Baba Jaga Fest a Roma

Inaugura a Roma un nuovo festival, dedicato ai fumetti e alle illustrazioni dell’Europa dell’Est e con tanti ospiti internazionali. Il Baba Jaga Fest si terrà a Roma presso la sede di Industrie Fluviali (in via del Porto Fluviale 35) dall’8 al 10 aprile prossimo e ha in cartellone mostre, presentazioni, workshop, proiezioni e molto altro ancora, per un programma ricchissimo che non lascerà spazio alla noia. Cerco di elencare (quasi) tutto anche se per il programma veramente completo vi rimando al sito del Baba Jaga.

Le mostre, innanzitutto. Il piatto forte della rassegna è Baltics Gone Wild, a cura di kuš! e che offre una panoramica sul fumetto di Lettonia, Estonia e Lituania. Gli artisti in mostra sono Akvile Magicdust, Gvidas Pakarklis, Mark Antonius Puhkan, Jana Ribkina e Pauls Rietums, che saranno tutti ospiti della rassegna romana insieme a David Schilter, curatore della mostra e fondatore di kuš!. Qualcuno di voi avrà già familiarità con questi autori, dato che delle antologie di kuš! e dei mini kuš! ho parlato più volte da queste parti, distribuendole anche nel negozio online di Just Indie Comics. Ultimamente mi sono perso un bel po’ di uscite e così anche per voi affezionati lettori di Just Indie Comics ci sarà la possibilità di recuperare i più recenti libretti lettoni al ricco bookshop del Baba Jaga, curato da Risma e a cui troverete il sottoscritto. Passate a salutarmi, se siete da quelle parti, e magari compratevi anche una copia del ricco catalogo del festival, 100 pagine piene di testi, illustrazioni e soprattutto fumetti. Ma ok, sto divagando, quindi torniamo alle mostre e in particolare a quelle di due fumettisti italiani che hanno saputo guardare a Est: sto parlando di Eliana Albertini con Hotel Jugoslavia, rivisitazione di cartoline e immagini dalle località turistiche della Jugoslavia (un esempio nell’immagine qui sotto), e di Maurizio Lacavalla con Le ricostruzioni del padre partito, in cui si racconta la migrazione del padre dell’artista dalla Puglia alla Bulgaria. I due autori saranno protagonisti di un incontro congiunto sabato 9 aprile alle 16, moderato da Alessio Trabacchini e Serena Dovì, direttori artistici del festival.

A proposito di incontri vi dico anche che al Baba Jaga ci sarà Aleksandar Zograf, autore ben noto in Italia (l’ultimo suo libro è Il quaderno di Radoslav e altri racconti della II guerra mondiale edito da 001 Edizioni), che nella serata di venerdì 8 introdurrà insieme al regista Djordje Markovic The Final Adventure of Kaktus Kid. Il documentario, in programma alle 21.30, è incentrato sulla ricerca di un misconosciuto fumettista serbo, Veljko Kockar, giustiziato durante la seconda guerra mondiale: la proiezione era già prevista ma il tema è quanto mai attuale, se si pensa a quello che sta succedendo oggi in Ucraina. Altra ospite internazionale è Daria Bogdanska, autrice del volume Nero Vita pubblicato in Italia da Mesogea: a presentarlo ci sarà, domenica 10 alle 16, la giornalista di Internazionale Annalisa Camilli. Subito dopo, alle 17, toccherà ad Alex Bodea, di cui Becco Giallo ha pubblicato The Fact Finder: ne parlerà con Alice Milani e Alessio Trabacchini, per poi lanciarsi in un “cinematic reading” del suo libro. Mi sembra di aver detto tanto a questo punto, ma spulciando il programma mi accorgo di non aver detto tutto. Per esempio ho omesso che venerdì sera ci sarà il dj set Blast From the East a cura di una vecchia conoscenza di Just Indie Comics, Andrea De Franco. O che sabato alle 18.30 prenderà il via la visual performance Jugosfera a cura di Francesca Battaglia, Daniele Imani Nobar, Sara Fabretti e Rosalia Giuliano. E non ho parlato nemmeno dei workshop o del fatto che le mostre di Lacavalla e Albertini si sposteranno, a partire dal 21 aprile, alla Galleria Cosmo, unendosi ai lavori di Kalina Muhova e Aleksandar Zograf nella mostra Balkans XX. Un’occasione in più per andare sul sito del Baba Jaga e vedervi il programma per bene e in maniera ordinata, perché sicuramente da questo articolo non ci avrete capito niente.

