Jason torna sugli scaffali d’Italia

Il titolo così, un po’ da ultim’ora, riflette il nuovo approccio che vorrei dare a questo sito: brevi notizie, segnalazioni, spunti più che veri approfondimenti, tanto ormai ho accettato di non avere quasi mai il tempo (e nemmeno la voglia, diciamolo) di criticare, analizzare, sviscerare. E come i più attenti di voi avranno notato, non a caso le sezioni News e Recensioni si sono unite in un’unica categoria chiamata appunto Attualità. E l’attualità ci impone di dire che Jason torna finalmente nel Bel Paese, dopo essere stato pubblicato anni fa dalla compianta Black Velvet, che fece uscire Ehi, aspetta…, Non puoi arrivarci da qui e Sshhhh!. A riportarlo dalle nostre parti, anche fisicamente dato che era ospite a Lucca Comics & Games, è la 001 Edizioni, per cui esce questo Ho ucciso Adolf Hitler e altre storie d’amore, raccolta in un unico volume lungo 156 pagine di tre mini-graphic novel edite da Fantagraphics, ossia Why Are You Doing This?, Werewolves of Montpellier e appunto I Killed Adolf Hitler. Ne viene fuori un libro che mescola e rilegge in maniera del tutto autoctona generi diversi, dal thriller alla fantascienza, dal mistery fino alla commedia romantica, ricco di riferimenti cinematografici, di tributi alla storia del fumetto e anche di momenti di assoluta malinconia.

Jason è norvegese, vive in Francia (a Montpellier, appunto) e ha trovato fortuna soprattutto negli Usa, dove Fantagraphics ha tutti i suoi libri in catalogo. Maestro della narrazione disegnata, abile anche nel fumetto muto, riesce a essere divertente e profondo, fruibile da tutti e raffinato, semplice e geniale. E’ proprio la finta semplicità il segreto del suo successo, oltre a trame originali in cui il gusto per il paradosso e un umorismo all’inglese (deadpan humor, direbbero gli americani, in modo secondo me ancora più azzeccato) conquistano, divertono, fanno sognare. Soprattutto in questo libro il tono è leggero, da commedia d’altri tempi, lontano per esempio dal dramma di opere precedenti come Ehi, aspetta… Fare una recensione di Ho ucciso Adolf Hitler e altre storie d’amore sarebbe davvero complesso, tante sarebbero le cose da dire, e per questo me lo risparmio volentieri. E con il tempo che guadagno me lo rileggo, consapevole che rimarrò di nuovo affascinato da quel sottofondo di malinconia, dall’impassibilità con cui i protagonisti accettano tragedie, morti, cambiamenti, e da personaggi antropomorfi che si travestono da lupi mannari rimanendo più o meno uguali a prima. Ma se poi esistessero veramente i lupi mannari?

Cartoline da Lucca: Emil Ferris

Tra i vari e numerosi ospiti di Lucca Comics ha avuto particolare risalto Emil Ferris, a cui il festival ha dedicato una bella mostra tutta incentrata su La mia cosa preferita sono i mostri, edito in Italia da Bao e vincitore del Gran Guinigi 2018 come miglior graphic novel (qui la recensione made in Just Indie Comics). La mostra, appunto: allestita grazie alla collaborazione della Galerie Martel di Parigi, dava nuova luce alle singole illustrazioni, che la Ferris ha realizzato inizialmente su diversi livelli per poi assemblarle insieme al testo nella tavola finita. Ricontestualizzati in questo modo, i disegni brillavano di luce propria, quasi assumevano nuovi significati, slegandosi dalla necessità di raccontare per farsi solo guardare. E la presenza di bozzetti, schizzi, studi di personaggi faceva il resto, dando forma a una mostra in cui non ci si limitava a riproporre gli originali di tavole stampate tali e quali sulla pagina ma in cui il disegno puro e semplice era assoluto protagonista.

Notevoli e approfonditi anche i testi di accompagnamento, nonché l’apparato iconografico che li decorava, in un susseguirsi di mostri, titoli da giornaletto horror e atmosfere da b-movie che riproducevano perfettamente l’atmosfera del libro.

La Ferris ha incontrato il pubblico giovedì 31 ottobre al Teatro del Giglio, in una chiacchierata sicuramente interessante ma a cui non ho potuto partecipare. Non ho invece perso l’incontro con la stampa in apertura di festival, mercoledì 30 ottobre, per fortuna intimo (una quindicina i giornalisti presenti) e dunque ancor più intrigante. Si è parlato della malattia che ha colpito l’artista causandole i noti problemi alla mano destra, del suo passato come toy designer, della tecnica di disegno, del secondo volume previsto per l’anno prossimo (ma scommetto che si andrà a finire al 2021) e di molto altro.

