Josh Pettinger: punto e virgola
Il titolo, innanzitutto. Perché “punto e virgola” e non “punto” e basta? Beh, da queste parti ne ho già fatti di “punti” – penso per esempio a quello su Kevin Huizenga in cinque parti, o ai post multipli dedicati a Peter Bagge e Joe Matt – e questo più che un “punto” è il profilo di un autore relativamente nuovo, dato che ha iniziato a pubblicare con continuità soltanto sei anni fa. Un punto e virgola apPUNTO, oppure un’introduzione o una guida, ma volete mettere il gusto di intitolare questo post Josh Pettinger: punto e virgola? Se lo leggete ad alta voce viene fuori Josh Pettinger DUE PUNTI PUNTO E VIRGOLA, roba che manco Totò insomma. Fatta questa doverosa introduzione, veniamo al dunque. Era un tranquillo sabato di luglio, ero a casa e mi era arrivato da poco Tracy Island direttamente dalla fonte. E così mi sono detto: e se invece di leggere soltanto la nuova prova di Josh Pettinger facessi una rilettura totale della sua opera solista? A questa domanda la risposta è stata sì, tanto che ho ripreso in mano tutti i numeri di Goiter e i cinque albi con protagonista Tedward e ho passato un bel sabato pomeriggio all’insegna del fumetto di qualità.
Una tale esperienza va condivisa, anche perché su queste pagine non avevo mai scritto per esteso dei fumetti di Josh Pettinger, cartoonist inglese cresciuto sull’isola di Wight ma da anni trasferitosi negli Stati Uniti, dove ha vissuto a Chicago, Los Angeles e ora Philadelphia. Eppure Pettinger è un ospite fisso del negozio online di Just Indie Comics. Anzi, potrei sbilanciarmi e dire di essere stato uno dei primissimi (se non il primo) a diffondere le sue produzioni in Europa, tanto che Goiter #2 del 2018 è stato uno dei titoli del Just Indie Comics Buyers Club 2019. Da quel momento ho seguito di pari passo la crescita dell’autore, assistendo in diretta ai suoi progressi e all’aumento della sua popolarità, a cui hanno dato una bella spinta le collaborazioni con Simon Hanselmann, poi raccolte nel volume Werewolf Jones & Sons Deluxe Summer Fun Annual! uscito l’anno scorso per Fantagraphics. Negli ultimi tempi sono arrivate anche le edizioni in volume di Goiter e l’esordio italiano, avvenuto sulle pagine di alterlinus.
Prima di Goiter #2 c’è stato ovviamente Goiter #1 del 2015, mini comic autoprodotto e introvabile che ho recuperato grazie a una ristampa pubblicata da Strangers Fanzine a marzo 2021. Non è un albo a cui lo stesso autore è affezionato, anzi, Pettinger ha ammesso di detestarlo, tanto da escluderlo dalla raccolta di Goiter già uscita in Francia per Ici Même, in Spagna per La Cúpula e negli USA per Floating World (in Italia dovrebbe essere pubblicata a breve da Oblomov). In effetti questo #1 è molto acerbo e si limita ad assemblare bozzetti di una pagina caratterizzati da un umorismo nero tipico di chi ce l’ha con il mondo intero. Quando, ben tre anni dopo, arriva il #2 della serie (in Italia su alterlinus #4) ci troviamo davanti un autore del tutto diverso, già capace di farsi apprezzare per le sue qualità di narratore. Anche il disegno, per quanto tutt’altro che originale, comincia a prendere forma rispetto alle incertezze del passato. La storia principale di questo numero prende il nome dal suo protagonista, Henry Kildare, un ventriloquo che va in giro per gli Stati Uniti a fare spettacoli in piccoli locali spostandosi con l’autobus. Mentre è in viaggio chiama a casa la fidanzata, che però non risponde mai. Dopo aver incontrato una barista, prende dei funghi insieme a lei, cade a terra e si addormenta in mezzo alla strada. Al risveglio riesce a tornare alla stanza che aveva preso in affitto, ma soltanto per ritrovarsi accusato dell’omicidio di una ragazza scomparsa. Non vi racconto il resto ma già avrete capito il tono delle storie di Pettinger. I suoi personaggi sono sconfitti dalla vita, vittime di un destino più grande di loro, sfigati, mammoni, disgraziati nel senso letterale di “caduti in disgrazia”. Ciò che gli succede, però, non è mai scontato, anzi, la trama prende spesso una piega che non ti aspetti. Le cose vanno peggio ma non nel modo che era lecito immaginarsi. Vanno diversamente peggio, se così si può dire.
I numeri dal 3 al 5, usciti tra il 2018 e il 2020, sviluppano e perfezionano la stessa formula. Lo sfondo è sempre quello di un’America suburbana o provinciale e le vicende raccontate sono tanto amare quanto divertenti. Pettinger ha come punto di riferimento principale l’Eightball di Daniel Clowes ma, piuttosto che alimentare la dimensione grottesca e weird delle situazioni, usa un’estetica degna dei vecchi romance comics e il classico deadpan humor per osservarle con un sorrisetto beffardo e compassionevole al tempo stesso. Si ride delle sfighe altrui, insomma, ma come se ciò servisse a consolarsi delle proprie. Il terzo Goiter (in Italia su alterlinus #3) ha senza dubbio l’intreccio più brillante, costruito su un’idea geniale, di quelle che non capita spesso di leggere. La protagonista è una cameriera trentenne solitaria e annoiata che vive giornate tutte uguali, sorta di alter ego dell’autore (Pettinger ha lavorato a lungo nei ristoranti). Un giorno le appare da un’altra dimensione la testa del suo fidanzato. Peccato che lei non abbia ancora un fidanzato, perché il tizio è stato rispedito indietro nel suo mondo – da dove era stato rapito in precedenza dalle forze alleate di una terra alternativa – in un momento sbagliato, ossia prima che la coppia si incontrasse. Lo scopo del viaggio interdimensionale, che non è riuscito benissimo dato che soltanto la testa si è materializzata altrove, sarebbe quello di raccogliere nuove forze per sconfiggere i nazisti. E invece la testa, una volta convinta la ragazza della veridicità delle sue parole, decide di infischiarsene e di passare le giornate con lei facendo passeggiate e mangiando il gelato. E’ questa un’altra trovata alla Pettinger: raccontare storie apparentemente epiche che dopo un po’ si sgonfiano per le scelte edoniste di personaggi indolenti. C’è l’assurdità dei Monty Python in alcune di queste situazioni, o comunque un humor tipicamente british, calato in sceneggiature che non seguono strutture predeterminate ma vanno per la loro strada, come se fossimo in un film di Éric Rohmer o Noah Baumbach. Inoltre questo terzo numero segna un’importante evoluzione dal punto di vista della messa in pagina, dato che l’utilizzo di un minor numero di vignette lo rende assai più leggibile rispetto all’episodio precedente. Da rilevare anche l’esordio del colore, ripreso con Photoshop da vecchi fumetti per creare un suggestivo effetto Zip-A-Tone d’altri tempi.
