New New York/5 – “Pothole” #1-2
E’ passato qualche mese dall’ultimo post di questo speciale dedicato alla nuova scena di New York e il rischio, a questo punto, potrebbe essere quello di raccontare qualcosa che nuovo non è più. Ma in realtà non è affatto così, perché gli autori in questione lavorano ancora nell’underground più oscuro e rimangono sconosciuti al mondo dell’editoria oltreché misconosciuti a quello dei social media, dato che la loro presenza online è scarsa se non addirittura nulla. E’ il caso di Mikaël Choukroun, deus ex machina del tabloid Pothole insieme a James Tonra, entrambi già dietro a un’altra ben più corposa antologia, quella Junction Box di cui si è parlato qui. A quanto sembra i due stanno lavorando proprio in questi giorni, a più di un anno di distanza, al terzo numero di Pothole e questo ci dà un buon motivo per tornare sui primi due, usciti a inizio 2024 e che così poco si sono visti in giro. Se si eccettuano infatti un post Instagram del negozio di Brooklyn Desert Island e una velocissima comparsata sul sito Toy Box Coffin, dove sono andati immediatamente sold out, i due Pothole finora pubblicati non si sono visti da nessun’altra parte e io stesso per procurarmeli ho dovuto scrivere a tutti gli autori coinvolti, riuscendo con estrema fatica a ottenere da due fonti diverse una copia del #1 e una copia del #2. D’altronde non c’è da stupirsi, perché – come mi ha raccontato Jasper Krents, protagonista dell’episodio precedente di questo speciale – l’idea di partenza di Choukroun era quella di realizzare una rivista a fumetti da distribuire soltanto nei piccoli negozi di alimentari della periferia newyorkese.
Spero a questo punto di avervi discretamente incuriositi, tanto da farvi chiedere che cos’è esattamente Pothole. Ebbene, trattasi di un unico foglio serigrafato 84×30 cm che ripiegato dà forma a un tabloid costituito da due facciate a mo’ di copertina e retro-copertina e da una parte interna che invece sviluppa una storia a fumetti in tutta la sua ampiezza. Vabbè, non so se mi sono spiegato bene, quindi guardiamoci un po’ di foto, iniziando dalla copertina realizzata a quattro mani da Choukroun e Charlotte Pelissier.
Questo invece è il retro, diviso nel primo numero da James Tonra e Nazir Hedgepeth.
E questo è invece un dettaglio dell’interno, in cui si sviluppa un unico fumetto realizzato ancora a quattro mani da Choukroun e Pelissier, in cui i due protagonisti passeggiano in una metropoli nera come la pece, popolata da ubriaconi, poliziotti, spacciatori e fanatici religiosi.
Il secondo numero prosegue con la stessa estetica ma con una formazione leggermente diversa. La copertina è a firma Nazir Hedgepeth, che sviluppa nella parte inferiore una storia di un topo giornalista di nome Welsh, mentre il retro è a firma di Ashton Carless. Il fumetto interno è invece realizzato interamente da Choukroun.
L’atmosfera è nera come l’inchiostro utilizzato per stampare Pothole. Il topo giornalista di Hedgepeth si finge malato e fissa il bicchiere in un bar perché non ha voglia di lavorare, mentre il personaggio di Carless si è cancellato da ogni app di incontri usata in passato e si è chiuso in casa facendo voto di non pensare a niente, come se questo potesse tenerlo al riparo da tutte le sue paure. E’ come se l’angoscia metropolitana del primo numero si fosse trasformata in disperazione esistenziale, a testimoniare un mood non certo ottimista di questa nuova wave del fumetto newyorkese. E l’interno realizzato da Choukroun rincara la dose, dato che è il resoconto dei ricordi e delle sensazioni di un ebreo sopravvissuto ai campi di concentramento.
Nel complesso siamo al cospetto di giovani autori che sviluppano stili diversi – Choukroun è pura art brut, Pelissier sintetizza decenni di fumetto underground e autobiografico al femminile, Tonra costruisce elaborati patchwork che formano figure stilizzate, Hedgepeth ricorda il primo Crumb, Carless sembra avere qualcosa in comune con i fumetti dipinti degli anni ’80 – ma che trasmettono vibrazioni simili, tra l’altro con un livello qualitativo davvero elevato.