Ho colto l’occasione per fare anch’io una domanda, chiedendo alla Ferris quanto consideri importante l’ambientazione per lo sviluppo della trama e in che cosa è diversa la Chicago di oggi dalla Chicago di fine anni ’60 rappresentata ne La mia cosa preferita sono i mostri. Questa la sua risposta: “Il libro è basato su Chicago, anzi, si può tranquillamente dire che Chicago è uno dei protagonisti del libro. In particolare negli anni ’60 la città era un polo di attrazione per una varietà di persone provenienti da tutto il paese. Ad Uptown vivevano nativi americani, ispanici, neri, addirittura indiani. Mi ricordo che una volta, quando ero bambina, venimmo invitati a casa di un amico e ci sedemmo a terra per mangiare il riso su grandi foglie, una cosa che mi ha cambiato completamente la vita. Per quanto riguarda la Chicago di oggi, è popolata come allora da persone che vengono da altri posti ma purtroppo, ed è una cosa che sta succedendo in tutto il mondo, c’è qualcuno lassù – e non mi riferisco a Dio – che cerca intenzionalmente di dividerci e ci fa credere che dobbiamo combattere gli uni con gli altri. E questo è davvero triste, perché preservare una cultura, conservare certe tradizioni, non significa odiare gli altri. Tornando alla domanda, Chicago non è diversa dal resto del mondo, anche lì ci hanno abituati a vivere separati, non uniti. Ma Chicago è forte e Trump ci odia per questo motivo, perché siamo davvero cazzuti”.

“Kramers Ergot” #10

Mentre su queste pagine abbiamo dato un’occhiata ai primi numeri di Kramers Ergot (come potete leggere nella rubrica Dagli archivi), negli USA è uscito il decimo volume dell’antologia curata da Sammy Harkham, come il precedente edito da Fantagraphics. Il #9, debutto per l’editore di Seattle, non mi aveva convinto più di tanto, dato che sembrava una compilation di fumetti come tante altre, poco focalizzata, confusionaria nel suo essere voluminosa (296 pagine). Per carità, di cose belle dentro ce n’erano, ma questo #10 è di tutt’altra categoria, anzi, dal punto di vista della resa d’insieme è uno dei Kramers più riusciti in assoluto.

La prima novità arriva già dal formato, un brossurato di grande dimensioni (36 x 28 cm) ma di foliazione relativamente ridotta (168 pagine). Ne viene fuori un volume agile, che ricorda Raw prima serie, dando agli artisti un ampio spazio di manovra – sfruttato sin dalla pirotecnica copertina di Lale Westvind – ma senza sacrificare la leggibilità. Altra cosa da dire è che stavolta Harkham ha scelto solo e soltanto fumetti, mettendo da parte sketchbook e illustrazioni, probabilmente con lo scopo di focalizzarsi su temi ben precisi. I contributi si muovono infatti su due binari. Il primo è prettamente sociopolitico e riflette il clima che si respira o almeno si respirava negli Stati Uniti quando i fumetti sono stati concepiti. Parliamo soprattutto del 2017 e dell’inizio del 2018, tra l’insediamento della presidenza Trump e l’emergere del movimento Me Too. Immagino che Harkham abbia chiesto ai suoi collaboratori fumetti capaci di riflettere lo spirito dei tempi raccontando di autoritarismo, di ricchezza, dello strapotere delle corporation, di molestie sessuali. Tutto ciò è confermano sia dalla seconda di copertina – una pagina di Noah Van Sciver ambientata durante l’11 settembre 2001 – che dai recuperi d’epoca, in primis due pagine di Robert Crumb in cui tre tonti trogloditi cercano di disegnare senza successo una svastica su un muro. E poi c’è l’imperdibile Trots and Bonnie di Shary Flenniken, una striscia pubblicata negli anni ’70 su National Lampoon che tra una gag e l’altra parla di sessualità e abusi. Una pagina di Gasoline Alley di Frank King è stata invece scelta con tutta probabilità per l’apparizione finale dei poliziotti, che si palesano anche nei lavori di Dash Shaw, Johnny Ryan, Connor Willumsen (fantasticamente disegnato) e altri ancora. Le corporation sono al centro dei contributi di John Pham (occhio al suo J&K di imminente pubblicazione per Fantagraphics), Will Sweeney, Aisha Franz (non al meglio, c’è da dire) e soprattutto Marc Bell, otto splendide pagine come sempre jacovittiane con protagonista il suo personaggio Slogan Schnauzer, affetto da una sorta di Tourette che lo porta a ripetere senza sosta annunci pubblicitari. Anna Haifisch adatta invece un racconto di Mervyn Peake che impone una lettura metaforica, mettendo a segno una prova grafica sopra i suoi standard, anche se personalmente continuo ad avere grosse difficoltà con la sua palette cromatica.

Il secondo tema è in sostanza un omaggio al medium stesso, in quello che a detta di Harkham potrebbe essere l’ultimo numero di Kramers Ergot. Si inseriscono in questo filone sia i già citati recuperi d’epoca che una serie di storielle o strisce di una/due pagine, messe lì a intervallare i contributi prettamente narrativi e dunque a ricordarci cosa era – e cosa può essere ancora oggi – il fumetto. Ecco dunque le gag di Ducky Coco di Anouk Ricard, Rick Altergott con il cult Doofus, Archer Prewitt con Sof’ Boy, una pagina di Simon Hanselmann, nomi ormai celebri come David Collier, Ivan Brunetti e via dicendo. Ma il contributo più significativo in questo senso lo mette a segno Kim Deitch, raccontando la genesi di una collaborazione a quattro mani con Spain per l’East Village Other (ristampata all’interno della storia stessa). Aprono e chiudono il cerchio l’introduzione di Jamie Hernandez, che dettaglia in un denso scritto la nascita di una passione, e l’epigrafe yiddish del sommario, “For a little love, you pay a lifetime”. E, manco a dirlo, la passione e l’amore sono tutte per il fumetto.