Goiter #4, con un formato più piccolo del solito e in bianco e nero, è in gran parte occupato da Wendy Bread, la storia di una madre di famiglia che si trova incastrata tra un figlio prepotente e onanista e un marito campione di wrestling. Le tre pagine in appendice, Fire Ladies, sottolineano il tema femminista dell’intero albetto, ancora una volta eccellente. Il #5, pubblicato per la prima volta da una casa editrice (la Tinto Press), torna al formato comic book e alla colorazione tenue e retinata per presentarci William Cucumber, altro riuscitissimo episodio che prende il nome dal suo protagonista, una sorta di bagnino sfigato che si trova ad avere a che fare con una sorellastra più giovane e molto più sveglia di lui. I fumetti brevi in appendice aggiungono altri due personaggi alla galleria di perdenti di Pettinger. Che lo faccia in poche o in molte pagine, l’autore racconta sempre una storia dall’inizio alla fine, senza che l’idea centrale – solitamente paradossale – sfoci nei territori dell’assurdo fine a se stesso. In questo il cartoonist angloamericano dimostra grandi qualità di narratore, perché in un’epoca in cui pochi hanno il coraggio di scrivere i finali, lui i finali li scrive eccome, e con il botto.
Se i numeri dal 2 al 5 di Goiter possono essere considerati un blocco unico, lo stesso discorso si può fare a maggior ragione per i numeri dal 6 all’8, pubblicati tra il maggio del 2021 e il maggio del 2023. A parte alcuni fumetti brevi, il grosso di questi tre albi è costituito da Victory Squad, una storia a puntate ambientata in un futuro distopico-ma-non-troppo in cui il mondo è dominato dalla spietata azienda del CEO Corderoy Bezo. Dopo la pubblicazione della prima parte, Robert Crumb in persona si scomodò per definirla come “la migliore interpretazione umoristica dei magazzini di Amazon che abbia mai visto”. Non so se questo sia vero sinceramente, perché a mio parere la prima e la seconda parte di Victory Squad non raggiungono le vette dei numeri precedenti e Pettinger non sembra proprio nel suo in un’ambientazione dai connotati orwelliani. In realtà il serial cresce pagina dopo pagina, perché l’andamento lento dei primi due episodi è del tutto funzionale alla geniale svolta a cui assistiamo in Goiter #8, l’ennesimo strabiliante plot twist alla Pettinger. Da segnalare che Goiter #6 è pubblicato da Kilgore Books, mentre con i numeri 7 e 8 si torna all’autoproduzione. Tutti e tre gli albi sono in formato comic book e sfoggiano colori digitali più accesi del passato, senza le scansioni da vecchi fumetti che avevano caratterizzato Goiter #3 e #5.
Avrete visto che sto mettendo il turbo rispetto all’inizio ma ve l’avevo detto che era un “punto e virgola”, no? Lo scopo era soprattutto farvi capire di cosa si parla quando si parla di Josh Pettinger, e penso di esserci già riuscito, o almeno di averci provato, descrivendovi i primi numeri di Goiter. Ma non posso tralasciare del tutto le vicende di Tedward, ossia il personaggio a cui Pettinger ha deciso di dedicarsi dopo aver messo fine alla sua serie antologica. Incontriamo Tedward per la prima volta proprio su Goiter, nel #7 per la precisione. In sole tre pagine il personaggio è già delineato: Tedward è un “old fashioned guy” con i capelli perfettamente sistemati che vive con la madre e al bar ama ordinare un bicchiere di latte. A prima vista sembra il classico nerd da commedia americana, con la collezione di bambole e la passione per il modellismo – alla Steve Carell di 40 anni vergine – ma poi si capisce che non è del tutto così, dato che si esalta nelle situazioni di difficoltà ed esce con donne sempre diverse. Pettinger lavora su due binari: da una parte utilizza l’ingenuità del protagonista per far ridere il lettore, dall’altra si diverte a inserire dei dettagli fuori posto utili a creare quella sensazione di inconsueto tipica delle sue opere. Dal punto di vista stilistico, i capelli squadrati di Tedward e il suo stile all’antica spingono Pettinger a modificare il disegno, che qui diventa più pupazzoso, con i personaggi che sembrano usciti da una confezione di Playmobil.
Il primo albo dedicato a Tedward, intitolato Power Wash e pubblicato nell’agosto del 2022, inizia con il protagonista che viene mollato dalla fidanzata finlandese. Sofferente, si allontana pensando “Non sono niente senza di lei” e poi, come rispondendosi da solo, “Certo, ho un bel taglio di capelli, ma a che serve se non ho nessuno che lo apprezza?”. La disperazione lo porta su un campanile di una chiesa, pronto a farla finita, ma per fortuna uno sconosciuto lo ferma. E gli offre pure un lavoro, promettendogli fortuna e lusso in modo così convincente che Tedward accetta, anche perché la piantagione di rabarbaro che coltiva con la madre non sta andando tanto bene. Forse potete intuire dal titolo di che lavoro stiamo parlando, anzi no, mi sembra piuttosto difficile arrivarci così: diciamo che si tratta di una trovata alla Simon Hanselmann, da cui Pettinger in questa fase – viste anche le ripetute collaborazioni – sembra piuttosto influenzato. E infatti l’albetto successivo con protagonista il nostro “belli capelli” preferito è proprio una collaborazione con Hanselmann, che ricambia i favori fatti dal nostro sulle storie di Werewolf Jones e figli per realizzare il 50% di Tedward Classic Movies del gennaio 2023.
Il corpus della saga di Tedward è compreso da cinque comic book autoprodotti: i due già citati più i successivi Warm Television (luglio 2023), Best Regards (ottobre 2023) e il conclusivo Tracy Island (giugno 2024). Tutti e cinque sono in bianco e nero ma verranno colorati per la raccolta in volume già annunciata da Fantagraphics per il marzo 2025. Le storie sono autoconclusive e si possono leggere singolarmente ma all’interno ci sono dei riferimenti che solo chi ha letto gli episodi precedenti è in grado di cogliere. Inoltre in Tracy Island, sin dal titolo sentito tributo alla serie televisiva Thunderbirds, tornano alcuni personaggi introdotti in Power Wash e Best Regards, con Pettinger che dà un’ideale conclusione alla vicenda di Tedward, mettendo di nuovo in mostra la facilità con cui sviluppa trame e scrive finali. Tra i diversi episodi il mio preferito è Warm Television, che ha un intreccio ben costruito, un epilogo ineccepibile quanto esilarante e una strana malinconia che sembra provenire da un film di Aki Kaurismaki. Ma in generale tutti questi albi si distinguono per uno storytelling sempre più efficace, con un senso del ritmo e una leggibilità che hanno poco da invidiare a ben più blasonati colleghi.
