Tre novità da Cram Books

Chi segue le vicende di questo sito e del relativo negozio online avrà già preso confidenza con le pubblicazioni di Cram Books, micro etichetta newyorkese che si identifica in pieno con il deus ex machina Andrew Alexander, non solo curatore di tutto ciò che è Cram ma anche tipografo in proprio con la sua risograph. E se Cram è per lo più nota per l’omonima flagship anthology, di cui vi ricordo che sono ancora disponibili nel negozio online il terzo e il quarto numero, in realtà Alexander ha iniziato le pubblicazioni con un volumetto monografico (Me & Night di Angela Fanche) e di tanto in tanto ne tira fuori altri, come quel Froggie World di Allee Errico di cui ho già parlato in questa puntata dello speciale New New York. Ultimamente il numero delle uscite monografiche è aumentato, tanto che non ho fatto in tempo a ordinare e presentare le tre novità più recenti che ne è arrivata già un’altra, lanciata negli scorsi giorni al Mocca di New York e poi da Desert Island, ossia Christmas in D.C. di Stipan Tadić.

Ma vediamo le tre novità a cui fa riferimento il titolo di questo post, partendo da Leone in “Blood from the Stone” + Other Stories, una raccolta di storie brevi di Max Burlingame, autore che qualcuno di voi ricorderà per la copertina di Cram #4 e per i suoi albi autoprodotti, tra cui cito i due numeri di Wwrec realizzati in collaborazione con Angela Fanche. Burlingame è autore di una fantascienza metropolitana ricca di riferimenti cinematrografici e letterari, in cui si muovono protagonisti spaesati, vittime di una società dominata dalle corporation.

L’estetica è rappresentata da un bianco e nero denso e riccamente tratteggiato, che scandisce storie elaborate, a tratti criptiche e sicuramente non immediate, ma che a una lettura attenta ricompensano ampiamente il lettore. Ve lo consiglio se vi piacciono Ranx Xerox, Gary Panter, Chris Cilla, antologie come Mould Map o i fumetti di Decadence Comics.

A sua volta singolare è The Yard di Jack Lloyd, a partire dal fatto che l’albetto raccoglie venti pagine del secondo atto di una storia più lunga ancora in lavorazione e intitolata The Devil Plays a Fiddle. Poco importa che la prima parte sia sconosciuta ai più, dato che era uscita in un’autoproduzione di 50 copie, perché qui l’obiettivo – almeno per come la vedo io – è di valorizzare la forma del racconto a scapito della trama di per sé.

I protagonisti sono due baffuti personaggi che sembrano usciti da un romanzo fantasy. Quando si risvegliano a bordo di un treno, frastornati e inebetiti, si rendono conto di non ricordarsi nulla, né da dove vengono né dove si trovano. E noi lettori ne sappiamo meno di loro, anche perché i due bizzarri soggetti potrebbero anche essere già passati a miglior vita… Forse scopriranno qualcosa di più in un pub chiamato “Il violino del diavolo”? O un orologio e un uovo parlanti incontrati per strada potranno aiutarli a svelare il mistero? Beh, non posso certo rispondere io a queste domande, perché The Yard racconta una storia che non inizia e non finisce. Ma poco importa, visto che ci dà la possibilità di ammirare il tratto morbido di Lloyd, che sintetizza i cartoon, la street art, il fantasy e la psichedelia creando un unicum in cui ogni cosa è curvilinea, persino i margini che demarcano le vignette e strutturano la pagina.

Dulcis in fundo arriviamo al terzo albo del lotto, Big Gamble Rainbow Highway di Connie Myers. A leggerlo e sfogliarlo è il più canonico dei tre, ma è anche una prova incredibilmente matura per un’autrice che ha alle spalle soltanto un paio di autoproduzioni. Myers racconta una storia sospesa tra realtà e immaginazione, in cui le paranoie della protagonista – chiusa in casa vittima di telefonate anonime – esplodono in un crescendo grafico che rompe la divisione tra vignette per invadere la pagina con sequenze di altissima intensità sviluppate in verticale. Le situazioni sono ambigue e impossibili da ascrivere all’ambito della verità o a quello della finzione – non sappiamo per esempio se Jodie ha veramente tradito la fiducia della sua amica Rhoda che (forse) la va a trovare, o se la minaccia telefonica è reale o soltanto metaforica – ma ciò che Myers vuole veramente comunicare sono sensazioni e stati d’animo. E poi c’è una sequenza in cui Jodie imbraccia la chitarra che è una delle migliori rappresentazioni dell’atto di suonare viste in un fumetto. Myers con Big Gamble Rainbow Highway si rivela una delle giovani voci più interessanti dei comics americani, lasciando presagire gloriosi sviluppi per il futuro.

Dopo aver finito di leggere questi tre fumetti si ha l’impressione di essere entrati in mondi diversi e di non poterli lasciare del tutto, con le sensazioni che rimangono addosso e non se ne vanno via in un batter d’occhio come capita (troppo) spesso. Ce ne vorrebbero di più di albi come questi, ben disegnati, concisi, adatti a una fruizione rapida ma anche capaci di lasciarti qualcosa, tanto da prestarsi a due o più letture o a essere sfogliati ancora e ancora per gustarsi le scelte stilistiche degli autori.

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