In arrivo “Un ragazzo gentile” di Shin’ichi Abe

Mi considero più uno stronzo che un esperto di fumetto giapponese, per farvi capire quanto poco ci capisco di fumetto giapponese (o quanto sono stronzo). Tuttavia sono in grado, se non sempre almeno spesso, di capire se una cosa mi è piaciuta o meno. E Un ragazzo gentile di Shin’ichi Abe, in uscita il 12 settembre per Canicola, è un fumetto bellissimo, che dovrebbe meritare tutta la vostra attenzione. Elenco dunque un po’ di informazioni che ho appreso tra materiale stampa, biografia dell’autore e quarta di copertina del libro. Abe è considerato uno dei principali esponenti del watakushi manga, genere incentrato sull’esplorazione di sé, oltreché il maggiore erede di Yoshiharu Tsuge. I racconti contenuti in questo volume sono stati pubblicati nelle riviste Garo e Young Comic tra il 1970 e il 1973, ad eccezione dei conclusivi Vita Privata (Shūkan Manga Times, 1976) e Miyoko, l’aria di Tagawa (ancora Garo ma nel 1994). L’atmosfera bohémien, le scene di sesso al limite della molestia, l’alcolismo autodistruttivo rappresentano sicuramente i temi ricorrenti ma non sono il vero punto, perché a emergere in maniera prevalente è un senso di impermanenza, inadeguatezza, incomunicabilità. La narrazione è sempre esilissima, quasi scompare tra vuoti e silenzi. Un racconto come Il Gatto sembra una scena di un film di Antonioni, con i personaggi muti che quasi non riescono a guardarsi negli occhi. Altre volte emergono situazioni più sostanziali, come la necessità di un aborto o un tentativo di suicidio, ma senza che l’apice drammatico venga effettivamente messo in scena.

Al centro della gran parte delle storie, anche quando le stesse vestono i panni della fiction, c’è la biografia di Abe, le prime prove da mangaka, il suo trasferimento a Tokyo, l’alcolismo, il ritorno in provincia. Tutto ciò insieme a Miyoko, la donna che lo accompagna nei suoi spostamenti e di cui spesso conosciamo il punto di vista, con trovate narrative d’avanguardia. Stilisticamente la prima parte del volume stupisce per la presenza invadente dei neri, che dominano la scena. Ci sono alcuni racconti, come Spalle leggere, in cui c’è una netta opposizione tra la semplicità con cui Abe rende i corpi umani e l’accuratezza degli sfondi, sia interni che urbani: sfondi così affascinanti che ricordano le stampe giapponesi e che ci si ferma a guardare interrompendo l’incedere della storia, nello stesso modo in cui ci si incanta davanti ai palazzi nei fumetti di Tardi. La presenza o l’assenza della luce è resa così bene da risultare accecante o, a seconda dei casi, tanto oscura da permeare il cuore dei personaggi, in pagine di incredibile potenza. Abe ricorda senz’altro il già citato Tsuge, con cui condivide una composizione della pagina rigorosa e matura, mentre risulta meno equilibrato del suo collega nella linea, che è più discontinua, libera, adattandosi al contenuto delle storie. Gli ultimi tre racconti mostrano un approccio sostanzialmente diverso rispetto al resto del volume, con l’utilizzo dei grigi e di forme che abbandonano gli spigoli per arrotondarsi. Il tratto diventa quasi underground e in alcuni passaggi sembra addirittura diluire gli inconfondibili connotati geografici, fino a perdere di vista le proporzioni nell’ultima storia datata 1994. Un ragazzo gentile alla fine lascia scossi, turbati, affascinati, emozionati, e si rivela un’altra grande riscoperta del fumetto giapponese d’autore. Non fatevelo scappare.

