Nel post precedente della rubrica “Dagli archivi” avevamo lasciato Sammy Harkham alle prese con Kramers Ergot #3, prima vera antologia formato libro dopo le prove generali dei primi due numeri. Tra il #3 e il #4 del magazine passò soltanto un anno ma in mezzo sembra ci sia stata una rivoluzione, perché quando nel 2003 uscì il nuovo numero di Kramers, ancora autoprodotto con il marchio Avodah Books, arrivò sugli scaffali delle più lungimiranti fumetterie statunitensi uno dei libri più importanti che la storia del fumetto alternativo ricordi. Kramers #4 è imponente e anche stupefacente, perché è cosa rara vedere un ragazzo di 23 anni autoprodursi un tomo di 330 pagine in grande formato e per giunta a colori in grado di contenere il meglio dell’indie e dell’underground nord-americano, pescando parimenti tra nomi noti e meno noti. Di sicuro Harkham aveva un po’ di soldi da parte, per decidere di stampare 2500 copie di un volume brossurato 22 x 27 cm affrontando i rischi di un possibile flop sul mercato. E in effetti, come racconta lo stesso editor in un’intervista pubblicata nel #2 della fanzine Bubbles, i primi ordini arrivati tramite Diamond alla Alternative Comics, che curava la distribuzione, furono davvero scarsi: soltanto 300 copie. Ma la situazione ebbe una brusca inversione di rotta con un tour nei negozi di fumetti e nei festival, culminato con una puntata al Mocca di New York, dove “vendemmo in media una copia al minuto”, racconta ancora Harkham. Da lì il passaparola, gli altri ordini ed ecco qui che Kramers Ergot #4 uscì ben presto dalla circolazione, nonostante una tiratura tutt’altro che limitata. Oggi l’antologia è un pezzo raro, difficile da trovare, e con cifre che si aggirano solitamente intorno ai 300 dollari.
Ma insomma, perché tanto clamore? La risposta la affidiamo allo stesso Harkham, che racconta la genesi del volume in questo video su YouTube: “Era il 2002 e in quel periodo c’era tantissimo materiale interessante in giro, soprattutto proveniente dall’area di Providence, ma nessun editore come Fantagraphics o Drawn & Quarterly poteva guardare a tutta quella roba, e così pensai che se fossi riuscito a metterla in un unico libro utilizzando anche il colore e dando spazio a ogni artista per pubblicare non solo fumetti ma anche sketchbook, collage e altre cose, beh, sarebbe stata una cosa eccitante anche come lettore”. Mi sembrano due gli elementi chiave di questa riflessione. Il primo è quello di attingere alla scena di Providence post Fort Thunder, i cui autori si erano già visti in qualche antologia ma che all’epoca era nel complesso poco conosciuta. Il secondo è invece il colore, un fattore che sicuramente ebbe il suo peso per strappare il sì a diversi autori, stuzzicati dall’idea di veder stampato il proprio lavoro in una forma diversa dal bianco e nero solitamente usato nei circuiti alternativi e underground.
Veniamo dunque i nomi coinvolti, in ordine di apparizione: Anders Nilsen, David Lasky, Renée French, Lauren Weinstein, Marc Bell, John Hankiewicz, Mat Brinkman (autore anche della “wraparound cover”), Ron Regé Jr., lo stesso Sammy Harkham, Jim Drain, Ben Jones, Dave Kiersh, C.F., Stefan Gruber, Joe Grillo, Josh Simmons, David Heatley, Souther Salazar, Geneviève Castrée, Allison Cole, Leif Goldberg, Tobias Schalken, Jeffrey Brown, Billy & Laura Grant. Fumetti, illustrazioni e sketchbook si susseguono senza soluzione di continuità, tanto che è compito del lettore capire dove finisce il contributo di un autore e dove ne inizia un altro. Il sommario, riccamente illustrato e che fornisce una sorta di introduzione ai contenuti veri e propri, elenca infatti gli artisti in ordine di apparizione ma senza dare indicazione su quali pagine siano occupate da ciascuno di loro. E d’altronde le pagine non sono nemmeno numerate. L’intento di Harkham sembrava essere, almeno in questo numero della sua antologia, non tanto quello di dare un’idea di omogeneità, quanto di creare uno spazio di sperimentazione continua, mostrando tutte le possibili declinazioni del fumetto “altro” (e quindi non seriale, non di genere, ecc.) agli inizi del terzo millennio.
Difficile citare soltanto qualche contributo tra tutti. Sfogliato di nuovo oggi, a 16 anni dalla pubblicazione, Kramers #4 risulta ancora sperimentale, geniale, all’avanguardia, a volte toccante, altre dissacrante, comunque ricco di spunti. Certo, nel 2003 aveva probabilmente una carica rivoluzionaria che oggi ha in parte perso, dato che ci siamo in qualche modo abituati a certo fumetto: si pensi per esempio a buona parte del catalogo PictureBox, di cui questo volume potrebbe essere considerato una sorta di preview. Ma se proprio devo fare una scelta, il primo autore che mi viene in mente è proprio Sammy Harkham, perché qui ammiriamo per la prima volta tutta la sua bravura. E’ su Kramers Ergot #4 che è stata originariamente pubblicato il suo capolavoro Poor Sailor (in Italia visto prima su Black #7 e poi su Golem Stories, entrambi usciti per Coconino), una drammatica e amara storia di 34 pagine su un uomo che si allontana dalla sua nuova casa e soprattutto dalla moglie per fare il marinaio. Lo definivo qualche anno fa un racconto “caratterizzato da pochi dialoghi e uno stile grafico da strip alla Popeye, su cui Harkham inserisce esplosioni di realismo e violenza”, in quello che era il primo post in assoluto del blog di Just Indie Comics. Oppure si potrebbe descrivere come una canzone di Will Oldham a fumetti, per la capacità di unire uno stile apparentemente classico a dei contenuti spigolosi, amari, crudi, citando tra l’altro un musicista che Harkham stima da sempre e per cui ha realizzato anche copertine di dischi.
Altro pezzo forte sono i due racconti di Anders Nilsen che rileggono il mito di Sisifo, le 24 pagine – praticamente un intero comic book – a firma Marc Bell, le 11 tavole a colori di schizzi e disegni di Mat Brinkman, 21 pagine di C.F. contenenti una storia breve e illustrazioni dai suoi sketchbook, l’incredibile lavoro grafico di Joe Grillo, le illustrazioni di un Leif Goldberg in stato di grazia e poi eccetera eccetera eccetera fino alla collezione di cover scartate che chiude il tutto. E qui chiudo anche io, augurandovi di avere già Kramers Ergot #4 nella vostra libreria o, in caso contrario, di riuscirlo a trovare in giro prima o poi.