Ci sono dei periodi, nel mondo del fumetto ma anche in altri ambiti artistici, in cui – dopo che per anni non si vede niente di nuovo – arriva all’improvviso uno sciame di artisti emergenti capaci di portare autentiche ventate di aria fresca. Sta succedendo (di nuovo) a New York, dove quella prima brezza sviluppatasi a San Francisco nel 2020, grazie agli autori del collettivo Deadcrow, è ormai diventata un tifone capace di far proliferare fumettisti, stampatori, pubblicazioni, happening. L’antologia Tinfoil è stata la premessa di tutto ciò, e chi segue questo sito (e magari anche la newsletter cartacea) ne sa più di qualcosa. Per sintetizzare, la rivista nasce a San Francisco dal collettivo di giovanissimi Deadcrow, viene chiusa dopo soli 5 numeri e il suo editor Floyd Tangeman si trasferisce a New York, dove inizia a curare l’antologia Jaywalk per Domino Books e inaugura un nuovo magazine targato Deadcrow intitolato Cowlick. Se la prima è in sostanza un ibrido tra gli autori di Tinfoil e quelli di area Domino (nel primo numero ci sono, tanto per fare un esempio, Ian Sundahl e Angela Fanche), è Cowlick a dare spazio a volti nuovi dell’East Coast, che cominciano a mescolarsi al nutrito gruppo di San Francisco condividendo lo slogan-manifesto “inaugural anti-L.A. issue”. Non so sinceramente cosa avessero fatto prima – perché magari erano già attivi con qualche piccola autoproduzione di cui non ci è giunta notizia – ma almeno per me è Cowlick #1 il luogo dove ho iniziato a conoscere autori come Ashton Carless (entrato nel giro grazie al compagno di college Sam Seigel), Kade McClements, Juliette Collet e Naz Hedgepeth, attuali animatori della scena di Brooklyn, seguiti a ruota nel #2 da quel James Tonra di cui ho già parlato da queste parti a proposito dell’antologia Junction Box (ed è un nome che tornerà più volte in futuro, vedrete).
Da quel momento spuntano volti nuovi e pubblicazioni di ogni tipo, dando linfa ed energia vitale anche ad autori che già facevano fumetto ma che fino a quel momento si muovevano in sordina. Nascono nuove antologie, nuove case editrici come la Cram Books di Andrew Alexander, e una schiera di giovanissimi cominciano a muoversi scegliendo come punto di raccolta il negozio di fumetti Desert Island, che attraverso i suoi scaffali e il suo subscription service Mystery Mail dà notevole spazio a questi emergenti. E’ senz’altro Brooklyn, e in particolare Williamsburg dove Desert Island è ormai attivo dal 2008, l’epicentro di ciò che sto raccontando, anche se ho preferito intitolare il tutto a New York per fare prima, perché parlare solo di un quartiere avrebbe significato tagliare fuori autori di Manhattan o del Queens, e visto che scrivo dall’Italia sarebbe stata una follia senza senso.
La scena è a oggi – marzo del 2024 – cresciuta a dismisura e vista da fuori sembra più florida che mai. E sì, possiamo chiamarla scena, perché soprattutto gli autori più giovani si conoscono, si frequentano e sono spesso anche amici. Questa rassegna sarà fatta di post molto brevi e qualche immagine, lasciando a voi poi il compito di approfondire – se vorrete – i diversi autori, perché se inizio a scrivere articoli dettagliati sono sicuro che mi fermerò – nella migliore delle ipotesi – al capitolo due. L’obiettivo sarà farvi vedere quante belle cose vengono pubblicate oggi in quel di NY, dandovi un’idea di cosa sta uscendo a livello editoriale da quella realtà più che raccontare la realtà stessa, anche perché da Roma sarebbe francamente impossibile farlo. Un’ultima cosa, necessaria per farvi capire il senso di tutto ciò. Pur nella loro eterogeneità, i fumetti prodotti da questi giovani autori sono accomunati dall’essere diversi da quelli che vanno per la maggiore oggi, perché non tengono assolutamente conto delle tendenze del fumetto alternativo (o degli “art comics”, se vogliamo chiamarli così) degli ultimi 20 anni. Come detto più volte, qui i riferimenti non sono i soliti noti ma ben altri, dai comix underground ai graffiti, dai fumetti della EC Comics all’outsider art, da Julie Doucet alla pittura. Ma forse l’elemento ancora più importante è il puro istinto, la voglia di disegnare e pubblicare quello che si ha dentro senza starci troppo a pensare, per far uscire ora una storia di 3 pagine piuttosto che tra 3 anni un librone che poi scomparirà tra i mille altri delle librerie.