Dagli archivi: “Kramers Ergot” #4

Nel post precedente della rubrica “Dagli archivi” avevamo lasciato Sammy Harkham alle prese con Kramers Ergot #3, prima vera antologia formato libro dopo le prove generali dei primi due numeri. Tra il #3 e il #4 del magazine passò soltanto un anno ma in mezzo sembra ci sia stata una rivoluzione, perché quando nel 2003 uscì il nuovo numero di Kramers, ancora autoprodotto con il marchio Avodah Books, arrivò sugli scaffali delle più lungimiranti fumetterie statunitensi uno dei libri più importanti che la storia del fumetto alternativo ricordi. Kramers #4 è imponente e anche stupefacente, perché è cosa rara vedere un ragazzo di 23 anni autoprodursi un tomo di 330 pagine in grande formato e per giunta a colori in grado di contenere il meglio dell’indie e dell’underground nord-americano, pescando parimenti tra nomi noti e meno noti. Di sicuro Harkham aveva un po’ di soldi da parte, per decidere di stampare 2500 copie di un volume brossurato 22 x 27 cm affrontando i rischi di un possibile flop sul mercato. E in effetti, come racconta lo stesso editor in un’intervista pubblicata nel #2 della fanzine Bubbles, i primi ordini arrivati tramite Diamond alla Alternative Comics, che curava la distribuzione, furono davvero scarsi: soltanto 300 copie. Ma la situazione ebbe una brusca inversione di rotta con un tour nei negozi di fumetti e nei festival, culminato con una puntata al Mocca di New York, dove “vendemmo in media una copia al minuto”, racconta ancora Harkham. Da lì il passaparola, gli altri ordini ed ecco qui che Kramers Ergot #4 uscì ben presto dalla circolazione, nonostante una tiratura tutt’altro che limitata. Oggi l’antologia è un pezzo raro, difficile da trovare, e con cifre che si aggirano solitamente intorno ai 300 dollari.

Ma insomma, perché tanto clamore? La risposta la affidiamo allo stesso Harkham, che racconta la genesi del volume in questo video su YouTube: “Era il 2002 e in quel periodo c’era tantissimo materiale interessante in giro, soprattutto proveniente dall’area di Providence, ma nessun editore come Fantagraphics o Drawn & Quarterly poteva guardare a tutta quella roba, e così pensai che se fossi riuscito a metterla in un unico libro utilizzando anche il colore e dando spazio a ogni artista per pubblicare non solo fumetti ma anche sketchbook, collage e altre cose, beh, sarebbe stata una cosa eccitante anche come lettore”. Mi sembrano due gli elementi chiave di questa riflessione. Il primo è quello di attingere alla scena di Providence post Fort Thunder, i cui autori si erano già visti in qualche antologia ma che all’epoca era nel complesso poco conosciuta. Il secondo è invece il colore, un fattore che sicuramente ebbe il suo peso per strappare il sì a diversi autori, stuzzicati dall’idea di veder stampato il proprio lavoro in una forma diversa dal bianco e nero solitamente usato nei circuiti alternativi e underground.

Veniamo dunque i nomi coinvolti, in ordine di apparizione: Anders Nilsen, David Lasky, Renée French, Lauren Weinstein, Marc Bell, John Hankiewicz, Mat Brinkman (autore anche della “wraparound cover”), Ron Regé Jr., lo stesso Sammy Harkham, Jim Drain, Ben Jones, Dave Kiersh, C.F., Stefan Gruber, Joe Grillo, Josh Simmons, David Heatley, Souther Salazar, Geneviève Castrée, Allison Cole, Leif Goldberg, Tobias Schalken, Jeffrey Brown, Billy & Laura Grant. Fumetti, illustrazioni e sketchbook si susseguono senza soluzione di continuità, tanto che è compito del lettore capire dove finisce il contributo di un autore e dove ne inizia un altro. Il sommario, riccamente illustrato e che fornisce una sorta di introduzione ai contenuti veri e propri, elenca infatti gli artisti in ordine di apparizione ma senza dare indicazione su quali pagine siano occupate da ciascuno di loro. E d’altronde le pagine non sono nemmeno numerate. L’intento di Harkham sembrava essere, almeno in questo numero della sua antologia, non tanto quello di dare un’idea di omogeneità, quanto di creare uno spazio di sperimentazione continua, mostrando tutte le possibili declinazioni del fumetto “altro” (e quindi non seriale, non di genere, ecc.) agli inizi del terzo millennio.