Mi rendo conto di non aver parlato di tante cose in questo profilo d’artista, come la fissazione dell’autore per i cappelli femminili. Ma l’avevo detto, era un punto e virgola e tale rimarrà visto anche il lancio – a questo punto già avvenuto – di un nuovo mini comic a firma Pettinger intitolato Zanzer of Gorzu! ‘Nuff said!
New New York/4 – Jasper Krents
Uno dei fumettisti più originali usciti dalla nuova scena di New York è Jasper Krents, che nonostante la giovane età è già impegnato a tradurre in un cartooning crudo, nervoso e a volte anche ironico ogni genere di ossessione e paranoia. Jasper non vive a Brooklyn o in qualche altro sobborgo periferico come la gran parte dei fumettisti di questa nuova scena ma a Manhattan, e lo scorso marzo l’ho incontrato a Roma, dove era di passaggio per qualche giorno. È in quell’occasione che mi ha portato un po’ di copie di Smoke Signal #42, dove appare un suo contributo, e i suoi quattro albi autoprodotti, che negli States hanno già avuto una discreta distribuzione negli abituali circuiti grazie anche alla Mystery Box di Desert Island e alla solita Domino Books.
Il primo del lotto è Magnet Head #1, dell’aprile 2023, un lavoro ancora acerbo fatto di storie brevi e disegni, classico esordio di un fumettista che sta cercando la sua strada. Tuttavia il primo racconto, di sole 4 pagine, fa già capire le coordinate su cui intende muoversi Krents, raccontandoci le terribili conseguenze di una caduta dallo skateboard avvenuta l’anno precedente, che gli ha causato continui mal di testa. Il resto è costituito da disegni che sembrano voler buttar fuori ogni genere di demoni interiori e da piccole storie che raccontano delusioni sentimentali e una persistente sensazione di disagio. È chiaro che lo stato dell’autore ha pesantemente influenzato questo fumetto, che pur se acerbo rimane una grande testimonianza di autoespressione.
Passano un paio di mesi ed ecco che arriva Dan’s Secret, questa volta in bianco, nero e giallo, cosa che potrebbe già farvi intuire qual è il segreto a cui si riferisce il titolo. La penna dell’autore si muove velocemente sulla pagina per raccontarci una storia paradossale pervasa da un’ironia malata, con una sensibilità anni ’90 che oggi non è facilissimo trovare tra le nuove generazioni di cartoonist. E’ questa probabilmente l’opera più ironica realizzata finora da Krents, in cui l’autore cerca il divertimento più che la confessione autobiografica. O almeno lo spero…
Magnet Head #2 dell’ottobre 2023 riprende l’episodio del colpo alla testa già raccontato nel #1 per collocarlo all’interno di un più ampio racconto autobiografico. I continui mal di testa costringono Krents a tenersi lontano da situazioni affollate o addirittura dalla luce del sole. Chiuso a casa, si cura con gli antidepressivi e al tempo stesso si sfoga realizzando tavole claustrofobiche di pura angoscia metropolitana. Con il passare delle pagine la condizione mentale dell’autore migliora e con essa cambia anche il suo stile: le splash page diventano colorate e ariose, conducendoci per mano verso un finale di speranza. Il processo creativo muta di pari passo con la condizione dell’autore, come se fossimo davanti a un romanzo di formazione umano e al tempo stesso artistico. Ricco di soluzioni diverse tanto da risultare stilisticamente schizofrenico, Magnet Head #2 è in realtà un grande esempio di arte come terapia.
È con Opal and Earl del febbraio 2024 che il cartooning di Krents diventa definitivamente maturo. L’espressionismo selvaggio delle prove precedenti lascia spazio a soluzioni più equilibrate e consapevoli, che dal punto di vista formale si traducono in una notevole riduzione delle splash page a favore di pagine costruite su vignette irregolari ma del tutto funzionali. Per quanto riguarda i contenuti, l’albo sviluppa quanto fatto in precedenza dall’autore, inserendosi in un processo di crescita già in grado di creare un corpus di opere perfettamente coerenti. La dimensione è sempre quella del paradosso e dell’ossessione, come già in Dan’s Secret, mentre la trama sembra prendere spunto dalla delusione amorosa brevemente raccontata in Magnet Head #1. Protagonisti sono due ex compagni delle elementari che si incontrano di nuovo 40 anni dopo. Lui, Earl, è ancora ossessionato da lei, Opal, tanto che l’unico quadro che ha in casa è una foto di classe e l’unico libro è l’annuario scolastico. La gioia dell’incontro iniziale diventa pian piano inquietudine quando si comincia a intuire lo stato psicotico di Earl. Il finale non lascia spazio a letture univoche o a facili giudizi morali, confermando la spontaneità e l’originalità del giovane autore newyorkese.
“Pluie” (Lagon Revue #7)
È uscita a maggio la nuova antologia dei francesi di Lagon Revue, come al solito caratterizzata dalla raffinatissima confezione. Dietro la copertina, che presenta due fotografie di Marie Quéau sovrapposte ai disegni di Margot Ferrick, si susseguono 312 pagine di grande formato (20 x 28,3 cm) stampate su carte di grammatura e tipologia diverse, con l’occasionale utilizzo di inchiostri al neon e metallici. La rilegatura è con filo a vista e la chiusura del volume è affidata a quattro pagine serigrafate, che diventano una sorta di tasca per riporre il libretto di traduzioni in allegato (Pluie è bilingue, in francese e inglese). L’uscita del nuovo numero ha coinciso con l’inaugurazione di una mostra al Centre Pompidou di Parigi intitolata Revue Lagon – Le Chemin de Terre, che celebra la rivista in occasione del suo decennale e che rimarrà aperta fino al prossimo 19 agosto.
Nata come antologia del meglio del fumetto internazionale, Lagon è cresciuta diventando sempre più curata nella proposta editoriale. Nel corso degli anni siamo così passati da un “best of” del fumetto contemporaneo – in un ambito che partiva dagli art comics per arrivare all’avanguardia pura – a un insieme coeso che sviluppa contenuti e spunti ben precisi. Un po’ com’è successo a Kramers Ergot insomma, secondo un’evoluzione che ha fatto diventare il processo di editing ancora più importante della selezione degli artisti. Ad occuparsi di quest’ultimo compito è ora il solo Sammy Stein, fumettista tra i più originali in circolazione, che alcuni di voi conosceranno per il libro Visage du Temps edito da Éditions Matière (disponibile come Tidens Anleten nell’online shop di Just Indie Comics) e per la mostra che gli ha dedicato nel 2023 il festival Ad occhi aperti a Bologna. È dunque dal suo fumetto, posto in chiusura di volume, che è inevitabile partire per capire quali sono i temi di Pluie. Stein utilizza un ibrido tra il reportage giornalistico e l’indagine poliziesca per raccontare il suicidio di massa della setta dei Preistorici, che sotto il comando di un santone chiamato semplicemente La Guida idealizzava l’era neolitica disprezzando la società contemporanea. I corpi degli adepti vengono ritrovati tra le fiamme di un incendio totalmente ricoperti dall’argilla, nel tentativo di fuggire verso un mondo ultraterreno migliore di quello che conosciamo.
