Vi presento Joe Matt/1
Era il 1992 quando Drawn & Quarterly iniziò a pubblicare Peepshow, il comic book monografico in cui Joe Matt serializzava le sue disavventure autobiografiche. Io all’epoca avevo 15 anni e mi appassionai alla serie con un po’ di ritardo. Non ricordo bene come ne venni a conoscenza, ma con tutta probabilità tramite qualche numero di The Comics Journal, o nel Previews della Diamond che studiavo attentamente insieme all’Anteprima di Alessandro Distribuzioni per poi chiamare Bologna e piazzare una lunga lista di ordini. O forse in qualche negozio di Roma, come All American Comics o Infinity Shop, specializzati in fumetti in lingua originale e che avevano il coraggio di portare i comic book “indipendenti” di case editrici diverse dalla Marvel e dalla Dc, come la Kitchen Sink, la Tundra, la Slave Labor, la Fantagraphics e appunto la Drawn & Quarterly. Fatto sta che iniziai a seguire Peepshow dal #7, che segnava l’inizio della seconda storyline, poi raccolta in volume con il titolo di Fair Weather e che vedeva protagonista l’autore da giovane. Dovevano essere i primi mesi del 1995, visto che quel numero porta la data di marzo di quell’anno. Qualche tempo dopo riuscii a procurarmi la raccolta in volume dei primi numeri di Peepshow, intitolata The Poor Bastard e pubblicata sempre da D&Q nel 1997, e quindi a recuperare i primi fumetti di Joe Matt, usciti in un volume chiamato ancora Peepshow e pubblicato da Kitchen Sink nel 1991. Se le atmosfere alla Stand by Me di Fair Weather mi aveva già colpito, questi fumetti ambientati “ai giorni nostri” mi conquistarono definitivamente.
Classe 1963, cresciuto a Lansdale, un paesino vicino Philadelphia in Pennsylvania, in tenera età Matt legge tanti fumetti e in particolare i Peanuts, Li’l Abner e i supereroi Marvel e Dc, ma anche Dennis The Menace, Little Lulu, Archie, Donald Duck. Disegnatore sin da ragazzino, dopo il college tenta la strada della scuola d’arte iscrivendosi al Philadelphia College of Art, con l’idea di sfondare come illustratore, sfoggiando uno stile ben diverso da quello che lo distinguerà in seguito. Stroncato da una serie di rifiuti, cambia completamente rotta e si dedica al fumetto. Ma l’idea di provare con i supereroi che tanto ha amato non lo sfiora nemmeno un attimo, un po’ per la sua scarsa confidenza con l’anatomia, e soprattutto perché aveva ormai scoperto Zap Comix e i fumetti di Robert Crumb, insieme a quelli di Harvey Pekar e di Art Spiegelman. Da lì ad arrivare al fumetto autobiografico il passo è breve e così inizia a disegnare le sue vicissitudini quotidiane negli sketchbook e a tentare i primi contatti con le case editrici, incoraggiato da un fumettista già avviato e che sarà famoso, il suo amico e compagno di college Matt Wagner. Per lui Joe farà anche da colorista, un lavoro remunerativo ma che odia profondamente, soprattutto quando le case editrici finiscono per pagarlo in ritardo. Di queste prove rimane traccia in alcuni numeri di Grendel e nella miniserie Batman/Grendel. Ma dicevamo appunto dei contatti con le case editrici, che si sviluppano subito dopo il college, quando il nostro si è trasferito a Philadelphia e ha iniziato a lavorare in un negozio di fumetti, il Fat Jack’s Comic Crypt. Sempre attraverso Wagner entra in contatto con la Comico, per cui il collega pubblicava Mage e Grendel: mostra il suo lavoro a Diana Schutz, che si dimostra interessata ma senza fargli un’offerta concreta. Così l’aspirante cartoonist prende, fotocopia 20 tavole già pronte all’uso e le manda alla Kitchen Sink, una delle case editrici fondamentali per il fumetto alternativo degli anni ‘70 e ‘80. Il gesto è subito ricambiato, dato che Matt viene invitato a bordo di Snarf, antologia spillata fondata nel 1972 da Denis Kitchen e che – dopo una storia fatta di continue riprese e interruzioni, con numeri che escono a distanza di anni l’uno dall’altro – stava per essere rilanciata con ritrovata continuità proprio sul finire degli anni ‘80. Il debutto è nel #11 del febbraio 1989 ed è lì che troviamo, a pagina 25, Some Things You First Need to Know About Joe Matt…, un titolo un programma, dato che la tavola racconta 31 curiosità in 31 vignette su un autore giovane e sconosciuto a chiunque. D’altronde il punto #5 avverte chiaramente che “he’s got a huge ego!!”. Sono cinque le tavole ospitate nell’antologia, tutte autoconclusive. Eppure queste pagine singole sono parte di una storia più grande, quella di Joe Matt ovviamente. Ce lo dice già la seconda pagina tratta da Snarf #11, senza titolo ma che come molte altre piazza una data (26 novembre 1987) in alto a sinistra: “Signore e signori, ve lo devo dire… A questo punto non me ne importa niente! Dopo due anni in cui ho cercato di iniziare un fumetto ricavandone solo frustrazione e angoscia, ho deciso… Al diavolo! Basta con i tentativi di creare dei personaggi! Basta con i tentativi di raccontare una storia! Al diavolo quello che vuole il pubblico! Al diavolo tutte queste porcherie!! Ormai ho deciso di fare quello che mi viene più facile, ossia disegnare dei fumetti su me stesso, con la speranza che forse qualcuno là fuori li possa trovare divertenti! Ma ora vi avverto… Non faccio una vita così entusiasmante… Anzi, probabilmente vi sembrerà noiosa. Ma se non altro potrete sempre tirarvi su pensando di non essere me…”. Insomma, il giovane Matt aveva ormai le idee chiare e queste poche righe suonano come il più onesto dei manifesti programmatici.
