“Fobo” di Gabriel Delmas

di Weedzie Kalashnicock
Fobo è una metafora della follia dell’amore, una canzone sullo squilibrio chimico, un poema per tutti coloro che cercano e un lamento per coloro che trovano. In sintesi, un’allucinazione metafisica.
E’ anche il divertente racconto di uno spermatozoo che, come tutti gli spermatozoi prima di lui, ha assolutamente bisogno di trovare un uovo per assicurarsi un posto nell’eternità. Ma, mentre tenta di compiere il suo destino, diventa ossessionato da qualcos’altro. Ciò che vuole veramente è penetrare il cuore dell’universo. E questo desiderio lo porta a inseguire ogni barlume, ogni bagliore, ogni buco nero, ogni punto lontano, fino a dove e fino a quando riesce a farlo.
All’inizio è pieno di speranza. Riesce ad attraversare ogni paesaggio immaginabile. Incontra la donna con un occhio solo, la insegue, gioca con lei. E’ aiutato da una vegetazione amichevole, i cui tentacoli ricurvi lo salvano quando pensava che stessero per strangolarlo. Viene mangiato da strane creature fluttuanti con i ventri rigonfi e i volti sorridenti, un po’ stupide ma anche affettuose, che in realtà non vogliono fargli del male, dato che lo portano verso nuovi e ancor più stimolanti territori. E’ costretto a fermarsi, incapace di proseguire, ma poi riprende la sua corsa. Riesce a prevenire ogni catastrofe e a muoversi sempre più avanti nella sua ricerca. Le sue avventure sono spaventose e divertenti. Sembra essere (e comincia a credersi) invincibile. Diventa il capo di alcune creature che incontra lungo la strada. E’ così euforico da sentirsi onnipotente, sembra che non ci sia niente che non possa fare.
Fobo si sente tutt’uno con l’universo e con le creature intorno a lui. Sembra che tutti facciano il tifo per lui. Si sente coccolato.
Ma cosa sta succedendo? E’ vero che sono tutti dalla parte di Fobo? Ogni creatura lo porta più vicino, ma a cosa? Tutto ciò è amore o un inganno? Dove si trova?
Fobo guarda le cose sotto un’altra luce. Ciò che sembra essere una cosa, subito dopo comincia a sembrarne un’altra. Ogni volta che Fobo emerge da una cavità, ne trova un’altra e un’altra ancora. E sono le cavità a guardare Fobo, non il contrario. Ne può penetrare una ma ce n’è sempre un’altra dietro l’angolo. Sia che guardi giù o su, che entri o che esca, non è mai dall’altra parte. E’ imprigionato, proprio come tutti gli altri esseri in questo labirinto umido e oscuro.
E’ forse un clone? O un drone? Pensava di essere migliore! Diverso! Che cos’è?
Prima Fobo trovava tutto eccitante, folle e misterioso mentre ora pensa: “Devo essere provocato e stimolato in eterno? Riuscirò mai a penetrare il mistero che sto cercando di comprendere? Devo essere preso in giro per il resto dei miei giorni, e tutto il mio tempo, tutti i miei sforzi non serviranno a niente?”
Questa non è la storia di una razza che cerca di sopravvivere, e neppure la storia di una selvaggia lotta per essere il miglior spermatozoo dell’universo. E’ la storia della disillusione del vincitore. La sua sofferenza è esistenziale.
La verità è che Fobo ha una pistola sempre carica ma può sparare soltanto a salve, per l’eternità.
Questa è la storia dell’Orrore.
Un’intervista al Professor Bad Trip

