“š!” #24 + “mini kuš!” #38-41

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In uno dei miei Best Of del 2015 avevo incluso š! #23, un’uscita particolare dell’antologia lettone, che rompeva il tradizionale canovaccio per raccontare con cinque storie più lunghe e impegnative del solito il tema delle vittime del nazismo. Chiusa quella parentesi si torna all’antico con un nuovo numero, introdotto da una bella cover di Līva Kandevica e contenente oltre venti fumetti brevi di artisti internazionali, questa volta sul tema Urban Jungle. Se il tono generale di questi volumetti formato A6 è giocoso, estemporaneo, ironico, personalmente mi diverto sempre a cercare in ogni numero di š! qualche voce off, che sia grezza, meditativa o astratta. Per esempio in una delle uscite più recenti, quella dedicata al tema Fashion (š! #22), c’erano i contributi di Hetamoé e Léo Quievreux a spiccare su tutti per il modo in cui rileggevano il tema “fashion” come fascinazione legata ai corpi e alla carne. E la stessa Marie Jacotey, che curava la copertina e firmava la storia di apertura, è una cartoonist piacevolmente atipica, dato che il suo stile a matita nasconde sotto la facciata rassicurante una spigolosità sia nel tratto che nel contenuto.

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Abraham Diaz

Quali sono  dunque le voci off di questa nuova uscita? La mia preferenza va senz’altro ad Abraham Diaz, cartoonist messicano classe 1988 di cui sentirete riparlare su Just Indie Comics a proposito del suo Suicida #1. Diaz ha un tratto cartoon scombinato come piace a me e disegna personaggi dalle teste enormi e dalle espressioni tra lo stupido e l’incazzato. Le sue tavole sono piene di righe che vanno per conto loro, di colori che non riempiono mai del tutto lo spazio, di un lettering sgraziato che racconta vicende ironiche e assurde. Esteticamente alieno rispetto al resto è anche G.W. Duncanson, con un bel contributo pittorico in stile urban art, bianco e nero intenso fatto di graffiti, metropolitane, grattacieli: è questo uno di quei fumetti che mi piacerebbe rivedere un giorno in un formato più grande.

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G.W. Duncanson

Sia Diaz che Duncanson sono al debutto sulla rivista, segno che gli editor David Schilter e Sanita Muižniece hanno successo nel ricercare nomi nuovi da aggiungere a quelli abituali. Il che è confermato da altri due debuttanti, più in linea con il tono generale dell’antologia ma non per questo meno interessanti. Mi riferisco in primis a Sami Aho del collettivo finlandese Kutikuti, con un tratto cartoon (ma più armonico rispetto a quello di Diaz) e colori sparatissimi: Fooled Again ricorda esteticamente il lavoro di Anya Davidson ed è un esempio di storia breve divertente e compiuta con un bel feeling underground d’altri tempi. E poi c’è la belga Mathilde Van Gheluwe di Tieten met Haar, con colori acquerello caldi, uno stile affascinante che ricorda l’altro fiammingo Brecht Evens e uno storytelling preciso ed efficace. Non mancano comunque contributi interessanti anche da parte di qualche habitué: penso soprattutto a Dace Sietiņa, il cui stile in costante crescita è sempre più vicino esteticamente all’arte russa degli anni ’50-’60, ad Amanda Baeza che per una volta abbandona la geometria per un bel contributo figurativo in bianco e nero, a Jean de Wet che conferma quanto di buono già aveva fatto vedere nel mini-kuš! #20 (ne parlavo qui).

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Mathilde Van Gheluwe

E a proposito di mini-kuš!, il 17 marzo scorso ne sono usciti altri quattro, tutti di artiste donne. Ne approfitto per darvi una rapida occhiata, a partire dal #38, Three Sisters di Ingrīda Pičukāne, storia appunto di tre sorelle che trovano un uomo nudo in mezzo alla foresta, probabilmente ubriaco. Le donne parlano in francese, l’uomo in russo. E non ci sono sottotitoli, cosa che rende l’albetto un oggetto alieno, una favola moderna che si sviluppa tutta in orizzontale, lasciando i bordi superiore e inferiore della pagina in bianco, in modo da ritagliare una cornice dove raffigurare la coloratissima foresta con un effetto mosaico. Il dualismo femminile/maschile è qui più contrasto che dialogo e la rappresentazione delle protagoniste è quasi esplosiva, con i loro occhi grandi e una sensualità raffinata e intensa. Potremmo quasi opporre questo stile “caldo” e dionisiaco alle atmosfere algide e rigorose del mini-kuš! #40 di Hanneriina Moisseinen. 1944 racconta, come suggerisce il titolo, un episodio di guerra e precisamente l’evacuazione della Carelia, che la cartoonist finlandese mette in parallelo con il parto di un animale, rappresentando la crudeltà della natura e della guerra insieme. Alla storia lineare, seppur a modo suo brutalmente poetica, manca l’impennata decisiva e le matite della Moisseinen sono gradevoli ma troppo didascaliche per i miei gusti.

Tara Booth

Tara Booth

mini-kuš! #39 e #41 sono entrambi senza parole e sono per me anche i migliori del lotto. Il primo è opera dell’americana Tara Booth, che ha fatto il suo debutto nella famiglia lettone proprio su Urban Jungle. Tipica storia di “a day in the life”, Unwell è tutto tranne che ordinaria. La protagonista si risveglia al fianco di un improbabile hipster, sgattaiola via non prima di avergli vomitato nella toilette, inforca la bicicletta, ripensa a quando ha messo gli slip in testa all’amante, dipinge un quadro letteralmente con il culo, esce di casa con il cane, incontra un maniaco in un parco, si ubriaca di nuovo… Non vi svelo il finale ma tutto funziona alla perfezione in questo divertentissimo fumetto che potrebbe sembrare un film muto, disegnato con uno stile patchwork da cartone animato alla South Park e con un bell’uso del colore. La pagina è completamente al servizio della protagonista e dei suoi movimenti, tanto che la scansione in vignette è spesso rotta dai suoi movimenti in verticale. Consigliatissimo, proprio come il mini-kuš! #41, in cui ammiriamo una Aisha Franz in versione technicolor disegnare i contorni di un futuro-non-così-futuro tecnologico, tra droni, identità sessuali cangianti, macchine del piacere. Meno narrativo rispetto al lavoro della Booth, EYEZ punta tutto sull’approccio visivo e su un disegno semplificato rispetto ai lavori precedenti della Franz, che in questa versione iper-pop affascina non poco.

Aisha Franz

Aisha Franz

Per maggiori dettagli sulle nuove uscite e qualche immagine in più vi rimando al blog e al sito di kuš!, ricordandovi che l’editore lettone sarà ospite al Ratatà Festival del 14-17 aprile a Macerata, con un banchetto dove troverete tutte le pubblicazioni e una mostra dedicata alle artiste lettoni Anna Vaivare, Ingrīda Pičukāne, Līva Kandevica e Zane Zlemeša.

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