Proprio questa dimensione post-apocalittica è centrale in Pluie, ma non nel senso che siamo abituati a ritrovare nella cultura di massa. Nella gran parte di questi contributi la “pioggia” – intesa per lo più come quella di un nuovo diluvio universale – è già caduta da tempo, così che ad essere raccontati non sono gli eventi catastrofici o gli sforzi di sopravvivenza della razza umana, ma un mondo “altro” che assume i connotati del post-umano. Questa dimensione è perfettamente in linea con un fumetto d’avanguardia che dall’inizio del terzo millennio è alla ricerca di forme diverse da quelle tradizionali del figurativismo. In questo senso, il lavoro del team di Lagon rielabora tendenze che si stanno sviluppando da almeno vent’anni e non a caso un autore come CF, che di fatto è stato un traghettatore dalla rivoluzione di Fort Thunder al “nuovo fumetto”, è ospite di questo e di altri volumi del collettivo francese. Ecco così le linee fluide e ondulate accompagnate dai colori tenui di Margaux Duseigneur, i resti dell’umanità che diventano forme tra le forme nei luoghi oscuri di Séverine Bascouert, o il contributo del norvegese Tim Ng Tvedt in cui il linguaggio prende il sopravvento per articolarsi in aggregati capaci di ricodare le creazioni di Alexander Calder. Ed è a volte lo stesso atto del disegnare – la scelta del punto di vista, gli strumenti che vengono utilizzati, il modo in cui la penna viene passata sul foglio – a far perdere i connotati abituali alle figure umane, come in Truce di Joe Kessler.
Il design a cura di Jean-Philippe Bretin e il processo di stampa sono stupefacenti almeno quanto la qualità dei fumetti e la varietà di soluzioni adottate è talmente ampia che sembra impossibile che alcune di queste pagine facciano fisicamente parte dello stesso volume. Penso per esempio all’effetto patinato e riflettente delle prime quattro tavole a firma François De Jonge, alla carta di elevata grammatura che supporta i colori sparati di Leomi Sadler e alle pagine al contrario sottilissime e di colori diversi utilizzate per Golpe di Louka Butzbach (ennesima grande prova di questo fumettista francese classe 1995, il cui Whistle uscito per Breakdown Press sarà presto disponibile nel negozio online). Contributo dopo contributo l’eterogeneità della proposta aumenta, ma senza compromettere quel senso di coesione e di forte progettualità che rimane presente per tutta l’antologia.
Pluie è stato oggetto di un pre-order riservato agli abbonati del Just Indie Comics Buyers Club ma ne è rimasta disponibile qualche copia, al momento ordinabile dal negozio online.
“Peep” a cura di Sammy Harkham e Steven Weissman
Una nuova antologia curata da Sammy Harkham è sempre una notizia, ancor più se non si tratta di Kramers Ergot. Peep è la nuova creatura dell’autore di Blood of the Virgin, aiutato questa volta dal collega Steven Weissman e da un’etichetta fuori dagli schemi come la losangelina Brian Dead, nota per lo più come brand di vestiario alla moda venduto in eleganti concept store. A distribuire l’antologia nel circuito del fumetto ci pensa Secret Headquarters, negozio/casa editrice sempre di base a LA, come Harkham d’altronde. In Italia qualcuno di voi ha avuto la fortuna di trovarla nel negozio online di Just Indie Comics, dove è andata velocemente esaurita.
Peep è la naturale evoluzione di Kramers Ergot #10, un ulteriore passo verso la direzione intrapresa da Harkham con quello che potrebbe essere stato l’ultimo numero della sua memorabile antologia. Il formato gigante è lo stesso (35,5 x 28 cm) ma la foliazione è ancora più ridotta, dato che in questo caso le pagine sono soltanto 48. L’idea è di riportare il fumetto alle sue origini, alla velocità e all’essenzialità di una lettura rapida ma non per questo superficiale. Anzi, tutt’altro, perché l’intenzione degli editor è offrire la massima qualità nel minor spazio possibile. In 48 pagine si alternano 29 autori, tutti con contributi inediti tranne tre recuperi, ossia quelli di Spiegelman, Kurtzman e Spain. A parte l’eccezione costituita da Aix En Provence di Antoine Cossé, che raggiunge le 4 pagine, i fumetti si attestano tra una e tre tavole: un po’ come era successo per Kramers #7, con la differenza che allora si trattava di un enorme volume cartonato venduto a $125 e difficile da maneggiare, mentre ora abbiamo tra le mani un agile spillato da $25 che si può leggere comodamente in bagno.
La scelte editoriali di Peep sono strettamente legate ai contenuti. Poche pagine uguale poco spazio a disposizione per ognuno e allora quello degli autori diventa uno sguardo veloce, magari di striscio: un “peep”, appunto, che in forma di fumetto vuol dire affidarsi alla brevità di una striscia come quelle pubblicate un tempo dai quotidiani, con tanto di gag finale a volte. Ma “peep” suggerisce anche l’idea di sbirciare. Ed ecco allora che la gran parte degli autori guarda alla realtà quotidiana, meglio ancora se si tratta di una realtà privata, personale, intima, da far diventare pubblica attraverso una storia a fumetti. Di tanto in tanto questo sguardo diventa autobiografia, o biografia, che sia di un artista famoso o di un illustre sconosciuto. “Peep” è legato inoltre all’idea di spiare, basti pensare a termini inglesi composti come “peephole” (spioncino) e “peepshow”. Ed è per questo che alcuni di questi fumetti vanno a finire nel privato nel senso più intimo del termine. O spostano l’attenzione sul tema più estremo di tutti, quello della morte, che sembra ricorrere in modo più o meno ironico in buona parte di questi fumetti. Come sembrano ricorrere la presenza degli animali e i riferimenti alla situazione politica e sociale contemporanea: cosa, quest’ultima, che lascia pensare che alcuni di questi fumetti siano stati concepiti inizialmente per Kramers Ergot #10 per poi non trovarvi spazio. Per concludere “peep” potrebbe essere inteso come uno sguardo veloce rivolto alla storia del fumetto statunitense degli ultimi settant’anni, secondo l’idea fissa di Harkham di concepire il fumetto come un flusso continuo di corsi e ricorsi, in cui ciò che è nuovo dialoga – a volte inconsapevolmente – con ciò che è venuto prima, e in cui non c’è distinzione tra alto e basso o tra arte e intrattenimento. Tutte queste idee sono state senz’altro suggerite da Harkham e Weissman agli autori chiamati in causa, che hanno ricevuto dagli editor non un tema da svolgere (cosa che spesso nelle antologie a fumetti porta a realizzare contributi didascalici e/o troppo omogenei tra loro) ma suggestioni che hanno poi sviluppato a piacimento, cogliendo uno o più spunti tra quelli proposti.
