Graham, Bethea, Tea e… Comic Aht?

Sono già disponibili da qualche giorno nel webshop tre nuovi fumetti a firma Alex Graham, David Tea ed E.A. Bethea, autori che qualcuno di voi ha già potuto conoscere tramite il sito e la distribuzione di Just Indie Comics. In più è sbarcato anche dalle nostre parti il secondo numero di But Is It… Comic Aht?, la rivista edita da Domino Books e curata da Austin English e August Lipp. Dato che si tratta senz’altro di materiale poco convenzionale, ho deciso di presentarli e contestualizzarli brevemente, cominciando da…

This Never Happened #1 & 2 – Trattasi del nuovo fumetto di Alex Graham, che gli abbonati 2019 al Just Indie Comics Buyers Club ricorderanno per lo splendido (almeno secondo i miei parametri) volume Angloid. Da allora la Graham ci ha regalato un altro piccolo gioiello come lo spillato autoconclusivo Going to Heaven e si è appunto pubblicata per conto proprio le prime due parti di This Never Happened, in cui inizia a serializzare una nuova storia lunga. Per me la cartoonist (e pittrice) di base a Seattle è una delle poche che ancora oggi sventola la bandiera del classico fumetto underground, riportando alla mente quarant’anni di storia del genere, dalle madrine di Wimmen’s Comix  al disagio urbano di Mark Beyer, il tutto mixato con un po’ di sano autobiografismo alla Gabrielle Bell. Giusto per farvi capire, il #1 inizia con la protagonista che cammina per strada mentre piove, scopre di avere di nuovo i pidocchi, perde un dente, attacca un barbone che le chiede i soldi e, mentre se la prende come nella migliore delle tradizioni con i genitori (“It’s my parents’ fault I turned out this way. They didn’t read literature”), viene scaricata via messaggio dal fidanzato.

Scopriremo poi che il suo nome è Ingus, che per campare fa la barista mentre nel tempo libero si diletta come cabarettista, e la seguiremo tra casa sua e le vie di una città piena di sporcizia e povertà mentre incontra amici, affronta le inevitabili conseguenze della separazione, guarda la tv, sogna, impreca e fa smorfie di ogni tipo. Il tutto è, almeno in parte, autobiografico? Beh forse no, perché this never happened.

Forlorn Toreador – E a proposito di autrici donne e fuori dagli schemi, ecco che ritorna E.A. Bethea, un’artista di New York che se seguite il sito regolarmente non ha certo bisogno di presentazioni, dato che gli dedicai un piuttosto approfondito post sul vecchio blog (lo trovate ancora qui) e scelsi un paio di anni fa il suo Book of Daze per il Just Indie Comics Buyers Club. La Bethea non è certo facile da approcciare, soprattutto per noi “stranieri”, dato che la sua potrebbe essere definita poesia disegnata più che fumetto, ma il suo approccio unico, lirico, a volte ironico vale tutti i possibili sforzi.

Forlorn Toreador è la sua ultima autoproduzione ed è uno spillato di 48 pagine in grande formato che mostra tutti i lati della sua arte, dai classici testi illustrati alle splash page fino a intere pagine piene di testo, sempre scritto a mano nel suo inconfondibile stampatello. Se vi piacciono la poesia beat, il jazz, i vecchi film, gli speakeasy, i bassifondi oppure semplicemente camminare ubriachi per strada, questo è il “fumetto” che fa per voi.

Five Perennial Virtues #6 (Bronze Table of the Blade Masters) – Continuano le ristampe del materiale d’annata di David Tea, a cui si aggiungono nuovi contenuti “speciali”. A dire il vero qui dell’albo originale c’è ben poco, dato che solo le prime 11 delle 80 pagine di questo spillatone fotocopiato sono identiche a quelle del 2007, mentre il resto è inedito o modificato. A Tea avevo brevemente accennato nel mio report dal CAKE di Chicago, portando poi in Italia qualche copia della ristampa del #2 della sua serie Five Perennial Virtues. Chi ha già letto quell’albo sa cosa aspettarsi dunque, o forse no, dato che in questo caso la dimensione narrativa è ancora più astratta che in precedenza. Nelle prime pagine vediamo così il nostro protagonista David Tea (un giardiniere nel fumetto ma non nella vita reale, ci tiene a precisare) cercare un tavolo nel suo caffè preferito, trovarne uno che però è sporco, pulirselo da solo e quindi incontrare i suoi amici Cactus Max (un cactus appunto) e Crazy Eight, quest’ultimo definito “a dreamer & a problem solver”, dalle fattezze di una piovra con un cilindro in testa.

Da qui partono una serie di discorsi sui rifiuti, i legionari romani, i peplum e l’università del Minnesota, intervallati da illustrazioni soltanto abbozzate prima in tema e poi a caso, fino a quando il disegno puro e semplice prende il sopravvento e l’albo finisce. Ma in realtà soltanto chi si è seduto al “Bronze Table of the Blade Masters” può davvero capire quello che sto dicendo. I fumetti di David Tea sono tra i più inclassificabili che io abbia mai letto, e per me questo è un grandissimo complimento.

But Is It… Comic Aht? #2 – E a proposito di Tea, una sua intervista viene pubblicata in questo secondo numero del magazine edito da Domino Books per la cura di Austin English e August Lipp. Senz’altro una buona occasione per sapere qualcosa in più su quest’autore talmente sconosciuto e uscito dai radar da far pensare che si trattasse di uno pseudonimo. Ma non è questa l’unica gemma di una rivista ricchissima di contenuti, stampata su carta economica, con una grafica semplice e che punta tutto sul testo e sull’approfondimento. Tra una cover di Lilli Carré e una quarta di Chris Chilla troviamo altre interviste (Anna Haifisch, Julia Gfrorer, Andy Douglas Day – occhio al suo Boston Corbett, di prossima uscita per Sonatina), un bell’articolo di Bob Levin (autore di The Pirates and the MouseOutlaws, Rebels, Freethinkers & Pirates) su Johnny Craig, un approfondimento a cura di Keren Katz su Ilan Manouach, due interessantissime pagine di Tim Goodyear sui suoi mini comics preferiti del recente passato e un bel po’ di fumetti a firma E.A. Bethea, Victor Cayro, Marlene Frontera e soprattutto David King, che dedica quattro pagine di “docu-comic” al periodo Trencher di Keith Giffen. Per me imperdibile, poi fate un po’ voi.

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