JICBC pt. 2: “Masquerade” e “My Dog Ivy”
Al via la seconda spedizione del Just Indie Comics Buyers Club 2020, che almeno per ora riesce a superare il momento difficile che stiamo tutti vivendo. In settimana partiranno dunque i pacchetti per gli abbonati, che conterranno Masquerade di Tana Oshima e – per chi ha scelto la versione Large dell’abbonamento – anche un secondo albo, ossia My Dog Ivy di Gabrielle Bell.
Su Masquerade non mi soffermo più di tanto, dato che ne ho già parlato con toni entusiastici qualche tempo fa. Vi rimando dunque a questo post per avere qualche notizia in più sul lavoro dell’autrice di stanza a New York, che spero vi piaccia quanto è piaciuto a me. Non a caso subito dopo averlo letto ho deciso di scegliere questo albetto autoprodotto per la seconda spedizione del Buyers Club, sperando di trovare altri appassionati come me e di continuare a proporre i fumetti della Oshima in Italia attraverso la distribuzione di Just Indie Comics.
Anche su My Dog Ivy, in realtà, c’è poco da dire, dato che ho parlato più e più volte di Gabrielle Bell da queste parti e che gli abbonati “storici” del Buyers Club hanno già ricevuto nel 2017 il suo Get Out Your Hankies. Campionessa del fumetto autobiografico, l’autrice di Lucky e del recentissimo Inappropriate ha nel corso degli anni realizzato anche degli ottimi fumetti di fiction, come quelli contenuti nel mai troppo celebrato Cecil and Jordan in New York, forse uno dei miei fumetti da isola deserta (anche se la lista sarebbe lunga…). Qui la troviamo impegnata nell’autobiografia più spinta, dato che My Dog Ivy è – proprio come Get Out Your Hankies appunto – uno dei diari del mese di luglio che la Bell ha tenuto con cadenza giornaliera da qualche anno a questa parte. Se di solito troviamo la cartoonist/protagonista in quel di New York, in questa estate 2019 le vicende si svolgono a Minneapolis, a casa dell’editore di Uncivilized Books Tom Kaczynski, dove si è trasferita di per prendersi cura del suo cane (Ivy, appunto) mentre lui è in vacanza. Le vicende personali si uniscono all’osservazione della realtà circostante e a fantasticherie varie, creando quel solito perfetto mix che sono i fumetti di Gabrielle Bell.
Free Shit VS Free Shit
Recupero dagli ultimi mesi del 2019 Free Shit di Charles Burns, un tascabile che andrebbe veramente in tasca (è grande all’incirca 14 x 11 cm) se non fosse per il fatto che è un hardcover e conta 208 pagine. Insomma, mettetelo in libreria che è più comodo e arricchisce anche la vostra collezione, con la sua bella copertina e la costa arancione con una F e una S “organiche” (da notare che solo all’interno viene riportato il titolo e che anche sul sito della Fantagraphics il volume viene presentato come Free S**t, perché se aspiri a una distribuzione di massa negli USA certe cose non puoi proprio dirle). Ma – vi chiederete a questo punto – che differenza c’è tra questo volume, a sinistra nell’immagine in alto, e quello che invece vedete a destra e di cui avevo parlato nel sesto episodio della compianta rubrica Misunderstanding Comics nell’ormai lontano 26 ottobre 2016? Beh, innanzitutto complimenti perché conoscete tutti i post del sito a memoria, poi vediamo di rispondere alla vostra gentile domanda. Anzi, grazie per avermela posta.
