15 fumetti del 2025
Solito post con il meglio dell’anno, almeno secondo me. Questa volta le scelte sono ancora più idiosincratiche del solito, dato che ho scelto tutti fumetti “alla Just Indie Comics”. Ma d’altronde siamo su Just Indie Comics, no?
Bedetruite di Samplerman (Le Dernier Cri) – Incontrato qualche anno fa al Crack! a Roma, l’artista meglio noto come Samplerman mi chiese dettagliate informazioni su dove trovare vecchi fumetti italiani usati. Come molti di noi, Yvan Guillo – questo il suo vero nome – è un drogato di fumetti, da cui trae il materiale alla base della sua arte: ritagli che vengono categorizzati, associati, uniti, modificati, capovolti e ricolorati, per dar vita a un risultato del tutto nuovo e imprevedibile, in cui vignette classiche si trasformano in avanguardia pura. Frammentata in decine di fanzine e sparute pubblicazioni, l’arte di Samplerman trova il meritato compendio in questo volumone di 224 pagine pubblicato da Le Dernier Cri in un’edizione limitata di 700 copie. Accaparratevelo finché siete in tempo.
Bernadette #2 di AA.VV. (autoprodotto) – Se seguite con costanza le vicissitudini di questo sito avrete già letto del primo numero di Bernadette, l’antologia newyorkese a cura di Angela Fanche e Katie Lane che ha debuttato a maggio 2024. Qualche mese fa è arrivata questa seconda uscita, che conferma quanto di buono già visto all’esordio, pur con significative variazioni. Accantonati il colore, la fotografia e le arti applicate, ci si dedica a un bianco e nero totale che alterna fumetti e illustrazioni, inframmezzati di tanto in tanto da testi e poesie. Tra le autrici coinvolte vecchie e nuove conoscenze di Just Indie Comics, come Allee Errico, Tana Oshima, Ellen Addison (di cui leggerete tra qualche riga), Jenny Zervakis ed E.A. Bethea, ma tutti i lavori sono degni di nota ed esaltati dal formato, dato che Bernadette #2 è uno spillatone 31 x 24 cm. L’antologia del momento? Forse sì.
Big Gamble Rainbow Highway di Connie Myers (Cram Books) – Una ragazza chiusa in casa, tormentata dalle telefonate anonime. Un’amica che (forse) la va a trovare. Paranoia allo stato puro, che viene da dentro. Ma anche musica, con una delle migliori rappresentazioni dell’atto di suonare viste in un fumetto. E un disegno che diventa specchio delle emozioni della protagonista. Per qualche dettaglio in più vi rimando a questo post.
Campground Slut di Johnny Ryan (The Mansion Press) – Non sono rimasti in tanti a portare avanti quel fumetto trasgressivo, eccessivo e provocatorio che tanto andava di moda negli spillati degli anni ’90. Johnny Ryan è uno di questi e la sua è un’autentica sfida a spararla sempre più grossa. Quindi cosa c’è di meglio di un volume di 268 pagine in cui si susseguono stupri come se fossimo in una versione porno di Prison Pit? Esilarante, ma non fatelo vedere alla mamma.
Christmas in D.C. di Stipan Tadic (Cram Books) – Ancora da Cram Books, per me una delle migliori realtà USA del momento, arriva questo albetto autobiografico di Stipan Tadic, fumettista croato trapiantato a New York, che qui ci racconta una vacanza a Washington D.C. durante il Natale del 2023. Tra cene al McDonald’s, visite ai musei, riflessioni sul processo creativo e racconti sulla vita nell’Europa dell’Est, queste 24 pagine scorrono che è un piacere. Il fumetto autobiografico, da tanti ingiustamente osteggiato, è un’arte e bisogna saperlo fare bene. Tadic ci riesce e ci porta dentro alla sua intimità senza che nemmeno ce ne accorgiamo. E non è cosa da poco.
The Complete C Comics di Joe Brainard (New York Review Books) – Per comprare gli originali di questi fumetti creati dall’artista, poeta e scrittore Joe Brainard negli anni ’60 ci volevano diverse centinaia di dollari, tanto che qualcuno aveva messo in giro delle versioni bootleg a pochi spicci, come quella di C Comics No. 2 che già trovava spazio nella mia libreria. Ci pensa ora la sempre lodevolissima, anzi direi eroica, New York Review Books a raccogliere l’opera omnia di Brainard – aiutato ai testi da gente come Frank O’Hara, John Ashbery, Ron Padgett e altri – in un hardcover “lungo”, dal bizzarro formato 36 x 22 cm. The Complete C Comics è un volume che non può mancare nella collezione di chi ama esplorare i rapporti tra arte contemporanea, fumetto e poesia.
The Devil’s Grin Book One di Alex Graham (Fantagraphics) – I più fedeli seguaci di Just Indie Comics sapranno già tutto di Alex Graham e beh, beati loro, perché io mi sono dovuto andare a rileggere il mio post su Dog Biscuits per ricordarmi cosa avevo scritto. E ora vorrei prendermi a schiaffi! Ma chi è lo snob antipatico autore di quella recensione? Gabriele Di Fazio pezzo di merda! Ok ok, contestualizziamo. Dopo un grande debutto con Angloid, per me libro rivelazione di qualche anno fa, Graham aveva tirato fuori quel Dog Biscuits che non mi aveva granché entusiasmato. Ora Fantagraphics raccoglie in un volumazzo di 450 pagine la prima parte della serie The Devil’s Grin, tutt’ora in corso di pubblicazione in albi autoprodotti, e beh, sembra quasi che Graham abbia recepito le mie fastidiose critiche, perché qui supera se stessa regalandoci la sua migliore storia finora. The Devil’s Grin segue dall’infanzia fino all’età adulta la storia di Robert, un orfano abbandonato dalla madre artista e diventato un dongiovanni narcisista ed egoista. Intorno a lui gravitano una serie di personaggi femminili e soprattutto delle misteriose presenze demoniache, che sembrano guidare la mano di Gary, un fumettista capace di alterare la realtà con i disegni. Graham mette in piedi una storia sfaccettata in cui i personaggi sembrano reali, riuscendo a raccontarne inquietudini, problemi, desideri. Straconsigliato.
How to Quit Smoking Cigarettes di Nick Bunch (Cram Books) – Terzo titolo targato Cram Books della lista, questo non-manuale di Nick Bunch traduce il nervosismo alla base del fatidico tentativo di smettere di fumare in una linea nervosa, tremolante e visivamente cacofonica. Ne viene fuori uno strano oggetto, che mette in fila una trovata grafica dopo l’altra, riempendo le pagine di segni neri come la pece. Bunch è la mente dietro l’antologia Reptile House di Philadelphia, che gli abbonati al Buyers Club già conoscono da tempo. Qui realizza la sua opera finora più compiuta, liberandosi dalle spesso inutili maglie della narrazione.
