A photo gallery from Crack! Festival in Rome

While I’ll work to a more complete report in the next days, I’m publishing right now some lo-fi photos I did at this year’s Crack! The festival took place for the eleventh year at Forte Prenestino, a squat set in an old fort that is a point of meeting for a lot of non-aligned people in Rome. Many cartoonists, artists and publishers from all over the world crowded the alleys and the gardens of the fort from Thursday 25th June to Sunday 28th. This year the standard of the paintings, the screenprints and the various artefacts was very high and I hope these pictures will give you an idea of the general feeling. Just click on any image to open the gallery. Have a good trip.

 

Le foto del Crack! 2015

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In attesa di un reportage più completo e ragionato, che pubblicherò nei prossimi giorni, ecco un po’ di foto in bassa fedeltà fatte al Crack!, il festival dei fumetti dirompenti che ha invaso i tunnel, le celle e i giardini del Forte Prenestino di Roma da giovedì 25 a domenica 28 giugno. Quest’anno la qualità dei dipinti, delle stampe e dei vari artefatti esposti era veramente elevata e spero che le foto riescano a restituire almeno un’idea dell’atmosfera generale. Per vedere le foto in modo più comodo cliccate su una a caso. Buona visione.

 

“Hip Hop Family Tree” di Ed Piskor

di Ed Piskor, Panini 9L, maggio 2015, brossurato, 112 pagine a colori, 33×23.3 cm, euro 22

 

Hip hop family tree cover italiana

 

Inizialmente serializzata su Boing Boing, la serie Hip Hop Family Tree di Ed Piskor continua la sua cavalcata trionfale e, contemporaneamente all’annuncio della ristampa dell’intera saga in albi mensili da parte di Fantagraphics, sbarca dalle nostre parti con un’elegante edizione Panini 9L. Anche i lettori italiani possono così cominciare a leggere la storia dell’hip hop riadattata graficamente come se fosse un fumetto Marvel dell’epoca. E’ la prima metà degli anni ’70 quando la prima vignetta del volume ci mostra Dj Kool Herc in una sala del South Bronx mentre guarda la gente scatenarsi all’entrata di un giro di batteria. Da lì l’idea di mettere in loop i break strumentali delle canzoni, mixandoli gli uni con gli altri, e di arruolare un MC per aggiungere alla performance l’uso della voce. E’ la nascita di un genere, ulteriormente potenziato dall’invenzione dello scratch da parte di Grandwizard Theodore e da talenti come Grandmaster Flash e Afrika Bambaataa, che danno vita ai cosiddetti bloc party. L’hip hop esplode e porta alla formazioni di gruppi dall’aspetto simile a quello delle gang di strada, che si sfidano a colpi di dischi in “battle” epiche, attirando l’attenzione di produttori, discografici, distributori ma anche di artisti e musicisti rock. La carrellata di volti celebri che si succedono pagina dopo pagina è lunghissima e se è ovvio vedere personalità del mondo hip hop come DJ Hollywood, Sylvia Robinson, Lovebug Starski, Russell Simmons e tanti altri, meno scontata è la presenza di Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, di Blondie e dei Clash. Piskor guarda al mondo dell’hip hop a 360 gradi e ne approfondisce le fonti di ispirazione, i riferimenti, le ibridazioni. Lo scopo è quello di offrire un contesto alla nascita e alla formazione di questa musica, prendendo in considerazione anche altri elementi della cultura pop del periodo ’70-’80.

 