Free Shit è il titolo di una fanzine che Burns realizza di tanto in tanto regalandola ai festival, alle sessioni di autografi o alle mostre. Raccoglie schizzi, disegni, appunti, abbozzi di fumetti ma anche elaborazioni grafiche di materiale già pubblicato, foto tratte da b-movie, collage, strisce a fumetti di altri autori: insomma, si tratta degli sketchbook di Burns – o almeno degli sketchbook che il cartoonist statunitense ha voglia di far vedere ad amici e fan – con l’aggiunta di altro materiale che l’autore di Black Hole trova interessante o che l’ha ispirato. Il volumetto di Le Dernier Cri, pubblicato nel 2016 in edizione limitata e con copertina serigrafata, allargava il pubblico della fanzine burnsiana ai 1000 fortunati che l’hanno prontamente acquistato. Infatti, come capita spesso quando si tratta di certi autori, la tiratura andò velocemente esaurita e così tre anni dopo arriva Fantagraphics a ristampare l’opera, aggiungendo giusto un paio di centimetri nelle dimensioni, una copertina rigida e soprattutto 24 pagine. Perché nel frattempo Burns ha continuato a partorire (ma forse non è il termine esatto) la sua “free shit”: se infatti il volume francese raccoglieva i primi 22 numeri della fanzine, quello targato Fantagraphics arriva al #25, con nuove illustrazioni di cui vi fornisco un paio di anteprime qui sotto.
Il volume di Le Dernier Cri si chiudeva con una nota di Burns che diceva: “You got any free shit? Sì… Sì, ce l’ho. Ma c’è soltanto un piccolo problema… Questa volta non è gratis. Che ci posso fare? Le cose vanno così e basta. E’ come mi diceva mia madre quando ero un ragazzino: Niente è gratis a questo mondo“. La nota posta in chiusura del volume Fantagraphics fa invece un po’ di storia: “Dunque… Come è iniziato tutto ciò? Da quel che mi ricordo ero a un firmacopie, un bel po’ di tempo fa, verso la fine degli anni ’90, e un tizio è venuto da me e mi ha chiesto: You got any free shit? E io non ce l’avevo. E mi dispiaceva… Ma Free Shit mi è sembrato un nome perfetto per un fumetto o una rivista. E così poco dopo ho iniziato a mettere insieme una piccola fanzine di otto pagine… Ne stampo ogni volta una cinquantina di copie e la do ai festival e ai firmacopie agli amici o a chiunque è interessato ad avere un po’ di… free shit. Questa è una raccolta dei primi 25 numeri”.
Disponibile “L’età d’oro” di Chris Reynolds
In occasione della mostra di Chris Reynolds a BilBOlbul 2019, la rivista online di critica e approfondimento sul fumetto Banana Oil si è fatta carico di pubblicare un albo dell’autore britannico complementare all’antologia Un mondo nuovo edita da Tunué. L’età d’oro, che ora è finalmente disponibile on line nel webshop di Just Indie Comics, conta 32 pagine e contiene all’interno cinque brevi fumetti rimasti fuori dal volume curato da Seth per la New York Review Comics. Se la storiella di apertura con protagonista Monitor funge da introduzione, gli altri racconti si concentrano su un particolare tassello dell’universo narrativo di Reynolds, ossia quella dimensione che viene definita appunto L’età d’oro. Chi ha letto Un mondo nuovo sa già di cosa stiamo parlando, perché lì si trova un episodio che vede protagonisti Robert e il Signor Ranger, personaggi che appaiono anche qui, insieme al pestifero Cwiss e alla direttrice della scuola di Robert. Proprio il rapporto, insolitamente romantico, tra il ragazzo e la direttrice è il tema centrale di queste storie, raggiungendo il suo culmine in una gara di corsa che è metafora spietata di parecchie storie d’amore. Ma gli spunti non finiscono qui, perché il lavoro di Reynolds è come sempre sfaccettato e profondo, e ogni particolare è utile sia a svelare misteri che a crearne altri. In questo caso poi la scrittura è ancora più sperimentale del solito, se non altro per il modo improvviso in cui inserisce episodi di violenza e particolari visionari, come gli archi scintillanti e le scale dorate che ricorrono in un paio d’occasioni.
L’albo è arricchito dal saggio Mauretania: la realtà fuori asse. Il mondo nuovo di Matteo Gaspari, deus ex machina di Banana Oil che si occupa anche di traduzione e lettering. Per la cronaca, L’età d’oro è stato venduto al BilBOlbul e in alcune sporadiche occasioni da Tunué, ma finora non era disponibile on line. E per approfondire il lavoro di Reynolds vi rimando alla trascrizione dell’incontro con l’autore britannico avvenuto lo scorso dicembre presso Risma Bookshop.
