Inizio con questo post una nuova rubrica di recensioni “collettive”, che spero possa permettermi di aumentare il numero di fumetti segnalati su Just Indie Comics. Sin dagli inizi del blog non sono mai riuscito a occuparmi di tutti i fumetti di cui avrei voluto, spesso trovandomi a tralasciare proprio quelli più interessanti, con la speranza di riuscire a scrivere prima o poi una recensione più approfondita. Speranza che puntualmente veniva vanificata dalle varie situazioni contingenti che ci riserva la folle vita quotidiana nel terzo millennio sul pianeta Terra. Per questo ho deciso di riservare d’ora in poi la maggior parte delle recensioni a questa rubrica, anche per una questione di sopravvivenza personale, nel senso di riduzione del tempo passato al computer. Non abituatevi troppo al format di questo primo episodio, in cui sono riuscito a entrare sin troppo nei dettagli di ogni singolo fumetto, perché come suggerisce il titolo Misunderstanding Comics sarà caratterizzata da giudizi lapidari, lodi sperticate e incomprensibili stroncature.
NOTA: Alcuni dei fumetti di cui scrivo potrebbero essere in vendita presso il negozio on line di Just Indie Comics che gestisco personalmente. In questo caso il link sul nome del fumetto vi porterà direttamente alla relativa pagina del negozio. Potrei dirvi che nonostante ciò il mio giudizio rimane obiettivo, se non fosse che non credo nel concetto di obiettività. Comunque vi assicuro che non sono qui per farmi pubblicità o arricchirmi, anzi… Buona lettura.
Inauguriamo questa rubrica con tre fumetti di Michael DeForge. Dressing è una raccolta sullo stile di Very Casual del 2013, pubblicata sempre da Koyama Press e che mette insieme una serie di fumetti disomogenei dal punto di vista stilistico e in alcuni casi apparentemente estemporanei. Tuttavia lette una dopo l’altra le storie di Dressing restituiscono l’idea di un corpus compatto, con tematiche ricorrenti della poetica di DeForge, come i mutamenti di identità e di sesso, la satira del mondo delle corporation, l’impossibilità di definire la realtà contemporanea attraverso il linguaggio, l’orrore che si nasconde dietro la patina della normalità. Il tutto con il solito approccio astratto, che rifiuta il realismo per ricondurre le vicende narrate alla loro essenza pura e semplice. Quello di DeForge non è tanto un lavoro sui personaggi – spesso semplici comparse disorientate e rassegnate – ma sui temi, in cui ogni tentazione didascalica è abilmente stemperata dall’uso di una ironia cruda ma che in episodi come Wet Animals diventa anche irresistibilmente divertente. C’è poi ovviamente il lavoro stilistico, che si segnala in episodi come Elves e My Interesting Mother, One Billion Times per l’ardita costruzione della pagina, oltreché per la rinuncia al digitale e il ritorno al tavolo da disegno in un paio di episodi.
Gli stessi argomenti e lo stesso approccio delle short stories di Dressing tornano in Lose #7, pubblicato sempre da Koyama, e in On Topics, che invece segna l’esordio di DeForge per l’inglese Breakdown Press. In particolare Movie Star, la storia principale del settimo numero di Lose, sembra sviluppare l’idea della Redundancies contenuta in Dressing, indagando la strana relazione tra due fratelli. L’eco di un altro canadese, David Cronenberg, aleggia nel progressivo sviluppo di una relazione simbiotica alla Inseparabili, ma l’atmosfera algida e il gusto per il paradosso ricordano piuttosto alcuni narratori contemporanei (mi viene in mente George Saunders). Forse non è al livello della Me As A Baby contenuta nel numero precedente di Lose, ma Movie Star è una prova comunque di altissimo livello. On Topics raccoglie invece due brevi fumetti realizzati per la piattaforma Patreon e inviati dall’autore canadese ai suoi sostenitori. Riuscitissimo il primo, About Kissing, una sorta di Genesi in versione anale, dato che secondo la teoria di DeForge in principio c’erano i culi, poi nacquero le bocche, che in realtà erano soltanto dei culi deformi in cerca di altri culi per inghiottire i colpi altrui. Dal conflitto tra bocche, culi e quant’altro ecco che si originarono i baci. Chiaro, no? Vabbè, in realtà sono io che non riesco a rendere l’idea, vi assicuro che la storia, per quanto assurda, è di una logica disarmante. Più debole invece il secondo fumetto dell’albo, Regarding Quicksand, a proposito di un uomo sottoposto a ogni genere di tortura mentre affonda nelle sabbie mobili.
Infinite Bowman è la raccolta definitiva della saga dell’astronauta David Bowman, celeberrimo protagonista di 2001 Odissea nello Spazio scelto dallo statunitense Pat Aulisio come eroe di una serie di mini-comics, qui ristampati da Hic & Hoc con l’aggiunta di 75 pagine inedite. Aulisio è uno degli animatori su quel social network chiamato Facebook (non so se avete presente) di un gruppo chiamato Fort Kirby, che associa i fan del Re con quelli di Fort Thunder. Ebbene, Infinite Bowman potrebbe essere il manifesto programmatico di questa fantasmagorica ibridazione, dato che le vicissitudini kirbyane del protagonista – tra macchine spaziali e divinità celestiali – sono rese con uno stile selvaggio ma che non rinuncia mai all’amore per il dettaglio e soprattutto per lo storytelling. Insomma, per chi la conosce siamo dalle parti di Mickey Zacchilli, altra cartoonist statunitense bravissima nel restituire l’impressione di caos controllato. Impossibile poi non accennare alle trovate ironiche e a tratti trash dell’autore. Per farvi un’idea oltre all’immancabile Monolite di 2001 qui trovate anche cavalli con la testa di Garfield, Bart Simpson, l’origine dell’air-guitar e per finire un incontro di wrestling che deciderà le sorti dello sconto tra il Nostro e Satana in persona. Se avessi un bollino “Consigliato da Just Indie Comics” lo appiccicherei sulla copertina di questo libro.
