Il CAKE (Chicago Alternative Comics Expo) è uno dei principali festival statunitensi dedicati al fumetto alternativo, indipendente, underground e che dir si voglia. Ne avevo già parlato da queste parti, con report e foto dalle edizioni 2015 e 2016 e un’intervista agli organizzatori, ma quest’anno sono invece andato lì di persona per vedere se era tutto vero. Con un po’ di ritardo, visto che il festival si è svolto sabato 2 e domenica 3 giugno scorsi, vi riporto un po’ di foto e impressioni della mia esperienza, con qualche nota sui fumetti comprati tra i tavoli del Center On Halsted, la comunità LGBTQ situata nel quartiere Boystown che ospita la manifestazione.
Il CAKE ha la tipica conformazione dei festival di fumetto americani, una grande sala in cui vengono disposti i tavoli messi a disposizione di case editrici, small press, collettivi e autori. L’ingresso è gratuito per i visitatori, mentre gli espositori pagano lo spazio. L’atmosfera è rilassata, spesso festosa, gli autori sono a diretto contatto con il pubblico senza sentire la necessità di darsi un tono. Dentro si trova di tutto, dall’area Fantagraphics con ospiti i vari Jim Woodring, Ivan Brunetti ed Emil Ferris (qui sotto in foto) al giovane cartoonist che ha iniziato a fare fumetti 6 mesi fa, passando per l’ospite d’onore Eddie Campbell, che ho visto ma non fotografato (presentava Bizarre Romance, realizzato con la moglie Audrey Niffenegger). Il livello medio è elevatissimo, i tavoli sono occupati in larghissima parte da fumetti anche se non mancano stampe, magliette, albi illustrati, fanzine fotografiche, esperimenti pop-up e quant’altro. Anche la cura delle edizioni è notevole e tra le varie tecniche domina di gran lunga la stampa in risograph.
Oltre a Fantagraphics, tra le case editrici maggiori del Nord America c’era al CAKE anche una rappresentanza Koyama Press, con alcuni titoli più recenti come A Western World di Michael DeForge, Soft X-Ray/Mindhunters di A. Degen e Winter’s Cosmos di Michael Comeau. Mancava invece la Drawn & Quarterly, anche se Nick Drnaso – conosciuto in Italia per Beverly pubblicato da Coconino – non si è lasciato sfuggire la possibilità di presentare e firmare nella sua città il nuovo Sabrina, così voluminoso che non sono ancora riuscito a leggerlo.
Tappa obbligata il tavolo della Domino Books di Austin English, che al CAKE portava il primo numero di But is it… Comic Aht?, rivista di critica fumettistica e non solo contenente tra le altre cose una lunga intervista a Megan Kelso, un reportage di Inés Estrada sulla scena messicana e un articolo di Matthew Thurber: per me assolutamente da non perdere, vista anche la difficoltà di trovare in giro al giorno d’oggi un magazine old school. Tra i titoli della distro Domino, che trovate elencati e illustrati qui, segnalo invece una nutrita selezione di fumetti recenti di Steve Ditko, il nuovo numero di Cosmic Be-Ing di Alex Graham e l’ultimo fumetto dello stesso English, The Enemy From Within edito da Sonatina, una riflessione su un tema più che una storia, decostruzione in immagini e parole dell’idea classica di fumetto. E a proposito di riflessioni e digressioni, altra chicca era la ristampa di Five Perennial Virtues #2 di David Tea, misconosciuto cartoonist (o pseudonimo?) che con questo albo spillato in bianco e nero utilizza disegno abbozzato, fotografie, pattern e intere pagine di testo per parlare di giardinaggio, numismatica e altro ancora. Davvero una delle cose migliori lette negli ultimi tempi, se vi piace il genere (anche se non saprei ben dire che genere è).
Altro must era Grip #1 di Lale Westvind, albo brossurato edito da Perfectly Acceptable di Chicago, 68 pagine senza testo stampate in risograph utilizzando blu, rosso e giallo. Il terreno è quello già tracciato da Hax, pubblicato qualche tempo fa per Breakdown, anche se la storia è qui lineare, con le origini di una moderna supereroina che dopo un inspiegabile incidente acquisisce la capacità di manipolare tutto con le proprie mani. Dopo tavole di assoluta meraviglia grafica e ipercinetismo, la nostra si lancia in un viaggio aereo che la porta in una foresta ricca di colori psichedelici, in cui – come accade spesso nei fumetti dell’autrice – la dimensione materiale lascia spazio al trascendente. Nelle due foto in basso la Westvind mentre firma la mia copia e alcune sue stampe in vendita al CAKE.