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Al di là della dimensione documentaristica, la grandezza dell’opera di Piskor è nello stile, che riesce a non stancare dopo le tante pagine che si sono accumulate in questi anni senza soluzione di continuità: su Boing Boing siamo arrivati al 1984 e negli Usa sta per uscire il terzo libro delle serie. Se la narrazione è infatti dettagliata, sono proprio il disegno vintage, i colori opachi e le tante trovate grafiche a renderla anche vivace e godibile, insieme a una predilezione per i dettagli, gli episodi, gli aneddoti che non fanno mancare una dimensione narrativa. Tra le cose migliori di questo primo volume c’è la tavola dedicata al black-out del 1977, quando l’oscurità porta a una notte di pistole puntate e furti di strada, oppure Grandmaster Flash che gira i dischi e le manopole lasciando scie come il quasi omonimo velocista dei fumetti, o anche le didascalie classiche da fumetto di supereroi che assumono nuove forme come BOMP, POP, DAP, BAP. Il genere supereroistico è qui utilizzato come mezzo espressivo proprio come facevano gli esponenti della pop art con il cinema, la pubblicità e ovviamente il fumetto stesso. Questa particolare affinità è sottolineata nell’appendice Il legame tra hip hop e fumetti, una delle cose più divertenti del volume, in cui Piskor ci racconta tra l’altro di aver risparmiato “9$ con i soldi del pranzo per comprare New Mutants 87, la prima apparizione completa di Cable, disegnata dal mio idolo, Rob Liefeld”. Per Piskor, classe ’82, era quasi scontato essere un fan di Liefeld, che negli anni ’90 prosperava insieme agli altri autori poi divenuti fondatori dell’Image. D’altronde tutta la produzione Marvel – quindi non solo i grandi classici degli anni ’60 – è stata attentamente rivalutata da tanti cartoonist dell’underground statunitense, basti pensare a Benjamin Marra e Tom Scioli, che contribuiscono a questo volume con le pin-up conclusive, o ad altri come Chuck Forsman (almeno per quanto riguarda la sua nuova serie Revenger) o Josh Bayer, del cui progetto All Time Comics ho già parlato su queste pagine.

 

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In particolare Piskor guarda all’estetica dei fumetti metropolitani, quelli che hanno fatto conoscere New York ai ragazzini di tutto il mondo. E’ chiaro che il riferimento è più alla Marvel che alla Dc, perché in una storia dell’hip hop l’ambientazione deve essere non solo urbana, ma anche realistica. La sua è la New York delle pagine di Daredevil, di alcune storie di Capitan America, di un classico minore come Omega The Unknown, anche se l’azione non si svolge a Manhattan, location della gran parte dei titoli Marvel, ma soprattutto nel Bronx e ad Harlem, quest’ultima già scenario di un cult anni ’70 come la serie blaxploitation dedicata a Luke Cage/Power Man. Tra locali, palestre, sale da concerto, l’Apollo Theatre e negozi cult (il Bobby’s Happy House Records di Bobby Robinson), è tutto un susseguirsi di mattoni rossi, steccati, muri coperti da graffiti, vagoni della metro, recinzioni, tetti scoperti. Ecco così che Hip Hop Family Tree diventa anche storia di una città, oltre che storia di un genere musicale, di un certo modo di fare fumetti e dei legami tra arte, musica e cultura di strada.

 

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“Crickets” #4 di Sammy Harkham

Crickets 4 cover

I primi due numeri di Crickets, l’antologia realizzata da Sammy Harkham per la Drawn & Quarterly, uscivano rispettivamente nel 2006 e nel 2007 e contenevano i due capitoli di Black Death più alcune strisce e storie brevi. Nel 2010 arrivò il terzo numero, questa volta autoprodotto, dove veniva pubblicato il primo capitolo di Blood of the Virgin, ambientato nella Los Angeles dei primi anni ’70 e incentrato sulle avventure di Seymour, mestierante e aspirante regista nell’industria dei b-movie. Da allora la storia è rimasta in sospeso, almeno fino a qualche settimana fa, quando finalmente Harkham è riuscito a dare alle stampe il tanto atteso quarto numero di Crickets, 48 pagine che abbandonano definitivamente il formato antologia per dedicarsi esclusivamente al seguito di Blood of the Virgin.

Quest’ultima è la prova più ambiziosa di Harkham finora. Il giovane autore californiano, classe 1980, conosciuto anche per la sua attività di editor dell’antologia Kramers Ergot, non aveva mai realizzato una storia così lunga e impegnativa, capace di lavorare con pazienza su personaggi e atmosfere. C’è da dire che i risultati raggiunti in passato erano tutt’altro che deludenti, anzi per me fumetti come Somersaulting e Poor Sailor sono veri e propri capolavori in cui lo stile apparentemente classico ma in realtà di rottura di Harkham riusciva a delineare in 20-30 pagine personaggi, atmosfere, sensazioni grazie a pochi tocchi di matita. E anche quando le pagine erano soltanto quattro – come in The New Yorker Story, raccolta come la gran parte della produzione breve dell’autore nell’antologia Everything Together (in italiano Golem Stories, edizioni Coconino) – ciò che Harkham riusciva a mettere dentro le sue certosine vignette era molto di più di quello che altri autori avrebbero raccontato in 400 pagine.