Colgo l’occasione della mostra A Saucerful of Colours, personale dedicata al Professor Bad Trip dalla Tekè Gallery di Carrara, per recuperare una vecchia intervista realizzata al Prof dal sottoscritto e da Giuseppe Marano e pubblicata nel marzo 1995 su Underground #5. Incontrammo Bad Trip (vero nome Gianluca Lerici) in occasione di diverse edizioni di Lucca Comics, sulle gradinate del Palazzetto dello Sport, dove allora ci si metteva a vendere le fanzine, nonostante i continui inviti da parte dell’organizzazione a togliere il disturbo. Gianluca ci consentì di utilizzare un suo disegno per la copertina di Underground #5, che si apriva proprio con un’intervista realizzata via posta e montata a collage sullo sfondo dell’arte del Prof, come potete vedere dalle foto che accompagnano l’articolo. Sicuramente non sarà esaustiva come l’intervista realizzata da Vittore Baroni per l’Almanacco Apocalittico di Mondadori e ristampata in versione integrale proprio nel catalogo di A Saucerful of Colours, ma spero che sia comunque l’occasione per recuperare un contenuto oscuro e a suo modo utile per inquadrare uno dei più importanti artisti dell’underground italiano, scomparso a soli 43 anni il 25 novembre 2006. E a questo proposito vi raccomando di visitare la mostra della Tekè, che sarà aperta fino al prossimo 30 luglio il martedì e il mercoledì dalle 17 alle 20, dal giovedì alla domenica dalle 18 alle 24. Per il momento, buona lettura.
Professor Bad Trip: raccontaci vita opere e miracoli in una autobiografia completa.
Il Professor Bad Trip nasce a La Spezia il 21-5-63. Per tutti gli anni ’80 è conosciuto in zona come “Gianluca Punk”. E’ stato:
– DJ a Radio Popolare Alternativa (La Spezia, 79/83)
– cantante del gruppo hardcore “The Holocaust”
– denunciato per: occupazione, danneggiamento, corteo non autorizzato, resistenza a pubblico ufficiale (2 volte!), oltraggio a pubblico ufficiale, violenza a pubblico ufficiale (per un totale di 7 denunce più 4 giorni di prigione)
– diplomato all’Accademia di belle arti di scultura a Carrara.
Influenze, ispirazioni, aspirazioni?
Influenze grafiche: Stefano Tamburini, Robert Crumb, Joe Coleman, Paul Mavrides, Robert Williams, Basil Wolverton, Ed Big Daddy Roth, Matteo Guarnaccia, C.Burns, F.Masereel, D.Kitchen, Rick Griffin, Raymond Pettibon, W.Smith, ecc.
Ispirazioni (per via mentale, orale, polmonare o acustica): hashish, Max Stirner, Karl Marx, LSD, William Burroughs, George Orwell, Aldous Huxley, marijuana, The Germs, Ballard, Kropotkin, Fear, Hakim Bey, Bob Dobbs, Jerry Rubin, Timothy Leary, Robert Anton Wilson, Crass, Stanley Kubrick, David Cronenberg, ecc.
Aspirazioni: segrete (basta denunce!)
BAD TRIP COMIX è un po’ il manifesto del nuovo underground italiano, non credi?
Fumetto underground italiano:
– prima generazione (i babbi): Max Capa, Matteo Guarnaccia e Stefano Tamburini
– seconda generazione (il figlio unico): Prof. Bad Trip
– terza generazione (i nipoti): ??? (niente di niente, boh?)
Il tuo incontro con Matteo Guarnaccia ha dato vita a DOUBLE DOSE COMIX (inspiegabilmente stroncato dal “Manifesto”): come è nata la cosa?
Matteo è il mio babbo, quindi è stato un incontro fisiologico. “Il Manifesto” ha stroncato DOUBLE DOSE COMIX perché Thomas Martinelli (autore del pezzo) “non riesce a seguirmi” (sue parole a Lucca); in realtà di fumetti underground non capisce nulla (non ha la cultura necessaria). “Il Manifesto” rimane comunque l’unica fanzine leggibile tra tutta la merda che esce in edicola.
“Il Pasto Nudo”, Burroughs e l’underground: come è nata la decisione di realizzare un adattamento del libro, e che ruolo ha Uncle Bill nella tua formazione?
William Burroughs è una pietra miliare delle controculture; ha influenzato dal beat al punk all’industrial culture: è uno che ha visto nel futuro!!
Fare IL PASTO NUDO a fumetti è stata un’idea di Gomma di Shake e, al di là di giudizi formali-estetici-culturali-ecc. mi preme sottolineare due necessità soddisfatte:
1) anticipare tutti i merdoni postmoderni italiani da edicola che volevano l’esclusiva su una cultura che non gli apparteneva.
2) parlare di eroina e anni ’80 in una maniera il più “trasversale” possibile.
Ti è piaciuto “Il Pasto Nudo” di Cronenberg? E, più in generale, che impatto hanno su di te i film del regista canadese?
Amo Cronenberg – è, insieme a Kubrick, il mio regista preferito. Mi è piaciuto anche “Il Pasto Nudo”, tenendo a mente che da un libro simile si potevano fare 20 films e 30 fumetti diversi.
Come vedi l’attuale scena post-underground americana?
La scena americana è grandiosa, i disegnatori underground finiscono nei musei e sono considerati “gli artisti”. Succederà anche qua con 10 anni di ritardo, come al solito.
DECODER e la Shake sono un’esperienza fondamentale per la stampa underground, non credi?
Sono fondamentali per la scena italiana (nel mondo ci sono centinaia di case editrici simili): hanno il pregio di essere una cooperativa e di dare del lavoro a un sacco di fratelli e sorelle e di tradurre e pubblicare in italiano cibo per la mente di difficile reperibilità e/o traducibilità.
Cos’è per te il cyberpunk?
Cyberpunk è un’attitudine oltreché uno stile di scrittura. Burroughs, Ballard e Dick sono cyberpunk ante-litteram. Ma anche l’uso della fotocopiatrice, dei computer, ecc., da parte dei movimenti è cyberpunk. L’idea ribaltata di tecnologia solo al servizio del potere, di pochi tecnocrati, ecc. è la sfida del cyberpunk.
Che ci dici della collaborazione con i Meathead?
Mi hanno contattato per i miei disegni. Ho ascoltato il loro nuovo CD e mi è piaciuto molto; ci siamo conosciuti e continuiamo a piacerci e collaboreremo ancora in futuro.
La tua visione della psichedelia…
Questa domanda meriterebbe 10 pagine di risposta, quindi la salto!
Bad Trip e i centri sociali, dal Leonka al Forte Prenestino: che opinioni hai sui diversi CSOA in cui hai operato?
I centri sociali sono gli unici spazi culturali gestiti dal basso e orizzontalmente: non se ne può che parlar bene, al di là delle croniche lacune, miserie e guerre tra bande. Forte Prenestino è il massimo, è grandissimo, e i romani sono più rilassati e meno tesi dei milanesi. Spero si tenga lì il grande Free Festival+Rave del 2000!
Parliamo un po’ di Bob Dobbs e della Church of Subgenius…
Ne avete già parlato, quindi sapete di cosa si tratta; vi segnalo solo l’uscita mondiale di REVELATION X (nella quale sono presente – unico italiano, sigh – con 2 disegni). E’ la risposta agnostica, libertaria e patafisica a tutti i fondamentalismi.
Tra le tue innumerevoli attività c’è anche la mail-art: parliamo un po’ di questo movimento…
Con l’avvento delle reti telematiche la mail art è destinata alla morte. Per quanto mi riguarda ho smesso da anni di rispondere a tutti (per questioni economiche). E’ stato un utile strumento di scambio di idee, fanzines, ecc., che continuo a coltivare solo con chi mi interessa particolarmente.
“Hotel Massilia” di Emidio Clementi e Maurizio Lacavalla