Laser Eye Surgery di Walker Tate (Fantagraphics Underground) – Ormai famosissimo in Italia per essere stato pubblicato su Mulinex, Walker Tate arriva al debutto sulla lunga distanza per una big dell’editoria come Fantagraphics (seppur per la sua etichetta underground). E che debutto! Laser Eye Surgery potrebbe essere un saggio di come si fa un fumetto e ha il merito di non scendere a compromessi, non allontanandosi di una virgola dalla ricerca stilistica e artistica del cartoonist statunitense. Anzi, qui le intuizioni squisitamente concept dei suoi spillati autoprodotti trovano maggior respiro e si esaltano. Le vicende sempre paradossali del protagonista, convinto da un volantino trovato per strada a tentare un’operazione con il laser agli occhi, danno vita a un tripudio grafico in cui la linea chiara di Tate – scusate il gioco di parole – non è mai stata così chiara, mostrandoci un artista al punto più alto della sua carriera. Almeno per ora.
Lifehole di Mary Moore Dalton (autoprodotto) – Per leggere la gran parte dei contenuti di Lifehole bisogna girare di 90 gradi questo spillato formato rivista, dato che Dalton ha cercato di sfruttare al massimo l’orizzontalità della singola pagina. Da questo già si capisce l’approccio anticonformista e spontaneo alla base di questi fumetti, tipico d’altronde di tutta la scena che prima con base San Francisco e poi New York sta portando un vento fresco e liberatorio nel fumetto underground statunitense contemporaneo. E non a caso alcuni di questi lavori sono già comparsi in Cowlick, Jaywalk e Bernadette. Lifehole è un flusso di coscienza per immagini capace di unire disegni a carboncino con testi che partono dal diarismo per arrivare alla poesia. Stupefacente.
Ms. Understood di Juliette Collet (Neoglyphic Media) – Esce per Neoglyphic Media – già nota da queste parti per aver preso in carico la pubblicazione di Looking for the Cat di Matthew Thurber e per l’antologia Alive Outside finita tra i migliori fumetti del 2024 – il lavoro finora più sostanzioso di Juliette Collet, 100 pagine di pura creatività contenute in un brossurato 23 x 18 cm. Di Collet ho promosso il lavoro sin dagli esordi, e fa piacere qui verificare la sua costante crescita, seppur nel segno di una continuità stilistica che ama sviluppare l’azione per lo più in orizzontale e in 2D, come se fossimo in una strip d’altri tempi. Inserendosi in una tradizione di fumetto underground al femminile che parte da Wimmen’s Comix passando per Aline Kominsky, Dori Seda e Julie Doucet, Collet ne attualizza il lavoro andando a toccare tematiche del tutto attuali inquadrate con una sensibilità unica, libera e autoironica. Ms. Understood è una pornostar che cerca di colmare il suo vuoto interiore passando pazze serate in compagnia delle amiche e immaginando scene di sesso lesbico, salvo subire le telefonate della madre e chiudere l’albo con le mani sul volto mentre mugugna “I should call him…”. D’altronde, come si domandava qualche pagina prima: “Cosa vi aspettavate, di essere felici? Mi sembra irragionevole”.
Pothole #3-6 di AA.VV. (autoprodotto) – Uno degli obiettivi che mi sono posto con questo Best Of 2025 è di guardare più avanti possibile, cercando di riportare le ultime tendenze del fumetto che… piace a me. Quindi non potevo di certo omettere i quattro nuovi numeri di Pothole usciti – tutti insieme tra l’altro! – nel 2025, dopo che già avevo lodato i primi due visti l’anno scorso. A voler essere generosi potremmo definire Pothole una rivista formato tabloid, ma in realtà si tratta di un unico foglio serigrafato 84 × 30 cm che viene proposto ripiegato in quattro. Ed è davvero un bel vedere, perché la qualità della carta assorbe alla perfezione colori pregni e a volte sgargianti, come nel paginone di apertura del #3 a firma James Tonra. Oltre a lui, e ovviamente al padrone di casa Mikaël Choukroun, che si è occupato in totale solitudine della stampa, vanno citati i lavori di Ashton Carless, una sola bellissima pagina che racconta le angosce degli Stati Uniti di oggi (sempre nel #3), e di Charlotte Pelissier, unica intestataria di quello che credo sia il #4 (difficile dirlo, anche perché una delle riviste non riporta né titolo né numero). La sua è una splendida storia, in francese tra l’altro, colma di suggestioni rivettiane e vicina al lavoro della sopracitata Juliette Collet. E visto che ci siamo vi segnalo che Pelissier – autrice di quel The Loser Zeitgeist che qualcuno di voi si sarà accaparrato tempo fa dal negozio online di Just Indie Comics – quest’anno ha pubblicato anche il breve ma bellissimo The Life of Marie-Anne, sempre stampato da Choukroun.
Smoke Signal #44 di Gary Panter (Desert Island) – Un intero numero della rivista formato tabloid Smoke Signal, pubblicata dal negozio di Brooklyn Desert Island, dedicato all’arte di Gary Panter. C’è bisogno di dire altro? No, perché ne ho già parlato qui. Anche se poi il vero consiglio è procurarvela dal negozio online di Just Indie Comics, prima che diventi oggetto da collezione. E, se proprio volete fare i secchioni, potete accompagnare la visione con questa approfondita analisi del Comics Journal.
Turning di Ellen Addison (autoprodotto) – Uno di quegli albetti perfetti che piacciono a me, in grado di farti entrare in un mondo tutto suo. Autoreferenziale nel senso migliore del termine, realizzato da un’autrice di cui non sapevo nemmeno l’esistenza prima di scovare i suoi fumetti sul sito di Domino Books. 24 pagine strutturate su una griglia fissa di 9 vignette e tanto spazio bianco sul fondo della pagina, scelta misteriosa che però aggiunge quel nonsoché. Lo stile è essenziale ma al tempo stesso caldo e comunicativo, mentre la storia è quella di una donna che per ragioni imprecisate abbandona tutto per trasferirsi in una grande città. Lì si dovrà barcamenare tra un lavoro ripetitivo e i labirinti che le appaiono in sogno, decidendo quale “svolta” far prendere alla sua vita.
World Within the World di Julia Gfrörer (Fantagraphics) – Non poteva mancare in questa lista uno dei miei “oggetti” preferiti, ossia la raccolta di storie brevi. A vincere il prestigioso premio di apparire nel Best Of di Just Indie Comics è stavolta questo volume che raccoglie i fumetti brevi pubblicati, per lo più sotto forma di fanzine autoprodotte, dalla statunitense Julia Gfrörer dal 2010 al 2022. Sono storie ambientate in gran parte nel passato, in un’America rurale pregna di atmosfere gotiche e dark, in cui l’orrore è sempre dietro l’angolo e sentimenti come la violenza, la gelosia e l’avidità la fanno da padrone, per non parlare delle pulsioni sessuali. Ma ci sono anche racconti che si svolgono ai giorni nostri, più qualche stranezza assortita come Frasier Has Left the Building. Che un editore dedichi tempo e denaro a un progetto del genere fa ben sperare per il futuro dell’umanità.