Difficile citare soltanto qualche contributo tra tutti. Sfogliato di nuovo oggi, a 16 anni dalla pubblicazione, Kramers #4 risulta ancora sperimentale, geniale, all’avanguardia, a volte toccante, altre dissacrante, comunque ricco di spunti. Certo, nel 2003 aveva probabilmente una carica rivoluzionaria che oggi ha in parte perso, dato che ci siamo in qualche modo abituati a certo fumetto: si pensi per esempio a buona parte del catalogo PictureBox, di cui questo volume potrebbe essere considerato una sorta di preview. Ma se proprio devo fare una scelta, il primo autore che mi viene in mente è proprio Sammy Harkham, perché qui ammiriamo per la prima volta tutta la sua bravura. E’ su Kramers Ergot #4 che è stata originariamente pubblicato il suo capolavoro Poor Sailor (in Italia visto prima su Black #7 e poi su Golem Stories, entrambi usciti per Coconino), una drammatica e amara storia di 34 pagine su un uomo che si allontana dalla sua nuova casa e soprattutto dalla moglie per fare il marinaio. Lo definivo qualche anno fa un racconto “caratterizzato da pochi dialoghi e uno stile grafico da strip alla Popeye, su cui Harkham inserisce esplosioni di realismo e violenza”, in quello che era il primo post in assoluto del blog di Just Indie Comics. Oppure si potrebbe descrivere come una canzone di Will Oldham a fumetti, per la capacità di unire uno stile apparentemente classico a dei contenuti spigolosi, amari, crudi, citando tra l’altro un musicista che Harkham stima da sempre e per cui ha realizzato anche copertine di dischi.

Altro pezzo forte sono i due racconti di Anders Nilsen che rileggono il mito di Sisifo, le 24 pagine – praticamente un intero comic book – a firma Marc Bell, le 11 tavole a colori di schizzi e disegni di Mat Brinkman, 21 pagine di C.F. contenenti una storia breve e illustrazioni dai suoi sketchbook, l’incredibile lavoro grafico di Joe Grillo, le illustrazioni di un Leif Goldberg in stato di grazia e poi eccetera eccetera eccetera fino alla collezione di cover scartate che chiude il tutto. E qui chiudo anche io, augurandovi di avere già Kramers Ergot #4 nella vostra libreria o, in caso contrario, di riuscirlo a trovare in giro prima o poi.

Arrivederci al webshop di Just Indie Comics

Il prossimo primo settembre il webshop di Just Indie Comics festeggerà quattro anni di attività e lo farà innanzitutto con una serie di offerte speciali e poi… chiudendo lo spazio su Shopify. Sì, lo so che chiudere i battenti non è un grande festeggiamento, ma vi assicuro che si tratta solo di una pausa temporanea, perché il sito tornerà presto on line altrove e con una nuova formula. Purtroppo l’acquisizione degli svedesi di Tictail da parte di Shopify ha lasciato me e molti altri orfani di una piattaforma efficiente e al tempo stesso gratuita, sostituita da nuovi “padroni” che invece fanno pagare i loro servizi a caro prezzo. Ecco dunque che, dato il volume delle vendite, tenere in piedi il webshop di Just Indie Comics con le condizioni di Shopify significava forse rimetterci o nella migliore delle ipotesi pareggiare i conti. L’unica scelta possibile è dunque quella di chiudere temporaneamente in attesa di mettere in piedi un nuovo sito. Continuerà invece con la solita regolarità la proposta presso i vari festival di fumetto indipendente.

Il webshop sarà on line fino al prossimo mercoledì 4 settembre. Fino a quel giorno sarà inoltre possibile approfittare di una serie di sconti, con alcuni titoli a prezzo stracciato. Le quantità sono limitatissime, anzi, in alcuni casi l’offerta è limitata a una sola copia. Inoltre questa può essere una buona occasione per ordinare qualche nuovo arrivo o anche altri titoli dal catalogo, dato che per un po’ non saranno disponibili on line. Cliccate quindi sui link qui sotto e non pensateci più.

OFFERTE SPECIALI (FINO AL 4 SETTEMBRE)

NUOVI ARRIVI

CATALOGO JUST INDIE COMICS

“Bad Gateway” di Simon Hanselmann

Tornano Megg, Mogg e gli altri personaggi creati da Simon Hanselmann in un cartonato di grande formato e totalmente inedito pubblicato ancora da Fantagraphics. Manca all’appello – almeno per questa volta – Owl, andato via di casa perché stufo di essere continuamente vessato dai suoi coinquilini. Il suo posto nell’appartamento è stato preso dall’immancabile Werewolf Jones, che garantisce il solito livello di nefandezze e trasgressioni varie, mentre sullo sfondo aleggia un’aria di freddezza e indifferenza tra Megg e Mogg, ormai in piena crisi di coppia visti i flirt della strega con la donna “dalla faccia strana” Booger e con lo stesso lupo mannaro, oltreché la totale incapacità del gatto di prendere in pugno la situazione. E avendo solo le zampe non c’è da stupirsi più di tanto…

