JICBC pt. 2: “Angloid” di Alex Graham
Dopo una prima spedizione che faceva della varietà il suo piatto forte grazie a un’antologia come š! #33, per il secondo lotto del Just Indie Comics Buyers Club, in partenza in questi giorni, ho deciso di optare per un fumetto ben più difficile e spigoloso, sulla scorta di quanto già successo negli anni precedenti con The Social Discipline Reader di Ian Sundahl e Book of Daze di E.A. Bethea. Per osare ancora di più non mi sono limitato a scegliere un semplice albo ma, senza badare a spese, un volume di 160 pagine, per me uno dei fumetti più interessanti letti negli ultimi anni. Sto parlando di Angloid di Alex Graham, cartoonist conosciuta per l’antologia autoprodotta Cosmic Be-Ing, da dove proviene appunto la storia in questione, una lunga e articolata narrazione caratterizzata da pagine fittissime, piene di dettagliate vignette e intensi dialoghi. La stessa Graham si era auto-pubblicata la prima versione in volume di Angloid, che poi è uscito anche in veste “ufficiale” nel 2018 per l’etichetta Kilgore Books di Denver, nota ai più per dare alle stampe l’antologia Blammo di Noah Van Sciver.
Angloid è un libro profondo, che viene da dentro, nato da un’autrice ai massimi della sua ispirazione. Mi ha ricordato, fatte presenti le debite differenze e proporzioni, Agony di Mark Beyer, ma forse è più che altro perché iniziano entrambi con la A. Con Beyer la Graham condivide di certo il suo essere evidentemente off, proponendo un cartooning tutto suo, apparentemente poco o per niente meditato ma che appare pagina dopo pagina perfetto, equilibrato, denso seppur ironico, poco pretenzioso, persino umile. La densità è ciò che più colpisce in Angloid, il suo aspetto crudo fatto di un minuzioso quanto scombinato tratteggio incrociato, le sue pagine dense di vignette e di testo che rimandano alla tradizione underground di antologie post-Sixties come Wimmen’s Comix e che niente fanno per facilitare il compito del lettore, stordendolo piuttosto con idee, contenuti, spunti a non finire. Eppure, dopo essersi sintonizzati sulle giuste frequenze, non ci si può certo stancare, anzi, vi verrà voglia quasi di ricominciare da capo, in crisi di astinenza come quando si abbandonano i personaggi di una serie tv.
La storia, dai contorni autobiografici, è ambientata nel 1993 e racconta le avventure di Angela, una ragazza androgina che si fa chiamare Angloid e che nelle prime pagine tiene nascosta la sua femminilità tanto da lasciar qualche dubbio anche al lettore. Angloid è un’artista, ovviamente incompresa, incapace di sbarcare il lunario con i suoi quadri esposti in una misconosciuta galleria della città. Per continuare a pagare l’affitto dovrà scendere a patti con se stessa e ritrasformarsi appunto in Angela, perché solo indossando panni femminili riuscirà a trovare lavoro in un bar. La vicenda non è però così semplice quanto sembra, perché dietro di lei si muovono degli essere alieni che la controllano dall’alto della loro astronave (i cosmic be-ing appunto), talvolta scendendo tra noi per aiutarla e favorirla.
Le diverse situazioni in cui Angloid/Angela si ritrova vanno dal realistico al paradossale, dal quotidiano al fantascientifico, dal comico al drammatico, delineando una figura ai limiti ma in cui è anche facile ritrovarsi. E sicuramente ci si sarà ritrovata l’autrice, che oltre a essere fumettista è anche pittrice. Come la Graham, come tutti noi anzi, la protagonista sogna di fare qualcosa di bello della propria vita ma ha troppi ostacoli davanti a sé, tanto da rimanere spesso impotente. La difficoltà di riuscire a vivere della propria arte è senz’altro uno dei temi della vicenda, ma un altro ugualmente importante è la sessualità e in particolare come essa viene vista dagli altri, tanto che le relazioni sociali di Angela e il suo destino lavorativo sembrano legati soltanto al suo look e ai suoi comportamenti, che devono essere sempre regolati, mai troppo fuori dal comune. Angloid è in sostanza un grido di libertà, un fumetto che pur nella sua stramberia e a volte nel suo pessimismo riesce a dare speranza e fa venire voglia di volare, metaforicamente e non solo. Ma forse sto anticipando un po’ troppo, quindi meglio fermarmi qui e augurarvi buona lettura.