Anteprima “Cashiers du Cinéma” #4
Il fumetto, si sa, è un medium giovane, e come tale ha ancora tanta strada da fare. Tra le varie conseguenze che derivano da questa “gioventù” del fumetto c’è anche quella di identificare totalmente il contenuto con il mezzo. Se, uscendo dalla cerchia di noi appassionati, chiediamo a qualcuno cosa sta leggendo, la risposta è semplice: “un fumetto”. E non è sbagliata, a meno che non stia leggendo Quattroruote ovviamente. Ma vi assicuro che se la stessa persona avesse un libro in mano, risponderebbe in modo diverso, enunciando titolo e forse anche autore del volume. Difficilmente risponderebbe “un libro”. Certo, c’è la differenziazione ormai sdoganata tra “fumetto” e “graphic novel”, ma tra tante categorizzazioni è forse la peggiore che si possa fare attualmente, perché ha finito per essere una differenziazione qualitativa, come se il fumetto fosse robetta per ragazzini e il graphic novel raffinato e intelligente intrattenimento per adulti. In realtà, il fumetto è un medium come un altro, e come tale può essere usato per veicolare storie, fatti realmente accaduti, sogni, suggestioni astratte e chi più ne ha più ne metta. E può essere inserito in una rivista, utilizzato al pari della scrittura per parlare degli argomenti più disparati. Come, e qui veniamo al nostro caso, di fumettisti e non solo che lavorano o hanno lavorato nei cinema, dalle grandi catene a quelli d’essai. Sono i cassieri del titolo, ma anche maschere, proiezionisti e baristi. Nella rivista statunitense Cashiers du Cinéma – il titolo e la grafica rimandano ovviamente ai francesi Cahiers du Cinéma – il fumetto viene utilizzato per raccontare aneddoti, personaggi e situazioni dei cinema americani, mentre gli articoli che occupano la seconda parte di ogni numero approfondiscono l’argomento con interviste a proiezionisti, recensioni di fanzine sul cinema, diari.
Cashiers du Cinéma è pubblicata a New York dalla Obvious Fake Press ed è a cura di Dan Welch e David Cardoza. Il #4 è in uscita in questi giorni negli States e da noi è possibile preordinarlo abbonandosi alla nuova edizione del Just Indie Comics Buyers Club, entro il 31 dicembre 2025. Come, non sapete cos’è il Just Indie Comics Buyers Club? Allora andate subito a leggervi questo post di qualche giorno fa e l’anteprima dell’altro fumetto che inaugurerà il 2026, Zoo #5 di Anand. Oppure, se non avete bisogno di altre informazioni e non vedete l’ora di abbonarvi, potete farlo direttamente sul negozio on line di Risma Bookshop. E ora, un po’ di immagini in anteprima dal quarto numero di Cashiers du Cinéma. Buona visione!
Anteprima “Zoo” #5 di Anand
“Arrivai nella casa nell’estate del 1988. Avevo finito la scuola d’arte da qualche mese, e avevo capito che non sarei mai diventato un artista, né sarei mai riuscito a fare dei soldi con i miei quadri. Mi convinsi che sarei stato più felice come uno scrittore squattrinato. Così mi trasferii in una grande citta per diventarlo”. Con questo incipit da romanzo di formazione prende il via Vulture, una delle tre storie brevi contenute in Zoo #5, il nuovo numero della serie antologica del cartoonist indiano Anand, nonché primo fumetto del Just Indie Comics Buyers Club 2026. Vulture è uno di quei racconti brevi così perfetti da racchiudere un mondo, tanto da saperci restituire con autenticità le sensazioni di un ragazzo ritratto in un momento cruciale della propria vita. Sullo sfondo della vicenda narrata, che ha a che fare sostanzialmente con un plagio a fumetti, si muovono temi sociali ed esistenziali che sono sia particolari che universali. Da una parte, il complesso dove va a vivere l’aspirante scrittore si trova in un quartiere decadente, vicino a una fabbrica chiusa da tempo. E’ un luogo poco invitante, privo di identità e di senso, una specie di purgatorio fatto di palazzoni e crepe nel muro, dove chi arriva in città sbarca il lunario in attesa di un destino migliore. Ma se il futuro sorride ai vicini di casa, esso sembra lontano se non impossibile per il nostro protagonista. In tal senso sono magistrali le ultime vignette di pagina 2, con il protagonista che forza un sorriso per salutare un vicino pronto a partire, per poi tornare mogio dentro casa. E qui arriva l’altra dimensione della storia, ossia quella esistenziale. Anand fa diventare la condizione di un ragazzo indiano alla fine degli anni ’80 – evidentemente inserito in un contesto sociale, lavorativo ed economico tutt’altro che agevole – un emblema universale di qualcuno che cerca con rabbia il suo posto nel mondo, tanto da essere pronto a tutto pur di trovarlo. Anche a fare gesti disperati come mettersi a copiare i fumetti di un altro.
Per qualche informazione in più su Zoo #5, vi rimando a questo post sul Just Indie Comics Buyers Club 2026, ricordandovi che per abbonarsi c’è tempo fino al 31 dicembre 2025 e che potete farlo sul negozio online di Risma Bookshop. Se invece volete approfondire i fumetti di Anand, vi rimando a questo articolo sulla raccolta Stories from Zoo. E ora via a Vulture.
Just Indie Comics Buyers Club 2026
Superate agilmente le insidie della doppia cifra, torna anche quest’anno il Just Indie Comics Buyers Club, con un’undicesima edizione che si prospetta come sempre scintillante. Di che si tratta ormai lo sapete tutti, quindi non mi dilungo in spiegazioni… O forse è meglio di sì? Come dite voi due lì, di quel paesino perso nella brughiera? Siete arrivati per la prima volta su questo sito? Ma come avete fatto, dico io? Tra tante pagine che affollano il World Wide Web proprio su questa dovevate capitare? E dalla brughiera poi? Ma chi ve l’ha fatto fare? Va bene va bene, rispiego tutto da capo…
Il Just Indie Comics Buyers Club è un abbonamento disponibile fino al 31 dicembre 2025 che vi permetterà di ricevere nel corso del 2026 uno o due fumetti ogni tre mesi, a seconda della tipologia di abbonamento scelto. Gli abbonati avranno inoltre diritto a uno sconto del 10% su tutto il materiale acquistato dal sito e ai festival nel corso del 2026. La prima spedizione sarà a fine gennaio, le successive ad aprile, luglio e ottobre. I fumetti saranno in lingua inglese e pubblicati da piccoli editori internazionali, oppure autoprodotti. E ora FATE ATTENZIONE anche voi che già sapete tutto perché quest’anno le soluzioni per abbonarsi al Buyers Club sono diverse e sempre più complesse (e non escludo possano diventare ancora più complesse in futuro).