Insomma, si riprende da dove eravamo rimasti al termine dell’edizione originale di Megahex o, per i lettori italiani, in quelle storie di Megahex tradotte nel volume Special K: tutto quanto si è letto nel frattempo tra altri volumi e albi autoprodotti è da considerarsi interlocutorio al “lungo addio” di Owl. Di Hanselmann si è parlato da queste parti in tempi ancora poco sospetti, come testimonia la recensione di Life Zone pubblicata nel vecchio blog nel 2013. Il suo è un cartooning vecchia scuola, con pagine ordinate, quasi sempre di 12 vignette, e basato sulle gag, sulla ripetizione delle situazioni e sulla capacità di giocare sempre con gli stessi personaggi: le sue storie potrebbero benissimo essere strip di una volta, anche se probabilmente nessun quotidiano le pubblicherebbe dato che i protagonisti non fanno altro che drogarsi, scopare, vomitare, scorreggiare, collassare e via dicendo. Oppure potrebbero essere una sitcom, ma con una sostanziale differenza in questo caso, perché Hanselmann ha il coraggio di far uscire di scena uno dei protagonisti. Come se da Frasier se ne andasse Niles, per prendere ad esempio un telefilm più volte citato dall’autore (e ambientato a Seattle, dove Hanselmann vive ormai da qualche anno). Ecco dunque che Bad Gateway non racconta più la storia di personaggi immobilizzati nel tempo e sempre uguali a se stessi unendo gag esilaranti e disperazione esistenziale, ma diventa la storia di “persone”, facendo i conti con il tempo che passa e con i rapporti che cambiano, anche tra coloro che sono rimasti sul palcoscenico. Si passa così da Frasier a How I Met Your Mother, per rimanere ai telefilm citati dall’autore, o da Nancy all’Hate di Peter Bagge, per tornare a parlare di fumetti e rimanere ancora a Seattle. O anche a Love and Rockets, un modello a cui Hanselmann ha dichiarato di ispirarsi per raccontare l’evoluzione dei suoi personaggi.

In Bad Gateway comunque non mancano le varie efferatezze a cui siamo stati abituati, dagli schizzi di sperma alle bottiglie di piscio, con Megg che arriva a farsi mordere i capezzoli fino a sanguinare da un uccello (in senso letterale) per impietosire un assistente sociale, ma l’aria che si respira è ancor più pesante e deprimente che in passato, con il tema principale che è rappresentato dalla crisi di coppia tra Megg e Mogg. I loro silenzi, le facce stonate e mogie abilmente rappresentate da un Hanselmann come sempre maestro delle espressioni, fanno passare definitivamente la voglia di ridere quando i nostri si trovano in mezzo all’ennesimo casino o si rendono protagonisti di un nuovo gesto disperato per procurarsi un po’ di droga. E questo filone subisce un’accelerata notevole nel finale, con l’inizio di un flashback incentrato su Megg da giovane e che verrà approfondito nel prossimo Megg’s Coven, iniziato da Hanselmann già da anni e più volte rimandato: una prima traccia la si trovava già nel suo Tumblr Girl Mountain, in tavole riprese sin dal finale di Bad Gateway, anche se completamente ridisegnate. I temi centrali sembrano essere i rapporti familiari e la droga, per una storia dai contenuti autobiografici che lo stesso autore ha definito il suo Requiem for a Dream. E con queste premesse rimaniamo dunque in trepidante e curiosa attesa.

“Dédales” di Charles Burns su Libération

E’ iniziata sabato 10 agosto sul quotidiano Libération la serializzazione delle prime 25 pagine di Dédales, il nuovo fumetto di Charles Burns, che sarà pubblicato in Francia da Cornélius il 10 ottobre prossimo. Da quanto è stato anticipato finora, si tratta del primo capitolo di una nuova trilogia destinata al solo pubblico transalpino, dato che gli accordi contrattuali presi da Burns con Cornélius consentiranno altre edizioni soltanto dopo l’uscita del terzo e conclusivo volume. L’autore sarà in Francia per presentare il libro, innanzitutto con una sessione di dediche il 10 ottobre stesso presse la Galerie Martel di Parigi, e poi il 12 dello stesso mese al festival Bd Colomiers, per presenziare all’inaugurazione di una retrospettiva sulla sua opera. Il tutto è l’ennesima conferma del legame speciale tra Burns e la Francia, oltreché della forza di un mercato capace di superare non solo altri da sempre minori ma anche quello americano.