di Serena Di Virgilio
Hotel Massilia è un racconto scritto da Emidio Clementi (frontman dei Massimo Volume, poeta e scrittore) e illustrato da Maurizio Lacavalla. È un libro spillato di 48 pagine a colori di formato quadrato autoprodotto da Sciame, un collettivo di studenti del corso di fumetto e illustrazione dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove Clementi insegna.
Hotel Massilia è stato presentato a Bologna con una mostra delle illustrazioni di Lacavalla presso la galleria Adiacenze e con un reading di Clementi presso la libreria Modo Infoshop.
Un complesso musicale attraversa la Spagna in autobus per arrivare in una città di mare in cui si parla francese. Dopo un primo albergo troppo ordinario si sistema al Massilia. Qui una stanza viene adibita a studio di registrazione, dove i tre amici cercheranno di mettere insieme il loro album, con poca convinzione.
La storia è sostanzialmente autobiografica e parla della sofferta genesi dell’album Stanza 218 di El Muniria, progetto di Clementi dopo il (temporaneo) scioglimento dei Massimo Volume.
La città è Tangeri in Marocco, e l’albergo è quello in cui William Burroughs scrisse Il pasto nudo, e il gruppo si era recato lì in cerca di ispirazione.
Fornito di testo e qualche foto del viaggio, Lacavalla fa del luogo il protagonista delle sue illustrazioni, ricreandolo ispirandosi ad un’altra città del Mediterraneo: la sua Barletta di palme, parcheggi, piscine e spiagge.
L’occhio si fissa poco su persone, avvenimenti ed emozioni; guarda la città e le stanze dall’alto, oppure si avvicina ai particolari degli oggetti. Le forme, di tetti e strade o chitarre e tastiere, sinuose e squadrate, stanno le une vicine alle altre come in un dipinto astratto o una foto aerea.
Alternato al bianco e nero, l’azzurro intenso fa da linea guida, dall’autobus ai muri dell’albergo, al fazzoletto con cui uno dei membri del gruppo cerca di nascondere il bozzo che gli cresce sul collo.

Originali e bozzetti delle illustrazioni in mostra
Il testo è rado, pieno di silenzi che lasciano la pagina bianca e le immagini a prendere il sopravvento. Il tono è amaro mentre si sofferma sullo sgretolarsi della creatività e sull’insofferenza crescente. Intanto un’umanità varia s’insinua nel racconto attraverso brevi quadretti, impressioni da estranei che si passano accanto e a volte si sfiorano.

Maurizio Lacavalla ed Emidio Clementi
Sul muro dell’albergo, un cartello. Fotografato da Clementi, che ha appeso in casa sua la foto, riscritto a matita da Lacavalla che a sua volta l’ha tenuto nella sua stanza, e infine dipinto e inserito nel libro.
Le Silence
de chacun
assure le repos
de tous
Grazie a Nicola.
E’ nata Flag Press!

Forse non tutti sanno che insieme a Ratigher ho fondato una piccola casa editrice, la Flag Press, che si propone di pubblicare fumetti in un unico formato, poster orizzontali 70×100 con due pagine affiancate. Abbiamo presentato il progetto all’Arf! di Roma sabato 21 maggio e subito dopo ha debuttato il nostro sito, dove è possibile acquistare il primo poster della serie, intitolato Teoria, pratica e ancora teoria, a firma dello stesso Ratigher.
Probabilmente molti di voi avranno già notato la notizia sui vari social network, siti di informazione e soprattutto sul blog del mio socio, a cui vi rimando per leggere le cose come veramente stanno. Qui mi preme dire che il mio coinvolgimento in Flag Press nasce per volontà dello stesso Ratigher, che covava il progetto da un bel po’. Mi ricordo, anzi, che quando lo incontrai al Fumetto Festival di Lucerna del 2015, mi disse che aveva un’idea e aveva disegnato già il logo per una piccola casa editrice che avrebbe coinvolto autori internazionali e pubblicato fumetti “in un formato un po’ strano”.
Io già pensavo a cubi, scatole o telefoni ma in realtà no, si trattava di poster, come mi avrebbe rivelato qualche mese dopo invitandomi a diventare la sua spalla nell’impresa (a proposito non provate a fregarmi l’idea della Phone Press, fumetti a forma di telefono). Da allora abbiamo pensato bene a cosa volevamo fare con Flag Press e, al di là della scelta degli autori, la nostra idea si è concentrata sul concetto di “storia”. A tutti e due piacciono le sperimentazioni, i fumetti assurdi e a volte anche apparentemente senza senso, ma quello che qui ci preme realizzare è raccontare su un poster, far diventare narrativo un oggetto che è sempre stato principalmente figurativo, dando inoltre la possibilità agli autori di sbizzarrirsi graficamente sul formato editoriale più grande possibile. E credo che Teoria, pratica e ancora teoria di Ratigher sia veramente il “manifesto” di questa nostra idea, con una storia piena di personaggi, i dialoghi incalzanti, le piccole vignette e l’aereo gigante che viene tagliato in due dallo spazio bianco tra le tavole. Ah, sul retro del poster trovate in bianco e nero la traduzione in inglese della storia. In futuro, se il fumettista scriverà in inglese, sul retro troverete la traduzione in italiano.
Quali autori pubblicheremo con Flag Press? Innanzitutto stiamo lavorando con Ruppert&Mulot, Manuele Fior e Dash Shaw. E poi? Ai poster l’ardua sentenza!
B Comics in mostra a Studio Pilar