Per il 2026 sarà possibile scegliere tra QUATTRO differenti versioni del JICBC:
1) Abbonamento SMALL con spedizione ordinaria (piego di libri) o tracciata, scegliendo uno dei due fumetti del lancio – Riceverete quindi 4 fumetti in totale nel corso del 2026
2) Abbonamento MEDIUM con spedizione ordinaria (piego di libri) o tracciata, scegliendo entrambi i fumetti del lancio – Riceverete quindi 5 fumetti in totale nel corso del 2026
3) Abbonamento LARGE con spedizione ordinaria (piego di libri) o tracciata, con entrambi i fumetti del lancio e con due fumetti anche nelle spedizioni successive – Riceverete quindi 8 fumetti in totale nel corso del 2026
4) Abbonamento EXTRALARGE con spedizione ordinaria (piego di libri) o tracciata, con cinque fumetti nella prima spedizione e due fumetti nelle spedizioni successive – Riceverete quindi 11 fumetti in totale nel corso del 2026
Come i più attenti di voi avranno capito, la notizia di quest’anno è il lancio della versione EXTRALARGE dell’abbonamento. Ma prima di arrivare a questo devo dare un’altra notizia, ossia che quest’anno il Just Indie Comics Buyers Club partirà non con un semplice fumetto indie ma con un fumetto che arriverà direttamente dall’India, diventando almeno per un attimo il Just Indian Comics Buyers Club! Un passo doveroso giunti a questo punto, anche perché non è molto più interessante l’India dell’indie? Scherzi a parte, Zoo #5 è il quinto numero dell’antologia personale e totalmente autoprodotta del cartoonist indiano Anand, contenente tre fumetti inediti. Il primo è Notty Sis-in-Law: A Four Ears Story, in cui due fratelli molto diversi tra loro si dividono tra università e cinema a luci rosse, mentre sullo sfondo si agitano bizzarre gang giovanili. Vulture è invece la storia di uno scrittore spiantato che trova l’opera mai pubblicata di un ignoto fumettista e decide di dedicare la sua vita al plagio, ricevendo apprezzamenti persino da Gary Groth. In One Foot in the Grave la protagonista incontra in farmacia la nonna morta… O forse no? Quelle di Zoo #5 sono storie che parlano di rapporti familiari, dolore, lutto, insicurezze e difficoltà di stare al mondo ma con un senso dell’umorismo persistente e singolare, tanto da risultare a volte alieno alla sensibilità di noi occidentali. Per ulteriori approfondimenti vi rimando a questo articolo sulla raccolta Stories from Zoo di Anand pubblicata da Bubbles, che raccoglie alcune storie dei precedenti numeri della serie. Ah, allegato a Zoo #5 ci sarà in omaggio un albetto di 32 pagine con la storia 4 Ears del 2021.
Il secondo fumetto della prima spedizione del JICBC 2026 sarà il #4 di Cashiers du Cinéma, l’antologia statunitense realizzata da fumettisti e scrittori che hanno lavorato nelle sale cinematografiche. Riprendendo la vecchia grafica della rivista francese Cahiers du Cinéma e con uno dei giochi di parole più geniali di sempre, l’antologia dà spazio non alla critica speculativa sui film ma ai racconti di cassieri, maschere, baristi. Tra gli autori pubblicati in questo quarto numero, in uscita l’11 dicembre, ci sono Dan Welch, David Enos, A.T. Pratt, Josh Bayer ed Evan Salazar ma oltre ai fumetti, per lo più autobiografici, ci sono anche interviste a proiezionisti, recensioni di fanzine sul cinema, diari scritti da lavoratori del settore cinematografico che raccontano le loro esperienze nelle sale (in questo quarto numero Anthony Scalzo ci porta dentro all’Alamo Drafthouse di Manhattan).
E a proposito di Cashiers du Cinéma, chi sceglierà la versione EXTRALARGE dell’abbonamento riceverà a un prezzo speciale tutti i numeri usciti finora della rivista, così che la prima spedizione, oltre ovviamente a Zoo #5, conterrà Cashiers du Cinéma #1, #2, #3 e #4, consentendovi di fare un viaggio totalizzante nel mondo delle sale cinematografiche, tra profili di cinefili, sesso nelle ultime file, attacchi di diarrea letteralmente incontenibili, memorie dai vecchi cinema californiani, vezzi di star come Udo Kier e Jim Carrey, interviste a proiezionisti che raccontano i segreti del mestiere, articoli su film inerenti l’esperienza cinematografica come Goodbye, Dragon Inn e Popcorn. Ma al centro di tutto c’è l’essenza stessa del lavoro nelle sale, una soluzione ideale per studenti del college con aspirazioni artistiche ma anche un mestiere su cui molti – tra cui tanti cartoonist, appunto – hanno finito per costruire una carriera, incontrando compagni di disavventure, amici o persino amanti. Insomma, oltre ai semplici aneddoti c’è largo spazio per racconti di vita vera che restituiscono pienamente l’essenza stessa del mestiere di questi “cassieri” (e non solo) del cinema.
Per abbonarsi al Just Indie Comics Buyers Club bisogna cliccare sul link qui sotto entro il 31 dicembre 2025, scegliendo la versione desiderata:
JUST INDIE COMICS BUYERS CLUB 2026 ITALY
Se invece vivete all’estero, e nello specifico nell’Unione Europea, vi suggerisco di cliccare qui:
JUST INDIE COMICS BUYERS CLUB 2026 EUROPE
E per qualsiasi domanda potete scrivermi a justindiecomics [at] gmail [dot] com e vedrò di rispondere nel limite delle mie possibilità. Buon abbonamento!
New New York/7 – “The Sammy Hernandez Saga” #1
A New York dal 2018 per frequentare il college, Ashton Carless viene coinvolto nel giro dei fumetti dall’amico Sam Siegel, che invece quel giro lo conosceva bene, dato che aveva iniziato a pubblicare i suoi lavori già dal primo numero di Tinfoil, il magazine targato Deadcrow nato a San Francisco sotto l’editing di Floyd Tangeman. Attraverso Siegel, Carless conosce così Tangeman, che si era appena trasferito a New York, dove stava per dare vita all’erede di Tinfoil, ossia la rivista/antologia Cowlick. E’ così su Cowlick #1 che assistiamo al debutto del nostro, in realtà soltanto una disegno orizzontale a mo’ di striscia che riempie la parte inferiore di una doppia pagina, occupata per il resto da un fumetto di Sawyer Arkilic. Una curiosità che non posso fare a meno di riportare è che su Cowlick #1 si trova anche Sonny Shuffle & Shoestring in “I’ll Even Wrap It Up for You”, firmato da un altro rappresentante della famiglia Carless, ossia papà Burt, che lo aveva disegnato negli anni ’90, quando viveva ancora nel Regno Unito. Tornando ad Ashton, è in realtà da Cowlick #2 che la sua arte emerge con più convinzione mostrando l’unicità del suo linguaggio, che potremmo definire alieno – e infatti è fantascientifico – rispetto al resto del menù. Oltre alla cover, Carless contribuisce allo spillato con una storia intitolata Red Spaceship, quattro pagine che uniscono astrazione e collage, scrittura sperimentale e caratteri di lingue sconosciute, con una dedica finale a Brian Swann e Thomas Pynchon che fa capire i riferimenti dell’autore (e infatti, quando gli chiesi tempo fa da dove nasceva il suo inconfondibile stile, Ashton mi rispose dicendo che il suo sogno da ragazzino era quello di raccontare storie, mentre la passione per i fumetti è arrivata ben dopo).