Intanto, grazie alla versione digitale di Libération disponibile sul sito del quotidiano, potete dare un’occhiata alle prime pagine, centellinate due al giorno. Fino a oggi se ne sono viste quattro, in cui abbiamo potuto fare la conoscenza del protagonista, Brian, inquadrato di spalle mentre disegna, seduto in cucina davanti a un tostapane che riflette la sua immagine. Nell’altra stanza i rumori di una festa, da cui il protagonista si estrania, perso nei suoi sogni (o incubi) a occhi aperti, che Burns mostra con la sua sempre raffinata lente di ingrandimento nella terza tavola, una splash page dominata da una spora gigante sullo sfondo di uno scenario desolato. A guardare la creatura c’è una ragazza dai capelli rossi, che nell’ultima vignetta di pagina 4 appare anche nel mondo reale mentre si allontana dalla festa per entrare in cucina e avvicinarsi a Brian. Dall’articolo di Marius Chapuis che introduce la pubblicazione di Dédales veniamo a sapere che la giovane, ritratta di spalle sulla copertina del libro, si chiama Laurie e ha con Brian una relazione tormentata, dovendo avere a che fare con il carattere solitario del ragazzo, i suoi atteggiamenti da misantropo, il suo fare spesso assente e distratto, come se fosse più interessato ai b-movie e ai film horror amatoriali di cui è appassionato che a quello che succede intorno a lui. Ma, come sempre in Burns, è possibile che la linea tra il reale e l’immaginario non sia poi così demarcata… Il resto lo scopriremo pian piano nei prossimi giorni e poi a ottobre, quando il libro troverà finalmente la via delle librerie.

Disponibili i primi tre numeri di “Bubbles”

Come promesso qualche tempo fa, arriva nel webshop di Just Indie Comics Bubbles, fanzine statunitense che dopo aver debuttato all’inizio di quest’anno è già giunta alla terza uscita. Non mi dilungo troppo sul progetto in sé, che ho già illustrato in questo post, ma vi lascio piuttosto al sommario di questi primi tre numeri, in modo da farvi scegliere con la massima trasparenza se comprarli tutti, uno in particolare o addirittura nessuno. Da parte mia confermo soltanto la bontà del progetto e il fatto che oggi è ancora di più un piacere sfogliare e leggere una fanzine vecchio stampo.

Bubbles #1, marzo 2019 (disponibile qui)

Speciale Blast Books con storia della casa editrice, interviste alla fondatrice Linda Lindgren e a Hiroo Yamagata, traduttore dal giapponese all’inglese di Hell Baby di Hideshi Hino.

Intervista a James Hudnall, traduttore dell’edizione Viz di Mai, the Psychic Girl.

Interviste a Jesse Poimboeuf, Steve Sweet e Steve Cunningham, gli autori di Music from Nancy, curioso tentativo di adattare la striscia a fumetti di Ernie Bushmiller in uno spettacolo musicale. Questo numero della fanzine include anche un inserto di 16 pagine che riproduce il libretto della performance del 1979 (che potete vedere anche su You Tube: https://www.youtube.com/watch?v=QkX2-LncA0M).

Ebay Finds, rubrica dedicata alle curiosità trovate su Ebay in qualche modo legate al mondo del fumetto.

Intervista a Shades7000, uno dei membri della comunità You’re Welcome Scans, che mette on line la traduzione in inglese di alcuni manga.

Comic You Should Read, con mini-recensioni di fumetti di Lale Westvind, Patrick Kyle, Abraham Diaz e altri.

The Road Home, traduzione di una storia breve della giapponese Tsurita Kuniko, il cui Flight è uscito anche da noi per Coconino.

Bubbles #2, maggio 2019 (disponibile qui)

Mail Bin, la pagina delle lettere.

Talking “Kramers Ergot” with Sammy Harkham: l’editor e cartoonist di Los Angeles parla della storia dell’antologia, recentemente arrivata al decimo numero pubblicato da Fantagraphics.

Un fumetto di una pagina a firma Jordan Chu.

Ancora Ebay Finds, con il fermacravatte di Yellow Kid, una spilletta del 1972 della Ec Comics, una risposta a un fan da parte di Steve Ditko (“Dear Jeffrey, no answer for your questions – Steve Ditko”) e altro ancora.

Intervista al “comic scholar” Thomas Inge.

Un breve articolo su The Family Circus di Bil Keane.

Intervista a Katharine Gates, fondatrice dell’etichetta Gates of Heck, che ha pubblicato tra le altre cose l’edizione originale di Facetasm, libro di illustrazioni che ha visto collaborare Charles Burns e Gary Panter, e la mega strip collettiva The Narrative Corpse.