Se vi trovate a Roma in questo periodo, non potete perdere il dietro le quinte dei due volumi di B Comics, a cura di Maurizio Ceccato e pubblicati da Ifix nel 2014 e 2015. Il backstage, ricco di materiali, è iniziato lo scorso venerdì 10 giugno e sarà aperto dal giovedì al sabato dalle 11 alle 20 presso Studio Pilar, in via Panfilo da Castaldi 16 a Testaccio, con festa di chiusura in programma sabato 2 luglio dalle 19 alle 24.
Ho visitato la mostra e fatto un po’ di foto, che potete vedere di seguito. I due volumi di B Comics, Crack! e Gnam!, raccolgono in grande formato i lavori di artisti italiani che vengono dal mondo dell’autoproduzione o addirittura esordienti, anche se alcuni di loro si sono nel frattempo affermati pubblicando per case editrici o realizzando progetti di illustrazione di primo piano. Ceccato nella costruzione di queste antologie ha guardato soprattutto all’originalità e alla forza del segno e infatti molti degli autori di B Comics vengono dal mondo dell’illustrazione, cosa che ha comportato in molti casi un metodo di lavoro ben diverso da chi invece utilizza le strutture del fumetto tradizionale.
Guardando i lavori esposti sulle pareti dello studio e sfogliando le pagine di un ricchissimo portfolio, ciò che si nota innanzitutto è la differenza di approccio tra autori diversi. Questo backstage diventa così un’occasione per capire i mille modi in cui può nascere un fumetto. C’è chi come il duo Marco Taddei-Simone Angelini si affida a una sceneggiatura tradizionale, chi come Emanuele Giacopetti dà forma a sketch ricchi di testo, chi come Alberto Valgimigli disegna, disegna e disegna fino a scegliere per la sua storia soltanto una piccola parte del materiale realizzato. Oltre ai materiali di lavorazione ci sono ovviamente anche tanti disegni e tavole originali dei vari Spugna, Martoz, Lorenzo Mò, Elena Guidolin, Alessandro Ripane, Maurizio Lacavalla, Roberto Grossi, Manfredi Ciminale e tanti altri. Buona visione.
Chicago Alternative Comics Expo 2016

La fumettista Corinne Halbert, una degli organizzatori del CAKE 2016, si è prestata a fare da inviata per Just Indie Comics in occasione di uno dei più importanti festival alternativi del Nord America, che si è svolto a Chicago nel weekend 11-12 giugno. Potete vedere le sue foto e leggere il suo reportage, ovviamente in inglese, a questo link. Grazie a Corinne e buona lettura a voi.
Cosa è successo a Castiglione Tra le Nuvole 2016

di Serena Di Virgilio
Il festival itinerante Tra le Nuvole ha fatto tappa l’1 e 2 giugno a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, con due incontri, un laboratorio, due piccole mostre e una mostra-mercato.
Tra le Nuvole è un ciclo di eventi che da sei anni coinvolge Brescia e dintorni con incontri, corsi e laboratori, voluti e organizzati da Nadia Bordonali e Luigi Filippelli della micro casa editrice MalEdizioni. I lettori di questo blog la conosceranno sopratutto per la pubblicazione di Remi Tot in STUNT di Martoz e per la presenza in vari festival.
L’intento di Tra le nuvole è la diffusione del fumetto e dell’illustrazione, con particolare attenzione all’autoproduzione e all’editoria indipendente, attraverso i luoghi della cultura come le biblioteche comunali ma anche in librerie e centri di aggregazione, rivolgendosi non solo ai lettori ma anche agli operatori.
Quest’anno il festival è cresciuto anche grazie all’interesse di realtà pubbliche e private, tra cui il Circolo Arci Dallò e la Libreria Mutty di Castiglione delle Stiviere che hanno invitato la manifestazione a “espandersi”.
Si tratta di due realtà molto diverse (ruspante e caotica la prima, raffinata e ponderata la seconda) che hanno in comune la voglia di far cultura mettendo insieme le persone, e offrono per questo degli spazi decisamente interessanti.

In primo piano: Nicola Pezzato ed Ettore Mazza di Brace nel cortile dell’Arci Dallò
Il Circolo Arci Dallò occupa un antico stabile in una delle piazze del centro storico di Castiglione, che comprende un bel cortile ampio e piacevolmente verde e fiorito. Peccato quindi per i temporali intermittenti, che hanno costretto tutti al coperto.
La mostra-mercato comprendeva un’offerta piuttosto varia, con fumetti e libri di saggistica, autoproduzioni e volumi “da libreria di varia”, illustrazione in stampe, cataloghi e carnet, e perfino la raccolta di design di un tatuatore.
Al fianco del Centro Fumetto Andrea Pazienza, che può essere considerato quanto di più simile ad un’istituzione nel panorama del fumetto indipendente italiano, c’erano alcune nuove e promettenti realtà. Brace è un collettivo di studenti del corso di fumetto dell’Accademia di Bologna, che in pochi mesi ha già messo insieme un piccolo e interessante catalogo di racconti più o meno brevi. I milanesi Radice si confrontano tanto con l’illustrazione che con il fumetto, e hanno impreziosito la loro antologia con sovraccoperte stampate artigianalmente. Il progetto McGuffin Comics parte da studenti della Scuola Internazionale di Comics di Brescia e si è da poco concretizzato in un primo volume di “storie di genere”, In Mass Media Res.

Sara Pavan alla libreria Mutty
Mutty è un ex capannone e laboratorio artigianale meravigliosamente restaurato e riconvertito in spazio multifunzionale, che comprende una bella libreria dedicata sopratutto a volumi illustrati, con anche una selezione di autoproduzioni.
È qui che Sara Pavan ha presentato Il potere sovversivo della carta (Agenzia X, 2014, se ne era parlato qui), libro da lei curato che raccoglie interviste a protagonisti della scena dell’autoproduzione fumettistica italiana tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio degli anni Duemila. Diversi di questi autori stanno oggi pubblicando per case editrici, ma non per questo rinnegano il proprio passato. La loro notorietà e le pubblicazioni più accessibili fanno anzi da ponte per ampliare la conoscenza anche di quella che è produzione più di nicchia.
Pavan ha fatto notare come negli ultimi anni l’autopubblicazione abbia assunto una valenza diversa rispetto al passato, quando per tanti nuovi autori era l’unica strada per potersi esprimere. Oggi non è più necessariamente pubblicazione di serie B, riceve più attenzioni e anche chi è già nel mercato vi ricorre per avere maggior controllo e libertà.
Il discorso ha preso presto la forma di un’incitazione a chi ha voglia di fare, anche al di fuori del fumetto o della scrittura, perché “il tipo di energie che si mettono in campo sono le stesse” e “fanno riferimento a quelli che sono i nostri talenti e le nostre passioni individuali”.