Discorso diverso per il nuovo Optic Nerve, che ormai tanto nuovo non è, dato che è uscita proprio in questi giorni per Drawn & Quarterly Killing and Dying, raccolta degli ultimi tre numeri della serie di Adrian Tomine, che prende il nome proprio dalla storia principale di questo quattordicesimo numero. Il comic book segue la struttura dei precedenti, di cui ho già parlato in questo articolo per Fumettologica: un fumetto più lungo in apertura, in cui l’autore cerca nuove modalità espressive rispetto al passato, uno più breve che ricorda i racconti degli esordi, una tavola autobiografica in cui si parla di processo creativo, idiosincrasia per la tecnologia e vicende familiari. A mio parere Tomine sta sempre più mostrando la corda e questo numero di Optic Nerve è il più debole di sempre. La descrizione di personaggi mediocri e spesso disprezzabili aveva già raggiunto il culmine nella storyline Shortcomings e non capisco sinceramente che senso abbia continuare su questa linea, soprattutto se racconti come il precedente Go Owls e questo Killing and Dying manifestano una fastidiosa sensazione di superiorità dell’autore nei confronti delle persone e delle vicende narrate. Tanto più che questa totale mancanza di empatia tra autore e personaggi non è compensata né dalle situazioni ironiche (malriuscite) né da particolari innovazioni stilistiche (il tratto tende infatti a un preoccupante manierismo). Anche la storiella autobiografica suona trita e già letta. Alla fine si salva soltanto Intruders, storia di 8 pagine dedicata a Yoshihiro Tatsumi che ci riporta ai tempi in cui Tomine scriveva e disegnava bei fumetti. Oggi si trova nel bel mezzo di un preoccupante processo di involuzione, e per me che l’ho sempre apprezzato è davvero un peccato.
Rimaniamo al formato comic book e arriviamo così al terzo numero di Felony Comics, antologia “criminale” pubblicata dalla Negative Pleasure e il cui primo numero era finito tra i miei fumetti preferiti del 2014. L’editor Harris Smith si sta facendo sempre più strada all’interno della sua creatura, dato che scrive ben due dei fumetti qui presenti. Particolarmente riuscita la collaborazione di The Flash Flight of the Red Swan con Pete Toms, ospite fisso della serie, di cui Smith riprende gli stilemi espressivi, realizzando un processo di immedesimazione che riflette le tematiche delle storie. Le vicende di un ladro trasformista diventano l’occasione per trattare il tema dell’identità in maniera gustosamente straniante, grazie anche a un tratto pulito e alla griglia rigida scelta per la composizione delle tavole. In questo numero troviamo anche la prosecuzione di Poor Little Dum Dum, scritta da Smith con disegni di Thomas Slattery, il punk color neon di Mrsa & Billy di Ben Passmore (immagine in alto) e soprattutto Resistance & Existence di Brigid Deacon, artista inglese che sviluppa il tema del crimine in chiave politica e filosofica, dando forma a quattro pagine di alto livello. Felony Comics è un’antologia mai banale, che merita sempre attenzione. Mentre scrivo queste righe è già alle stampe il quarto numero, che potete preordinare qui. E se non volete sobbarcarvi i costi di spedizione dagli USA ma siete curiosi di dare un’occhiata a questo bel progetto, l’antologia è disponibile anche in digitale e a un prezzo ragionevolissimo su Comixology.
Chiudo questa ampia rassegna sulle frontiere del fumetto contemporaneo con la segnalazione di un albo italiano uscito qualche mese fa. Si tratta de Il porto delle anime di Stefano Alghisi, pubblicato dall’ottima casa editrice bresciana Mal Edizioni, il cui catalogo si distingue per scelte mai banali. Cito per esempio i titoli dedicati all’interessantissima scena portoghese (Airbag e altre storie di Pedro Burgos e Tu sei la donna della mia vita, lei la donna dei miei sogni del duo Pedro Brito-João Fazenda) ma anche Emilia, una bella raccolta di storie brevi del modenese Fabio Bonetti. Il porto delle anime è un libro biografico in cui Alghisi racconta a modo suo le storie di tre famose band rock’n’roll degli anni ’80, i Cramps di Lux Interior e Poison Ivy, i Gun Club di Jeffrey Lee Pierce, i Birthday Party del primo Nick Cave. La bella introduzione dell’esperto Luca Frazzi ci ricorda come Alghisi illustrasse il rock’n’roll più sporco e disturbante sin dai tempi della gloriosa rivista Bassa Fedeltà, che dovrei avere ancora da qualche parte nella soffitta di casa dei miei. Le pagine seguenti ci fanno invece vedere il tratto di un artista talentuoso e maturo, dotato di un tratto corposo che non sfigurerebbe accanto a qualche grande maestro dell’underground americano. In appendice al volume c’è anche la storia di un outsider, Sigfrido Mantovani, venditore di lamette da barba e cantastorie. Da recuperare.