Altra pagina di fumetto, questa volta a firma Rellie Brewer.

Un’occhiata a tre diverse edizioni di Delirius di Druillet.

La rubrica Comic You Should Read, con fumetti di Bill Griffith, Tom Scioli, Josh Pettinger e altri.

Bubbles #3, luglio 2019 (disponibile qui)

Mail Bin, l’immancabile pagina delle lettere.

Due pagine dedicate a Mike Taylor, con un disegno inedito e un breve testo sull’autore della zine Late Era Clash e del recente In Christ There Is No East or West.

Intervista al critico e traduttore Ryan Holmberg, che ha curato la versione anglofona di tantissimi fumetti giapponesi d’autore (Yuichi Yokoyama, Seiichi Hayashi, Tadao Tsuge ecc.).

Una recensione di Alay-Oop di William Gropper, appena ristampato da New York Review Comics.

Intervista a Bob Lewis, proprietario di Richmond Book Shop, libreria storica della capitale della Virginia.

Un articolo sul webshop giapponese Mandarake.

Intervista a Tetsunori Tawaraya, autore ben conosciuto anche in Italia grazie alle sue pubblicazioni per Hollow Press e prossimo ospite del Treviso Comic Book Festival.

Ebay Finds con altri pazzi manufatti dal mondo delle aste on line, come una tavola da surf con disegno di Rick Griffin.

Intervista a Brian Blomerth, che ha di recente pubblicato Bicycle Day per Anthology, coloratissimo adattamento a fumetti del famoso “primo trip” di Albert Hofmann.

Who Cares About the Comics?, un saggio di Thomas Inge sull’unicità del medium fumetto.

Due pagine di mini-recensioni con titoli come The Book of Weirdo, Clyde Fans di Seth, Alienation di Inés Estrada, Cannonball di Kelsey Wroten e molti altri.

Un nuovo mini-fumetto di una pagina, questa volta a firma Archie Fitzgerald.

Just Indie Comics Fest 3 a Roma dal 18 al 20 ottobre

In arrivo la terza edizione del Just Indie Comics Fest, a Roma da venerdì 18 a domenica 20 ottobre presso Studio Co-Co in via Ruggero d’Altavilla 10. Per chi non sapesse di cosa si tratta, vi rimando ai reportage delle precedenti edizioni, che trovate in questo e in quest’altro post. Ci saranno come al solito un ospite d’onore, una mostra, la musica, tante novità a fumetti e magari anche qualcos’altro che ci verrà in mente strada facendo. Per ora non dico altro ma vi ho avvisato perché così non prendete impegni in quelle date. Quindi adesso mare mare mare, ma poi tornate sempre a naufragare qui su Just Indie Comics.

JICBC pt. 3: “All Time Comics Zerosis Deathscape” #0

Per chi segue abitualmente questo sito non sarà una sorpresa, dato che lo avevo già preannunciato in questo All Time Comics di ieri e di oggi, approfondimento dedicato alla linea di supereroi creata da Josh Bayer: il terzo fumetto del Just Indie Comics Buyers Club 2019 sarà All Time Comics Zerosis Deathscape #0, ossia il preludio alla nuova “stagione” della serie, che ha abbandonato la Seattle della Fantagraphics Books per spostarsi qualche centinaio di chilometri più a sud, nella Portland della Floating World Comics. Non è questa l’unica novità del nuovo corso dei supereroi di Optic City e dintorni. Questo numero zero segna infatti il debutto di Josh Simmons ai testi e ai disegni, mentre dal #1 arriverà alle matite – dopo i vari Trimpe e Milgrom della stagione 1 – un altro nome del fumetto supereroistico d’annata, ossia Trevor Von Eeden (ThrillerBatmanBlack Lightning). In più non mancherà qualche nome a sorpresa proveniente da territori alternativi, come Gabrielle Bell, Julia Gfrorer e Thomas Toye.