Just Indie Comics Newsletter #2

E’ uscito il #2 della newsletter cartacea di Just Indie Comics, tutto dedicato a Tinfoil Comix, di cui ho già parlato più volte su queste pagine e che accompagna – per gli abbonati al Buyers Club – il quinto e conclusivo numero dell’antologia statunitense. Ribadisco che chi non fa parte del Buyers Club può abbonarsi alla sola newsletter, per il ridicolo prezzo di 10€ spedizione inclusa: l’abbonamento dura 4 numeri e per chi lo sottoscrive entro il prossimo 30 aprile parte proprio da questo #2, che riceverete subito (poste permettendo) nella vostra cassetta delle lettere. Come ben sapete chi si ferma è perduto, quindi non esitate ulteriormente e cliccate qui per abbonarvi.

Vi presento Joe Matt/2

Questa è la seconda parte dello Speciale Joe Matt. Qui trovate la prima parte.

La serie regolare di Peepshow debutta all’inizio del 1992 per Drawn & Quarterly, con il #1 che porta la data di febbraio. Già dalla prima tavola il cambiamento è evidente rispetto ai fumetti pubblicati sulle antologie e poi raccolti in volume da Kitchen Sink. Se The Cartoon Diary of Joe Matt si chiudeva infatti con una fittissima tavola di 20 vignette, la pagina iniziale di Peepshow #1 presenta una geometrica e ordinata struttura a 6 vignette, che sarà costante per tutto il primo arco narrativo. La pagina è divisa verticalmente in due e il taglio è sempre al centro esatto. L’unica eccezione è rappresentata da qualche sporadica apertura, come a pagina 2 del #1, occupata per ⅔ da una grande illustrazione di Joe e Trish che mangiano nel loro appartamento di Toronto mentre leggono, lui del tutto indifferente alle sollecitazioni di lei. A una struttura ariosa e meno asfissiante che in passato si accompagna un disegno curato e rifinito, con una maggiore cura del dettaglio. D’altronde è logico che, trovandosi a realizzare meno vignette, Matt possa dedicare una quantità di tempo maggiore a ognuna di esse. Le linee sono così spesse e sicure, i contorni dei personaggi marcati, tanto da fargli assumere una nuova solidità, come se ci trovassimo in una sorta di iper-realtà che in qualche modo contribuisce a rendere le vicende più autentiche. Volendo prendere un esempio di questo nuovo approccio di Matt, possiamo guardare al modo in cui disegna le labbra: soprattutto quelle del protagonista non sono la solita linea sottile ma si presentano spesse e pronunciate, a volte esagerate come nella copertina del #2, che gli procurerà un bel po’ di critiche da parte dei lettori. Per quanto riguarda il tono del racconto, il paradosso e la risata sono sempre dietro l’angolo, ma stavolta è come se Matt ci volesse far capire che non siamo davanti a una barzelletta ma ai fatti veri (o quasi) della sua vita. Non ci sono più i pezzetti di realtà sporadici e isolati delle storie precedenti, pensati per essere autoconclusivi e pubblicati su antologie. La serialità porta un approccio tutto nuovo, perché in un serial qual è adesso Peepshow ciò che accade in un numero ha inevitabilmente i suoi effetti sull’uscita successiva.