Quando debutta su Snarf, Matt si è già trasferito da Philadelphia a Montreal, per seguire la fidanzata di allora, Trish, cognata di Wagner e prima comprimaria dei suoi fumetti. Una decisione che sarà fondamentale per la sua carriera, dato che in Québec conosce Chris Oliveros, che proprio in quegli anni stava per mettere su Drawn & Quarterly. Il neo-editore lo scrittura da subito, offrendogli spazio nella sua prima pubblicazione. Drawn & Quarterly vol.1 #1 è una rivista antologica che esce nell’aprile del 1990 e in cui Matt fa la parte del leone, con ben 8 pagine simili per stile e tematiche a quelle viste su Snarf. Come già si era presentato ai lettori dell’antologia Kitchen Sink con Some Things You First Need to Know About Joe Matt…, il nostro fa gli onori di casa con una pagina simile, intitolata My Life in a Nutshell: 30 minuscole vignette in cui racconta le tappe fondamentali della sua vita, dalla nascita alla scuola fino alle estati passate a lavorare per racimolare qualche soldo e quindi al presente. Matt non si risparmia affatto, anzi, sembra soffrire di horror vacui, mostrando un impellente bisogno di raccontarsi nei minimi dettagli riempiendo la pagina fino all’eccesso. Nell’ultima vignetta si mostra al tavolo da disegno intento a colorare, con il testo che dice: “Grrr… Odio colorare… Sono sottopagato… E non ho tempo per i miei fumetti… Mi sono venduto… Ora sono intrappolato qui a Montreal… I ristoranti fanno schifo… Le librerie pure… Non so nemmeno parlare francese…”. Insomma, si lamenta e si compiange, come succederà molte ma proprio molte altre volte da qui agli anni a venire. E a proposito di Montreal, il tema viene sviluppato in un’altra storia pubblicata in Snarf #13, chiamata semplicemente Why I Hate Living in Montreal. Tanto per essere chiari, insomma.
A proposito di Snarf, Matt compare tra il 1989 e il 1990 in tutti i numeri dell’antologia Kitchen Sink, compreso il #15, che ne segnerà la fine. Ormai è canadese di adozione – e si trasferirà ben presto da Montreal a Toronto – oltreché uno degli artisti di punta di D&Q, tanto da contribuire alle antologie curate da Oliveros anche con qualche pagina che mostra il suo passato da illustratore. Un paio di esempi si trovano sulla quarta di copertina proprio di Drawn & Quarterly vol. 1 #1, oppure sulla copertina del terzo numero: a essere raffigurati con illustrazioni a colori dai toni fotorealistici e tendenti al grottesco sono rispettivamente un “povero” padre con quattro figli e una coppia sposata dal sorriso così smagliante da risultare inquietante. Ma torniamo al Joe Matt che conosciamo tutti, ossia caricaturale, ironico, autobiografico, persino masochista per l’immagine che dà di sé. Il suo contributo alla prima versione di Drawn & Quarterly finisce con il #6, datato ottobre 1991. Qualche mese dopo esce il primo fumetto tutto suo, ossia la raccolta integrale delle storie già viste sulle antologie, con l’aggiunta di qualche inedito. Il volume, tuttora inedito in Italia, è intitolato proprio Peepshow! (con il punto esclamativo in questo caso) e pubblicato da Kitchen Sink, anche se qualche anno dopo verrà ristampato da D&Q.
I temi di questo densissimo “cartoon diary” – 90 e passa pagine in grande formato piene zeppe di testo – sono quelli tipici di tutti i fumetti di Matt. L’autore saccheggia nei minimi particolari la sua autobiografia, ossia le vicende di un fumettista di educazione cattolica ossessionato dal sesso, dai porno e dalla masturbazione tanto da mettere continuamente a repentaglio la sua stessa vita sentimentale. Insomma, niente di particolarmente nuovo, come commenta Robert Crumb nella quarta di copertina: “Proprio ciò di cui il mondo ha bisogno: un altro fumettista represso, fissato ed ex-cattolico. Non vedo l’ora di vedere che gli succede… Che dio lo aiuti!”. Una citazione sicuramente ironica ma che per lui è una sorta di benedizione: staremo anche leggendo per l’ennesima volta le vicende autobiografiche di un fallito frustrato ex-cattolico ecc. ecc. ma se si è scomodato Crumb in persona per commentarle, beh, vuol dire che queste storie sono almeno raccontate bene. E che fanno ridere, ovviamente. Matt non mostra la minima pietà verso se stesso e si descrive di volta in volta come un misogino, un avido collezionista, un inguaribile tirchio, un maniaco sessuale e chi più ne ha più ne metta. In queste pagine assistiamo anche all’incontro con Chester Brown e Seth, che segna l’inizio di una lunga e duratura amicizia, dato che i tre costituiranno un indissolubile gruppo di fumettisti con base a Toronto. Quando Joe incontra per la prima volta Chester Brown, il collega gli chiede dove possono andare per fare due chiacchiere e lui risponde senza vergogna “a casa tua”. E davanti alla proposta di Brown di prendere la metro risponde: “Are you crazy? That thing costs money! We can walk!”. Poco importa che in realtà le cose non andarono esattamente così e che l’incontro avvenne con tutt’altre modalità: l’episodio è comunque “vero” dato che rappresenta un lato importante della personalità dell’autore. Seth invece partecipa attivamente al volume con le due pagine di Some Things I Think You Should Know About Joe Matt, già viste su Drawn & Quarterly vol. 1 #7 e in cui si diverte a prendere in giro l’amico (“Sapete, prima di incontrare Joe Matt pensavo che stesse esagerando su di sè nelle sue storie – recita l’autore di Palookaville – Ma adesso so che non era così! Anzi, direi che si dipinge migliore di quello che è”).