Alessandro Formigoni e Nicola Setti
A sera, di nuovo all’Arci Dallò, c’è stato un divertente concerto di chitarra e disegni durante il quale Nicola Setti, cantautore, e Alessandro Formigoni, illustratore, si sono scambiati più volte i ruoli.
Il giorno seguente si è tornati da Mutty per il laboratorio di narrazione erotica Solo una storia di sesso condotto da Sara Pavan e Nadia Bordonali. Lo scopo era individuare modi di raccontare quella che è una parte essenziale della vita della maggior parte delle persone.
Ciascuno dei partecipanti era stato invitato a contribuire una scena erotica (da un film, un libro, un fumetto) da esaminare insieme e da cui partire per fare delle osservazioni.

Biro e Stefano Alghisi
Il laboratorio si è protratto più del previsto e ho finito con il perdermi l’incontro successivo al Dallò, ovvero Le relazioni pericolose: quando musica e fumetto… con gli autori Alghisi e Biro, di cui mi sono stati però riferiti i punti salienti.
Stefano Alghisi ha iniziato con una digressione storica sul rapporto tra musica e immagine, dalle illustrazione delle murder ballads alle copertine dei dischi, da Robert Crumb a Bonvi e Guccini, per poi passare a parlare del proprio lavoro. Oltre a produrre manifesti, in Il porto delle anime (MalEdizioni, 2015, di cui aveva scritto Gabriele) Alghisi ha raccontato a fumetti le storie di tre gruppi che hanno riscoperto le radici del rock’n’roll, a cui è legato anche per l’estetica retro-horror.
Biro, autore di Zero e Uno (MalEdizioni, 2014), ha parlato invece della sua esperienza di grafico e illustratore nel creare copertine di dischi, loghi e video musicali, e dello sforzo nel mediare tra il proprio stile e l’immaginario proprio del gruppo committente.
Su di un muro dell’Arci Dallò, purtroppo in un punto un po’ poco luminoso, erano esposte alcune belle tavole originali di Stefano Alghisi, sempre a tema musicale, tra cui il suo contributo al progetto This Is Not A Love Song.
Grazie a organizzatori e volontari del festival e degli eventi, e a Nicola.
Una giornata scorsa

Da martedì 31 maggio a sabato 4 giugno i fumettisti Serena Schinaia, Silvia Rocchi, Roberto Massó e Martín López Lam hanno “occupato” le sale dell’Accademia di Spagna a Roma per realizzare un fumetto a 8 mani, intitolato Una giornata scorsa. Utilizzando 64 piccoli segmenti, i quattro hanno dato forma a un lavoro collettivo lungo 5 metri, che è stato esposto nei giorni seguenti presso l’Accademia e che verrà pubblicato in un leporello in occasione del prossimo Crack! Festival, al Forte Prenestino di Roma dal 23 al 26 giugno. Ma lo spirito collaborativo si è sviluppato anche verso l’esterno, dato che i quattro hanno invitato i visitatori della mostra a contribuire con idee, disegni, schizzi e appendici: scopo del progetto infatti era non soltanto illustrare e raccontare ma anche mostrare la genesi di un progetto di gruppo e le dinamiche di collaborazione tra artisti di diversa estrazione. Se il lavoro di Schinaia, Rocchi, Massó e López Lam si è sviluppato in orizzontale, quello dei vari ospiti ha ampliato in verticale le idee dei quattro, dando forma a radici degli alberi, palazzi a più piani, divinità, ufo e altro ancora. Tra i vari collaboratori vi segnalo Bambi Kramer, Valerio Bindi, Luca Ralli e tanti degli artisti residenti in Accademia. Il progetto nasce infatti dalla residenza di López Lam presso l’istituto spagnolo, di cui ha già parlato su queste pagine Serena Di Virgilio a proposito dell’incontro e della mostra organizzati di recente a Bologna.
Tema di Una Giornata Scorsa è la periferia urbana come luogo di passaggio. Osservando il risultato finale, si nota comunque una dimensione narrativa preponderante, resa possibile dall’uso di una struttura predefinita su cui i quattro artisti hanno comunque avuto la libertà di improvvisare e divagare. I personaggi ricorrenti (il losco figuro incappucciato con la mazza da baseball in mano, il bambino, l’autista dell’ambulanza ecc.) danno unità alla lunga panoramica e catturano lo spettatore, impegnato a ricercarne le tracce e a partecipare attivamente a quello che essenzialmente è un gioco. Qua e là affiorano inevitabilmente i tratti di una Roma periferica, ingarbugliata, caotica, probabilmente dovuti a Schinaia e López Lam, che negli ultimi tempi hanno vissuto nella capitale. Ma a parte questo non sempre è facile capire chi ha fatto cosa, perché tutti hanno disegnato sopra gli altri, cercando di scomparire dietro a uno stile unico. Certo, magari si riconoscono nel bambino le forme arrotondate di Massó o nelle donne alla finestra le linee della Rocchi, ma in generale l’impressione è quella di una coesione forte, segno che l’idea iniziale ha trovato perfetta applicazione.
Una Giornata Scorsa è in mostra fino al 12 giugno all’Accademia di Spagna di Piazza San Pietro in Montorio 3, con orario 10-18. Successivamente verrà esposto al Crack!, dove chi vorrà potrà contribuire a sua volta disegnando sopra, sotto e a lato delle creazioni dei quattro artisti. Nel frattempo, un po’ di foto scattate sul posto.
Un giorno di fumetto spagnolo a Bologna