I contributi sono tutti di altissimo livello e rendono Peep un’antologia a fumetti a dir poco eccellente. L’apertura è riservata a Vanessa Davis con le tre pagine manifesto di Larder Love. L’autrice di Make Me a Woman e Spaniel Rage inizia parlando del libro The Valley of Horses di Jean Auel, ambientato in era preistorica e famoso per le scene di sesso. Ma la cosa che più colpisce la Davis è il fatto che la protagonista del libro riesca a raccogliere nella sua grotta tutto il necessario per prendersi cura di un malcapitato quanto aitante giovane, mostrando la differenza tra l’alcova preistorica perfettamente organizzata e il suo ripostiglio stracolmo che esplode di vestiti. In queste tre pagine trovano spazio parecchi dei temi che animano l’antologia: la velocità della narrazione, uno sguardo rivolto alla sfera privata della fumettista che racconta, l’immagine della coppia preistorica che copula vigorosamente. Il resto procede su questa falsariga, con gli autori che approfondiscono i diversi lati del prisma Peep. C’è quindi la narrazione veloce da striscia o comunque da fumetto comico, come nei contributi di Mats, Art Spiegelman (con le strip di Muck and Jizz, versione per adulti di Mutt and Jeff), Harvey Kurtzman (con Egghead Doodle del 1950), Brian Chippendale (che riprende le situazioni del suo If ‘N’ Oof) e Jeff Mahannah. Alcune di queste storie mostrano aspetti tipici del fumetto classico, spesso rocamboleschi, con amputazioni e decapitazioni cartoonesche che tornano sia in Mats che in Spiegelman, oppure utilizzano animali o personaggi fantastici parlanti come protagonisti. Non è lontano per tenore lo stesso Weissman, che pur con un disegno elegante e tutt’altro che grottesco racconta le avventurose vicende dell’eroico cavallo Russell. Il già citato Mahannah sviluppa nella sua unica ma geniale pagina l’elemento sessuale, con un pittore di strada che seduce le clienti davanti ai mariti, mentre in Spiegelman uno dei personaggi si trova il pene tranciato. Persino il solitamente pudico Kevin Huizenga si diverte adattando in una pagina costruita con mano esperta un presunto annuncio di Craiglist, talmente perfetto per il suo universo narrativo (uomo cerca donna per vedere insieme l’eclissi del 2017 in Oregon) da suonare farlocco.
Ben Katchor dà una bella lettura dai connotati politici in An Evening Demonstration, ritraendo una folla inferocita che protesta con cartelli riportanti le diciture “No Fuck” e “Not Tonight Please!” sotto l’appartamento di una coppia di sposini (lui figlio di un CEO, lei figlia di un ambasciatore) invitandoli a non riprodursi per evitare la venuta al mondo di un altro ricco viziato. Il tema della morte è centrale nelle tre coloratissime pagine di Danielle Chenette, nel paginone centrale sviluppato in verticale di Chris Cilla con il suo abituale flusso di coscienza a fumetti, in Dinner Party Comics di Roman Muradov, nella geniale e spietata satira social di Katie Skelly e in due contributi che lo declinano in chiave biografica, ossia Louisianambush di E.A. Bethea sugli ultimi giorni di Bonnie & Clyde e Aix en Provence di Antoine Cossé dedicato a Cézanne.
Si muovono nei territori del quotidiano Gabrielle Bell, Sophia Foster Dimino con un delicato slice of life pregno di sottintesi (e anche qui la morte aleggia tra le vignette), Spain Rodriguez con The Conclusive Argument del 1988 recuperata direttamente dalle splendide tavole originali (da notare che Spain era apparso già in Kramers Ergot #10 in una storia-nella-storia di Kim Deitch) e Sammy Harkham, che si prende gioco delle guide How-To raccontando la giornata di un fumettista in tante microvignette. I temi si rincorrono, si alternano, si ripetono e si intrecciano, creando collegamenti segreti tra una storia e l’altra e tra un cartoonist e l’altro, come succede soltanto nelle migliori antologie. E lo stesso potremmo dire per le soluzioni stilistiche, che danno vita a connessioni intergenerazionali. Se per esempio non stupisce granché l’affinità stilistica dei due curatori (Black Feather Valley di Weissman potrebbe essere uscita da Blood of the Virgin di Harkham), è senz’altro più singolare la continuità tra la pagina di Kurtzman e quelle di Chippendale, non a caso posizionati uno dopo l’altro.
Non è dato sapere se questo albo avrà un seguito. Sulla copertina di Alex Schubert, sul sito di Brain Dead e sulle comunicazioni inviate ai distributori da Secret Headquarters non si fa mai riferimento alla numerazione. La seconda di copertina lascia invece qualche speranza, riportando nel colophon la dicitura “Peep no. 1″. Rob di Alta fedeltà chiederebbe se #1 vuol dire che ci sarà con certezza un #2 o se significa semplicemente che questo è il primo numero di Peep. Io non saprei proprio cosa rispondergli.
New New York/3 – “Froggie World” #1 di Allee Errico
“Caro lettore, benvenuto a Froggie World! Ho iniziato a fare questi fumetti autobiografici nel 2017 per costringermi a disegnare ogni giorno. Li ho postati su Instagram con l’alias @froggie.world. Scusami ma in realtà non ci sono rane in questo libro. Ciò che è iniziato come un divertente progetto collaterale alla fine è diventato un’ossessione quando ho capito la capacità del fumetto autobiografico di rivelare i meccanismi della vita, l’universo ecc. Divertiti! Baci, Allee”.
Con queste righe si apre il primo numero di Froggie World, con cui Cram Books raccoglie alcuni dei fumetti pubblicati da Allee Errico su Instagram organizzandoli non in ordine cronologico ma per tema. Il sottotitolo è Love Angel Music Bike, e infatti le situazioni ricorrenti sono – al di là di qualche breve comparsata del cane Sardine qui visto come un “angelo” – l’amore, la musica e gli spostamenti in bicicletta per le strade di New York. Questi elementi si intrecciano l’uno all’altro e sono un pretesto per dare al volumetto una struttura frammentata e non sequenziale, in modo da liberarlo dalla banalità della cronologia. La sensazione è inusuale, come se stessimo leggendo un remix di un fumetto di Gabrielle Bell, a cui Errico deve molto, non semplicemente per la data che apre ogni tavola ma anche per tono, ritmo, approccio. In Froggie World non si assiste a grandi drammi e non ci vengono raccontati eventi fondamentali della vita della protagonista: certo, ogni tanto qualcosa succede – per esempio si capisce che Allee si è lasciata con il fidanzato o si assiste ai battibecchi con un capo insopportabile e al conseguente licenziamento – ma l’attenzione è tutta sulle piccole cose. Come appunto la musica, assoluta protagonista di diverse tavole in cui vediamo Allee fissarsi con i Nine Inch Nails, immaginare di essere la moglie di Joey Ramone o avere un orgasmo mentre balla sul pavimento ascoltando i Deftones.