In molti di questi fumetti l’autore/protagonista è tormentato da un desiderio sessuale irrefrenabile, tanto che a un certo punto decide di seguire un programma di disintossicazione. Ma il tentativo avrà scarso successo, e nel giro di poche pagine tornerà a pensare ossessivamente alle donne e a guardare le sue amate videocassette porno. Qua e là l’evolversi tragicomico delle vicende è interrotto da tavole tematiche, come quella in cui racconta i Tv shows that made me horny as a kid. Quella delle vignette minuscole è una fissazione: in Hell to Pay, pagina del 14 settembre 1989, diventano addirittura 96, tanto che l’autore avverte in apertura che “il microscopio non è incluso”. La tendenza a giocare con la costruzione della tavola è un’altra caratteristica del primo Joe Matt, che di tanto in tanto si diverte anche con soluzioni più ariose, come succede per esempio nella seconda versione di Playtime, dove è raffigurata una struttura verticale degna di un parco giochi in cui il protagonista si muove compiendo le più spericolate acrobazie. Altri argomenti di queste storie sono i capelli dell’autore, un oscuro segreto (guarda caso a sfondo sessuale), la fissazione di parlare come Donald Duck, e poi descrizioni dettagliate dei genitori, dei fratelli, del nonno, delle ex fidanzate, degli amici, degli ex coinquilini. Ogni tanto si guarda al passato, come in Blueberry Fields Forever, dove si racconta l’esperienza estiva in una fattoria nel Maine, o in Fat Jack’s Comic Crypt, sul periodo passato al negozio di fumetti di Philadelphia. Sulla stessa falsariga da citare anche I Was a Teenage Art Student, in cui lo vediamo darsi arie da artista maledetto, vivere storie di una notte, cercare l’ispirazione nei cimiteri, ubriacarsi e via dicendo, per poi specificare che si è inventato un bel po’ di cose. E ci sono anche una serie di guide, come quella su come risparmiare – dall’originale struttura circolare e a colori – o un’altra su come “andare in bagno” senza farsi sentire dagli altri.
L’ultima parte del volume anticipa gli sviluppi futuri. Con un tratto ormai maturo, che si è fatto via via più rotondo rispetto agli spigolosi esordi, Matt abbandona l’impostazione autoconclusiva delle tavole e inizia ad affrontare una narrazione più strutturata. Siamo a questo punto a Toronto, dove Joe e Trish vivono nel sottoscala di Deb, con la proprietaria di casa, un gatto e tre ragazzini. Ma quando arriva la notizia dell’infarto del padre, Matt deve tornare in Pennsylvania, dove tra una visita e l’altra all’ospedale sfoga lo stress comprando costosi giocattoli come la Pee-Wee’s Playhouse, non senza sensi di colpa (“Ho comprato la Pee-Wee’s Playhouse anche una seconda e una terza volta – confesserà nell’intervista pubblicata in The Comics Journal #183 – e tutte le volte me ne sono sbarazzato. Al momento non ce l’ho. E non la voglio”). Dopo che il padre si è rimesso, assistiamo al ritorno a Toronto. Qui Chester Brown gli presenta Kris, una massaggiatrice shiatsu dai tratti orientali che gli offre un trattamento gratis. Lui accetta di buon grado scatenando l’ira della fidanzata e una lite furibonda che occuperà le pagine conclusive del volume, prima di una riappacificazione in extremis che ha l’amaro sapore della tregua. Al di là dei contenuti, le storie mostrano che Matt è cresciuto come autore e che i tempi sono maturi per qualcosa di diverso, magari un comic book vero e proprio. Lo sa il diretto interessato e soprattutto lo sa Chris Oliveros, che aveva già capito la necessità di superare il formato antologia per dare uno spazio tutto loro ad altri autori come Julie Doucet e Seth.
“Meskin and Umezo” di Austin English
Per qualche giorno è possibile prenotare nel negozio online di Just Indie Comics Meskin and Umezo, il nuovo fumetto di Austin English in uscita per la sua Domino Books. Della Domino – sia come casa editrice che come distribuzione – ho parlato più volte da queste parti. E anche al lavoro di English ho accennato spesso, portando anche alcuni dei suoi precedenti fumetti (Gulag Casual, The Enemy From Within) nella nostra penisola. Meskin and Umezo era atteso da tempo, English ci stava lavorando da anni e dopo averlo finito ha deciso di pubblicarselo in proprio con la Domino, che nel frattempo ha allargato il suo raggio d’azione diventando sempre più la casa dei fumetti “altri”, almeno negli Stati Uniti. Ed è il caso di insistere su quest’accezione di diversità. L’estetica di English è infatti unica nel panorama fumettistico odierno, lontana da qualsiasi moda del momento, e così sono le sue storie, sempre delimitate in uno spazio preciso, capaci di sviluppare le varie tematiche in un modo così approfondito e ossessivo da risultare del tutto originale. Scrivevo qualche anno fa riferendomi ai fumetti raccolti da 2dcloud nel volume Gulag Casual: “English non cerca assolutamente un disegno facile e attraente. La sua è un’estetica volutamente sgraziata e imperfetta, che mescolando energicamente tecniche, materiali e colori sfocia nell’arte delle avanguardie storiche e dell’espressionismo astratto. Tuttavia la voglia di dipingere, disegnare e sperimentare non porta mai l’autore a trascurare l’impianto fortemente narrativo dei suoi fumetti. Le storie hanno sempre una trama definita, anche se sembrano più sceneggiature di opere teatrali che fumetti tradizionalmente intesi per il modo in cui trattano i personaggi, non soggetti con una personalità e un background alle spalle ma figure che compiono azioni in uno scenario delimitato”.
