografie, oppure il lungo pezzo di carta che avevo nel mio studio e su cui ho costruito una linea temporale dove appuntavo gli eventi significativi mentre facevo le mie ricerche. Inizialmente, quando pensavo a come espandere la versione breve di Here in quella più lunga, credevo di dover seguire un unico filo narrativo. In seguito ho capito che questa idea avrebbe rallentato di gran lunga il libro, così ho cominciato a tagliare e a tagliare per far sì che tutto accadesse più velocemente, per tenere vive le emozioni. Alla fine è stata una specie di esperienza musicale, perché avevo attaccato le diverse pagine del libro alle pareti del mio studio e potevo passare dall’una all’altra come in una partitura musicale”.

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Cartoline da Lucca: “Tuoneide”

Tra le cose viste a Lucca quest’anno, la personale di Tuono Pettinato – a cura dello stesso autore e di Jacopo Moretti – è stata sicuramente una delle migliori. Raramente capita di vedere una mostra così curata nei minimi dettagli, non un semplice assemblaggio di tavole, disegni e quant’altro ma un percorso ben strutturato in cui è il fumettista stesso a guidare il visitatore grazie al suo alter ego disegnato. Ecco un paio di esempi di Tuono Pettinato novello Virgilio.

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Oltre a mostrarci bozzetti, schemi narrativi e tantissime tavole originali tratte dai vari Garibaldi, Corpicino, Nevermind, la mostra si concentrava sulla figura dell’artista a 360 gradi, con tanto di playlist utilizzate durante la lavorazione dei diversi libri. Mi sono così divertito a scoprire molti punti in comune con Tuono, favoriti probabilmente anche dalla vicinanza anagrafica, che spaziano dai classici dei miei 14-20 anni (Pearl Jam, Soundgarden, Nirvana, Radiohead, Blur) all’indie rock americano di cui ancora sono un convinto fautore (Beat Happening, Built To Spill, Dinosaur Jr., Pavement) fino a pietre miliari del cosiddetto post-rock (Mogwai, A Silver Mt. Zion, Godspeed You! Black Emperor). Nessuna coincidenza clamorosa, dato che non si tratta di misconosciuti gruppi di folk uzbeko, ma ritrovare in questo genere di liste album che ho ascoltato e riascoltato fa sempre piacere.

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Altro pezzo forte della mostra, la galleria di ritratti di personaggi famosi, che associava i soggetti più disparati riportandoli semplicemente ai loro corpi e alle loro espressioni facciali. Il trittico qui sotto Goethe-Cannavacciuolo-Twain ne è una chiara dimostrazione.

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P.s. Scusate per la qualità delle foto, scattate con il cellulare e senza pensare a un’eventuale pubblicazione.