“Sabrina” di Nick Drnaso

E’ estate, fa caldo e le recensioni ultimamente mi sembrano solo parole. Quindi salto ogni preambolo e dico subito che Sabrina di Nick Drnaso, uscito da un paio di mesi per Drawn & Quarterly e di prossima pubblicazione in Italia per Coconino Press, non solo non delude le aspettative ma riesce addirittura a superare il precedente Beverly, per me una delle migliori raccolte di racconti brevi a fumetti di sempre. E visto che ci sto evito anche di dilungarmi su Beverly, tanto ne avevo già parlato qua.

Veniamo così alla trama, incentrata sulla sparizione della Sabrina del titolo, che vediamo soltanto nelle prime dieci pagine, prima di uscire misteriosamente di scena. Il suo ragazzo, Teddy, lascia Chicago per trovare ospitalità e conforto in un vecchio compagno di scuola, Calvin, militare in carriera in una base del Colorado. Tra i due nasce un rapporto algido e imbarazzato come solo certe amicizie maschili sanno essere. Se Teddy ha perso Sabrina, Calvin ha perso la moglie, che lo ha mollato per trasferirsi in Florida insieme alla figlioletta. Lo scenario sembra proprio quello di Beverly ed è lecito aspettarsi un’altra galleria di goffaggini, meschinità e indifferenza, scandita da pagine schematiche e da un disegno piatto, volutamente monocorde. Tutto ciò in effetti lo troviamo anche in Sabrina ma a un certo punto il libro si spinge oltre, passando dal privato al pubblico quando la sparizione della ragazza diventa un fatto di cronaca oggetto di servizi televisivi, programmi radiofonici cospirazionisti, discussioni sui forum. Drnaso non si limita a scavare nel vuoto interiore dei suoi personaggi, che ormai è già palese agli occhi dei lettore, e inizia a descrivere la sua nazione, tagliata a fette dall’odio, dalla paura dell’altro, dallo scetticismo a ogni costo.

Sabrina diventa così un’indagine in forma di fiction non tanto sull’era Trump – il libro conta ben 200 pagine ed era in gestazione da tempo – ma su tutti gli Stati Uniti post 11 settembre, con una particolare attenzione al mondo delle fake news e alle teorie del complotto, qui portate all’eccesso al punto da diventare retorica reazionaria, ossessione e soprattutto paranoia, una sensazione che cresce sottilmente ma inesorabilmente pagina dopo pagina. E non è un modo di dire, perché Drnaso riesce a coinvolgere come pochi, a trasmettere al lettore un’angoscia capace di penetrare nel suo tessuto nervoso e di rimanerci per un bel po’. La sua penna non cerca più come in precedenza il sorriso sardonico e la derisione che avevano fatto accostare i suoi fumetti al cinema di Todd Solondz, ma delinea un’umanità arrendevole e apatica con un’intensità finora inedita e quasi stupefacente se pensiamo alla freddezza dello stile e della composizione. Una freddezza che tuttavia comunica, con vignette e pagine costruite come un quadro di Hopper e dei personaggi che non sono semplici larve chiuse in se stesse ma che sembrano reali al punto da lasciare anche qualche speranza di redenzione. Infatti, pur nella negatività del quadro complessivo, a volte qualcuno fa addirittura una buona azione, mentre noi stiamo lì ad aspettarci – ormai paranoici, appunto – una violenza sessuale, un’efferatezza o almeno un goffo tentativo di far male. A tal proposito ci sono un paio di sequenze che varrebbe la pena prendere da esempio, ma di più non dico per non rovinarvi una lettura che vale assolutamente la pena di fare.
Nick Drnaso è nato nel 1989 a Palos Hills, nell’Illinois, e ora vive a Chicago con la moglie e tre gatti. A nemmeno 30 anni ha già smesso di essere una promessa del fumetto americano e ne è diventato una realtà, al livello dei suoi più blasonati colleghi.

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