E’ proprio per questo che vi invito ad approfittare di questo pre-order, attivo fino a domenica 6 febbraio. Sarà almeno per un po’ l’unico modo di ordinare dall’Italia questo fumetto, un’opera che per una volta si allontana da tutto ciò che è di tendenza in un panorama – quello del fumetto “alternativo”, “underground” o che dir si voglia – in cui tutto assomiglia sempre più a se stesso. Ma pur nella sua unicità Meskin and Umezo, come le precedenti opere di English, non dimentica la “forma” fumetto e la storia del medium. Non è insomma sperimentalismo fine a se stesso. Nel 2016, rispondendo a un’intervista per il sito Broken Frontier in cui gli si chiedeva se il suo stile fosse una reazione al tradizionale modo di raccontare storie a fumetti, English ha dichiarato: “Mi sono sempre piaciuti i fumetti, al punto che non penserei mai di rifiutare la loro storia. In tutta onestà quando inizio una storia ho sempre l’ambizione di fare qualcosa di ‘tradizionale’ nello stile di un vecchio fumetto di Will Elder o qualcosa del genere, e poi la mia naturale mancanza di mezzi ha la meglio già dalla seconda vignetta e il progetto si trasforma in tutt’altro. Lo spirito punk rock delle fanzine e dei mini comics che leggevo nella seconda metà degli anni ’90 (come King-Cat) mi ha spinto ad accettare sin da subito qualsiasi forma assuma il mio lavoro. Mi è mancata anche una distinzione netta tra fumetti e libri d’arte durante la mia formazione – mia madre mi dava da leggere Tintin ma aveva anche in giro per casa delle monografie di Matisse, che adorava. In genere tutti i libri con delle immagini dentro erano molto rassicuranti per me da ragazzino, e a un certo punto i due mondi si sono confusi nella mia testa. Capisco che per le persone che si occupano di arte e quelle che si occupano di fumetto ci siano dei confini molto definiti, ma io non l’ho mai vista in questo modo”.
La dinamica di Meskin and Umezo è la stessa di altre opere di English. La conversazione densa e ripetuta tra i due protagonisti viene rappresentata dall’autore con una serie di soluzioni grafiche che ne costituiscono il contenuto ancor più dei dialoghi. Ammirando le pagine qui in basso, gentilmente offerte dallo stesso autore in anteprima, potrete vedere il modo in cui i corpi si moltiplicano per poi riunirsi in una nuova sintesi, esprimendo tutta la difficoltà (e la bellezza) delle interazioni umane.
Cliccate qui per prenotare Meskin and Umezo di Austin English entro il 6 febbraio.
Just Indie Comics Newsletter #1
E’ uscito con grande puntualità il #1 della newsletter cartacea di Just Indie Comics, nient’altro che un foglio formato A3 impaginato in bassa fedeltà e stampato fronte/retro. Questo lo stupefacente sommario: Best of 2021 / Generous Bosom e Ultrasound: intervista a Conor Stechschulte / Just Indie Comics Buyers Club / Speciale Italia: consigli per gli acquisti / Anteprima 2022/ BilBOlbul 2021 / Novità dalla distro.
Inoltre potrete trovare le risposte alle seguenti domande:
• Da quale orecchio non ci sento bene?
• Che gusti di gelato ho mangiato a Bologna?
• Quante virgole in più ci saranno nella versione in volume di Generous Bosom?
• L’influenza artistica viaggia nel tempo?
• Ma non doveva chiudere il Big Cartel di Just Indie Comics?
• Esiste lo yeti a forma di scroto?
• Chi ha paura di Virginia Woolf?
La newsletter viene inviata a tutti gli abbonati del Buyers Club e, fino a esaurimento scorte, anche a chi fa ordini sul Big Cartel di Just Indie Comics. Inoltre è possibile abbonarsi alla sola newsletter, al modico prezzo di 10€ spedizione inclusa. Con l’abbonamento si ha diritto a ricevere un anno di divertimento, ossia 4 numeri con cadenza trimestrale. Sinceramente un simile affare non l’ho mai visto e se non fossi io a farla ne approfitterei seduta stante. Se vi abbonate entro il 31 gennaio troverete nella vostra buca delle lettere già il #1, se invece vi abbonate da febbraio riceverete come prima spedizione il #2, in programma ad aprile. Per abbonarsi BASTA CLICCARE QUI.
10 fumetti che ho letto nel 2021
Solito Best Of dell’anno, come sempre influenzato dalle mie personalissime scelte di lettura e dai miei tantissimi pregiudizi. Quelli che seguono sono semplicemente i 10 fumetti migliori tra quello che ho letto nel 2021. A meno che non me ne sia dimenticato qualcuno.
Generous Bosom #4 di Conor Stechschulte (Breakdown Press) – Il capitolo conclusivo della serie di Conor Stechschulte non delude le attese, anzi, sbroglia una complicatissima matassa regalandoci pagine di grande fumetto. Non manca niente in questo quarto numero, da una trama elaborata a un approccio grafico dinamico che fa sfociare la tensione in tavole di grande impatto, fino a una conclusione che tende alla metanarrazione se non addirittura al filosofico. Per qualche informazione tecnica in più andatevi a vedere questo post di qualche mese fa. Inoltre sul #1 della newsletter di Just Indie Comics trovate un’intervista all’autore, quindi non fate i timidi e abbonatevi a questo link.