Per concludere questa lunga introduzione, va detto che Red Spaceship costituisce l’incipit di Spaceship #1 del 2022, la prima pubblicazione solista di Carless, che raccoglie l’omonimo serial visto a puntate su Cowlick con l’aggiunta di una parte inedita. In realtà non si tratta di un vero e proprio lavoro solista, in quanto il nostro si è occupato di tutti i testi e dell’editing ma soltanto in parte dei disegni, avvalendosi dei contributi visivi di Ethan Means, Zack Thompson, Nora Ashwood, Ethan Kramer, Floyd Tangeman, Aneesa Razak, Deji Lasi, Frankie Lo e Jade Mar. Spaceship #1 è un’odissea tra i colori dello spazio che diventa un viaggio nell’anima, con la lezione del Solaris di Tarkovskij nel cuore e un incedere a dir poco criptico. La scrittura, densissima, ricorda Pynchon e Burroughs e lascia davvero pochi appigli al lettore. Tanto per rendere l’idea, le parti viste su Cowlick sono montate in maniera diversa rispetto alla pubblicazione su rivista, richiamando il cut-up e rinunciando a qualsiasi linearità. E i disegni, tendenti all’astrazione, non contribuiscono certo a fare chiarezza.
Ma veniamo all’argomento di questo post, che è anche uno degli oggetti più belli prodotti da questa nuova scena newyorkese, ossia una busta formato magazine che contiene all’interno tre albetti di diverse dimensioni (due spillati e uno rilegato con la spirale), un poster-fumetto pieghevole, una stampa, una trading card e un mini-adesivo, tutti realizzati e stampati in risograph da Carless tramite il suo marchio Bootleg Books, con cui ha prodotto nuove versioni di fumetti altrui (esistono dei bootleg anche di alcuni numeri di Cowlick, per dire) o pubblicazioni ex novo. Non è subito chiaro in quale ordine leggere i fumetti, dato che l’indice è alla fine, ossia sulla terza di copertina di Sammy 3 – The League. In ogni caso viene spontaneo iniziare con Who Was Sammy Hernandez?, domanda che vi starete ponendo anche voi e allora, se già prendendo in mano la busta si capisce che il protagonista ha a che fare con il baseball, da questo primo albetto capiamo anche che Sammy è sparito. La notizia ci viene data dal narratore, un detective occhialuto a cui viene assegnato il caso, ossia il compito di ritrovare questo ex giocatore di baseball delle leghe minori finito a fare l’allenatore dei lanciatori. Un personaggio che non sembra di primo piano, ma che invece per qualche motivo sta particolarmente a cuore alla città di New York, tanto che il consiglio comunale lo teneva d’occhio sin prima della sua sparizione.
Perché Sammy sia in qualche modo importante non è chiaro per ora, dato che il resto dei contenuti di questa prima “busta sorpresa” si concentrano su una serie di flashback dal passato del misterioso personaggio, in cui assistiamo agli alti e bassi della carriera e della vita sentimentale, dai primi passi mossi nel 1979 nel Queens fino a un periodo trascorso a Kyoto con una squadra locale. Ma la trama, si sa, è l’ultima cosa che ci interessa, soprattutto in casi come questi in cui la narrazione è frammentata e fatta di suggestioni, beneficiando ancora della capacità di scrittura di Carless, fuori dal comune per come sa di postmoderno. E’ una scrittura non lineare che però è già stile, voce, linguaggio, a volte idiosincratico ma non per questo meno interessante. Stilisticamente parlando è questo l’autore che già avevamo visto sulle pagine di Smoke Signal #42, ossia un fumettista che ha messo da parte l’astrattismo di Spaceship per delineare figure umane rappresentate spesso con taglio trasversale, utilizzando la figura retorica della sineddoche per individuare i personaggi attraverso parti del corpo, che siano gambe, ciuffi di capelli e soprattutto enormi teste tonde che sembrano ricordare la lezione di Chris Ware (e Building Stories viene facilmente in mente per il format a fascicoli). La stampa in risograph fa il resto, riempendo gli albi di colori pastello sbiaditi che restituiscono atmosfere d’altri tempi: altro indizio dell’arte atipica di Carless, senz’altro una voce originale del fumetto contemporaneo.
“Smoke Signal” #44 di Gary Panter
Per gli affezionati lettori di questo sito Gary Panter non ha bisogno di presentazioni, anche se guardandomi indietro mi rendo conto di non averne mai parlato direttamente, se non con qualche breve citazione nei miei Best Of di fine anno. D’altronde non è facile barcamenarsi in una bibliografia quasi cinquantennale, incentrata per lo più sul personaggio feticcio di Jimbo e capace al tempo stesso di attraversare esperienze culturali ed editoriali a dir poco fondamentali, dalle collaborazioni di fine ’70 allo storico tabloid punk di Los Angeles Slash alle storie per il Raw di Art Spiegelman e Françoise Mouly, dalla serie pubblicata per la Zongo Comic di Matt Groening fino ai più recenti volumi autoconclusivi realizzati per Fantagraphics. Per chi è a digiuno di Gary Panter il primo consiglio è recuperare il volume Jimbo – Adventures in Paradise nella recente ristampa della New York Review Comics, delizioso compendio della prima fase di carriera e pietra miliare del fumetto tutto. Gli adepti sapranno invece già di cosa parlo, come d’altronde già conosceranno l’amore viscerale di Panter per pittura e disegno, un grafismo che lo ha portato negli anni a dar vita a tantissimi lavori puramente illustrativi e di cui il gigantesco cofanetto a lui dedicato da PictureBox nel 2008 rappresenta la testimonianza più sostanziosa.
Ora Gary Panter è tornato, dopo il bel volumetto Wildest Dream del 2019, a collaborare con Desert Island, il negozio di Brooklyn di Gabe Fowler che pubblica il magazine in formato tabloid Smoke Signal. Nata come antologia, la rivista è da qualche tempo dedita a raccogliere il lavoro di un solo autore o a raccontare una scena, come è capitato con il numero speciale dedicato ai giovani cartoonist newyorkesi di cui ho parlato in questo post. Stavolta tocca appunto al creatore di Jimbo, che dà sfogo al lato più pop della sua arte continuando quel filone dedicato a fumetti e cartoni animati del passato che recentemente aveva già sviscerato in Comics Cartoons Cowboys Covers dato alle stampe nel 2023 dai bolognesi di Sigaretten.
