Tra la pubblicazione dei primi numeri di Eightball, il debutto dell’Hate di Peter Bagge, la nascita della Drawn and Quarterly con il lancio di serie regolari a firma di autori come Seth, Chester Brown e Joe Matt, il periodo a cavallo degli anni ’80 e ’90 ha segnato una notevole rivoluzione per il fumetto nord-americano, trasformando definitivamente il concetto di fumetto “underground” e “indipendente” come era concepito fino a quel momento. Innanzitutto le storie di questi cartoonist si proponevano con un linguaggio nuovo e meno autoreferenziale rispetto al passato a un pubblico più vasto, e in secondo luogo alcuni di questi autori uscivano dagli schemi abituali del fumetto “alternativo” come veicolo di contenuti esclusivamente anticonvenzionali, sarcastici, iconoclasti, provocatori. Se la qualità di quel materiale rimane uno dei vertici raggiunti dal fumetto nei suoi tanti anni di storia (almeno dal limitato punto di vista di uno che quella “roba” ha cominciato a leggerla in piena adolescenza, rimanendone irrimediabilmente colpito), è doveroso dire che gli autori citati in precedenza non erano gli unici a portare nuova linfa nel panorama del fumetto a stelle e strisce. Sotto, nel più profondo dei mondi della micro-editoria di cui in Italia poco si sapeva nell’epoca pre-internet – a meno di non incappare in una pubblicità o addirittura in una recensione su The Comics Journal – si muovevano una serie di autori misconosciuti che consapevoli della rivoluzione del do it yourself applicavano i principi produttivi del punk alle loro esigenze, dando vita alla cosiddetta “zine revolution”. Tra questi una delle prime fu Jenny Zervakis, chicagoana di origini greche che nel 1991 cominciò a autoprodursi la fanzine Strange Growths, “strana” come il titolo suggerisce per il modo in cui mette in pagina senza mediazioni racconti autobiografici, aneddoti raccolti sull’autobus, poesie scritte a macchina, ritratti degli abitanti del quartiere, dettagliate descrizioni di sogni, diari di viaggio, riflessioni, saggi in forma di fumetto, disegni di animali, piante, giardini. Il tutto rappresentato con uno stile che definire scarno è poco, dato che la bozza, l’approssimazione, la semplicità erano conseguenze dirette dell’urgenza espressiva, e la ricerca della perfezione formale o della bellezza semplicemente non interessava.
Dei primi 13 numeri di Strange Growths è uscita da poco una raccolta assemblata da John Porcellino e pubblicata dalla sua Spit and a Half, prima opera di un altro autore che esce per l’etichetta (e distribuzione) dell’autore di King-Cat Comics. La scelta non è casuale, perché la Zervakis è stata una fonte di ispirazione per Porcellino e per tutto il movimento dei comics as poetry. “I suoi fumetti sembravano come una trasmissione da un altro pianeta – scrive l’editore nella sua introduzione al volume – un mondo di ironica compostezza, suggestione poetica, raffinata capacità di osservazione, a volte caldi e altre freddi, oppure tutte e due le cose insieme. Forse non c’è bisogno di dirlo, ma per chi non conosce i fumetti che venivano pubblicati in quegli anni, non c’era niente di simile. Mentre la gran parte dei fumetti “alternativi” dell’epoca erano chiassosi e sarcastici, quelli di Jenny erano calorosi, emozionanti, sinceri e sorprendentemente complessi”. “Jenny Zervakis – aggiunge Rob Clough nell’intervista all’autrice che chiude la raccolta – è nata nel 1967 nel West Side di Chicago, e fa parte di una generazione di artisti che reagì alla prima ondata di cartoonist alternativi dell’inizio degli anni ’80, oltre che di una cultura legata al punk, alle fanzine e al do it yourself che è esplosa con la nascita del desktop publishing. Le sue attente riflessioni e la propensione a rappresentare l’immobilità sulla pagina furono tra i primi esempi di comics-as-poetry”.
Come accennato, nel volume troviamo tutto il ventaglio dell’offerta della Zervakis, che alla molteplicità degli argomenti e dei toni unisce varietà nella composizione della pagina e nella costruzione dei diversi pezzi. Le storie non sono mai banali né ripetitive, anzi esprimono voglia di sperimentare e curiosità nelle mille possibilità del medium. I testi ricchi di passaggi poetici e di consapevolezza letteraria fanno capire chiaramente che la Zervakis è più scrittrice che disegnatrice, ma sua è anche una notevole capacità di mettere in scena inquadrature e soluzioni stilistiche “sorprendentemente complesse”, come scriveva Porcellino nell’introduzione, oltreché di regalarci alcune tavole più dettagliate e intense delle altre, soprattutto quando la natura diventa la vera protagonista della rappresentazione. I risultati migliori sono raggiunti quando il particolare, apparentemente insignificante, diventa occasione di riflettere sull’universale, catturando la poesia e anche la complessità delle piccole cose con una scrittura lirica, pregnante, emozionante: Passing Time è il ritratto di una donna anziana intenta a lavorare a maglia (She sits knitting as if she is done living her life and instead pours herself out, stitch by stitch, into some future generation / She has grown her hair, plaited on her head, past any usefulness, past admiration of its beauty to the sheer oddity of persistence), in Silent Passenger una coppia torna a casa di notte mentre la donna (con tutta probabilità la Zervakis stessa) viene colta contemporaneamente da meraviglia e insicurezza (Coming home it was 2 AM beautiful / Someone’s singing / It’s only humans that make music for the sheer joy, the need of it, maybe so / I wish I could seduce you, all over again), Chuparrosa guarda al mondo animale per riflettere sulla vita umana (Sometimes I feel there is a world beyond our petty concerns / While I sit, consumed with my thoughts and worries, birds fly overhead through the rows of backyards). The Complete Strange Growths non è soltanto un pezzo di storia del fumetto autoprodotto statunitense ma anche una lettura appassionante, uno sguardo su un mondo intimo e personale capace di trascende la cronaca del quotidiano per emozionare ancora, a distanza di oltre vent’anni.