Osypno di CF (autoprodotto) – Qualche mese fa CF ha fatto uscire due albi gemelli di cui ho già parlato qui. Difficile sceglierne uno, ma dato che ho deciso di limitarmi a 10 fumetti seleziono Osypno per simpatia verso il cane protagonista e per il tono leggero da cartoon tendente all’assurdo: soltanto una delle cifre stilistiche di uno dei cartoonist più grandi di sempre. Non ho messo un link perché sono già esauriti e non credo torneranno disponibili. Se non vi volete perdere le prossime autoproduzioni di CF tenete d’occhio il suo sito.
Dédales #2 di Charles Burns (Cornelius) – E a proposito di grandi, come potevo omettere il #2 di Dédales di Charles Burns? Il capitolo iniziale lasciava un po’ spiazzati, dato che sembrava soltanto una lunga introduzione alla storia, peraltro con una somiglianza a Black Hole che sfiorava il citazionismo. Il #2 – di prossima pubblicazione per Coconino – chiarisce le intenzioni dell’autore, perché anche qui succede poco e niente. Ma tutto è fatto benissimo. Ora per il #3 ci sono due strade: o anche lì non succederà niente, o succederà di tutto di più come nelle precedente trilogia. In ogni caso, sono sicuro che sarà tutto bellissimo e che non ve lo dovete perdere per niente al mondo.
Crashpad di Gary Panter (Fantagraphics) – Il padre del fumetto punk viaggia nel tempo per realizzare un tributo agli anni ’60, con tanto di saggio/fumetto introduttivo. La storia principale è efficace nella sua essenzialità ma sono i disegni a colpire, esaltati dalla confezione. Crashpad è infatti un volume gigante che presenta le tavole originali a mo’ di artist edition, mentre il fumetto vero e proprio è il comic book inserito in una tasca attaccata alla seconda di copertina. Esaurito in pre-order per le solite bassissime tirature di Fantagraphics, uscirà nel 2022 nella semplice e molto più economica versione spillata.
Sunday #3-4 di Olivier Schrauwen (Colorama) – Numero doppio in cui continua l’epopea quotidiana e domestica di Thibault Schrauwen, presunto cugino dell’autore che qui vediamo impegnato dalle 11.30 alle 13.30, mentre fantastica su una vecchia amica e aspetta notizie della fidanzata di ritorno da un viaggio. I “fuori campo” – nel senso delle vicende dei comprimari che avvengono al di fuori della casa del protagonista – aggiungono varietà all’intreccio e danno l’opportunità all’autore di mettere in scena una trovata geniale dopo l’altra. Tanti hanno provato a imitarlo in questi ultimi anni ma Schrauwen è al momento il solo che può permettersi di fare fumetti del genere, in cui ironia, metanarrazione e una certa supponenza si fondono in uno stile unico. Tutti gli episodi sono attualmente sold out, quindi se lo avete perso dovete confidare in una ristampa o aspettare l’edizione in volume.
Plaza di Yuichi Yokoyama (Éditions Matière) – Faccio un piccolo strappo alla regola – ossia parlare solo di fumetti usciti quest’anno, senza considerare ristampe o traduzioni – perché davvero in pochi dalle nostre parti avranno visto la versione originale di Plaza, uscito in Giappone nel 2018 per 888 Books. Questa francese è dunque la prima edizione occidentale (o almeno credo). Yokoyama si lancia ancora una volta in uno dei suoi progetti assurdi, questa volta descrivendo per filo e per segno una sorta di parata che avviene in una piazza pubblica. Non c’è una trama vera e propria ma un susseguirsi di idee fuori di testa, rappresentate con uno stile che è sempre più idiosincratico e accompagnato dalle solite sparatissime onomatopee in giapponese. Un trionfo per gli occhi, e alla fine c’è anche un testo dell’autore (in francese) che spiega a cosa abbiamo assistito pagina per pagina. Devastante.
Tinfoil Comix #5 (autoprodotto) – Il primo numero di Tinfoil (di cui parlavo qui) mi ha trasmesso la stessa sensazione che mi diede Kramers Ergot #4: quella di trovarmi davanti a una nuova generazione di autori che potevano prendere il fumetto e rivoltarlo come un calzino. I numeri successivi dell’antologia curata da Floyd Tangeman non hanno deluso affatto le aspettative e così non può mancare in questa lista la quinta e conclusiva uscita. Nel contributo di Chris Farris c’è una bella frase che potrebbe descrivere questi fumetti: “Like an erased De Kooning in the back of my throat”. Se siete interessati alla vicenda tenete d’occhio quello che sarà a tutti gli effetti l’erede di Tinfoil, ossia Jaywalk, nuovo magazine pubblicato da Domino Books e curato dallo stesso Tangeman, che unirà gli artisti di Tinfoil con quelli della stessa Domino. Intanto qualche copia di questo #5 è ancora disponibile nel negozio di Just Indie Comics.
Pretty Flavours di J Webster Sharp (autoprodotto) – Tra l’horror, un erotismo tendente al morboso e qualche reminiscenza di Nina Bunjevac, è arrivata agli onori della cronaca J Webster Sharp, debuttante autrice britannica che è riuscita con le sue autoproduzioni a farsi notare anche oltreoceano. Finora ha pubblicato quattro albi, due quasi del tutto muti e basati su un approccio puramente visivo (Pretty Flavours, appunto, e Fondant), due invece narrativi e dai contenuti drammatici, in cui l’attenzione è sulla storia e il disegno è meno minuzioso (Sea Widow sulla morte del marito e Jade and Her Schizophrenia dal titolo che è tutto un programma). Dovendo selezionarne uno per questa Top Ten la mia scelta è caduta su Pretty Flavours, perché è il primo che ho letto e per come sviluppa originali sequenze narrative rette da associazioni di idee e da una logica tutta loro.
