“Generous Bosom” #1-2 di Conor Stechschulte

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Ho parlato più volte di Conor Stechschulte su Just Indie Comics ma senza entrare finora nei dettagli. Sin dall’edizione autoprodotta di The Amateurs, Stechschulte mi ha colpito per la potenza e l’integrità del suo stile, in quell’occasione al servizio di una storia ironica e brutale al tempo stesso, quella di due macellai che all’improvviso dimenticano come fare il proprio mestiere. Ristampato da Fantagraphics, The Amateurs è uno dei fumetti migliori degli ultimi anni ma è in realtà soltanto un tassello di una produzione che si conferma passo dopo passo eccelsa, dalle storie brevi pubblicate sulle antologie del collettivo Closed Caption Comics, di cui Stechschulte è stato uno dei principali animatori, ad albi autoprodotti come gli splendidi The Dormitory e Glancing, quest’ultimo interamente realizzato con l’acquerello. Non c’è dunque da stupirsi se l’autore statunitense, che di recente ha vissuto tra Baltimora e Chicago, è stato messo sotto contratto dall’inglese Breakdown Press, attentissima a quanto di meglio arriva dagli Stati Uniti e non solo.

 

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Aperto da una citazione di Abe Kobo (“The night is not an invited guest but rather the air that fills this room”), il primo numero di Generous Bosom inizia con una pagina a quattro vignette orizzontali, le prime due segnate da un intenso tratteggio blu a matita volto appunto a raffigurare la notte, il buio e la pioggia, le altre due in cui la pioggia si assottiglia e lascia spazio alla cornice del racconto, il protagonista di spalle seduto in un bar, il cellulare in una mano e un foglietto di carta nell’altra. Lui è Glen, che mesi prima di stare in quel bar, di ritorno da un matrimonio in una notte buia e tempestosa, ha bucato due gomme in un colpo solo davanti alla casa di Art e Cyndi, marito e moglie, lui molto più avanti con gli anni di lei. Art lo invita a entrare e persino a passare la notte lì, ma basta poco perché dalla gentilezza si passi a quel senso di stranezza, di inquietudine, di disagio che è tipico dei fumetti di Stechschulte e che trasuda dalla pagina fino a entrare nel tessuto nervoso del lettore. Ecco appunto che la notte entra nella stanza, diventa aria e dà il via a una strana situazione tra i tre personaggi che culmina in una delle scene di sesso più realistiche mai viste in un fumetto, 13 tavole su una griglia fissa di otto vignette, sfondo sporcato di blu, tanti primi piani con i volti dei protagonisti presi dalla paura e dall’imbarazzo più che dall’eccitazione. Gli sguardi, le espressioni, le inquadrature riescono a esprimere alla perfezione quel senso di desiderio misto a imbarazzo che si trovava già in Glancing, una storia muta in cui i rapporti tra i tre protagonisti, intenti a fare un bagno di notte, erano raccontati semplicemente attraverso i loro occhi.

In Generous Bosom #1 Stechschulte sfrutta appieno le potenzialità della stampa in risograph, alternando pagine su sfondo bianco, in cui il disegno è di solito in blu e a volte anche in marrone, ad altre tratteggiate e riempite di un intenso blu a matita, in cui la rappresentazione della pioggia e del vento è sorprendentemente simile agli scenari di Flowering Harbour di Seiichi Hayashi, uscito sempre per Breakdown. Soltanto il flashback delle due pagine centrali è in verde, che invece sarà il colore dominante del numero successivo (per un resconto dettagliato sulla realizzazione di Generous Bosom date un’occhiata a questo post sul Tumblr della Breakdown Press).

 

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Generous Bosom #2 esce nel novembre del 2015 ed è ancora stampato in risograph. Ambientato mesi dopo il primo episodio, ne segue i diretti e inquietanti sviluppi, che sembrano tutto fuorché coincidenze. D’altronde già alla fine del numero precedente Glen aveva sentito Art e Cyndi parlare di un “piano” e anche il lettore aveva avuto gli strumenti per capire, sin dalle primissime pagine, che la sosta del protagonista a casa della coppia non era dettata dal caso. Adesso però si va oltre, perché se inizialmente Glen deve misurarsi con le conseguenze di quanto accaduto nel primo episodio, il finale ribalta ogni nostra possibile convinzione, introducendo nuovamente il tema del controllo che era centrale in The Dormitory. E torna anche quel senso di voyeurismo costante che aleggia nei fumetti di Stechschulte, con il lettore che si trova a guardare personaggi che guardano altri personaggi, come nella scena del VHS mostrato da Art a Glen, con qualche difficoltà tecnica (dove trovare un videoregistratore, oggi?) che spezza con il solito humor nero le atmosfere lynchiane del racconto (soprattutto Lost Highways mi sembra qui una chiara fonte di ispirazione, ma anche il cinema di Brian De Palma è senz’altro un’influenza). Il confine tra “realtà”, “piano” e “messa in scena” è sempre più labile e l’identificazione del lettore con Glen – spaesato, confuso ma a tratti anche eccitato – è totale.

 

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Mentre buona parte dei dialoghi si svolgono come nel numero precedente su sfondo bianco, le soluzioni grafiche e di stampa più raffinate sono riservate ai flashback, in cui Stechschulte riesce a dimostrare la sua tendenza a raccontare con le immagini ancor più che con i testi. L’autore si concentra in questo secondo episodio sul passato di Art e Cyndi, in una serie di scene dominate da un tratteggio verde per lo più diagonale e dai toni del blu, creando un effetto onirico, che alla scena principale sovrappone corpi e volti, come se fossero fantasmi. E quando vengono descritti i primi incontri tra i due, l’uomo è appunto un fantasma, dato che il suo volto –  di solito tondeggiante, delineato di volta in volta da un sorrisetto sardonico, dalla bocca spalancata e da marcate espressioni facciali – diventa indefinito, cancellato dai raggi del sole e forse anche dal desiderio, da parte della moglie, di dimenticare il passato. Quando non c’è Cyndi riusciamo invece a vedere Art in un flashback cronologicamente più vicino agli eventi narrati, in cui si scoprono le sue abilità di ipnotista, con tutta probabilità rilevanti nel prosieguo della storia. Se Generous Bosom #1 è compatto, strutturato, denso come già erano i precedenti fumetti di Stechschulte, il seguito esce da questi schemi perfetti e controllati aggiungendo divagazioni, fughe, assoli e trasformando così quella che finora era una riuscitissima canzone in una suite polifonica e sperimentale. Con Generous Bosom #2 l’autore alza l’asticella e sfida se stesso a creare qualcosa di più complesso. E soltanto le prossime uscite – la vicenda dovrebbe svilupparsi almeno per un paio di altri albi – potranno dirci se il tentativo è riuscito.

Mi capita spesso di chiedermi cos’è che rende certi fumetti migliori rispetto ad altri e la risposta è ovviamente di volta in volta diversa, a seconda delle cose lette di recente, del momento, dell’umore. Ma una delle risposte che mi do più di frequente è che, quando si parla di fumetti che vogliono raccontare una storia (e non è detto che i fumetti debbano sempre farlo), hanno una marcia in più quelle opere in cui ogni mezzo (testi, disegni, stampa, ecc.) contribuisce con la stessa dignità alla creazione di un unicum compatto e indivisibile. E Generous Bosom appartiene senz’altro a questa categoria.

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