In tutto ciò non ho ancora citato le tre autentiche gemme dell’antologia, ossia il maestoso contributo dello stesso Harkham, che come in Kramers #4 si riserva il maggior numero di pagine raccontando l’industria cinematografica con uno spin-off del suo Blood of the Virgin, la solita ipercinetica e scatenata Lale Westvind con la golden age aggiornata ai nostri tempi di Sarka, e infine Liquid On Neutral di C.F., forse la storia più scollegata da tutti i discorsi fatti sinora ma impressionante a livello grafico. Se qualche caduta di tensione c’è ed è normale in un’antologia del genere, si può comunque dire che Kramers #10 è uno dei migliori della serie e quindi assolutamente da non perdere.

Cosa è successo al Just Indie Comics Fest 3

Che bello il Just Indie Comics Fest 3! Chi c’era si è divertito, ha bevuto, ha guardato, ha ascoltato, ha chiacchierato, ha comprato, mentre chi non c’era e ha seguito a distanza ci ha fatto lo stesso i complimenti perché a quanto pare sembrava che tutto fosse interessante e ben organizzato. Insomma, ci è voluto il nostro fest(ival) per far dire la verità ai social. Ma adesso cerchiamo di dire anche qualcosa in più su quanto successo a Roma dal 18 al 20 ottobre scorsi, mostrandovi foto rigorosamente in bassa fedeltà, perché eravamo troppo impegnati a vivere il presente per pensare a documentarlo come si deve. In realtà spero di pubblicare in futuro qualche immagine della mostra, magari insieme alla trascrizione dell’incontro di sabato 19 con Andrea De Franco, principale ospite del festival e autore delle tavole originali e dei disegni che tappezzavano le pareti di Studio Co-Co. Con lui abbiamo parlato di ispirazioni, calligrafia, musica, poesia, autoproduzione, analizzando la sua evoluzione artistica, dagli esordi fino a Intonarumori e al futuro prossimo, rappresentato dal libro che uscirà nel 2020 per Eris Edizioni.

Il Just Indie Comics Fest si era aperto in realtà venerdì 18 con l’inaugurazione della mostra di De Franco e con un incontro con Ratigher, intitolato Cosa leggere in prigione quando sei in bagno. C’è da dire che l’incontro era nato per far parlare il nostro dei suoi fumetti preferiti di sempre, tanto che si doveva riprendere il tema classico dei dischi da portarsi sull’isola deserta, ma poi quando abbiamo cambiato il titolo per sostituire l’abusata immagine dell’isola con quella della prigione la cosa ci è scappata di mano, così che Ratigher è finito a raccontarci cinque libri, fumetti e fanzine che ama ma quasi a caso, “scelti in fretta e senza cognizione di causa come se mi stessero arrestando e per la lunga e improvvisa detenzione afferrassi roba mentre mi trascinano fuori dalla mia abitazione” come ha scritto sulla sua pagina Facebook. Abbiamo così parlato dell’atipico giallo Il caso Cragge di Q. Patrick, del manga The Last Man di Tatsuya Egawa, della fanzine Why I Hate Asia (Asia Argento fuori dall’Europa), di Night Fisher di Kikuo Johnson e di Body Bags di Jason Pearson. Insomma, scelte trasversali che per una volta ci hanno fatto uscire dal seminato.

Tornando a sabato 19, dopo l’incontro con De Franco c’è stato un’altra chiacchierata, questa volta a tre, con protagonista Matthias Lehmann. Con lui hanno dialogato Alessio Trabacchini e Luca Ralli, quest’ultimo anche negli ottimi panni di interprete. Si è così parlato de La favorita (senza spoiler, addirittura) e de Le lacrime di Ezechiele, editi in Italia da 001 Edizioni, ma anche di altre sue fatiche, come il primo folle accuratissimo L’Étouffeur de la RN115 e la più recente raccolta di illustrazioni Agora. Alla fine l’autore francese ci ha anticipato i contenuti del suo prossimo libro, ancora in fase di scrittura. La serata si è poi conclusa con il concerto di Andrea De Franco, che ha dismesso i panni del fumettista per indossare quelli del musicista, anche se alla fine era vestito uguale.

Ultima giornata domenica 20 ottobre, aperta con una serie di presentazioni senza autori. Alessio Trabacchini ci ha così introdotto Parallel Lives di Olivier Schrauwen, Serena Dovì ha parlato dei fumetti di Tara Booth, Olivia Ministeri ci ha portato nel mondo di Tetsunori Tawaraya mentre io ho chiuso il discorso con Art Comic di Matthew Thurber.