Late in the Years di Henry Crane (autoprodotto) – Esordio folgorante e fatto in casa di un giovane autore statunitense. Per il resto non ho altro da aggiungere rispetto a quanto già detto in questo post. Ah, qualcosa aggiungo invece: ne trovate ancora qualche copia nel negozio online, approfittatene prima che sia troppo tardi.
Monsters di Barry Windsor-Smith (Fantagraphics) – Una scelta strana, lo so, in una lista dominata per lo più da fumetti underground, “alternativi” o persino autoprodotti. E invece ecco qui, arriva un titolo in odore di mainstream (la storia era stata pensata in origine per il comic book di Hulk) e anche l’unico già tradotto in Italia, per Mondadori con l’ovvio titolo di Mostri e un formato leggermente più piccolo dell’originale. Monsters è un epico melodramma di 360 pagine che unisce la Hollywood degli anni ’50 con Weapon X sfiorando spesso il polpettone. Ma potevo escludere da questa Top Ten uno dei miei disegnatori preferiti di quand’ero ragazzino che dopo oltre 30 anni è riuscito a raccontare la “sua” storia come voleva? E poi basta guardare i disegni per godere, consapevoli del fatto che Windsor-Smith dà una pista (anzi, diverse piste) a tanti sedicenti fumettisti di oggi.
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Anteprima “No One Comes to the Lake Anymore”
L’immaginario di Charles Forsman ha già da tempo travalicato i confini del fumetto alternativo grazie alle due stagioni di The End of the Fucking World, serie tv realizzata per la britannica Channel 4 e poi trasmessa da Netflix. Dal successo di quell’adattamento ne è scaturito un altro, I Am Not Okay With This, direttamente per Netflix e di cui era prevista anche una seconda stagione, poi cancellata dopo l’esplosione della pandemia. I libri di Forsman sono stati pubblicati in Italia da 001 Edizioni, mentre negli USA le sue cose si sono viste per Fantagraphics e Floating World. Nonostante ciò Forsman continua di tanto in tanto a stampare i suoi albetti in totale autonomia, da fiero sostenitore dell’autoproduzione qual è; ha infatti iniziato a farsi conoscere come factotum della Oily Comics, l’etichetta per cui è stato serializzato in origine The End of the Fucking World.
Se gli sforzi editoriali di Forsman sono ormai riservati per lo più ai suoi adepti su Patreon, ogni tanto il nostro se ne esce con qualche produzione off come il recente No One Comes to the Lake Anymore, che ho deciso di scegliere come primo fumetto del Just Indie Comics Buyers Club 2022. L’albo si presenta come uno spillato di 24 pagine a colori su carta bella spessa e patinata. E già dalla copertina mette in chiaro di quale lago stiamo parlando. Dopo aver infatti fornito con le sue storie materiale per produzioni televisive, Forsman inverte il processo e si fa ispirare dalla nota saga cinematografica di Venerdì 13, ambientando la sua storia a Crystal Lake e scegliendo come protagonista il killer con la maschera da hockey Jason Voorhees.
Non aspettatevi però facili trovate horror o efferatezze varie: il modello cinematografico diventa piuttosto una scusa per indagare le turbe di una psiche schizofrenica, tanto che l’immagine più violenta dell’albetto è una lama che si conficca in una mano sanguinante. Per il resto Jason dialoga con se stesso e “incontra” di nuovo la madre, che svolgeva un importantissimo ruolo nel primo Friday the 13th. Non vi anticipo il finale a sorpresa, ovviamente: per scoprirlo vi consiglio di abbonarvi al Buyers Club di Just Indie Comics, che quest’anno comprende anche un’esclusiva newsletter cartacea. Ma inutile che mi ripeto, anzi, la chiudo qui mettendovi di seguito i link per ulteriori informazioni e soprattutto per abbonarvi entro il prossimo 31 dicembre.
ANTEPRIMA JUST INDIE COMICS BUYERS CLUB 2022
Just Indie Comics Buyers Club 2022 + Newsletter
Da qualche giorno è possibile abbonarsi alla nuova edizione del Just Indie Comics Buyers Club, che nel 2022 taglia il traguardo dei setti anni. E visto che al settimo anno di solito c’è crisi, anche io mi sono interrogato questa volta sulle sorti del Buyers Club decidendo di cambiare formula. Addio dunque alle versioni Small e Large, che prevedevano rispettivamente 4 e 8 fumetti all’anno, e via libera a un format unico che è in sostanza la vecchia versione Small ma con un’importante aggiunta. Infatti chi si abbonerà quest’anno non solo riceverà 4 fumetti con cadenza trimestrale (a gennaio, aprile, luglio e ottobre) ma avrà con ogni invio il nuovo numero della newsletter di Just Indie Comics, pubblicazione trimestrale di cui è uscito in sordina il #0 un paio di mesi fa e che si aggiunge (senza sostituirlo, ovviamente) al sito su cui vi trovate in questo momento. La speranza è – con questa nuova semplice formula e il prezzo tondo di 50€ per l’abbonamento annuale – di attirare più appassionati e spingere il Buyers Club dove non è mai giunto prima. D’altronde non vi sembra un affare? Con 50€ vi trovate ogni tre mesi nella buca delle lettere un fumetto – sempre in lingua inglese, autoprodotto o pubblicato da un piccolo editore – e una newsletter che in sostanza è un foglio A3 ripiegato stampato fronte/retro, scritto piccolissimo e zeppo di notizie e digressioni varie. Che volete di più dalla vita?