Qui potete vedere le prime due pagine del #0, introdotto dalla figura del Time Vampire Scientist già vista in Bullwhip #1. E’ lui a narrare la storia, guardando lo spazio e il tempo sui suoi monitor, con particolare attenzione al mondo alieno in cui un essere inizialmente mostruoso assume fattezze umanoidi e agli eventi di Optic City nel 1943, dove un orfano viene minacciato dai gangster in un vicolo. L’eco dei fumetti della Warren si unisce ad atmosfere degne del Quarto Mondo di Kirby, con le scene urbane che richiamano le newspaper strip e l’apparizione finale del Red Maniac che ci riporta alla Marvel anni ’70-’80, principale fonte di ispirazione dell’operazione. Sono 15 pagine che servono per lo più da antipasto ma che già mostrano la mano sicura di Simmons alla regia, con i suoi soliti testi oscuri, carichi di pessimismo e tensione, impiantati su quello che si preannuncia come un crossover cosmico alla Infinity Gauntlet.

Oltre alla storia di apertura, Zerosis Deathscape #0 contiene un’intervista a Bayer e Simmons, una biografia illustrata di Von Eeden, i profili degli autori e una preview della nuova serie dedicata a Crime Destroyer, scritta da Jason T. Miles per i disegni di Shaky Kane e in uscita il prossimo autunno. Per ora buona lettura e arrivederci sul webshop di Just Indie Comics, dove sarà presto disponibile anche Zerosis Deathscape #1.

Coming soon… “Bubbles” Zine

I più attenti tra voi avranno scoperto già da qualche tempo l’esistenza di una nuova fanzine dedicata al fumetto, che ultimamente spopola sui profili Instagram di negozi, addetti ai lavori e semplici lettori d’oltreoceano. L’oggetto in questione si chiama Bubbles, si presenta come una “independent fanzine about comics & manga” ed è frutto dell’impegno davvero monumentale di un singolo appassionato con base a Richmond, Virginia.

Le ragioni del successo di una fanzine nata dal nulla si nascondono dietro una semplice domanda: chi fa più riviste amatoriali dedicate al fumetto oggigiorno? Praticamente nessuno, o quasi (l’unico altro esempio recente che mi viene in mente è But is it… Comic Aht? della Domino Books). E invece Bubbles è una fanzine cartacea vecchio stile in bianco e nero e con grafica essenziale, è ricchissima di testi e interviste lunghi e approfonditi ed esce con una periodicità a dir poco spaventosa di questi tempi, dato che dal suo debutto nel marzo di quest’anno è già arrivata al terzo numero, appena uscito negli Usa.

Finora io sono riuscito a leggere i primi due numeri e devo dire che lo spirito entusiasta dell’anonimo curatore di Bubbles è trascinante, mentre i temi sono interessantissimi per chi segue certo fumetto. Cito a caso uno speciale dedicato all’adattamento musicale di Nancy di Ernie Bushmiller (con tanto di riproduzione del libretto dello spettacolo del 1981), approfondimenti e interviste sulle pubblicazioni di case editrici storiche come Blast Books e Gates of Heck, un’intervista a Sammy Harkham sulla storia dell’antologia Kramers Ergot, ecc. E il terzo numero non si preannuncia da meno, dato che contiene inverviste a Tetsunori Tawaraya, Ryan Holmberg e Brian Blomerth.

Per ora non dico altro, perché tornerò su Bubbles con un altro post. Un po’ di copie dei tre numeri della fanzine stanno infatti viaggiando dagli Stati Uniti verso il quartier generale di Just Indie Comics e sarà dunque possibile ordinarli comodamente dal nostro on line shop. A risentirci dunque tra qualche settimana.

Dagli archivi: “Kramers Ergot” #1-3

Con questo post iniziamo a dare un’occhiata a qualche fumetto fondamentale del passato, sperando di avere tempo, voglia e forza di portare avanti questa lodevole – me lo dico da solo – iniziativa. Come anticipato qualche tempo fa presentando la nuova “linea editoriale” di Just Indie Comics, non saranno analisi dettagliate, ma solo delle schede che avranno lo scopo di ripescare alcune “pietre miliari” o delle “chicche” uscite ormai da qualche anno. Cominciamo ripercorrendo le varie incarnazioni dell’antologia Kramers Ergot, fondata e curata dal cartoonist Sammy Harkham, e che nel corso degli anni ha cambiato filosofia, formato, editori, facendo la storia del fumetto alternativo americano del terzo millennio.