di Serena Di Virgilio
Giovedì 26 maggio BilBOlbul Primavera/Estate 2016, anteprima del festival di fumetto bolognese, ha dedicato un incontro a Olaf Ladousse, Klari Moreno, Roberto Massó e Martín López Lam, e una mostra ai lavori più recenti di quest’ultimo.
I quattro autori, perlopiù sconosciuti in Italia, vivono in Spagna e autoproducono le proprie creazioni. A parte questo, si tratta di un gruppo piuttosto eterogeneo che presenta una stimolante varietà di immaginari ed esperienze.
In questo periodo López Lam è in Italia per una residenza alla Reale Accademia di Spagna a Roma, come pure i curatori Jaime González Cela e Manuela Pedrón Nicolau.
Insieme, i tre hanno selezionato gli autori per l’incontro e realizzato la mostra, che verte sulla produzione di López Lam durante la sua permanenza nella capitale italiana.
L’incontro
Ad intervistare gli ospiti nell’aula magna dell’Accademia di Belle Arti c’erano Cristina Portolano e Andrea Bruno, due autori italiani anch’essi dediti alla pubblicazione indipendente, e Alessio Trabacchini dell’associazione culturale Hamelin. Di seguito un sunto della chiacchierata.

Enrico Fornaroli, Alessio Trabacchini, Cristina Portolano, Roberto Massò, Silvia Silvestrini, Klari Moreno
Klari Moreno (Madrid, 1993) e Roberto Massó (Càceres, 1987) hanno iniziato a disegnare e ad autopubblicare i propri lavori nel corso degli studi d’arte, prima da soli poi anche all’interno di collettivi e microeditori perché, ha detto Massó, “fare fanzine è anche fare cose insieme agli amici”. Lui ha pubblicato un libro con Dehavilland Ediciones e lei sta lavorando al suo primo fumetto lungo, che richiederà un editore, ma entrambi continuano a portare avanti anche l’autoproduzione.
Entrambi i fumettisti partecipano a molti festival, viaggiando quasi tutti i mesi. Il contatto con gli organizzatori, con altri autori e collettivi con cui si collabora è molto diretto, come pure con il pubblico che compra i loro fumetti. La promozione su internet non porta molte vendite online, ma c’è chi li cerca ai festival dopo essersi accorto di loro sul web.
Moreno ha affermato che l’immediatezza di una fanzine fotocopiata è “quasi una necessità” per i suoi lavori più brevi. Tematiche ricorrenti nella sua produzione sono il “sesso bestiale”, l’acqua, il fuoco e i cani, tutti presenti anche in Suspensión Líquida, albetto pubblicato dall’etichetta di López Lam, Ediciones Valientes, che racconta una sessione magica di bondage.

Alcune autoproduzioni di Klari Moreno
Portolano ha individuato delle similitudini tra i lavori di Massó e Moreno e quelli, rispettivamente, della tedesca Anne Vagt e dei francesi Ruppert & Mulot, portati in Italia da BilBOlbul e Canicola ma sconosciuti ai due giovani spagnoli. Una parte del lavoro di Massó infatti è astratta, un tratto che usa per rivolgersi anche al mondo delle gallerie d’arte, mentre le figure di Moreno sono stilizzate e spesso non hanno un volto.

Alcune autoproduzioni di Roberto Massó
Oltre a fare fumetto astratto, Massó è ossessionato dai Power Rangers, a cui ha infatti dedicato il volume Medieval Rangers, che Trabacchini ha definito un incrocio tra un “erbario medievale”, il “racconto mitico” e “uno di quegli albi narrativi con i personaggi dei giocattoli”.

Andrea Bruno, Martín López Lam, Silvia Silvestrini, Olaf Ladousse
Martín López Lam (Lima, 1981) e Olaf Ladousse (Parigi, 1967) sono rispettivamente peruviano e francese, ma entrambi vivono in Spagna da molto tempo, seppure in città diverse.
Ladousse è arrivato a Madrid nel 1992, alla ricerca di un lavoro che non ha trovato. In compenso ha conosciuto molti artisti e presto li ha coinvolti nella sua fanzine Qué Suerte, un’antologia di fumetti e illustrazioni a tema assemblata a mano, con copertina stampata artigianalmente (serigrafia e poi linoleografia) e interni fotocopiati. La pubblicazione esce tuttora, dopo ben venticinque anni, più o meno al ritmo di un numero all’anno, sempre con lo stesso spirito punk e la sua vena divertita e dissacratoria.
L’approccio do-it-yourself viene applicato da Ladousse anche alla musica e alla comunicazione. El Cartel è un progetto che produce e attacca manifesti in giro per la città, una pratica che Bruno definisce “più invasiva” rispetto alla fanzine, rivolta “non solo ad un pubblico di appassionati ma idealmente a chiunque”. E infatti i poster suscitano varie reazioni, da chi li strappa via a chi li colleziona.
Partito originariamente alla fine degli anni Novanta come gesto di protesta contro affissioni di estrema destra, El Cartel nasce dall’esigenza di esprimersi senza censure su questioni politiche, sopratutto da parte di Ladousse e altri artisti immigrati che non hanno diritto di voto nella nazione in cui vivono.
Infine, Ladousse è anche musicista e costruttore di piccoli strumenti musicali elettrici, i doorag, con cui fa performance da solo e con il suo gruppo Los Caballos De Düsseldorf, e a cui dedica piccole fanzine e il manuale di autocostruzione Sopa de ortiga.