Prima di rimandarvi ai link per abbonarvi vi do qualche dettaglio in più. Innanzitutto l’abbonamento al Buyers Club è disponibile fino al prossimo 31 dicembre, poi si chiuderà e non sarà più possibile iscriversi. I fumetti sono ovviamente scelti da me e a sorpresa, se così vogliamo dire. L’unica certezza è il primo del lotto, ossia No One Comes to the Lake Anymore di Charles Forsman, che verrà spedito a gennaio. Per quanto riguarda la newsletter, questo è il probabile sommario del #1, che copio e incollo dai miei appunti senza dilungarmi troppo: Best of 2021 / Generous Bosom e Ultrasound: intervista a Conor Stechschulte / Just Indie Comics Buyers Club / Editoria Italia: consigli per gli acquisti / Anteprima 2022/ Novità dalla distro / BilBOlbul 2021. Ah, se il Buyers Club non vi interessa potete anche abbonarvi soltanto alla newsletter, l’iscrizione in questo caso non ha scadenza, parte dal primo numero utile e costa 10€ per 4 numeri. Via ai link, dunque, e buon divertimento.
JUST INDIE COMICS BUYERS CLUB 2022 + NEWSLETTER
“Late in the Years” di Henry Crane
Ho scoperto Henry Crane sul profilo Instagram di Desert Island, dove il proprietario del negozio di Brooklyn, Gabe Fowler, condivideva alcune immagini dell’autoprodotto Late in the Years. Lo stile di Crane mi ha subito incuriosito. Non era originale in senso assoluto – e poi cos’è veramente originale, oggi? – ma riusciva comunque a essere una voce fuori dal coro in un panorama fumettistico in cui i riferimenti estetici sono ben altri. Inoltre vi vedevo una serie di rimandi ad autori a me cari, che sono diventati ancor più evidenti dopo aver fatto arrivare un po’ di copie del fumetto in Italia per renderlo disponibile nella distribuzione di Just Indie Comics.
Late in the Years si presenta come una storia horror classica, degna di un Lovecraft tanto per darvi un punto di riferimento. La vita di una coppia entra in crisi quando sopra la loro casa in mezzo al bosco appare un nuvola di fumo, che rimane fissa all’orizzonte come una lacerazione nel cielo. Lui va in tilt e non riesce più a pensare a nulla se non alla cappa nera e densa sulla sua testa. E lei per cercare di far tornare in sé il marito ha la malsana idea di uscire insieme nel bosco alla ricerca delle origini del fumo. Da lì i presagi diventano orrore e poi dramma.
E’ un fumetto breve, Late in the Years: compresa la copertina sono solo 16 pagine, stampate su una carta bella spessa e dalle dimensioni importanti, ossia 36 x 28 cm. L’ampiezza del formato rende giustizia alle splendide tavole di Crane. Se è vero che vi si leggono chiaramente i riferimenti estetici (Charles Burns, Thomas Ott, Stephen Bissette e forse anche Junji Ito e Uno Moralez), è altrettanto vero che il risultato finale è totalmente appagante. E qualche citazione, persino nella costruzione delle tavole, ci può stare tenendo conto che Crane ha 25 anni e che questo è il suo primo fumetto. Il finale a colori è forse il vero punto di forza di LITY, e l’elemento che mi spinge a considerarlo tra le migliori uscite dell’anno. Sarà anche giovane ma Crane – che finora aveva lavorato soprattutto su murales, installazioni e illustrazioni – dimostra sin da subito di non compiacersi delle sue capacità. Ed ecco che mette da parte il suo bianco e nero tratteggiato e xilografico per abbracciare il colore nelle ultime stupefacenti quattro pagine dell’albo. Al cambiamento estetico corrisponde una sterzata della trama, che abbandona definitivamente ogni accenno di realismo per trasformarsi in una parabola di rinascita. Enigmatica certo, ma davanti a questi disegni anche chissenefrega.
Just Indie Comics Newsletter #0
Nasce la newsletter cartacea di Just Indie Comics, liberamente ispirata a Hype Pup di Frank Santoro. Da qualche settimana ho stampato il #0, un numero di prova che per il momento è diffuso soltanto tra persone che incontro per strada, abbonati del Buyers Club e acquirenti del sito Big Cartel. Dal #1 conto di far partire un abbonamento via posta, di cui vi spiegherò in seguito le modalità (anche perché non le conosco nemmeno io al momento). In questo primo numero trovate un editoriale, la presentazione dei fumetti del Buyers Club (Tat Rat #8 dei Forsley Brother e Zig Zag di Will Sweeney), articoletti sui fumetti muti e su San Francisco, un breve reportage dal Bada Festival e la presentazione delle recenti novità della distribuzione. La newsletter si sviluppa su un foglio A3 scritto fronte e retro e ripiegato. Le illustrazioni di questo #0 sono di Cameron Forsley.
JICBC pt. 4: “Tat Rat” #8 e “Zig Zag”
Si conclude l’edizione 2021 del Just Indie Comics Buyers Club con un’accoppiata di fumetti per donne e uomini che non devono chiedere mai. Il primo è Tat Rat #8 dei fratelli Forsley, ossia Christopher (disegni) e Cameron (testi). L’albo è del 2019 ma ho pensato di recuperarlo comunque, tanto sono rimasto convinto – oltre che dallo stile gustosamente underground di Christopher – dalla potenza della storia di apertura, Bleeding For Rent, una tagliente parabola di disperazione metropolitana. Davvero niente male sono anche le avventure di Dirty Klown, stavolta a lavoro in ospedale, mentre il resto dell’albo spazia tra storie brevissime e illustrazioni. E visto che ci sono vi segnalo che sul Big Cartel di Just Indie Comics è disponibile A Joe Story, una storia autoconclusiva realizzata dai fratelli Forsley nel 2012 che verte sui temi del conformismo, del controllo e dell’alienazione, con un approccio tendente al paradosso e un disegno irregolare che più irregolare non si può.