In Blood of the Virgin convivono due temi centrali nella produzione di Harkham e cioè l’interesse per le situazioni familiari e la passione per i b-movie, tanto che il personaggio di Seymour, ventisettenne sposato e già con un figlio, è un alter ego dell’autore che trasuda particolari autobiografici. Se nel primo capitolo avevamo assistito in parallelo sia ai problemi coniugali del protagonista che al suo coinvolgimento nella produzione della pellicola del titolo, questa nuova puntata si concentra per lo più sul secondo aspetto, mostrandoci un Seymour che si fa timidamente strada nell’industria filmica e riesce finalmente a coronare il suo sogno di diventare regista. Le matite sinuose di Harkham ricordano i grandi classici delle strip americane come Frank King ed E.C. Segar, ma questo classicismo della linea è bilanciato da una narrazione sincopata, dominata da dialoghi incalzanti, da un susseguirsi di personaggi e situazioni come se fossimo in un film di Robert Altman. Il ritmo dei dialoghi è ben reso dalla moltiplicazione delle vignette, che nella parte centrale, quella della lavorazione del film a Palm Springs, sono venti per pagina, disposte su cinque file di quattro riquadri ciascuna.

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Prima e dopo, come se fossimo in una sinfonia, le pagine seguono strutture più ariose e non a caso le scene più intense sono all’inizio e alla fine dell’albo, rappresentate rispettivamente da una bella sequenza in cui la moglie di Seymour si masturba sul divano mentre il figlio piange disperato e da sei pagine quasi completamente mute in cui il protagonista gira in macchina per la notte di Los Angeles. E’ quest’ultimo uno dei momenti più alti di Blood of the Virgin finora, una sequenza cinematica, in cui l’uso della prospettiva è efficacissimo e in cui il lettore è invitato a identificarsi con il protagonista, a condividere i suoi pensieri, anche se sulla pagina si vedono solo le insegne, le case, i ponti, i lampioni, i semafori, i benzinai di una Los Angeles finalmente deserta. E Los Angeles, dove Harkham vive e gestisce la libreria Family, è senz’altro un tema in questa storia, con il suo traffico incessante, i suoi luoghi, le abitudini legate al mondo dello spettacolo.

Ma un tema ben più importante è la vicenda personale di Seymour, in particolare il problematico rapporto con la moglie e la sua dimensione di giovane padre. In Crickets #3 lo avevamo visto baciare una giovane attrice, Joy, e in tutto il capitolo successivo la guarda, la ammira, aspetta un suo cenno mentre lei sembra ignorarlo. E forse continuerà a farlo, mentre Harkham non mancherà certo di approfondire la relazione tra Seymour e la moglie, destinata a esplodere nel prosieguo della storia. Ma per scoprirlo bisognerà ancora aspettare qualche anno, dato che di recente lo stesso Harkham ha annunciato che Blood of the Virgin proseguirà per altri tre o quattro numeri di Crickets.

Il meglio del web – 18/6/2015

Crack! 2015

Inizio questa rassegna ricordando a tutti che dal 25 al 28 giugno a Roma, come sempre al Forte Prenestino, c’è il Crack!, il festival dei “fumetti dirompenti” che raduna ogni anno tantissime autoproduzioni da tutta Europa e a volte anche da tutto il mondo. Il tema di quest’anno è il Capitale e non a caso collegato all’evento c’è un invito a tutti gli autori partecipanti a disegnare false banconote. Valerio Bindi racconta la storia del festival, il tema e le novità di quest’anno in un’intervista a Zero, che potete leggere qui. Mi raccomando se potete andateci, perché con la sua struttura libera e a volte caotica il Crack! è un festival unico nel suo genere e dà l’opportunità di conoscere dal vivo realtà minori che non trovano spazio veramente da nessun’altra parte.

E a proposito di festival, questo weekend a Londra arriva l’Elcaf. Tra i vari ospiti, che potete leggere nel poster a firma Jillian Tamaki, c’è anche il nostro Manuele Fior. Su Comics & Cola Zainab Akhtar propone la sua buy guide.