La copertina mette subito le cose in chiaro con un primo piano multicolor di un Astroboy mutante. E sfogliando le pagine troviamo riferimenti di ogni tipo, con personaggi e situazioni ripresi dai cartoni animati di Hanna-Barbera e della Warner Bros, e poi da Krazy Kat, Popeye, Megaloman, Batman, Nancy e via dicendo. Non mancano i cowboy già visti nel citato volume Sigaretten, mentre le riproduzioni da artisti britannici come George Cruikshank, John Tenniel e James Gillray, oltreché dagli americani David Gilmour Blythe e Thomas Nast, sono caratterizzate dall’uso del tratteggio e da un segno meno stilizzato. Queste e altre citazioni dal mondo dell’arte testimoniano ancora una volta la vastissima cultura visiva di Panter e la sua programmatica attitudine a mescolare alto e basso senza soluzione di continuità, spesso anche nella stessa illustrazione. Le tavole si susseguono alternando diversi inchiostri di stampa, in un tourbillon di spunti, dettagli e trovate da perdere la testa. Io ho un debole per le pagine piene soltanto di oggetti, personaggi e “azioni” (una mano che muove un martello, un pellicano in volo, un semaforo che cambia colore, un pollo caldo fumante, ecc.), che uniti tra loro potrebbero fornire il materiale per milioni di fumetti o cartoni animati, dando vita a storie che sono già esistite o che possiamo creare ex novo nella nostra testa.
Smoke Signal #44 è già sold out da Desert Island ma per fortuna sono riuscito a ordinarne un po’ di copie prima che finissero. Lo trovate, come sempre, nella sezione Just Indie Comics del negozio online di Risma Bookshop.
“Lapino” #1
Introdotto da una bella copertina gialla raffigurante uno Snoopy tutto peloso, arriva il primo numero di Lapino, rivista antologica che già dalla grafica e dal titolo omaggia il nostro Linus e il francese Mon Lapin. A curarla è Titti Demi, capace di mettere insieme dalla sua base nella provincia di Lecce (Nardò, per la precisione) autrici e autori da tutta Italia per parlare dello scottante tema dei peli. Se è vero che non mancano gli autori maschi – come per esempio Marco Corona, pur con una sola pagina, e Andro Malis – il punto di vista è prevalentemente femminile, tanto che la rivista sembra guardare anche al filone delle donne arrabbiate, che dal precursore It Ain’t Me Babe (1970) proseguì con i vari Wimmen’s Comix, Tits & Clits e Twisted Sisters. Ecco, immaginate Lapino come una fusione tra Wimmen’s Comix e Linus. Del primo ha il modus operandi e il susseguirsi di stili differenti l’uno dall’altro, del secondo testi e rubriche, come digressioni e curiosità sul pelo femminile, l’oroscopo e il parere dell’esperto, ovvero una lunga intervista all’estetista di fiducia. Ammesso che le “lapine” ci vadano, dall’estetista.
Ma chi c’è dentro Lapino, direte voi? Giusta domanda, e mi tolgo subito il pensiero indicando i nomi e gli pseudonimi dei partecipanti in ordine di apparizione: Luiza Lehmann, Marco Corona, Titti Demi, Roberto Dell’Orco, Alpraz, Andro Malis, Rob, Margherita Govi, Alessia Maiocchi, Ara, Renzo Cerutti, Elisa Pastore, Teresa, Gaia Montagnoli, Rosso Foxe e Turpe. Il club dei peli, a firma della stessa curatrice, è il contributo più lungo del lotto (14 pagine sulle 68 totali), e tra una perla di saggezza e l’altra – tipo: “Col tuo pelo di fica mi faccio il trapianto”, detto da un pelato, oppure: “Io esco solo con i presbiti, non ci vedono e risparmio con l’estetista” – avanza gioiosamente scombinato alla ricerca di una soddisfazione sessuale che i peli non possono certo negare, checché ne pensi la Polizia del Corpo e la sua fissa per la brasiliana. Demi ha senz’altro una passione per Julie Doucet – altro nume tutelare dell’intero progetto – ma le sue tavole sono essenziali e meno barocche, pur non rinunciando di tanto in tanto a rappresentare le stanze disordinate tanto care all’autrice canadese. Messa in apertura, questa storia al tempo stesso potente e spontanea introduce le domande centrali di questo primo numero di Lapino, ossia: le donne si devono depilare o no? E non depilarsi è un atto di ribellione? I peli femminili fanno veramente schifo? Tutti interrogativi che ne nascondono altri più profondi sul condizionamento della società nei confronti delle donne e forse ancor di più degli uomini, nel senso di maschi spesso anche maschilisti.
Più canonicamente autobiografico rispetto all’approccio freestyle de Il club dei peli è I peli delle bambine di Alpraz, piacevolissimo romanzo di formazione in miniatura che riassume tutto nella frase finale: “Più crescevo più ogni pelo diventava abnorme e mostruoso. Sarebbe stato più semplice amarli”. Esteticamente i riferimenti sono altri, e c’è un tratto “carino” e meno underground, come d’altronde nelle sei pagine a firma semplicemente Rob intitolate Even Kong Gets the Blues. Qui la cifra stilistica è la caricatura e il segno è abbastanza lontano dai territori che sono abituato a frequentare, ma la storia di una donna pelosissima tanto da essere scambiata per maschio è diretta con mano esperta, tanto da risultare il lavoro più maturo dell’antologia. Si torna invece a un disegno più graffiante con Andro Malis, che in Wookiee associa i peli alla crescita rivelando la sua identità segreta di Chewbecca de noantri, mentre le tavole screziate di rosso rifiutano le abituali regole dello storytelling per esplodere in mille direzioni diverse. La sua è una storia fondamentale per comprendere fino in fondo Lapino: nel liberatorio finale il protagonista capisce di poter andare in giro nudo e peloso, creando così una contrapposizione evidente con quanto raccontato negli altri fumetti, in cui le donne subiscono i pregiudizi e le aspettative degli altri, che siano partner, amiche o parenti. Succede anche in Peli e amore di Alessia Maiocchi, dove la protagonista arriva a considerare la depilazione come l’unica soluzione per riconquistare l’amore perduto… Ma se non fosse quello il vero problema? Il finale è (auto)ironico come pochi, e finisce per alleggerire ogni ragionamento con una risata autodenigratoria. Notevole lo stile di queste quattro carichissime tavole, sgraziatamente underground e pieno di spigoli.
Tra un pelo e l’altro questo primo Lapino inanella una serie di validissime prove da parte degli autori coinvolti, tanto da distinguersi in mezzo alle più recenti autoproduzioni italiane. Complimenti dunque alla curatrice, a fumettiste e fumettisti, scrittrici e scrittori, illustratrici e illustratori, sperando di vedere prima o poi un secondo numero o un’iniziativa simile, dedicata magari a un altro scabroso argomento. Intanto, per procurarvi questo esordio, potete scrivere a lapinoindiecomics@gmail.com e chiedere se è ancora disponibile una copia.