La copertina del #1 ci mostra Matt da solo in mare, appoggiato su una ciambella, sorridente e con un cocktail in mano. In alto, sotto al titolo della testata, la dicitura Greetings from Ipanema! Ma siamo a Rio de Janeiro dunque? Non di certo, il riferimento è alla nuova fissazione di Joe, con una trama che si riallaccia a quanto raccontato in precedenza. Dopo l’orientale massaggiatrice shiatsu Matt prende di mira un’altra ragazza dai tratti esotici, soprannominata “the girl from Ipanema” perché incontrata in una copisteria mentre in sottofondo suonava il celebre pezzo di bossa nova. Intanto Joe e Trish non fanno altro che litigare, su qualsiasi argomento possibile. Il piantagrane della situazione è ovviamente Matt, sempre nervoso e intrattabile quando sta con la fidanzata, per poi farsi prendere dalla paranoia di essere lasciato quando parla con Seth e Chester Brown. Al culmine di un litigio particolarmente intenso, Matt sbotta e picchia Trish facendole un occhio nero. Il fattaccio non viene mostrato ai lettori, che si limitano ad assistere alla litigata e poi al dialogo con Seth in cui Matt confessa di aver picchiato Trish. E infine nella scena seguente la ragazza mostra i chiari segni del colpo.

Pur raccontata in modo indiretto, la scena contribuisce ancora oggi alla fama di Matt, che oltre a essere ricordato come “il fumettista che si è fatto mollare per aver raccontato tutto di sé nei fumetti” (come vedremo in seguito) è anche “il fumettista misogino e segaiolo che ha fatto un occhio nero alla fidanzata”. Probabilmente oggi un editore come Drawn & Quarterly – lo stesso del caso Berliac, se ricordate – non pubblicherebbe mai un fumetto come Peepshow #1. Ma all’epoca la situazione non si discostava molto da altre già viste nei comix del passato o negli alternative comics contemporanei, basti pensare – senza andare troppo lontano – a Crumb che salta addosso alle donne e a Buddy Bradley che praticamente stupra Lisa o che approfitta della sua posizione di tour manager per andare a letto con una disinteressata fan. E comunque, pur lontani da ciò che sarebbe successo oggi, anche all’epoca Matt non godé certo di ottima fama. Un buon esempio è questo paragrafo che Eric Reynolds dedicava a Matt sul #162 di The Comics Journal. “Un sacco di gente ama i fumetti di Joe Matt, ma nessuno sembra amare Joe Matt (tranne Chester Brown e Seth, forse). Matt sembra determinato a ritrarre ogni riprovevole aspetto della sua personalità, dalle tecniche di masturbazione al suo comportamento anale/ritentivo fino a quando arriva a picchiare la fidanzata. Purtroppo Matt continua a cadere sempre più in basso, per nessun’altra ragione apparente che il sensazionalismo. E arriva al paradosso di far passare l’inferno alle sue fidanzate nei fumetti, per poi lamentarsi quando loro non lo vogliono più (chissà perché). Matt è un eccellente cartoonist, che riesce spesso nell’impresa di far entrare una grandissima quantità di vignette in una sola pagina, ma la sua completa mancanza di autoconsapevolezza e di sensibilità rendono la lettura dei suoi fumetti un’esperienza davvero frustrante”. Che Matt manchi di sensibilità è abbastanza evidente, ma non credo che ciò sia altrettanto vero per l’autoconsapevolezza, perché questi fumetti sono in qualche modo una lunga seduta di analisi in cui l’autore sembra al tempo stesso condannare se stesso e compiacersi. In ogni caso ci pensarono i lettori a metterlo di fronte alla realtà. La pagina delle lettere di Peepshow è una delle più divertenti di sempre, con i fan – se così vogliamo chiamarli – che non si fanno problemi a criticare brutalmente il personaggio Joe Matt, senza paura di risultare troppo franchi. Si usava così all’epoca d’altronde, e basta dare un’occhiata alle missive pubblicate sul #2 per averne conferma, con l’apertura riservata a Mark Daly da Amherst, Massachussets, che osservava con semplicità: “Dear Joe, Peepshow #1 really disturbed me”. Poche righe sotto articolava meglio il concetto Barton Deiters da Williamston, Michigan: “Caro Joe, dopo aver visto che razza di bastardo egoista e sconsiderato sei in Peepshow #1, la mia ragazza pensa  che io sia un principe! Grazie per far sembrare tutti noi altri delle persone in gamba. P.S. Trish ti ha già mollato?”. Non mancano le lettere dei colleghi, tra cui lo stesso Peter Bagge da Seattle: “Joe, ti scrivo per farti sapere che Peepshow #1 mi è piaciuto un sacco. Però devo dirti un’altra cosa: tra questa storia e quel fumetto che Seth ha fatto su di te in D&Q, hai sviluppato un personaggio davvero negativo agli occhi del pubblico. Ma hey, è un problema tuo! Per quanto mi riguarda è divertente da leggere. Buona fortuna”. Da San Francisco arriva invece il parere di Ed Brubaker, all’epoca ancora un fumettista emergente e lontano dal successo di pubblico. “Hey Joe, ti volevo far sapere che Peepshow #1 è il miglior esordio di un fumetto che io ricordi di aver letto. Non ho mai visto una storia in cui il protagonista è così clamorosamente antipatico. E’ una storia molto onesta, non si può leggerla e non pensare ‘che stronzo!’. Ma al tempo stesso ci si può identificare con te. Davvero inquietante. Sei il Robert Crumb degli anni ’90!”. 