C’è poi la solita vita newyorkese che abbiamo imparato a conoscere in tanti fumetti autobiografici, fatta di uscite con gli amici, feste, lavori sfigati, librerie dell’usato, incontri sulle app di dating, picnic al parco. Niente di troppo diverso da quanto succede in altri paesi sviluppati del nostro Occidente, ma l’atmosfera è inconfondibilmente da Grande Mela e lo sfondo è quello che ci aspettiamo, con i ponti, le stazioni della metropolitana, le lavanderie automatiche, i deli, le case con veranda della periferia dove sono ambientati quasi tutti i fumetti (Allee vive a Ridgewood, nel Queens). E a rendere tutto così newyorkese ci sono anche un paio di interpolazioni fotografiche, inserite nelle tavole più recenti, a testimonianza di una pratica che sta prendendo piede in molti cartoonist di questa nuova scena.
Se è vero che i fumetti di Allee devono più di qualcosa a illustri concittadine avvezze al fumetto autobiografico – potremmo considerarla una discendente diretta della Bell o una Julia Wertz più punk – la narrazione procede in modo tutt’altro che derivativo. Anzi, Errico è dotata di una freschezza e di un dono della sintesi fuori dall’ordinario, tanto che Froggie World #1 risulta una lettura a tratti esaltante per la grazia nel raccontare e la capacità di veicolare emozioni con estrema naturalezza. Alcune pagine in particolare sembrano degli haiku per come riescono a comunicare un’idea o una sensazione con quattro vignette, un disegno appena accennato e pochissimo testo.
Ai contenuti già di per sé godibilissimi si aggiunge una dimensione estetica forse ancor più interessante. Dato che le tavole sono pubblicate in ordine tematico e non cronologico, sfogliando le pagine si osserva un segno altalenante, come è normale che sia per dei fumetti realizzati nell’arco di sei anni da un’autrice giovane e quindi in costante evoluzione. Si passa da pagine caratterizzate da un tratto talmente frenetico da risultare abbozzato per giungere ad altre più dettagliate, ricchissime di linee e testi. Guardando la data indicata in alto a destra di ogni tavola si possono ricostruire le capriole stilistiche della cartoonist newyorkese, che di volta in volta si diverte a sperimentare soluzioni diverse, come l’uso del carboncino risalente alla prima metà del 2022, il tratteggio incrociato che domina alcune riuscitissime tavole della prima metà del 2023 o una serie di pagine più recenti che utilizzano vignette lunghe e strettissime strabordanti di testo. Una citazione particolare la meritano alcuni primi piani, sorta di autoritratti che aprono squarci di eleganza in un insieme volutamente grezzo.
Errico era già apparsa nel #42 di Smoke Signal (ne ho parlato qui) e ancor prima in un’altra pubblicazione della casa editrice di Andrew Alexander, ossia Cram #2, con la bellissima storia breve Herpes Outbreak, che merita a sua volta di essere recuperata (e d’altronde anche il resto dell’antologia è di altissimo livello). A Cram va un plauso per la confezione di questo Froggie World #1, con la stampa in risograph che rende ancora più sporco il bianco e nero e che si esalta quando, in una quindicina di pagine sulle 60 totali, si aprono squarci di colore. Come dico raramente, perché raramente succede, quando un fumetto mette insieme contenuti, disegno e stampa in un unicum indivisibile, beh, siamo davvero davanti a un grande fumetto.
“Hate” e “Peepshow” pre-order
No, non siamo negli anni ’90 ma nel 2024 e per di più nel futuro, ossia a giugno, quando uscirà per Fantagraphics il primo numero di una nuova miniserie in quattro parti a firma Peter Bagge, dedicata a Buddy Bradley e ai comprimari della sua gloriosa serie Hate. Ma i colpi di scena non si fermano qui, perché il mese successivo, insieme al secondo numero di Hate Revisited!, verrà distribuito nelle fumetterie americane sempre via Fantagraphics il #15 di Peepshow, la serie di Joe Matt ferma dal 2006 e che vede ora una inaspettata quanto purtroppo postuma prosecuzione.
Non potevo ovviamente lasciarmi sfuggire queste novità, dato che sul sito ho parlato ripetutamente e persino approfonditamente sia di Bagge che di Matt. Su Hate ho realizzato un lunghissimo speciale raccontandone prima gestazione e sviluppi in A History of Hate e mettendo poi insieme una serie di curiosità, mentre su Joe Matt ho pubblicato un approfondimento in tre parti incentrato ovviamente su Peepshow, serie che coincide in gran parte con la bibliografia dell’autore. E poi c’è stato il post più triste di tutti, ossia questo piccolo necrologio scritto in occasione della prematura scomparsa di Matt il 18 settembre scorso.
Ecco dunque che sono disponibili in pre-order nella sezione Just Indie Comics del negozio online di Risma Bookshop l’abbonamento alla serie Hate Revisited! e il #15 del Peepshow di Joe Matt. Trattandosi di comic book vecchio stile, si tratta di prodotti che viaggiano nel circuito delle fumetterie statunitensi e di quelle (poche) fumetterie italiane che ancora importano materiale dall’estero. Non saranno facilissimi da trovare dopo la pubblicazione, quindi se vi interessano vi conviene ordinarli da subito. Anzi cercate di sbrigarvi che il tempo stringe, dato che il pre-order sarà aperto soltanto fino a venerdì 10 maggio.
Chiudo con qualche piccola anticipazione. Hate Revisited! alternerà storie in bianco e nero su Buddy Bradley e compagni ambientate ai tempi della serie originaria, dunque tra la Seattle degli anni ’90 e il New Jersey, a storie a colori ambientate ai giorni nostri sul genere di quelle già viste nei vari Hate Annual. Peepshow #15 racconterà invece il trasferimento di Matt a Los Angeles nel 2003 e il suo tentativo di trasformare Peepshow in una serie HBO. Una curiosità: nonostante fossero passati ben 17 anni dal precedente numero di Peepshow, Matt non aveva ancora finito di lavorare su questo nuovo comic book quando è stato colpito da morte improvvisa. Le ultime pagine del fumetto non erano state inchiostrate e ci ha pensato l’amico Chester Brown a passare la china in modo da poter permettere la pubblicazione di quest’ultimo fumetto di Joe Matt. E ora, come al solito, via ai link per i pre-order!