New New York/6 – “Bernadette” #1
Continuo con il solito ritardo a scorrere le pubblicazioni fondamentali della “nuova scena” di New York. Tra queste non può mancare il primo numero dell’antologia Bernadette, uscito ormai più di un anno fa (maggio 2024) ma che vale la pena recuperare per diversi motivi. Il primo è che ci dà l’opportunità di parlare di Angela Fanche e Katie Lane, editor della rivista e figure chiave del fumetto newyorkese contemporaneo, già all’opera prima che questa “nuova scena” si sviluppasse. Il secondo è la decisione di chiamare a raccolta soltanto artiste donne o non binari. Il terzo è l’utilizzo di altri media, che non è più episodico e funzionale ma del tutto esplicito, dato che in queste pagine troviamo non solo cartoonist ma anche artiste visive e fotografe. Il quarto è il formato di questa antologia, che già solo a guardarla si mostra imponente: trattasi di un magazine brossurato 32 x 25 cm stampato su carta patinata e tutto a colori, per un totale di 80 intensissime pagine.
Chiarisco subito che non tutte le 29 autrici vengono da New York, dato che in queste pagine trovano spazio – tanto per fare un paio di esempi – Ana Woulfe che è di Philadelphia e Vera Bekema che è addirittura olandese e vive a Berlino. Ma è chiaro che il cuore del progetto è lì, anche se la selezione delle artiste coinvolte è diversa rispetto a pubblicazioni simili, perché scegliere di dare spazio ad artiste donne e non binari significa tener fuori la gran parte dei cartoonist citati nei precedenti post di questo speciale. E la cosa è assolutamente positiva, perché in Bernadette si respira un’aria nuova, se non persino avanguardistica. Non c’è un tema in particolare, i contenuti sembrano susseguirsi casualmente e sono assemblati con spontaneità, come già succedeva con i vari Tinfoil, Cowlick e Junction Box. Se in quei casi l’attenzione verteva su un grafismo barocco che riempiva gli spazi in modo quasi ossessivo, in Bernadette troviamo anche fotografie, dipinti, illustrazioni e collage che si rapportano alla pagina con un’altra sensibilità, così che all’occhio dello spettatore sono concessi attimi di riposo, in cui il nero pece o le masse di colore lasciano spazio alle superfici bianche. È il caso del contributo di Ash Fritzsche, che consta di otto composizioni in bianco e nero di piccole dimensioni che uniscono astratto e figurativo, con la pagina della rivista utilizzata come se fosse la parete di una galleria. Subito dopo Mei Kanamoto avvicenda foto e disegni in modo singolare, mostrandoci alcune sue illustrazioni e poi le foto del suo studio in cui le stesse vengono create ed esposte. E a seguire ecco arrivare foto di famiglia, ritratti realizzati con pennarelli colorati, sculture, foto di interni, collage dal gusto retrò, tutti da autori per lo più sconosciuti ma che è un piacere conoscere.
Oltre a tutto ciò ci sono ovviamente i fumetti, a partire da quelli delle due editor. Katie Lane, che in passato ha sperimentato a sua volta con il collage e il digitale (si veda Single Camera Sitcom, di recente ristampato da Comics Blogger), è ormai approdata a un fumetto apparentemente tradizionale ma in realtà del tutto peculiare per come mette in scena conversazioni argute e complesse, rappresentate con abbondanza di primi piani e tratto tremolante. Angela Fanche realizza una copertina dai colori digitali che è quanto di più lontano dal suo solito bianco e nero, più un paio di splash page che confermano l’evoluzione della sua arte, dall’autobiografia a una dimensione sperimentale (si vedano a tal proposito i due numeri della serie WWREC realizzata insieme a Max Burlingame).
Degne di nota, come sempre d’altronde, sono le pagine a firma Juliette Collet, insieme a Clair Gunther anche co-editor dell’antologia. L’autrice della serie Blah Blah Blah si cimenta ancora una volta in un lavoro a quattro mani, in questo caso insieme a Charlotte Pelissier. Tra i nomi noti spiccano quelli di area Deadcrow come Sarah Kirby, Jade Mar e poi Sam Seigel, che realizza quattro meravigliose pagine che iniziano nel 10.100 e in cui migliaia di anni trascorrono tra una vignetta e l’altra. E poi c’è persino qualcosa di più classico, che non a caso arriva da un’altra generazione di cartoonist, qui rappresentata da Gabrielle Bell, alle prese con i suoi sogni disegnati (uno con guest star Julia Wertz). Ma è solo una parentesi, perché in realtà Bernadette si distingue per guardare oltre, superando i confini del fumetto sia come forma d’arte sia come medium storicamente dominato da uomini bianchi eterosessuali.
Per approfondire i contenuti dell’antologia, vi consiglio questa interessante intervista pubblicata sul sito del Comics Journal. Inoltre, per chi volesse accaparrarsi Bernadette #1, ne trovate ancora qualche copia nel negozio online di Just Indie Comics.
Il 5 aprile nasce “Mulinex”
Segnatevi la data, perché è una data di un certo spessore: sabato 5 aprile a Roma debutta Mulinex, una nuova pubblicazione – un po’ fanzine, un po’ rivista, un po’ antologia – dedicata al fumetto sotterraneo. Dentro ci troverete un po’ di contenuti che se seguite questo sito vi saranno familiari, dato che i quattro autori chiamati a raccolta sono tutti passati in qualche modo su Just Indie Comics. Si tratta infatti di David Tea, Walker Tate, Isobel Neviazsky e Ian Sundahl. Il loro lavoro è stato tradotto per la prima volta in italiano e insieme ai fumetti troverete anche testi e interviste che affrontano biografia, processo creativo e fonti d’ispirazione degli autori. Ma non è finita qui, perché in questo primo numero ci sono anche le fotografie di Andrea Sorini e due poesie, una a firma Marco Caporali e l’altra raccolta da Alessio Trabacchini.
Ma vediamo più nel dettaglio i contenuti a fumetti di questo primo Mulinex. David Tea è finito diverse volte nei miei post e si è anche guadagnato un posto nei miei Best Of di fine anno. Inoltre, qualcuno di voi avrà comprato uno o più numeri della sua serie Five Perennial Virtues nel negozio online o a qualche festival. Tea è un fumettista del Minnesota completamente fuori da ogni scena e tendenza, autore di albetti autoprodotti che partono dal racconto per sfociare senza soluzione di continuità nella digressione, affrontando argomenti come giardinaggio, numismatica, fantascienza, storia dell’antica Roma e chi più ne ha più ne metta. Il tutto reso con uno stile grezzo, che unisce arte intuitiva e sperimentazione. Sulle pagine di Mulinex troverete un estratto da Five Perennial Virtues #2, in cui un giardiniere alter ego dell’autore cammina per strada a caccia di monetine vaganti, tra odi rivolte al “nobile penny” e oscuri presagi.