A seguire con Fulvio Risuleo e Antonio Pronostico abbiamo chiacchierato di Sniff, settimane bianche, scrittura, amore, e soprattutto della Potenza insolita e segreta. Positivo che alla fine delle presentazioni il pubblico si sia lanciato sui libri accaparrandosi le poche copie disponibili. E dopo tutto ciò altre chiacchiere, altro vino e tutti a casa, con grandi ringraziamenti a tutti quelli che hanno collaborato e sono stati con noi in questi tre giorni.

Ora su Kickstarter “Invisible War” di Diego Lazzarin

Torna con un nuovo fumetto Diego Lazzarin, autore ben noto ai lettori più affezionati di questo sito, dato che fu ospite nel 2017 al primo Just Indie Comics Fest. In quell’occasione lo portammo a Roma con gli originali del suo riuscitissimo quanto stupefacente esordio a fumetti, Aminoacid Boy and the Chaos Order, autoprodotto con il crowdfunding. E anche questo nuovo fumetto verrà finanziato con le stesse modalità, questa volta su Kickstarter, con una campagna che finirà il prossimo 14 novembre.

Invisible War sarà un albo di 52 pagine interamente realizzato, come il precedente, con dipinti in acrilico più o meno grandi uniti a formare le pagine del fumetto. La storia vede protagonista una bambina chiamata Jyoshimi, che vive in un futuro caotico distrutto da un sanguinoso conflitto globale. Il potere è infatti in mano al New Government, che rappresenta le istituzioni finanziare e religiose, e che ha creato una nuova cripto-valuta con cui ha rimpiazzato il dollaro e che può essere utilizzata anche nell’aldilà. Per contrastare i loro oppositori, riuniti in bande di ribelli finanziari chiamati Spekulators, i membri del New Government hanno ingaggiato dei mercenari senza scrupoli, tra cui Josh, il padre di Jyoshimi. Per ora non vi anticipo altro, ma dopo aver visto un pdf parziale del lavoro posso assicurarvi che alla complessità della trama si uniscono i soliti spettacolari dipinti di Lazzarin, una buona dose di mostri, ambientazioni suggestive e sbudellamenti vari.

Cliccate qui per sostenere la campagna Kickstarter e scegliete le vostre ricompense: oltre a Invisible War si possono prenotare anche originali di diverse dimensioni e gli altri due libri di Lazzarin, ossia il già citato Aminoacid Boy e N-EURO C-RACK, l’albo di illustrazioni in serigrafia uscito per Le Dernier Cri. E se volete conoscere meglio l’opera dell’autore, vi rimando a questo post in cui avevo trascritto l’incontro con Diego e Alessandro Galatola avvenuto nel giugno 2017.

JICBC pt. 4: “Smoke Signal” #32 + “Ranchero” di Mike Taylor

Con un po’ di ritardo è partita negli scorsi giorni la quarta e ultima spedizione del Just Indie Comics Buyers Club 2019. I fortunati abbonati Small riceveranno il numero di Smoke Signal dedicato interamente a Cowboy Henk, mentre gli ancora più fortunati Large oltre al tabloid edito dal negozio Desert Island di Brooklyn avranno il mini-comic Ranchero di Mike Taylor.

Portare Smoke Signal in Europa non è una cosa facile e se come me avete cercato di ordinarlo dal sito di Desert Island avrete sicuramente desistito a causa degli spropositati costi di spedizione. Ho dunque colto al balzo del Buyers Club per farmi arrivare questo speciale Cowboy Henk, che in qualche modo è storico dato che è al momento l’unica pubblicazione disponibile negli Stati Uniti con protagonista il folle personaggio creato da Kamagurka e Herr Seele. 44 pagine a colori ci fanno assistere alle folli avventure tra metanarrazione, gusto dell’assurdo e provocazione dell’atipico eroe con il ciuffo biondo, capace di piacere sia agli appassionatissimi di fumetto che ai telespettatori di Drive In.

Come è già capitato in passato, il secondo albo sarà questa volta uguale per tutti gli abbonati Large. Ho infatti scelto di ordinare Ranchero di Mike Taylor, di recente ristampato dall’autore statunitense, che ultimamente ha fatto uscire per Fantagraphics il suo In Christ There Is No East or West. In realtà Taylor è attivissimo da anni nell’ambito dell’autoproduzione e della serigrafia, con la pubblicazione non solo di fanzine (tra cui la sua più famosa, Late Era Clash) ma anche di poster e libri d’arte destinati ai collezionisti. Il suo Ranchero mi aveva colpito al tempo della pubblicazione in The Best American Comics 2017 e così avevo scritto all’epoca: “Mike Taylor disegna con le sue linee generose ed elaborate le vicissitudini di due ragazze adolescenti in una piccola cittadina della Florida, tra magliette dei Metallica, centri commerciali, le attenzioni dei ragazzi più grandi e quelle – non richieste – dei genitori”. Un racconto che è una bomba a orologeria, un disegno che ricorda Raymond Pettibon, un’edizione artigianale come ce ne sono poche, insomma Ranchero ha tutto quel che serve per entrare di diritto nel Buyers Club.