Ma torniamo alle vicende del personaggio Joe Matt, che continua a essere insopportabile con la fidanzata e ad evitare persino le avance sessuali di lei. Ormai è concentrato su Frankie, la “ragazza di Ipanema” entrata stabilmente nella sua cerchia di amici dopo essere diventata collega di lavoro di Trish. Matt ne è infatuato al punto che, quando lei gli appare sotto forma di immagine mentale mentre si masturba, lui ne allontana la visione perché troppo “perfetta” per essere degradata a materiale dei suoi solitari orgasmi. A un pranzo in cui sono presenti sia Trish che Frankie – oltre a Seth, Brown e altri amici – ignora la fidanzata e si rivolge all’altra tutto entusiasta parlandole dei suoi View-Master. Tutto ciò è raccontato con dovizia di particolari nelle sue tavole, che Matt realizza quando riesce a vincere la pigrizia e a mettersi a lavoro. Va da sé che quando Trish – e siamo a questo punto a Peepshow #2 – trova in casa le tavole realizzate da Matt va su tutte le furie. L’episodio rimarrà leggendario, tanto che Matt viene  ricordato ancora oggi – lo dicevo poco fa – come il fumettista che si è fatto mollare dalla ragazza per aver raccontato le sue perversioni nei fumetti. Difficile davvero fare più di lui, in questo senso. Ma potremmo anche vedere questi fumetti da un altro punto di vista, ossia come una confessione, o addirittura come il tentativo più o meno inconscio di farsi mollare, non avendo il coraggio di prendere l’iniziativa e mettere fine a una relazione ormai in piena crisi. D’altronde come poteva sperare che Trish rimanesse con lui dopo aver letto le storie pubblicate in questi primi numeri di Peepshow? E infatti la crisi è ormai alle porte: i due nel frattempo sono andati a vivere in case separate (su iniziativa di Joe…) e si allontanano materialmente ed emotivamente l’uno dall’altra ogni giorno che passa. Si vedono poco, e quando si vedono non fanno altro che litigare. Fino al giorno in cui Trish, ormai stufa di stare con un uomo che l’ha picchiata, ha descritto nei fumetti le fantasie erotiche su una sua amica, se n’è andato a vivere per conto suo e non ha fatto altro che criticarla e urlarle contro per mesi, decide di prendere la decisione di lasciarlo. E a quel punto cosa fa Joe “Poor Bastard” Matt? Passa le giornate a disperarsi e ad autocommiserarsi, arrivando persino a implorare Trish di tornare insieme. Peepshow #2 si conclude con un flashback di una sola amarissima pagina in cui vediamo Joe dire per la prima volta “ti amo” a Trish.