Come ben saprete, il primo albo è destinato a tutti gli abbonati, mentre il secondo verrà spedito solo a quelli Large. Si tratta in questo caso di Zig Zag dell’inglese Will Sweeney, coloratissimo fumetto muto pubblicato qualche mese dall’etichetta di Fantagraphics chiamata F.U. Press (dove U sta per Underground e F ovviamente per… Fantagraphics).
Entrambi gli albi, più come detto A Joe Story, sono disponibili nel negozio on line anche per i comuni mortali. E sui fumetti per ora è tutto, anche perché gli abbonati troveranno ulteriori retroscena e dettagli su… la newsletter di Just Indie Comics! Mi riferisco a una newsletter CARTACEA in bianco e nero su foglio A3 e grafica in bassa definizione che ho deciso di realizzare fattivamente circa 10 giorni fa e che ora è quasi stampata. Troverete il #0 insieme al Buyers Club, poi in futuro chissà. Maggiori dettaglio tra qualche giorno, sempre su queste frequenze. Stay tuned!
“Pseudo” di Matilde Digmann
Animali antropomorfi, incontri on line, droga, sesso, vergogna, incapacità di relazionarsi agli altri. Insomma, la solita solfa. Anzi no. Pseudo di Matilde Digmann si inserisce in un genere ormai sfruttatissimo, quello degli animali problematici che fanno cose cattive, ma riesce a dire la sua. Mat – questo il suo nome d’arte, dato che si definisce “a non-binary multidisciplinary artist and author” – innanzitutto dipinge e scolpisce. Ha uno studio a Copenaghen pieno delle sue creazioni. Entra nel mondo del fumetto da outsider e in questo Pseudo, un volume di 366 pagine in inglese con bella copertina a specchio pubblicato dalla danese Forlaget Basilisk, questo è evidente. La storia prosegue per piccoli episodi, quasi per accumulo. Non c’è grosso senso del ritmo. I disegni sono crudi, oscuri, per niente carini e comunque lontani dall’estetica dominante, calati in un bianco e nero che più nero non si può. Tutto ciò permette a Mat di uscire dal seminato del fumetto alternativo di oggi, evitando di finire nella lunga lista degli emuli di Simon Hanselmann.
La storia scritta da Mat parla della quasi omonima Cat, una gatta antropomorfa che dopo 9 anni si lascia con il fidanzato e inizia un “crazy year” fatto di nuove conoscenze, serate trasgressive e – inevitabilmente – autolesionismo. Pseudo inizia con la protagonista che si iscrive a un sito di incontri, mentre passa le giornate chiusa in casa insieme a Ted, un tradizionale gatto a quattro zampe. Le prime pagine del volume sono le più deboli e scontate, con tante situazioni che sanno di già visto. Poi dopo un po’ le cose decollano. Incontro dopo incontro assistiamo a una galleria di uomini che nella migliore delle ipotesi sono dei cretini, nella peggiore bastardi manipolatori. Davanti a loro la protagonista non riesce a reagire, anzi, il più delle volte si accontenta o addirittura si sottomette. La storia smette di essere banale e diventa un crescendo psicologico che scandaglia l’inconsapevole ricerca dell’infelicità da parte di Cat.
La trama è ispirata alle vicende personali di Matilde Digmann, che non a caso dopo nove anni di matrimonio ha cambiato vita in modo radicale. Per maggiori dettagli vi rimando a questo articolo/intervista, che giustamente inquadra Pseudo come una parabola femminista. Ma c’è di più, per noi che siamo amanti dello strano. C’è per esempio un ragno parlante che da minaccia si trasforma in spalla della protagonista. In un capitolo intitolato Bad Trip il ragno entra nel cervello di Cat per trovarvi una landa desolata popolata solamente da cazzi giganti. Verso la fine un flashback ci fa assistere all’incontro con una sorta di “dio gatto” dotato di terzo occhio: lo stesso terzo occhio che spunta ogni tanto sulla fronte di Cat prima di alcuni incontri, facendola vergognare ancor di più – se ce ne fosse bisogno – del suo corpo.
Il finale vede il confronto finale tra Cat e il suo ultimo boyfriend, persino peggiore dell’ex storico. Scopriamo che il tipo è sposato e padre di una bambina, che non può vedere da quando ha colpito la moglie con un tubo di metallo. Purtroppo le ultime pagine fanno scopa con quelle iniziali, perché – pur tenendo conto che il volume si presenta come primo di una trilogia – chiudono la vicenda in modo sin troppo frettoloso. Pseudo funziona bene da pag. 70 a pag. 341, e sono comunque 272 pagine, quindi bastano e avanzano. Che poi di questi tempi, quando gli autori esordienti tendono a cercare sempre il fumetto “rotondo” con tutti gli ingredienti giusti e il graphic novel più che un formato è un genere, fare un fumetto un po’ storto può essere anche una cosa positiva.
Il pregio principale di Pseudo rimane il suo essere un’originale parabola femminista. Mat non si lascia andare a facili tesi o a dissertazioni didascaliche. Con la tecnica dell’accumulo di personaggi e situazioni racconta piuttosto la tendenza alla sottomissione del personaggio principale e la meschinità del genere maschile, tanto da arrivare in alcuni passaggi alla pura misantropia. Al di là di questo, il libro varrebbe il prezzo di copertina solamente per i disegni, che nel loro bianco e nero catramoso ci riportano a tempi meno colorati e sicuramente più gloriosi di quelli odierni.
In conclusione ecco un po’ di link utili, ovvero il sito di Mat, la pagina Instagram e infine il suo negozio on line dove potete acquistare il volume.