Il primo autore ospitato da Bagge sulle pagine di Hate fu Rick Altergott, che arrivò dal #21 con Doofus, personaggio di culto dalle fattezze del tipico messicano e che all’epoca – memori anche le letture di gioventù – associavo mentalmente al Cico di Zagor. Le sue avventure, spesso al fianco del fido Henry Hotchkiss, tendono spesso all’assurdo e al nonsense, sfoggiando quello che gli americani chiamano – in un’espressione secondo me intraducibile – un irresistibile deadpan humor. Ma bisognerebbe parlarne a parte, e magari prima o poi lo farò. Per ora basti dire che considero Doofus uno dei fumetti più divertenti di sempre, in cui il protagonista e il suo fido compare fanno i lavori più assurdi, sognano impossibili storie d’amore, cercano di odorare indumenti intimi femminili e si confrontano con la realtà quotidiana della cittadina in cui tutto ciò è ambientato, ossia Flowertown, U.S.A.
Dal #26, pur mantenendo il formato comic book, Hate si trasformò in una sorta di magazine e a Doofus si unirono altri fumetti e persino rubriche a cura dei fanzinari recensiti da Bagge nel corso degli anni, rafforzando il legame tra la testata e il mondo dell’autoproduzione e della controcultura anni ’90. Negli ultimi cinque numeri troviamo così le fumettiste Dame Darcy e Ariel Bordeaux, Lisa Carver della fanzine Rollerderby, un giovane Ivan Brunetti, altri columnist come Arron Lee e Selwyn Harris e via dicendo. Ma il piatto forte sono le collaborazioni di Bagge con altri autori, delle vere chicche come la storia breve Me splendidamente disegnata da Gilbert Hernandez (Hate #26, 3 pagine), la parodia della strip Cathy ribattezzata Caffy e realizzata a quattro mani con Robert Crumb in persona (#27, 7 pagine), le avventure di una piovra fumettista raccontate da Bagge e disegnate da Adrian Tomine in Shamrock Squid: Autobiographical Cartoonist! (#28, 7 pagine), The Hasty Smear of My Smile con Bagge alle matite e addirittura Alan Moore ai testi, che si diverte a ripercorrere le improbabili vicissitudini di una mascotte in stile Kool-Aid, dalla pubblicazione di una raccolta di poesie in stile beat generation all’incontro con il reverendo Jim Jones (#30, 4 pagine). Nello stesso numero chiude definitivamente le danze What’s in a Name?, in cui Bagge ricorda – con i disegni di Danny Hellman – il suo incontro a New York nel 1983 con Harvey Kurtzman. Se non avete i comic book originali, potete ripescare il tutto nell’antologia Other Stuff, pubblicata nel 2013 da Fantagraphics e in cui trovano spazio anche altri fumetti “minori” di Bagge. Nel frattempo godetevi qui di seguito una galleria di immagini.