Peepshow #3, terzo numero della serie pubblicato durante il 1992, mostra in copertina il protagonista desolato, seduto a guardare il telefono. E’ il Joe Matt single che conosceremo di qui in poi, ancora intento a struggersi per Trish e a ricordare i bei momenti passati insieme, anche se fino a qualche tavola fa non faceva altro che disprezzare l’ormai ex fidanzata e il loro rapporto. Il titolo del comic book, History Lesson, fa riferimento ai continui sfottò rifilati al protagonista da Seth e Chester Brown a causa delle sue scarse conoscenze di cultura generale, ma anche alla “lezione” che Joe ha subito dalla vita. Eppure non se la passa così male, dato che in una delle periodiche puntate al negozio di fumetti The Beguiling conosce Andy, musicista e soprattutto grande fan dei suoi fumetti. Andy si accompagna con Kim, una tipa dal look alternativo e dai capelli corti e neri di cui Joe si invaghisce. E’ lei a fargli dimenticare che intanto la “sua” Trish sta uscendo con un altro, e che la sua vita è misera e disgraziata. Ma potrà provarci o no, visto che di mezzo c’è Andy, che stravede per lui ed è sempre gentilissimo? Forse sì, perché i due sembrano avere un rapporto aperto… Peepshow #4 è invece il primo capitolo di una storyline in tre parti intitolata Binswhacker e concepita per la prima volta da Matt come un unicum, a differenza dei numeri precedenti incentrati rispettivamente sulla cotta per Frankie, l’addio a Trish e la confusione post-rottura. Il tema centrale di questa storyline è uno: Joe Matt è infelice ma non si arrende. Passa le giornate a guardare i porno ma vuole fare di nuovo centro, se capite cosa intendo, e le chance non gli mancano. Oltre alla già citata Kim, c’è la minuta Mary, che gli è stata presentata proprio dalla coppia di amici, e con cui inizia ad uscire. Oppure una nuova coinquilina, l’asiatica Jill, che gli permetterebbe di soddisfare la sua curiosità per le ragazze orientali. E poi c’è Laura, una sua ex di Philadelphia con cui ha riallacciato i rapporti. Non vi dico chi di queste sarà la “fortunata”: la risposta potete trovarla in The Poor Bastard, volume unico pubblicato per la prima volta nel 1997 e contente proprio questa prima sestina di Peepshow. In italiano è uscito come Poor Bastard, senza l’articolo, per Coconino nel 2008 ed è ancora disponibile nelle migliori librerie.

Tra un flirt e l’altro, in Binswhacker seguiamo le vicende quotidiane del nostro in quel di Toronto, tra le periodiche puntate a The Beguiling, con l’allora proprietario Steve Solomos, i monologhi senza sosta a cui lo sottopone Charles, il suo coinquilino sovrappeso, e le sessioni di masturbazione accompagnate da fantasie erotiche che trovano massima espressione nella copertina del #6, con Matt attorniato da un nugolo di avvenenti ragazze. Se è vero che il cardine del lavoro di Matt è l’autobiografia – spesso spietata, come nell’episodio che l’ha portato alla separazione con Trish – bisogna anche dire che in queste pagine le situazioni sono spesso esagerate per dar loro coerenza e per divertire il lettore. Anzi, da quel che ha detto Matt in seguito mi sembra evidente che, se i primi due numeri di Peepshow sono in gran parte autobiografici, nei numeri dal 3 al 6 c’è più di qualche elemento di fiction. Matt non è né Harvey Pekar né Gabrielle Bell, non cerca l’insignificante ma plasma la sua autobiografia per fini narrativi, esagerando le situazioni fino a portarle al grottesco. Spiega l’autore in un’intervista del 1993 pubblicata nel #162 di The Comics Journal: “Non credo che il mio lavoro rispecchi la realtà in tutto e per tutto. I miei fumetti hanno una componente fittizia, nel senso che è normale mettere insieme degli eventi distanti nel tempo o inventarsi qualche particolare per dare un po’ di pepe alla storia. E poi io tendo a drammatizzare le cose (…). E’ normale esagerare per far ridere i lettori”. E di sicuro qui si ride di gusto, anzi, questi primi sei numeri di Peepshow sono a mio parere uno dei fumetti più divertenti di sempre, oltreché un esempio di cartooning d’alta scuola, con una narrazione fluidissima e leggera, dei tempi comici perfetti, dei disegni che nel loro tendere al grottesco – date un’occhiata alla miriade di espressioni facciali che Matt tira fuori mentre si fa le seghe, gioisce e soprattutto si dispera – riescono a far sbellicare il lettore quanto i testi. 