A seguire ecco Walker Tate, cartoonist di Brooklyn che si è autoprodotto fumetti brevi come Channel, Procedural e Chattering, oltre a pubblicare sull’antologia NOW della Fantagraphics e per i lettoni di kuš!, per cui è uscito di recente il mini Swelling. In questo Mulinex trova spazio Extract, che racconta la storia tragicomica di una comparsa capace di farsi letteralmente in mille pezzi per sbarcare il lunario, diventando ridondante e perdendo quindi la sua credibilità. Pur non convincendo il suo stesso autore, che nel testo accompagnatorio ne sottolinea tutti i difetti, Extract è un capolavoro di fumetto concettuale tutto da gustare.
Il terzo contributo arriva da Glasgow ed è a firma Isobel Neviazsky, che gli abbonati al Just Indie Comics Buyers Club ricorderanno per The Driver, pubblicato qualche anno fa da O Panda Gordo e che raccontava – come scrivevo in questo post – la storia di un uomo che come mestiere fa la macchina, portando a spasso il suo datore di lavoro. Ebbene, dentro Mulinex c’è proprio un estratto da questa storia di schiavitù contemporanea, otto pagine quasi del tutto mute che fanno capire come il fumetto può essere al tempo stesso arte sequenziale e avanguardia.
A chiudere in bellezza è Ian Sundahl, autore dell’antologia personale Social Discipline, il cui best of è stato pubblicato qualche anno fa da Domino Books con il titolo The Social Discipline Reader, ed editor del magazine autoprodotto Heelage tutto dedicato ai tacchi. Sundahl racconta con piglio documentaristico storie di outsider, ex carcerati e balordi senza speranza, ambientate in una periferia americana fatta di bar degradati, sordidi strip club e parcheggi di minimarket. Ne è l’esempio più lampante Il riflettore, fumetto di otto pagine finora inedito che debutta direttamente in italiano su Mulinex. Ad accompagnarlo Tonight’s Entertainment e Terri Story, che traggono spunto rispettivamente dal nastro di una segreteria telefonica e da un quaderno rinvenuti da Sundahl in un negozio dell’usato. Inoltre, in chiusura, viene presentata un’intervista all’autore che approfondisce gli aspetti della sua poetica.
Ma dove si può trovare Mulinex, vi chiederete a questo punto? Beh, innanzitutto gli abbonati al Just Indie Comics Buyers Club possono dormire sonni tranquilli, dato che lo riceveranno con la spedizione di aprile. Gli altri invece dovranno solo aspettare qualche giorno per acquistare l’antologia/rivista/fanzine del momento dal negozio online di Just Indie Comics oppure in libreria da Risma. Ma se volete essere i primi ad accaparrarvelo dovete essere a Roma il 5 aprile, giorno del lancio ufficiale di Mulinex, quando una carovana porterà a spasso la rivista tra Pigneto e dintorni. Se volete saperne di più, leggete quest’altro post per scoprire il programma dettagliato della giornata.
Il programma della Carovana Mulinex
Sabato 5 aprile arriva a Roma la via crucis del fumetto sotterraneo, che porterà in giro per il Pigneto e dintorni Mulinex, una nuova fanzine tutta in italiano con fumetti di David Tea, Walker Tate, Isobel Neviazsky, Ian Sundahl, le foto di Andrea Sorini e due poesie. Unitevi alla carovana o scegliete una tappa per acquistare Mulinex in anteprima. Di seguito il programma completo.
Sabato 5 aprile – Carovana Mulinex!
Dalla mattina alla sera Mulinex va in giro per il Pigneto (e dintorni), scegliete una tappa oppure seguite la carovana!
dalle 09:23 alle 10:26
Bar Volo, via Francesco Laparelli 65 – Lettura a quattro occhi e due bocche del fumetto Five Perennial Virtues #2 di David Tea. Inoltre, in collegamento da Bologna, il Primo Lettore scopre Mulinex in diretta
spostamento di 280 metri, 4 minuti a piedi
dalle 10:42 alle 11:06
Carrefour Market, via Casilina angolo via Filarete 288 (vicino allo sciroppo d’acero) – Basta leggere due poesie per rendere poetico un supermercato? Un esperimento
spostamento di 850 metri, 12 minuti a piedi
dalle 11:43 alle 12:52
Kolatadesign, via del Pigneto 150/B – Aperitivo fotografico con cibo 0% di grassi
spostamento di 500 metri, 7 minuti a piedi
dalle 13:09 alle 14:12
Davanti Corsetti, piazza Malatesta 21 – Dicono i migliori tramezzini di Roma, noi mangiamo lì, voi unitevi
spostamento di 600 metri, 9 minuti a piedi
dalle 14:31 alle 15:52
Linea Bar, via Augusto Dulceri 89 – Dopo mangiato si beve il caffè: lo offriamo noi! In contemporanea lettura a quattro occhi e due bocche del fumetto Tonight’s Entertainment di Ian Sundahl
spostamento di 850 metri, 12 minuti a piedi
dalle 16:16 alle 17:11
Piazza Nuccitelli (vicino fontanella) – Mulinex: arte o spazzatura? Interviene Alessio Trabacchini
spostamento di 1100 metri, 15 minuti a piedi
dalle 17:34 alle 18:01
Semaforo (angolo via Prenestina/largo Preneste all’altezza del civico 242/A, sotto la scritta “radiodiagnostica”) – Mulinex ieri, oggi, domani: seguendo le tradizioni dei venditori ambulanti, il semaforo come crocevia del commercio
spostamento di 350 metri, 6 minuti a piedi
dalle 18:27 alle 19:31
Salone Mirella, via Maddaloni 42 – Reading in musica del fumetto The Driver di Isobel Neviazsky. A seguire, concerto di Andra Ljos
spostamento di 700 metri, 10 minuti a piedi
dalle 19:53 alle 19:58
Metro C da Malatesta a San Giovanni (primo vagone) – Creazione di una poesia collettiva con i passeggeri della metro
spostamento di 700 metri, 10 minuti a piedi
dalle 20:21 alle 21:19
Sesamo e Pomodoro Kebab, via Gallia 228 – La prima cena ufficiale del fanclub di Mulinex
spostamento di 400 metri, 5 minuti a piedi
dalle 21:36 in poi
Sinu3ss4, via Sinuessa 34 – Lettura a quattro occhi e due bocche del fumetto Extract di Walker Tate e finale a sorpresa
E con questo per ora è tutto, vi aspettiamo il 5 aprile e se nel frattempo siete proprio curiosi di sapere che cos’è Mulinex trovate qualche informazione in più a queste coordinate.





















