Per chi non è abbonato, segnalo che una quantità limitata dei due fumetti è anche disponibile sul nuovo webshop di Just Indie Comics, quindi se siete interessati fate qualche clic e ordinateli. E con il Buyers Club ci risentiamo come sempre a fine anno, per un’edizione del 2020 che promette sorprese talmente grandi che nemmeno io so ancora quali sono.

Just Indie Comics conquista Big Cartel

Dopo circa un mese di assenza dal fantastico mondo di internet e con il sogno sempre più vivo di girare tutte le piattaforme esistenti per lo shopping on line, sbarca su Big Cartel il webshop di Just Indie Comics. La nuova versione è – almeno per ora – essenziale, dato che saranno disponibili non più di 25 prodotti per volta, sia per risparmiare sul costo dell’abbonamento a Big Cartel che per non dover caricare on line tutti i prodotti disponibili in passato su Tictail e Shopify. Poca spesa, poca fatica, speriamo massima soddisfazione per voi e massimo rendimento per noi, dato che ho cercato di selezionare i titoli più nuovi, più introvabili e anche più pazzeschi tra quelli attualmente a disposizione. E poi troppa scelta fa male, rischiereste di rimanere vittime della paralisi opzionale e di non comprare niente.

Chi segue da tempo queste pagine e chi viene a trovarci ai banchetti sa comunque che il catalogo è molto vasto e non ha che da chiedere via mail o via form di Big Cartel se è disponibile questo o piuttosto quel fumetto (o anche quell’altro là, sì proprio quello…). Non escludo prima o poi di fare una lista, di passare a una versione più estesa di Big Cartel, di cambiare di nuovo piattaforma, di dar vita a un sito di shopping on line autonomo o di iniziare a vendere calzini. Tutto è possibile insomma, e d’altronde chi ha un po’ di peli sotto le ascelle sa benissimo che la vita ci riserva ogni tipo di sorprese.

Facezie a parte, cosa trovate per ora sul nuovo webshop di Just Indie Comics? Beh, abbiamo per esempio Pierrot Alterations di C.F. (di cui avevo parlato in questo post), un paio di libri di Tara Booth tra cui la ristampa di D.U.I uscita di recente per Colorama, l’antologia Crude Intentions edita da Anthology con storie e illustrazioni a tema violenza sessuale, il sesto numero del magazine Now della Fantagraphics con nomi come Theo Ellsworth, Amandine Meyer, Tim Lane, Disa Wallander, Jesse Reklaw e Steven Weissman. E poi fumetti di Cole Johnson, Ian Sundahl, Steven Gilbert e via dicendo. Passando all’Italia, ecco Kap Trap di Mat Brinkman in rappresentanza del catalogo Hollow Press, il recente Un ragazzo gentile di Shin’ichi Abe edito da Canicola (qui una recensione/anteprima), Souvenir di Serena Schinaia, il “nostro” Diego Lazzarin con il suo Aminoacid Boy and the Chaos Order che potete acquistare in attesa del nuovo Invisible War, in questi giorni protagonista di un crowdfunding su Kickstarter.

Insomma, andate a farvi un giro all’indirizzo justindiecomics.bigcartel.com e tenete d’occhio la pagina di tanto in tanto, perché l’idea – che ovviamente verrà disattesa in brevissimo tempo causa pigrizia – è quella di far girare i prodotti vorticosamente. Buoni acquisti e, di conseguenza, buona lettura.


 

Il programma del Just Indie Comics Fest 3

Come già annunciato qualche tempo fa, arriva la terza edizione del Just Indie Comics Fest, dal 18 al 20 ottobre a Roma presso lo Studio Co-Co, in via Ruggero d’Altavilla 10. Quest’anno l’ospite d’onore sarà Andrea De Franco, protagonista di una mostra a lui interamente dedicata. De Franco, da solo e con le pubblicazioni a nome De Press, ha tracciato una nuova linea nella scena italiana, proponendosi come alfiere di un fumetto coraggioso, sperimentale, a volte poetico, altre giocoso. Non potevamo dunque che scegliere di portarlo a Roma per questa edizione del Just Indie Comics Fest e di dedicargli una mostra, oltreché il solito incontro del sabato pomeriggio. Sempre sabato De Franco suonerà sabato sera un live set con il suo progetto Fera, mentre la domenica mattina terrà il workshop Punto linea e basta, organizzato in collaborazione con Studio 54, in cui guiderà i partecipanti nel processo produttivo di una fanzine a fumetti, dal disegno fino alla stampa.