ABBONAMENTO HATE REVISITED! DI PETER BAGGE PRE-ORDER
CF, Sadler e Gonzalez in pre-order
E’ aperto fino a domenica 28 aprile il pre-order delle ristampe di Low Tide #5 e #6, due fondamentali albetti di CF risalenti rispettivamente al 2001 e al 2003. Se possiamo considerare il CF “maturo” quello di Powr Mastrs, saga rimasta incompiuta di cui sono usciti tre volumi per PictureBox, questi numeri di Low Tide fanno parte della prima produzione dell’autore, nonché di un periodo glorioso del fumetto underground a stelle e strisce, in cui su magazine come Paper Rodeo e simili pubblicavano gli artisti reduci dall’esperienza Fort Thunder o da essa ispirati. CF fa parte, insieme a Ben Jones e al progetto collettivo Paper Rad, della seconda ondata della scena di Providence, con la prima costituita dai numi tutelari Mat Brinkman e Brian Chippendale, oltreché da Brian Ralph, Jim Drain e Leif Goldberg. Inutile dire che gran parte della produzione di quel periodo è ora di difficile se non impossibile reperibilità, se si eccettuano alcune opere successivamente ristampate come Teratoid Heights e Multiforce di Brinkman nelle versioni Hollow Press. Lode dunque a Noel Freibert, che da fan qual è – il suo collettivo di base a Baltimora Closed Caption Comics con Conor Stechschulte, Lane Milburn e altri è stata una delle migliori esperienze post Fort Thunder che gli anni 2000 ricordino – ha ristampato negli USA due numeri della serie Low Tide attraverso la sua etichetta Toy Box Coffin, dedita prima alla distribuzione e ora anche alla riproposizione di “hard-to-find” comics e manga.
Se Low Tide #5 è di recentissima (ri)pubblicazione e deve ancora giungere tra le mie mani, la ristampa del #6 è del 2023 e quindi ho già potuto sviscerarla. Si tratta di una copia anastatica dell’originale, con copertina serigrafata a sei colori e rilegatura cucita. Il prezzo in originale è di $40, che non ho modificato per non gravare troppo sulle tasche dei contribuenti, come si suol dire. L’ho tradotto infatti in €40, una cifra che vi sembrerà comunque esosa per un albetto, ma dovete tener conto della pregiata confezione (copertina serigrafata e rilegatura cucita), dell’edizione limitata (200 copie) e del fatto che una buona fetta dell’incasso finirà direttamente nelle tasche dell’autore (ulteriori dettagli in merito nella pagina Big Cartel del prodotto). All’interno Low Tide #6 è costituito da 60 pagine in bianco e nero comprensive di sommario, lettere originali e anche pubblicità finale dei fumetti e delle cassette distribuite al tempo da Paper Radio, sigla sotto cui si nascondevano allora CF e Ben Jones. Sì, lo so, tra Paper Rodeo, Paper Radio e Paper Rad è un bel tourbillon di sigle ma questa è cosa già nota agli appassionati.
Parlando dei contenuti, possiamo goderci un CF d’annata, più statico nella rappresentazione rispetto a quello a cui siamo abituati negli ultimi anni. Le storie si muovono tra il fantastico e l’assurdo, sono spezzettate e avanzano indolenti, con un tratto che alterna semplicità e raffinatezza, facendosi più dettagliato nella conclusiva Mutants, che sembra anticipare i temi estetici di Powr Mastrs. Tra bizzarre newspaper strip sviluppate in verticale e schizzi vari, il grosso dell’albo è occupato dalle quasi 40 pagine di Travelling Through The…, un fumetto che racconta la guerra tra non meglio precisate fazioni opposte, capace di suonare più attuale che mai in questo momento storico.
Oltre ai due fumetti di CF sono disponibili in pre-order anche altre due ristampe edite da Toy Box Coffin. La prima è Antarctic Seal, un albo di 40 pagine risalente al 2012 a firma Leomi Sadler, che alcuni di voi conosceranno per la cura delle antologie Mould Map, l’etichetta Famicon Press, i contributi alle antologie di Lagon Revue o il volume Tummy Bugs pubblicato da Breakdown Press qualche anno fa. La seconda è American Vortex di Carlos Gonzalez, sempre del 2012, 18 pagine mai ristampate che mostrano gli esordi dell’autore di Test Tube e Gates of Plasma editi da Floating World.
Concludo ricordandovi che i pre-order sono attivi fino al 28 aprile e che dopo questa data i fumetti in questione non saranno più ordinabili dal sito di Just Indie Comics/Risma Bookshop. E a questo punto, via ai link!
Low Tide #6 by CF reprint PRE-ORDER | Risma bookshop
Low Tide #5 by CF reprint PRE-ORDER | Risma bookshop
Antarctic Seal by Leomi Sadler reprint PRE-ORDER | Risma bookshop
American Vortex by Carlos Gonzalez reprint PRE-ORDER | Risma bookshop
New New York/2 – “Smoke Signal” #42
Entriamo nel vivo di questa rassegna sulla Nuova Nuova York con il più recente numero del magazine Smoke Signal, curato e pubblicato da Gabe Fowler, gestore del negozio di Williamsburg Desert Island. Come alcuni di voi già sapranno, Smoke Signal è una rivista formato tabloid che ha alternato nel corso degli anni numeri antologici (all’inizio) e uscite monografiche (più di recente). Con questo #42 fresco di stampa Fowler ha deciso di tornare al format antologico, scegliendo il tema New York e più nello specifico chiamando a raccolta 18 artisti che al momento si trovano a lavorare nella Grande Mela. Ne viene fuori un giornale pieno di creatività, colori e persino azione, dato che all’interno trovano spazio due doppie pagine – riprodotte anche in stampe a tiratura limitatissima – in cui sono chiamati a collaborare i diversi artisti coinvolti. Fautori di queste joint venture sono stati i due “tizi della serigrafia”, come vengono ormai definiti James Tonra, che si è occupato della cover, e Mikael Choukron, coordinatore invece del paginone centrale. Nomi non nuovi da queste parti e che torneranno anche in futuro, dato che ci sono loro dietro i progetti Junction Box (ne ho parlato qui) e Pothole (altro tabloid che vedremo in un futuro post della serie). Per il resto Smoke Signal #42 mette insieme stili e contenuti del tutto eterogenei ma che rappresentano una buona introduzione se volete farvi un’idea di che aria tira in quel di New York di questi tempi.
New New York/1 – Un’introduzione
Ci sono dei periodi, nel mondo del fumetto ma anche in altri ambiti artistici, in cui – dopo che per anni non si vede niente di nuovo – arriva all’improvviso uno sciame di artisti emergenti capaci di portare autentiche ventate di aria fresca. Sta succedendo (di nuovo) a New York, dove quella prima brezza sviluppatasi a San Francisco nel 2020, grazie agli autori del collettivo Deadcrow, è ormai diventata un tifone capace di far proliferare fumettisti, stampatori, pubblicazioni, happening. L’antologia Tinfoil è stata la premessa di tutto ciò, e chi segue questo sito (e magari anche la newsletter cartacea) ne sa più di qualcosa. Per sintetizzare, la rivista nasce a San Francisco dal collettivo di giovanissimi Deadcrow, viene chiusa dopo soli 5 numeri e il suo editor Floyd Tangeman si trasferisce a New York, dove inizia a curare l’antologia Jaywalk per Domino Books e inaugura un nuovo magazine targato Deadcrow intitolato Cowlick. Se la prima è in sostanza un ibrido tra gli autori di Tinfoil e quelli di area Domino (nel primo numero ci sono, tanto per fare un esempio, Ian Sundahl e Angela Fanche), è Cowlick a dare spazio a volti nuovi dell’East Coast, che cominciano a mescolarsi al nutrito gruppo di San Francisco condividendo lo slogan-manifesto “inaugural anti-L.A. issue”. Non so sinceramente cosa avessero fatto prima – perché magari erano già attivi con qualche piccola autoproduzione di cui non ci è giunta notizia – ma almeno per me è Cowlick #1 il luogo dove ho iniziato a conoscere autori come Ashton Carless (entrato nel giro grazie al compagno di college Sam Seigel), Kade McClements, Juliette Collet e Naz Hedgepeth, attuali animatori della scena di Brooklyn, seguiti a ruota nel #2 da quel James Tonra di cui ho già parlato da queste parti a proposito dell’antologia Junction Box (ed è un nome che tornerà più volte in futuro, vedrete).