 

elcaf 2015

 

Come riportato da Bleeding Cool, il numero di agosto di Heavy Metal uscirà con due diverse copertine, entrambe a firma Jack Kirby. All’interno troveranno spazio una serie di disegni di Barry Geller e dello stesso Kirby raccolti sotto il titolo di Lord of Light. Si tratta dell’artwork realizzato per l’Operation Argo, con cui la CIA riuscì a liberare gli americani rimasti bloccati nell’ambasciata iraniana durante il golpe del 1979. E sì, è la stessa storia raccontata da Ben Affleck in quella cagata di Argo. Sempre su Bleeding Cool potete trovare un’ampia anteprima delle tavole del Re, che come al solito fanno la loro splendida figura sia in bianco e nero che a colori. Da non perdere.

 

Kirby Heavy Metal

 

Ancora novità editoriali. In occasione del suo venticinquesimo anniversario, la Drawn & Quarterly ha annunciato alcune uscite dell’anno prossimo, tra le quali spicca Mary Wept Over the Feet of Jesus, un nuovo libro inedito di Chester Brown, che come anticipato da Fumettologica uscirà anche in Italia per Bao Publishing.

Chester Brown

Tra gli altri libri che l’editore canadese farà uscire nel 2016 ci sono anche Fire!! The Zora Neale Hurston Story di Peter Bagge, Art Comic di Matthew Thurber, una raccolta di sei racconti di Nick Drnaso intitolata Beverly, Big Kids di Michael DeForge, Panther di Brecht Evens e Carpet Sweeper Tales di Julie Doucet, in cui l’autrice di Dirty Plotte partirà dalle immagini dei fotoromanzi italiani anni ’60 per raccontare storie originali.

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Belle le illustrazioni di Heather Benjamin per questo articolo sulle orge a New York pubblicato su Vice Usa. Della Benjamin avevo già parlato, ma sempre di sfuggita, per l’ottimo lavoro fatto nel confezionamento dell’edizione 2013 dell’antologia Monster. Detto che su Vice aveva già illustrato altri articoli, vi invito a dare un’occhiata alle fanzine, alle stampe, ai poster e ai vestiti che realizza per conto proprio e di cui trovate ottimi esempi sul suo Tumblr.

 

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Da Vice passo al sito del New Yorker, dove in tempi di Expo milanese è attualissimo questo nuovo fumetto di Julia Wertz sui resti dell’esposizione universale newyorkese del 1964-1965. Lo consiglio a chi come me è appassionato di luoghi abbandonati, argomento che Julia tratta abitualmente sulle pagine di Adventure Bible School, dove trovate anche parecchie foto dei luoghi utilizzati per disegnare After the New York World’s Fair. Se poi volete approfondire i suoi fumetti, vi rimando a juliawertz.com, ricco di estratti dai vari Museum of Mistakes, The Infinite Wait and Other Stories e Drinking at the Movies.

 

the New York World's Fair

 

Il Wall Street Journal dedica una puntata della rubrica House Call a Robert Crumb, che racconta le case e i luoghi in cui ha vissuto dall’infanzia a oggi.

Tante le interviste che ho visto in giro negli ultimi tempi e molte di queste devo ancora leggerle anche io: vi segnalo comunque quelle a Anders Nilsen (nella foto qui sotto), Julie Doucet (in spagnolo), Chris Cilla (ancora in spagnolo) e Gabrielle Bell, che in un video di The Paris Review racconta la sua serie Book of…, con cui debuttò alla fine degli anni ’90.

 

anders nilsen

 

E ancora a proposito di interviste, continua la lunga serie di chiacchierate con Daniel Clowes. L’ultima che mi è capitata sott’occhio è di The Nerdist. Intanto Ken Parille, autore di The Daniel Clowes Reader, racconta la produzione di Clowes del periodo 1988-1998 in un articolo ricco di riflessioni, spunti, aneddoti.

Se a qualcuno fosse sfuggito, Paperina era una femminista. Dal canto suo Rom potrebbe essere il miglior fumetto di fantascienza di tutti i tempi.

 

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Le foto del Cake di Chicago

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Come avrete notato, da queste parti si parla soprattutto di fumetti (indie o underground o alternativi che dir si voglia) provenienti dal Nord America, venduti principalmente via posta, in negozi specializzati e ovviamente ai festival. Uno dei più importanti eventi del settore è senz’altro il Chicago Alternative Comics Expo, per gli amici CAKE, che raduna i principali editori e cartoonist degli Stati Uniti e del Canada, anche se quest’anno nello stesso weekend del 6-7 giugno oltre al CAKE c’erano festival “indie” anche a Brooklyn, Austin e Olympia. Tuttavia il CAKE è senz’altro quello più importante per dimensioni, eventi e uscite editoriali e così ho deciso di dedicargli una galleria fotografica. Ovviamente tutte le foto sono state pubblicate con l’autorizzazione degli autori, che ringrazio per la gentilezza e la collaborazione, ma se mi fosse sfuggito qualcosa scrivete pure a justindiecomics [at] gmail [dot] com. Ah, per aprire la galleria basta cliccare su una delle immagini qui sotto. Buona visione.