Ed eccoci così al tavolo della Spit and a Half di John Porcellino, che presentava il nuovo numero della sua serie autoprodotta King-Cat Comix, giunta alla 78esima uscita. In più la solita selezione della sua distribuzione, con i titoli di Kuš, Retrofit Comics, l’ultimo Mineshaft ecc. ecc. John è quello con il cappello, mentre vicino a lui troviamo il fumettista e musicista Zak Sally, che portava al CAKE il secondo numero del romanzo in forma di fanzine Folrath, contenente le sue avventure nei primi anni ’90, tra concerti, incontri con cartoonist, viaggi in Greyhound.
Questo qui sotto è invece Peter Faecke con le sue autoproduzioni e il materiale Hidden Fortress Press, la casa editrice di Paul Lyons nota per l’antologia Monster, che riprende l’eredità di Fort Thunder, e per la più recente Screwjob, tutta a tema wrestling. Se già avevo quasi tutti gli albi Hidden Fortress, mi sono invece aggiornato sui fumetti di Peter, che rileggono in maniera originale i generi classici del fumetto americano, dalla fantascienza supereroistica di The Hand of Misery al western rifatto in chiave gay di Pardners. Il suo progetto più pazzo è però The Werewolf Hunter, albo in cui l’autore disegna da capo una serie anni ’40 aggiungendo qualche “shit” e “ass” nei testi. L’approccio complessivo è a volte dissacrante, altre rispettoso ma sempre e comunque ok.
La 2d Cloud proponeva invece tutte le novità già presentate al Toronto Comic Art Festival a maggio, ancora esclusive americane dato che la distribuzione in Europa avverrà solo nei prossimi mesi. Tra queste segnalo Lost in the Fun Zone, ritorno al fumetto di Leif Goldberg, uno degli animatori di Fort Thunder nonché membro di Forcefield. Potremmo definirlo un buddy movie in forma di fumetto (buddy comic?), un romanzo picaresco sui generis o una serie di gag e giochi di parole spesso senza senso, il tutto disegnato splendidamente e messo insieme con una spontaneità tanto estrema da stordire il lettore. Forse ricorda un po’ Agony di Mark Beyer, anche se quello in confronto era un esempio di linearità. Da segnalare la malinconica introduzione a firma Brian Chippendale, piena di riferimenti alla scena di Providence. Altra novità 2d Cloud è Nocturne di Tara Booth, che insieme alla Westvind sta dando davvero dignità al genere fumetto muto, riuscendo come pochi altri a “raccontare con le immagini”. La Booth fa parte di quei fumettisti (un altro che mi viene in mente è Simon Hanselmann) che sembrano fare sempre la stessa cosa e invece no, riescono a stupirti ogni volta, anche se forse stanno veramente facendo la stessa cosa. O no? L’atmosfera appunto notturna comporta la netta predominanza dei toni del blu, resi con colori a tempera gouache, marchio di fabbrica della cartoonist statunitense. Sono solo 64 pagine ma confezionate in un bel cartonato.
Altra novità 2d Cloud era lo spillato It Felt Like Nothing di Fifi Martinez, artista debuttante (a destra nella foto qui sotto) che aveva anche un suo spazio insieme a Carta Monir (a sinistra). Carta è il 50% (insieme a Carolyn Nowak) di Diskette Press, minuscola etichetta che per il CAKE ha fatto uscire It’s You, Beautiful and Sad della stessa Fifi, un bell’albetto in bianco e blu in cui la giovane autrice tenta di descrivere le dinamiche di un rapporto ricorrendo a linee astratte dove la razionalità non riesce ad arrivare. Breve ma intenso.
Di seguito un po’ di foto varie scattate durante la giornata di sabato 2 giugno.
Si potrebbe continuare a scrivere a lungo del CAKE, da dove ho portato in Italia anche altri bei fumetti oltre a quelli appena citati, come Blammo #10, nuovo fittissimo numero dell’antologia personale di Noah Van Sciver, Blue Onion #1, altro spillato di Chris Cilla per Revival House Press dopo Labyrinthectomy/Luncheonette (ne avevo parlato qui), Dead Flame di Chloë Perkis, mini-comic sperimentale, viscerale, a tratti horror per come deforma i volti, i capelli e anche i sentimenti della protagonista. Sicuramente dimentico e ometto molte altre cose, per esempio gli incontri con gli autori, che non ho visto nonostante un programma ben articolato. Ma sono stato al festival soltanto un giorno, sabato 2 giugno, mentre ho utilizzato la domenica per vedere altro, dato che Chicago è una città piena di punti d’interesse, con l’Art Institute, il museo di outsider art Intuit, la Roger Brown Study Collection, per non parlare di Quimby’s, delle librerie dell’usato, dei negozi di dischi… Ma questa è un’altra storia.
Le foto del CAKE sono di Serena Dovì