Ma i nomi del Just Indie Comics Fest sono anche altri, a partire da Ratigher, che aprirà le danze venerdì sera con l’incontro Cosa leggere in prigione quando sei in bagno, in cui ci parlerà dei suoi fumetti preferiti, quelli di cui non potrebbe proprio fare a meno. Sabato ci sarà un ospite internazionale, Matthias Lehmann, che dialogherà con Alessio Trabacchini e Luca Ralli e firmerà le copie dei suoi libri pubblicati in Italia da 001 Edizioni, ossia La favorita e Le lacrime di Ezechiele. Domenica pomeriggio arriveranno Fulvio Risuleo e Antonio Pronostico, autori di Sniff uscito qualche settimana fa per Coconino, un libro italiano che vale assolutamente la pena di leggere, capace di stupire per originalità, coerenza interna, profondità: veramente una grandissima sorpresa. Da non dimenticare poi il solito spazio Just Indie Comics Presenta, che quest’anno proporrà Parallel Lives di Olivier Schrauwen (con la partecipazione di Alessio Trabacchini), Art Comic di Matthew Thurber, Assassin Child di Tetsunori Tawaraya (con la partecipazione di Olivia Ministeri) e How To Stay Afloat di Tara Booth (con la partecipazione di Serena Dovì).

Di seguito il programma completo, mentre per aggiornamenti e maggiori dettagli vi rimando all’evento Facebook. E se siete a Roma in quel weekend veniteci ovviamente a trovare.

Just Indie Comics Fest 3, 18-20 ottobre, Studio Co-Co, via Ruggero d’Altavilla 10, Roma

Tre giorni di fumetti underground a cura di Just Indie Comics, CO-CO ed Empty Fridge, con la mostra di Andrea de Franco, incontri, bookshop, workshop e musica

Ingresso libero

⋯ PROGRAMMA ⋯

⇨ Venerdì 18 ottobre

• ore 18.30 apertura bookshop e inaugurazione mostra di Andrea de Franco con aperitivo

• ore 19.30 “Cosa leggere in prigione quando sei in bagno”: incontro con Ratigher

• dalle 21 selezioni musicali a cura di Noia

⇨ Sabato 19 ottobre

• ore 16 apertura mostra e bookshop

• ore 18 incontro con Andrea de Franco
https://www.andreadefranco.com/
https://editionsdepress.bigcartel.com/

• ore 19 Matthias Lehmann, autore de “La favorita” e “Le lacrime di Ezechiele” pubblicati da 001 Edizioni, conversa con Alessio Trabacchini e Luca Ralli
http://blocmatthias.blogspot.com/

• a seguire live set di Fera
https://soundcloud.com/andreadefranco

⇨ Domenica 20 ottobre

• ore 16 apertura mostra e bookshop

• ore 18 Just Indie Comics presenta:

▷ “Parallel Lives” di Olivier Schrauwen con la partecipazione di Alessio Trabacchini
https://justindiecomics.com/2019/02/11/parallel-lives-di-olivier-schrauwen/
▷ “Art Comic” di Matthew Thurber
https://justindiecomics.com/2018/12/28/art-comic-di-matthew-thurber/
▷ “Assassin Child” di Tetsunori Tawaraya con la partecipazione di Olivia Ministeri
https://hollow-press.net/collections/featured-products/products/assassin-child
▷ “How To Stay Afloat” di Tara Booth con la partecipazione di Serena Dovì
http://www.arbitraire.fr/livres_howtostayafloat.php

• ore 19 Fulvio Risuleo e Antonio Pronostico parlano di “Sniff” edito da Coconino Press
https://www.fandangoeditore.it/shop/marchi-editoriali/sniff/

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★ EVENTO SPECIALE ★: “Punto linea e basta”, workshop con Andrea de Franco in collaborazione con Studio 54 Torpignattara
Domenica 20 ottobre ore 10-14

Come realizzare facilmente una fanzine a fumetti, senza stress. Andrea de Franco vi seguirà in tutti gli aspetti della creazione di un fumetto, dal disegno fino alla stampa in Risograph. Alla fine ogni partecipante avrà realizzato la sua piccola fanzine.

“Il mio modo di gestire il workshop si basa sul cercare di creare l’ambiente più favorevole per lavorare nel modo più rapido possibile ad una fanzine, prendendo ad esempio quello che faccio ormai da tre anni, quando decido di fare una zine a mezzanotte e alle tre devo aver finito, perché dormire è bello. Quello che faccio è quindi impostare i fogli in modo che si possa disegnare già nello stesso formato della zine, e che per stamparla basta fotocopiare fronte e retro, piegare e spillare.
Insomma siccome sembra che disegnare i fumetti sia super doloroso e fonte di grandi paranoie, almeno elimino tutti questi ostacoli pratici che sono in realtà tutte le paranoie che bisognerebbe farsi, in modo da concentrarsi sul racconto, sul rapporto tra testo, disegno e layout, insomma sulla ciccia”

La partecipazione è aperta a tutti e i materiali verranno messi a disposizione dall’organizzazione.
Quota di partecipazione: 30€
Chiusura iscrizioni: lunedì 14 ottobre
Numero massimo di partecipanti:12
Per ulteriori informazioni e iscrizioni: justindiecomics@gmail.com