Alcune autoproduzioni di Olaf Ladousse
López Lam ha riferito che in Perù negli anni Novanta non c’era un’editoria autoctona di fumetto, e quella estera arrivava poco e in ritardo. L’autoproduzione era l’unica strada per pubblicare. Le copisterie si rifiutavano di sprecare toner, quindi lui e i suoi amici erano costretti ad usare uno stile molto chiaro. Arrivato in Spagna nel 2003, andò subito a cercare fumetti recenti, e sentiva di aver tutto da imparare.
Dopo aver frequentato l’Accademia a Valencia, lo scorso anno López Lam è giunto a Roma grazie a una borsa di studio presso la Reale Accademia di Spagna. Il progetto era di ripercorrere le tracce del poeta peruviano Jorge Eduardo Eielson, vissuto prima a Roma e poi a Milano. Il percorso si è presto fatto più personale.
Nel suo lavoro di fumettista, López Lam a un certo punto ha iniziato a cercare di “distruggere il tempo e la linea narrativa” nelle proprie opere, creando un lavoro astratto non a livello visivo ma di storia, come si può notare in Sirio e Gialla.
Quando è arrivato a Roma, non conoscendo la città, ha passato i primi tempi a girarla. Non voleva fare un diario di viaggio (genere che ama poco), ma piuttosto creare una storia in cui non ci sono personaggi a cui succede qualcosa ma semplicemente cose che succedono, riportando la realtà che vedeva.
Bruno ha fatto notare che questo approccio è vicino a certo cinema, Nouvelle Vague in testa. López Lam ha confermato che la sua intenzione è proprio di adattare al medium fumetto elementi presi dal cinema e dalla musica, sopratutto elettronica, come il concetto di campionamento.
Sebbene abbia “un’impronta molto forte”, il disegno di López Lam comprende l’utilizzo di “tecniche diverse, dalla china al pastello, a retini e interventi fotografici”, che usa proprio per integrare i diversi elementi sulla pagina.

Alcune autoproduzioni di Martín López Lam
Oltre a produrre i propri fumetti, López Lam svolge anche il ruolo di micro editore. Ediciones Valientes era partita come un collettivo di illustrazione con dei compagni dell’Accademia di Valencia. Ora è l’etichetta personale di López Lam, che ha pubblicato anche gli italiani Filosa e Fanelli e, recentemente, il bell’albo Ceniza di Serena Schinaia (di cui ha già parlato Gabriele).
La mostra
Dopo gli incontri in Accademia e un momento per acquistare e farsi dedicare le fanzine, ci si è spostati al Museo della Musica per l’inaugurazione della mostra di López Lam, Parco Falafel, e il concerto di Ladousse.

Martín López Lam e Klari Moreno che dedicano gli albi

L’ingresso della mostra
Avevo già avuto occasione di incontrare López Lam alla mostra-mercato del festival Ratatà a Macerata ed ero rimasta colpita dall’impatto visivo dei suoi fumetti, al punto da comprarne uno, il recentissimo “Gialla”, anche se non conosco lo spagnolo. Diversi dei materiali che compongono proprio quell’albo, realizzato a Roma lo scorso autunno, sono presenti anche nella mostra Parco Falafel.

Una pagina di “Gialla” e disegno originale
La prima cosa che si nota una volta entrati nella sala principale è che si tratta una mostra di fumetto piuttosto inusuale, che dice tanto del processo creativo e poco del prodotto finito. Infatti sono esposti i singoli disegni che vanno a comporre le vignette, piccoli dipinti di cui si nota la forza, l’autonomia.
Le immagini sono riunite tematicamente in pannelli che, mi spiegano i curatori González Cela e Pedrón Nicolau, fungono un po’ da tavole, da “pagine giganti”, su cui López Lam ha scritto a mano non dialoghi o didascalie ma piuttosto delle dichiarazioni d’intenti.
La Roma colta da López Lam è notturna, composta da insegne, autobus affollati, reperti archeologici, particolari architettonici e gente in movimento. E piante, lussureggianti piante che spuntano da ogni pezzo di terra lasciato a sé stesso.
Colpiti da questa vegetazione spontanea in mezzo alla quale “vive gente, succedono cose”, artista e curatori hanno scelto il Museo della Musica per i suoi soffitti decorati da festoni fioriti e per il suo giardino di banani, e hanno allestito la mostra con pratini e piante.
A fronte di albi vivacissimi, gli originali appaiono quasi sempre dipinti in nero e grigio. Nella terza stanza, un tavolo luminoso su cui sono disposti fogli di acetato dipinti mostra come López Lam lavori con il colore, attraverso sovrapposizioni che vanno a trovare forme e tinte nuove.
La serata si è conclusa in allegria, con un concerto di Olaf Ladousse che ha suonato i suoi doorag fatti in casa.
BilBOlbul ha pubblicato altre foto dell’inaugurazione.
La mostra Parco Falafel di Martín López Lam è rimasta aperta fino a giovedì 9 giugno 2016 al Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna, in Strada Maggiore 34.
- Martín López Lam
- Olaf Ladousse
- Klari Moreno
- Roberto Massó
- Reale Accademia di Spagna a Roma
- BilBOlbul
- Museo Internazionale e
Biblioteca della Musica di Bologna
Grazie a organizzatori e volontari, e a Nicola.
Toronto Comic Arts Festival 2016