Preview of Andy Burkholder’s “Qviet”

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Andy Burkholder’s new book Qviet, published by 2D Cloud, has officially debuted at CAKE last weekend, amplified by an exhibition at the Learning Machine Gallery featuring the entire collection, open through June 19th. Initially appearing on Tumblr in 2011 as the work of an artist operating under the sole name of Tracy, Qviet intrigued the underground community for not only the mystery surrounding its creator but also for its unique style. In one-page comics, Burkholder revisited the language of the strip with an avant-garde attitude. The lines, the shapes, the symbols are the core of his work, particularly in the initial phase, but at the same time they’re a starting point to move from the abstract to the physical, investigating sexual themes with irony and stark realism. Over time, the line became thicker and so Burkholder created more accomplished comics, very incisive and also refined. Below a preview of the 248-page book, in stores on June 15th for $22.95.

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“Kramers Ergot” #9 is coming

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After the publication of the eighth issue of Kramers Ergot in 2011 for Picture Box, in June of 2012 the editor Sammy Harkham announced with a tweet to be already working to a new issue, describing it as “350 pages of wicked wanda and Ian Svenonius essays” (Svenonius, better known as the frontman of The Nation of Ulysses and The Make-Up, had already contributed to issue 8 with the essay Notes on Camp, part 2). Since then Picture Box closed, Harkham published the fourth issue of Crickets and there wasn’t any news about Kramers Ergot. At least until today, when this cover (by John Pham, I guess) showed up on Amazon, with the pre-order of the ninth issue of this essential anthology. The new publisher will be Fantagraphics, the expected release date is next March 18th and the pages are 250 (and not 350), with comics and illustrations by Michael DeForge, Noel Freibert, Steve Weissman, Anya Davidson, Stefan Marx, Abraham Diaz, Leon Sadler, Julia Gfrörer, Adam Buttrick, Kim Deitch, Ben Jones, Andy Burkholder, Antony Huchette, Trevor Alixopulos, Antoine Cossé, Archer Prewitt, Kevin Huizenga, Renée French and others to be announced.

A Cake 2015 photo gallery

As some of you already know, around here I’m talking mostly about comics (indie, underground, alternative or whatever) from North America and so I find a festival as the Chicago Alternative Comics Expo (CAKE for friends) very interesting, since it gathers a lot of cool cartoonists and publishers from United States and Canada. Even if I wasn’t there on June 6-7, I decided to dedicate a gallery at this event, assembling photos I saw on the various social networks. All the pictures are used with the permission of the authors and if I made any mistake or I’ve forgotten to mention someone, please contact me at justindiecomics [at] gmail [dot] com. Many thanks to everyone for the cooperation. Just click on any image to open the gallery.

Anteprima di “Qviet” di Andy Burkholder

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Ha debuttato al CAKE di Chicago lo scorso weekend del 5-6 giugno Qviet, un volume pubblicato dalla 2D Cloud di Minneapolis che raccoglie una serie di strip realizzate a partire dal 2011 da Andy Burkholder su Tumblr, poi ristampate in alcuni mini-comics. Misterioso all’inizio, anche perché l’autore chicagoano si firmava semplicemente “Tracy”, il lavoro di Burkholder si è via via fatto notare per uno stile inconfondibile, che in brevi flash di una pagina rivisitava e rileggeva con piglio avanguardistico il linguaggio sintetico e convulso delle strip. I segni, le linee, le forme sono senz’altro il centro del suo lavoro, soprattutto nella produzione iniziale, ma al tempo stesso rappresentano un punto di partenza per passare dall’astratto al corporeo, andando a sviscerare tematiche sessuali con ironia e affilato realismo. Nel corso del tempo il segno si è fatto più corposo ed è arrivato così a creare tavole estremamente efficaci e più compiute esteticamente. Di seguito alcune pagine in anteprima di Qviet, la cui data di uscita ufficiale è il 15 giugno.

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