In arrivo “Un ragazzo gentile” di Shin’ichi Abe

Mi considero più uno stronzo che un esperto di fumetto giapponese, per farvi capire quanto poco ci capisco di fumetto giapponese (o quanto sono stronzo). Tuttavia sono in grado, se non sempre almeno spesso, di capire se una cosa mi è piaciuta o meno. E Un ragazzo gentile di Shin’ichi Abe, in uscita il 12 settembre per Canicola, è un fumetto bellissimo, che dovrebbe meritare tutta la vostra attenzione. Elenco dunque un po’ di informazioni che ho appreso tra materiale stampa, biografia dell’autore e quarta di copertina del libro. Abe è considerato uno dei principali esponenti del watakushi manga, genere incentrato sull’esplorazione di sé, oltreché il maggiore erede di Yoshiharu Tsuge. I racconti contenuti in questo volume sono stati pubblicati nelle riviste Garo e Young Comic tra il 1970 e il 1973, ad eccezione dei conclusivi Vita Privata (Shūkan Manga Times, 1976) e Miyoko, l’aria di Tagawa (ancora Garo ma nel 1994). L’atmosfera bohémien, le scene di sesso al limite della molestia, l’alcolismo autodistruttivo rappresentano sicuramente i temi ricorrenti ma non sono il vero punto, perché a emergere in maniera prevalente è un senso di impermanenza, inadeguatezza, incomunicabilità. La narrazione è sempre esilissima, quasi scompare tra vuoti e silenzi. Un racconto come Il Gatto sembra una scena di un film di Antonioni, con i personaggi muti che quasi non riescono a guardarsi negli occhi. Altre volte emergono situazioni più sostanziali, come la necessità di un aborto o un tentativo di suicidio, ma senza che l’apice drammatico venga effettivamente messo in scena.

Al centro della gran parte delle storie, anche quando le stesse vestono i panni della fiction, c’è la biografia di Abe, le prime prove da mangaka, il suo trasferimento a Tokyo, l’alcolismo, il ritorno in provincia. Tutto ciò insieme a Miyoko, la donna che lo accompagna nei suoi spostamenti e di cui spesso conosciamo il punto di vista, con trovate narrative d’avanguardia. Stilisticamente la prima parte del volume stupisce per la presenza invadente dei neri, che dominano la scena. Ci sono alcuni racconti, come Spalle leggere, in cui c’è una netta opposizione tra la semplicità con cui Abe rende i corpi umani e l’accuratezza degli sfondi, sia interni che urbani: sfondi così affascinanti che ricordano le stampe giapponesi e che ci si ferma a guardare interrompendo l’incedere della storia, nello stesso modo in cui ci si incanta davanti ai palazzi nei fumetti di Tardi. La presenza o l’assenza della luce è resa così bene da risultare accecante o, a seconda dei casi, tanto oscura da permeare il cuore dei personaggi, in pagine di incredibile potenza. Abe ricorda senz’altro il già citato Tsuge, con cui condivide una composizione della pagina rigorosa e matura, mentre risulta meno equilibrato del suo collega nella linea, che è più discontinua, libera, adattandosi al contenuto delle storie. Gli ultimi tre racconti mostrano un approccio sostanzialmente diverso rispetto al resto del volume, con l’utilizzo dei grigi e di forme che abbandonano gli spigoli per arrotondarsi. Il tratto diventa quasi underground e in alcuni passaggi sembra addirittura diluire gli inconfondibili connotati geografici, fino a perdere di vista le proporzioni nell’ultima storia datata 1994. Un ragazzo gentile alla fine lascia scossi, turbati, affascinati, emozionati, e si rivela un’altra grande riscoperta del fumetto giapponese d’autore. Non fatevelo scappare.

Dagli archivi: “Kramers Ergot” #4

Nel post precedente della rubrica “Dagli archivi” avevamo lasciato Sammy Harkham alle prese con Kramers Ergot #3, prima vera antologia formato libro dopo le prove generali dei primi due numeri. Tra il #3 e il #4 del magazine passò soltanto un anno ma in mezzo sembra ci sia stata una rivoluzione, perché quando nel 2003 uscì il nuovo numero di Kramers, ancora autoprodotto con il marchio Avodah Books, arrivò sugli scaffali delle più lungimiranti fumetterie statunitensi uno dei libri più importanti che la storia del fumetto alternativo ricordi. Kramers #4 è imponente e anche stupefacente, perché è cosa rara vedere un ragazzo di 23 anni autoprodursi un tomo di 330 pagine in grande formato e per giunta a colori in grado di contenere il meglio dell’indie e dell’underground nord-americano, pescando parimenti tra nomi noti e meno noti. Di sicuro Harkham aveva un po’ di soldi da parte, per decidere di stampare 2500 copie di un volume brossurato 22 x 27 cm affrontando i rischi di un possibile flop sul mercato. E in effetti, come racconta lo stesso editor in un’intervista pubblicata nel #2 della fanzine Bubbles, i primi ordini arrivati tramite Diamond alla Alternative Comics, che curava la distribuzione, furono davvero scarsi: soltanto 300 copie. Ma la situazione ebbe una brusca inversione di rotta con un tour nei negozi di fumetti e nei festival, culminato con una puntata al Mocca di New York, dove “vendemmo in media una copia al minuto”, racconta ancora Harkham. Da lì il passaparola, gli altri ordini ed ecco qui che Kramers Ergot #4 uscì ben presto dalla circolazione, nonostante una tiratura tutt’altro che limitata. Oggi l’antologia è un pezzo raro, difficile da trovare, e con cifre che si aggirano solitamente intorno ai 300 dollari.