Sono stato al Toronto Comic Arts Festival approfittando dell’ospitalità di Michele Nitri della Hollow Press, che presentava all’evento canadese Tract di Shintaro Kago alla presenza dell’autore, con tanto di mostra delle tavole originali del volume. Oltre a presenziare al tavolo e alla mostra, ho ovviamente approfittato dell’occasione per vagabondare per Toronto (ma vi risparmio i dettagli) e per vedere un po’ di eventi collegati al festival, ricchissimo di ospiti e di appuntamenti. Di seguito un breve reportage, per lo più fotografico, di quanto di fumettistico è successo dal mio punto di vista. Più in là, con molta calma, troverete sul sito una serie di approfondimenti, in primis sul negozio The Beguiling e Steven Gilbert. Le foto sono mie e di Michele Nitri, che ringrazio per la collaborazione.
Iniziamo proprio da The Beguiling, punto di riferimento per la scena fumettistica cittadina e non solo. Non ho una conoscenza così vasta dei negozi di fumetti del nostro pianeta, ma so che The Beguiling straccia tutti quelli da me visitati in precedenza con estrema facilità, grazie a un catalogo costruito con passione e dedizione dal proprietario Peter Birkemoe, principale organizzatore del TCAF insieme a Christopher Butcher, e dai preparatissimi ragazzi che lavorano nella sede di Markham Street. Qui sotto un paio di foto, antipasto di un più ampio servizio che potrete leggere dopo che l’avrò scritto.
Ma facciamo un po’ di cronologia. Arrivato a Toronto la sera di sabato 7 maggio, la mia prima visita da The Beguiling è stata domenica 8. Il giorno successivo l’ho invece dedicato a Steven Gilbert, l’autore di Colville, fumetto che alcuni di voi conosceranno e avranno anche letto (ne aveva parlato Ratigher su queste pagine). Gilbert gestisce un negozio di fumetti a Newmarket, una cittadina facilmente raggiungibile in auto da Toronto. Ho così colto la palla al balzo per dedicargli una lunga intervista, che spero di riuscire a trascrivere presto, e per fare un giro nei luoghi in cui ha ambientato The Journal of the Main Street Secret Lodge, libro del 2013 di cui è previsto il seguito per l’anno prossimo. In basso le foto dell’esterno e dell’interno del negozio, quest’ultima con Gilbert tra i “suoi” fumetti.
Non ricordo alla perfezione gli eventi di martedì 10, probabilmente poco significativi per voi lettori. Invece il giorno successivo ho visitato la galleria Weird Things, che tenendo fede al nome unisce originali di artisti/cartoonist più o meno famosi a svariate chincaglierie e a un onnipresente gatto. A gestire la baracca è Jonathan Petersen, scultore, fumettista e illustratore che ha pubblicato qualche tempo fa Space Basket per la Domino Books di Austin English. Mercoledì 11 maggio era tra l’altro l’ultimo giorno per vedere la mostra di Patrick Kyle e Michael DeForge. Belli soprattutto gli originali di Kyle, geometrici e a volte colorati, mentre quelli di DeForge rappresentavano una serie di figure umane in piedi, distorte e tappezzate dai ghirigori tipici del cartoonist canadese.
E siamo così a giovedì 12, giorno dell’inaugurazione della mostra di Shintaro Kago alla Narwhal Gallery, organizzata da The Beguiling, TCAF e Hollow Press. Per la prima volta si potevano ammirare tutti gli originali del nuovo, devastante e apocalittico Tract, raccolta di quattro storie brevi interamente a colori. Tanti i presenti all’evento, con le 45 copie disponibili del libro andate a ruba nel giro di un’ora o poco più e Kago sempre pronto a firmare dediche con la sua imperturbabile cortesia.
Eccoci dunque a venerdì 13. Con il TCAF alle porte è ormai tempo dell’allestimento dei tavoli e di qualche evento-antipasto, come un reading di fumetti organizzato da Hazlitt e 2D Cloud con cartoonist come MariNaomi, Mark Connery, Andy Burkholder e Gina Wynbrandt (sono riuscito a vederne soltanto una parte). Ho mancato invece completamente l’inaugurazione di Manuele Fior all’Istituto Italiano di Cultura e mi è dispiaciuto molto non riuscire a recuperare la mostra neppure in seguito (o meglio, ci ho provato ma sono arrivato quando era già chiusa). Il TCAF si svolge nella Toronto Reference Library, la biblioteca centrale della città, un edificio immenso a più piani con scale, ascensori e corridoi che scorrono sinuosi. Di seguito qualche foto della mattina di sabato 14, dagli ultimi preparativi fino all’arrivo del pubblico, numerosissimo (tra l’altro l’ingresso è libero) ma che non impedisce comunque la fruizione del festival. Magari non proprio una scampagnata all’aria aperta ma nemmeno Lucca Comics, per capirci.
Qui sopra una foto del tavolo della Hollow Press, che ha esaurito l’80% delle pubblicazioni il primo giorno. In particolare i libri di Kago hanno registrato un rapidissimo sold out, segno che il cartoonist giapponese era davvero atteso da quelle parti. Qualche coda per le firme delle maggiori guest star del festival (come Seth e Chester Brown, nonostante qui siano di casa) e tante novità al debutto tra i tavoli degli editori, che rappresentavano il meglio dell’editoria nord-americana di settore. Numerosi anche gli ospiti e gli espositori internazionali. L’Italia era rappresentata anche dalle ragazze di Teiera, che in questa occasione nessuno è riuscito a fotografare. Le ricordiamo dunque così, all’Elcaf di Londra del 2015.
Dopo questa immagine degna di un Intervallo Rai, torniamo al TCAF per dire che erano tre i piani della biblioteca occupati da case editrici e fumettisti, mentre in contemporanea una serie di artisti più mainstream esponevano nel vicino Masonic Temple (una ex sede della Massoneria locale) e una serie di presentazioni, interviste e dibattiti avevano luogo nell’adiacente Hotel Marriott di Bloor Street. Insomma, impossibile riuscire a vedere e a seguire tutto, soprattutto per chi, come me, doveva anche stare dietro a un tavolo e tenendo conto degli orari di apertura piuttosto ridotti (dalle 9 alle 17 il sabato, dalle 10 alle 17 la domenica). Non ho capito molto di quello che è successo ma la cosa sicura è che c’erano un sacco di gente e un sacco di fumetti. E che l’organizzazione è veramente impeccabile, fatta di persone squisite e disponibilissime. Tra gli eventi serali segnalo il bel concerto di sabato con i Creep Highway del duo Michael DeForge/Patrick Kyle, Mickey Zacchilli alias Dungeon Broads e Brian Chippendale in versione Black Pus per il gran finale tutto drones e percussioni. Nei giorni successivi al festival sono invece riuscito a tornare da Weird Things per vedere la mostra di Matthew Thurber, autore di 1-800-Mice e Infomaniacs, che esponeva con il suo suggestivo progetto parallelo MT Shelves, fatto di strani animali in bianco e nero, lucine, macchie colorate. E con questo è tutto.