L’intervista appena citata è collocata in un numero speciale del Comics Journal, tutto dedicato al fumetto autobiografico, e in cui Matt viene intervistato insieme a Chester Brown e Seth. I tre formano un trio indivisibile, e questi primi sei numeri di Peepshow ne sono testimonianza evidente, con pagine e pagine di conversazione che alla fine più che commentare i fatti a mo’ di coro greco diventano il vero cuore del racconto. Lo stesso titolo del volume che raccoglierà queste storie è tratto da una frase che Seth rivolge al protagonista, intento – tanto per cambiare – a sbavare mentre guarda una ragazza a un tavolo vicino al loro: “You poor bastard. You really suffer, don’t you?”. Seth da una parte ridicolizza di continuo Matt, deridendolo per le sue scarse conoscenze di cultura generale, per i suoi vizi, le sue ossessioni, i suoi ragionamenti che si accartocciano su se stessi, tanto da paragonare una chiacchierata con l’amico a una corsa su un  tapis roulant che non può essere spento (“I’m on a treadmill!” urla facendo finta di cadere spaventato quando Matt si perde nei suoi ragionamenti paradossali). Dall’altra l’autore di Palookaville ha anche il ruolo di consigliere, di “voce della ragione”. Nel #183 di The Comics Journal Chris Brayshaw dopo aver lungamente conversato con Matt pone qualche domanda proprio a Seth, in un’intervista di quattro pagine che ha come unico argomento l’amico e collega. E Seth a un certo punto dice: “Abbiamo un rapporto davvero strano, soprattutto perché quando sono con lui divento più bacchettone di quanto sono di solito. All’improvviso mi ritrovo a difendere delle idee in cui non credo veramente, e a diventare molto più duro su alcuni argomenti, come il sessismo e la pornografia, su cui in realtà non sono poi così rigido”. Succede per esempio in Peepshow #5, quando Seth perde la pazienza urlando a Matt: “Questa tua stupida fissazione per le asiatiche è la classica fantasia del giovane maschio bianco. Ma non riesci a vedere che è offensivo? Nessuna donna vuole essere vista come un oggetto erotico prima che come una persona! Non riesci a capirlo?”. Diverso è invece il ruolo di Chester Brown, che quando partecipa agli incontri con gli altri due è di poche parole riservando a Joe soprattutto sorrisi sarcastici, tanto da sembrare quasi un cliché. Ma quando un lettore, nella posta di Peepshow #4, chiede se Chester è davvero così tranquillo o se è Matt a tagliare le sue battute, Joe risponde semplicemente: “Yes, he’s that quiet”. E a proposito di questo unitissimo trio di fumettisti, da segnalare che queste dinamiche tornano nei fumetti dei colleghi, in particolare in It’s a Good Life If You Don’t Weaken di Seth (dove però è soltanto Chester Brown a fare da spalla al protagonista) e in Paying for It dello stesso Brown, che riunisce il trio. Oltre a influenzarsi a vicenda (in particolare Matt ammetterà l’impatto che ha avuto su di lui il lavoro di Brown), i tre realizzeranno qualche striscia insieme – per lo più inedite, anche se una traccia la troviamo nel volume Drawn & Quarterly: Twenty-Five Years of Contemporary Cartooning, Comics, and Graphic Novels – e si daranno allo sfottò reciproco, come testimoniano Some Things I Think You Should Know About Joe Matt, la storia di Seth pubblicata sul settimo numero della prima serie dell’antologia Drawn & Quarterly, e Paid for It di Joe Matt, di cui dirò nella prossima e ultima puntata di questo speciale.