Uno dei fumettisti più originali usciti dalla nuova scena di New York è Jasper Krents, che nonostante la giovane età è già impegnato a tradurre in un cartooning crudo, nervoso e a volte anche ironico ogni genere di ossessione e paranoia. Jasper non vive a Brooklyn o in qualche altro sobborgo periferico come la gran parte dei fumettisti di questa nuova scena ma a Manhattan, e lo scorso marzo l’ho incontrato a Roma, dove era di passaggio per qualche giorno. È in quell’occasione che mi ha portato un po’ di copie di Smoke Signal #42, dove appare un suo contributo, e i suoi quattro albi autoprodotti, che negli States hanno già avuto una discreta distribuzione negli abituali circuiti grazie anche alla Mystery Box di Desert Island e alla solita Domino Books.
Il primo del lotto è Magnet Head #1, dell’aprile 2023, un lavoro ancora acerbo fatto di storie brevi e disegni, classico esordio di un fumettista che sta cercando la sua strada. Tuttavia il primo racconto, di sole 4 pagine, fa già capire le coordinate su cui intende muoversi Krents, raccontandoci le terribili conseguenze di una caduta dallo skateboard avvenuta l’anno precedente, che gli ha causato continui mal di testa. Il resto è costituito da disegni che sembrano voler buttar fuori ogni genere di demoni interiori e da piccole storie che raccontano delusioni sentimentali e una persistente sensazione di disagio. È chiaro che lo stato dell’autore ha pesantemente influenzato questo fumetto, che pur se acerbo rimane una grande testimonianza di autoespressione.
Passano un paio di mesi ed ecco che arriva Dan’s Secret, questa volta in bianco, nero e giallo, cosa che potrebbe già farvi intuire qual è il segreto a cui si riferisce il titolo. La penna dell’autore si muove velocemente sulla pagina per raccontarci una storia paradossale pervasa da un’ironia malata, con una sensibilità anni ’90 che oggi non è facilissimo trovare tra le nuove generazioni di cartoonist. E’ questa probabilmente l’opera più ironica realizzata finora da Krents, in cui l’autore cerca il divertimento più che la confessione autobiografica. O almeno lo spero…
Magnet Head #2 dell’ottobre 2023 riprende l’episodio del colpo alla testa già raccontato nel #1 per collocarlo all’interno di un più ampio racconto autobiografico. I continui mal di testa costringono Krents a tenersi lontano da situazioni affollate o addirittura dalla luce del sole. Chiuso a casa, si cura con gli antidepressivi e al tempo stesso si sfoga realizzando tavole claustrofobiche di pura angoscia metropolitana. Con il passare delle pagine la condizione mentale dell’autore migliora e con essa cambia anche il suo stile: le splash page diventano colorate e ariose, conducendoci per mano verso un finale di speranza. Il processo creativo muta di pari passo con la condizione dell’autore, come se fossimo davanti a un romanzo di formazione umano e al tempo stesso artistico. Ricco di soluzioni diverse tanto da risultare stilisticamente schizofrenico, Magnet Head #2 è in realtà un grande esempio di arte come terapia.
È con Opal and Earl del febbraio 2024 che il cartooning di Krents diventa definitivamente maturo. L’espressionismo selvaggio delle prove precedenti lascia spazio a soluzioni più equilibrate e consapevoli, che dal punto di vista formale si traducono in una notevole riduzione delle splash page a favore di pagine costruite su vignette irregolari ma del tutto funzionali. Per quanto riguarda i contenuti, l’albo sviluppa quanto fatto in precedenza dall’autore, inserendosi in un processo di crescita già in grado di creare un corpus di opere perfettamente coerenti. La dimensione è sempre quella del paradosso e dell’ossessione, come già in Dan’s Secret, mentre la trama sembra prendere spunto dalla delusione amorosa brevemente raccontata in Magnet Head #1. Protagonisti sono due ex compagni delle elementari che si incontrano di nuovo 40 anni dopo. Lui, Earl, è ancora ossessionato da lei, Opal, tanto che l’unico quadro che ha in casa è una foto di classe e l’unico libro è l’annuario scolastico. La gioia dell’incontro iniziale diventa pian piano inquietudine quando si comincia a intuire lo stato psicotico di Earl. Il finale non lascia spazio a letture univoche o a facili giudizi morali, confermando la spontaneità e l’originalità del giovane autore newyorkese.