Ma insomma, perché tanto clamore? La risposta la affidiamo allo stesso Harkham, che racconta la genesi del volume in questo video su YouTube: “Era il 2002 e in quel periodo c’era tantissimo materiale interessante in giro, soprattutto proveniente dall’area di Providence, ma nessun editore come Fantagraphics o Drawn & Quarterly poteva guardare a tutta quella roba, e così pensai che se fossi riuscito a metterla in un unico libro utilizzando anche il colore e dando spazio a ogni artista per pubblicare non solo fumetti ma anche sketchbook, collage e altre cose, beh, sarebbe stata una cosa eccitante anche come lettore”. Mi sembrano due gli elementi chiave di questa riflessione. Il primo è quello di attingere alla scena di Providence post Fort Thunder, i cui autori si erano già visti in qualche antologia ma che all’epoca era nel complesso poco conosciuta. Il secondo è invece il colore, un fattore che sicuramente ebbe il suo peso per strappare il sì a diversi autori, stuzzicati dall’idea di veder stampato il proprio lavoro in una forma diversa dal bianco e nero solitamente usato nei circuiti alternativi e underground.

Veniamo dunque i nomi coinvolti, in ordine di apparizione: Anders Nilsen, David Lasky, Renée French, Lauren Weinstein, Marc Bell, John Hankiewicz, Mat Brinkman (autore anche della “wraparound cover”), Ron Regé Jr., lo stesso Sammy Harkham, Jim Drain, Ben Jones, Dave Kiersh, C.F., Stefan Gruber, Joe Grillo, Josh Simmons, David Heatley, Souther Salazar, Geneviève Castrée, Allison Cole, Leif Goldberg, Tobias Schalken, Jeffrey Brown, Billy & Laura Grant. Fumetti, illustrazioni e sketchbook si susseguono senza soluzione di continuità, tanto che è compito del lettore capire dove finisce il contributo di un autore e dove ne inizia un altro. Il sommario, riccamente illustrato e che fornisce una sorta di introduzione ai contenuti veri e propri, elenca infatti gli artisti in ordine di apparizione ma senza dare indicazione su quali pagine siano occupate da ciascuno di loro. E d’altronde le pagine non sono nemmeno numerate. L’intento di Harkham sembrava essere, almeno in questo numero della sua antologia, non tanto quello di dare un’idea di omogeneità, quanto di creare uno spazio di sperimentazione continua, mostrando tutte le possibili declinazioni del fumetto “altro” (e quindi non seriale, non di genere, ecc.) agli inizi del terzo millennio.

Difficile citare soltanto qualche contributo tra tutti. Sfogliato di nuovo oggi, a 16 anni dalla pubblicazione, Kramers #4 risulta ancora sperimentale, geniale, all’avanguardia, a volte toccante, altre dissacrante, comunque ricco di spunti. Certo, nel 2003 aveva probabilmente una carica rivoluzionaria che oggi ha in parte perso, dato che ci siamo in qualche modo abituati a certo fumetto: si pensi per esempio a buona parte del catalogo PictureBox, di cui questo volume potrebbe essere considerato una sorta di preview. Ma se proprio devo fare una scelta, il primo autore che mi viene in mente è proprio Sammy Harkham, perché qui ammiriamo per la prima volta tutta la sua bravura. E’ su Kramers Ergot #4 che è stata originariamente pubblicato il suo capolavoro Poor Sailor (in Italia visto prima su Black #7 e poi su Golem Stories, entrambi usciti per Coconino), una drammatica e amara storia di 34 pagine su un uomo che si allontana dalla sua nuova casa e soprattutto dalla moglie per fare il marinaio. Lo definivo qualche anno fa un racconto “caratterizzato da pochi dialoghi e uno stile grafico da strip alla Popeye, su cui Harkham inserisce esplosioni di realismo e violenza”, in quello che era il primo post in assoluto del blog di Just Indie Comics. Oppure si potrebbe descrivere come una canzone di Will Oldham a fumetti, per la capacità di unire uno stile apparentemente classico a dei contenuti spigolosi, amari, crudi, citando tra l’altro un musicista che Harkham stima da sempre e per cui ha realizzato anche copertine di dischi.

Altro pezzo forte sono i due racconti di Anders Nilsen che rileggono il mito di Sisifo, le 24 pagine – praticamente un intero comic book – a firma Marc Bell, le 11 tavole a colori di schizzi e disegni di Mat Brinkman, 21 pagine di C.F. contenenti una storia breve e illustrazioni dai suoi sketchbook, l’incredibile lavoro grafico di Joe Grillo, le illustrazioni di un Leif Goldberg in stato di grazia e poi eccetera eccetera eccetera fino alla collezione di cover scartate che chiude il tutto. E qui chiudo anche io, augurandovi di avere già Kramers Ergot #4 nella vostra libreria o, in caso contrario, di riuscirlo a trovare in giro prima o poi.