Da quel momento spuntano volti nuovi e pubblicazioni di ogni tipo, dando linfa ed energia vitale anche ad autori che già facevano fumetto ma che fino a quel momento si muovevano in sordina. Nascono nuove antologie, nuove case editrici come la Cram Books di Andrew Alexander, e una schiera di giovanissimi cominciano a muoversi scegliendo come punto di raccolta il negozio di fumetti Desert Island, che attraverso i suoi scaffali e il suo subscription service Mystery Mail dà notevole spazio a questi emergenti. E’ senz’altro Brooklyn, e in particolare Williamsburg dove Desert Island è ormai attivo dal 2008, l’epicentro di ciò che sto raccontando, anche se ho preferito intitolare il tutto a New York per fare prima, perché parlare solo di un quartiere avrebbe significato tagliare fuori autori di Manhattan o del Queens, e visto che scrivo dall’Italia sarebbe stata una follia senza senso.
La scena è a oggi – marzo del 2024 – cresciuta a dismisura e vista da fuori sembra più florida che mai. E sì, possiamo chiamarla scena, perché soprattutto gli autori più giovani si conoscono, si frequentano e sono spesso anche amici. Questa rassegna sarà fatta di post molto brevi e qualche immagine, lasciando a voi poi il compito di approfondire – se vorrete – i diversi autori, perché se inizio a scrivere articoli dettagliati sono sicuro che mi fermerò – nella migliore delle ipotesi – al capitolo due. L’obiettivo sarà farvi vedere quante belle cose vengono pubblicate oggi in quel di NY, dandovi un’idea di cosa sta uscendo a livello editoriale da quella realtà più che raccontare la realtà stessa, anche perché da Roma sarebbe francamente impossibile farlo. Un’ultima cosa, necessaria per farvi capire il senso di tutto ciò. Pur nella loro eterogeneità, i fumetti prodotti da questi giovani autori sono accomunati dall’essere diversi da quelli che vanno per la maggiore oggi, perché non tengono assolutamente conto delle tendenze del fumetto alternativo (o degli “art comics”, se vogliamo chiamarli così) degli ultimi 20 anni. Come detto più volte, qui i riferimenti non sono i soliti noti ma ben altri, dai comix underground ai graffiti, dai fumetti della EC Comics all’outsider art, da Julie Doucet alla pittura. Ma forse l’elemento ancora più importante è il puro istinto, la voglia di disegnare e pubblicare quello che si ha dentro senza starci troppo a pensare, per far uscire ora una storia di 3 pagine piuttosto che tra 3 anni un librone che poi scomparirà tra i mille altri delle librerie.
Il negozio online trasloca (di nuovo)
Chi segue da tempo le vicissitudini del negozio online di Just Indie Comics sa benissimo che di tanto in tanto mi diverto a cambiare coordinate, come se dovessi seminare qualcuno. Ma non temete, non ho il Ranger Smith alle calcagna e anzi, forse le uniche persone che riesco a disorientare – con grande furbizia, devo dire – sono i miei stessi clienti. Questa volta non siamo però al solito cambio di piattaforma, dopo Tictail, Shopify e l’attuale Big Cartel. Si rimane infatti su Big Cartel ma a un altro indirizzo, cioè quello del neonato negozio online di Risma Bookshop, la libreria di Serena Dovì che si trova in via Dulceri 51 a Roma e che molti di voi già conosceranno. Andare avanti da solo significava ormai viaggiare a fari spenti nella notte e quindi ho deciso di dar vita a questa nuova avventura, rifiutando offerte IN DOLLARI (si era fatto vivo anche un certo Jeff Bezos, per dire) per continuare a fare l’interesse non mio ma del popolo dei lettori che non devono chiedere mai. E poi Risma è sin dalla sua nascita la seconda casa di Just Indie Comics, l’unico posto dove potete trovare una selezione di fumetti della distribuzione, la newsletter e qualche rara volta persino me.
Chi si sente già soddisfatto di tutte le informazioni ricevute può fermarsi qui, per gli altri passiamo invece ai tecnicismi. Il vecchio sito rimarrà con tutti i prodotti al suo interno ancora per qualche giorno, esattamente fino al 15 marzo 2024 (se state leggendo questo post grazie a Wayback Machine nel 4048 sappiate quindi che il sito vecchio non esiste già da un bel po’). Poi continuerà a essere attivo ma senza la possibilità di fare acquisti. Non lo chiuderò, perché potrebbe tornarmi utile per qualche sporadica iniziativa, ma almeno per ora non servirà a niente. Se volete qualche prodotto “stagionato”, che sta sul sito da parecchio tempo, vi conviene approfittare adesso e acquistarlo, perché non tutti i fumetti verranno caricati sul sito di Risma (semplicemente perché è uno sbattimento e non ho proprio voglia). I nuovi arrivi, a partire da alcune novità già in viaggio dagli USA, saranno invece disponibili solamente sul sito di Risma.
Per gli abbonati al Just Indie Comics Buyers Club ribadisco qui il concetto a cui avevo accennato nella comunicazione di inizio anno. Se volete usufruire dello sconto del 10% sugli acquisti, scrivetemi alla solita mail e sarete accontentati. Purtroppo non posso attivare un codice sconto come gli anni scorsi perché lo sconto è valido soltanto sui prodotti di Just Indie Comics e non sugli altri, quindi sarebbe impossibile gestirlo in automatico. Ovviamente potete anche contattarmi per ordinare alcuni articoli di Just Indie Comics e altri di Risma, ma avrete lo sconto del 10% solamente su quelli di JIC.
A questo punto vi ringrazio per l’attenzione e passo ai link, dandovi appuntamento sempre là, dove nessuno è mai giunto prima:
IL NUOVO NEGOZIO ONLINE DI JUST INDIE COMICS
IL NEGOZIO ONLINE DI RISMA (ci arrivavate anche dal link precedente ma vabbè, tanto per essere chiari)
IL VECCHIO NEGOZIO ONLINE DI JUST INDIE COMICS (ancora attivo fino al 15 marzo 2024)