In realtà i primi numeri di Kramers non sono quelli arrivati fino a noi, dato che questo curioso titolo era già stato utilizzato per una delle fanzine fotocopiate prodotte da Harkham durante gli anni del liceo, alcune in Australia (dove la famiglia dell’autore si era trasferita per un periodo), altre al ritorno a Los Angeles insieme appunto a David Kramer. Oltre che al cognome del socio, che poi condividerà con Harkham anche l’avventura della libreria Family di Los Angeles, il titolo era ispirato alla canzone Ergot dei Big Black, dall’album Songs About Fucking del 1987. Le fanzine contenevano disegni, fumetti di amici, contenuti “rubati” da altre fonti e tante interviste a band e musicisti, tra cui Will Oldham. Il primo Kramers Ergot “ufficiale” risale invece al 2000 ed è ancora autoprodotto da Harkham sotto la sigla Avodah Books. L’albetto – formato 18 x 24 cm, spillato e di sole 48 pagine – ha poco in comune con quanto si vedrà in seguito, soprattutto a partire dal #4. Harkham, classe 1980, è giovanissimo e il suo stile è ancora immaturo, in più i fumettisti coinvolti sono tutti suoi amici o conoscenti: è il caso di David Brooke, compagno di scuola dei tempi dell’Australia, Justin Howe, un amico del fratello, e Luke Quigley, collega al California Institute of the Arts nella classe di animazione sperimentale. Quigley firma anche la cover del secondo numero, che replica del tutto formato e foliazione del precedente.

Diciamolo chiaramente, non succede niente di particolarmente eccitante in questi primi due numeri. Il materiale è ancora acerbo e la selezione inevitabilmente eterogenea e parziale. La curiosità va rivolta dunque soprattutto alle prime prove di un giovane Harkham, molto diverso dal cartoonist definito e consapevole che cominceremo a vedere a partire da Poor Sailor. Si tratta di un autore che non ha ancora assorbito la lezione dei classici come Roy Crane e Frank King, fondamentali per il futuro sviluppo del segno. Qui i riferimenti sembrano essere per lo più il Dave McKean di Cages o l’Al Columbia di The Biologic Show, che vengono alla mente guardando la storia di una pagina A Wound is an Inherently Disruptive Force o anche il primo capitolo di Where The Sun Still Shines, storia in due puntate che occupa ben 43 pagine tra Kramers #1 e #2, rimandando con le sue atmosfere metropolitane tra il noir e il grottesco al Metropol di Ted McKeever, con qualche eco del Mazzucchelli di Rubber Blanket. Lo stile del giovane Harkham è spesso incerto, a volte caotico e ricco di linee, altre più pulito e ordinato, oscillando inoltre tra una ricerca del realismo e i primi tentativi di rappresentazione simbolica della realtà attraverso gli strumenti tipici delle strip a fumetti. In tal senso gli episodi che lasciano presagire i prossimi interessantissimi sviluppi sono Hearing is not Enough (tre pagine da Kramers #1) e il secondo capitolo di Where The Sun Still Shines, che comincia a far vedere un tratto più rotondo e pulito.

Sammy Harkham da “Kramers Ergot” #1

Kramers #3 mantiene le stesse dimensioni 18 x 24 dei precedenti ma aumenta la foliazione a 128 pagine introducendo di conseguenza la brossura. Si tratta senza ombra di dubbio del numero più riuscito di questo primo lotto, in cui si vedono i prodromi dell’antologia che sarà. Harkham non pesca più tra conoscenze e amicizie, ma mette in moto la sua proverbiale curiosità per cercare quanto di più interessante si muove nel sottobosco statunitense, coinvolgendo nomi oggi ben conosciuti come Anders Nilsen (con gli assurdi e divertenti dialoghi tra Birds) e Hans Rickheit (quest’ultimo arrivato anche in Italia via Eris con The Squirrel Machine). La nota più importante è però il debutto di autori sperimentali come Ben Jones e Joe Grillo, legati alla scena Fort Thunder/Paper Radio/Paper Rodeo, da cui Harkham attingerà a piene mani per il numero successivo. Oltre a questi appena citati, nel volume troviamo Mark Burrier, Stefen Gruber, Kathleen Lolley, Neil Fitzpatrick, Zack Soto, Sara Varon, Luke Quigley, Mat Tait. Conclude il libro lo stesso editor con le 13 pagine di The Last Laugh, l’ennesima storia dell’amante illuso (e deluso) che è una costante delle sue primissime produzioni, caratterizzata da uno stile finalmente neoclassico, più vicino a quello con cui lo identifichiamo ancora oggi.

E per ora è tutto. A risentirci tra qualche giorno, settimana, mese o chissà con un altro episodio della rubrica Dagli archivi, in cui si parlerà di Kramers Ergot #4.

Joe Grillo da “Kramers Ergot” #3