“Mister Morgen” di Igor Hofbauer
Non vi dirò dell’atmosfera decadente tra degrado metropolitano e futuro post-apocalittico, né dei corpi mutanti à la Cronenberg, o degli inevitabili riferimenti all’estetica delle avanguardie e dei movimenti del primo ‘900 (costruttivismo ed espressionismo in primis). E non vi dirò nemmeno di cosa parlano le storie di Mister Morgen di Igor Hofbauer, finalmente arrivato in Italia lo scorso novembre per Tabularasa Edizioni in collaborazione con Strane Dizioni, Bisso Edizioni Palermo e Teké Gallery, perché lo fa benissimo l’introduzione di Vittore Baroni: “I rituali di sangue di una donna in rosse vesti sacerdotali individuano allineamenti di monumenti sepolcrali sormontati da sculture aliene, dove anche lei verrà inumata; una non più giovane chanteuse, un tempo celebre, vive rinchiusa nella gabbia di uno zoo e, con la complicità di un inserviente dalle fattezze mostruose, compie crimini efferati; un gruppo di musicisti rock con teste da cani lupo allestisce per strada un eversivo concerto per voce, chitarra, auto e mazza da baseball; un irsuto controllore di contatori elettrici ha un incontro sessuale a tre con la coppia che vive nella sua casetta-barometro; un virus trasforma in feroci zombi antropofagi i passeggeri di un treno e si diffonde rapidamente nei diroccati hotel della costa; una cospirazione di condomini fa incolpare un anziano scrittore di un delitto che non ha commesso, mentre la cavia umana di un ipnotico light show vomita un calamaro nero parlante”.
Di cosa vi dirò, dunque? E perché Mister Morgen è un libro così importante oggi, nel 2020, anche se in Italia è uscito l’anno scorso e io arrivo come spesso succede in ritardo? Citando ancora l’introduzione, Mister Morgen è un libro importante perché sa distinguersi in quello che Baroni definisce “l’attuale panorama di produzioni fumettistiche largamente standardizzate e prevedibili”. Viviamo in un’epoca in cui, anche e soprattutto “grazie” alla rete e ai social media, persino i contenuti “altri” – quelli che abitualmente avremmo chiamato “alternativi”, “indie” o “underground” – si sono standardizzati. Ecco dunque che guardare ad altri riferimenti, a un immaginario lontano nel tempo, che parte appunto dalle avanguardie storiche per arrivare alla new wave anni ’80 – musicale e non – passando per l’estetica dell’autoproduzione dell’Europa dell’Est, è una boccata d’aria fresca. Hofbauer è Hofbauer, ha il suo stile e va per la sua strada, non pensa a promuoversi ma anzi promuove gli altri, soprattutto i gruppi musicali per cui ha realizzato dozzine di manifesti. Sarebbe potuto stare benissimo su Raw o Alter Alter ma è anche attuale: guardando le sue tavole non riesci a capire esattamente di che anno è, potrebbe risalire ai primi anni ’80 come all’altro ieri, e infatti Mister Morgen è stato pubblicato in Francia e in Croazia nel 2016. Quelle di Hofbauer sono pagine che raccontano degrado, disfacimento, deformazioni, spesso in chiave fantastica, ma in cui si sente anche il peso della Storia, perché gli scenari fanno inevitabilmente pensare all’ex Jugoslavia post-bellica.
Un’altra cosa la direi sul linguaggio utilizzato dall’autore croato, che è il vero collante del libro, lo strumento che unisce i diversi racconti, anche quelli che non si collegano in maniera esplicita tra loro. La cifra stilistica di Hofbauer è il frammento, come si capisce sin dall’Intro, sei tavole che racchiudono pezzi di intrecci che torneranno poco dopo e che ci fanno entrare nel suo mondo con poche essenziali inquadrature cinematografiche. La pagina d’apertura di Branko, il racconto che inaugura il volume, è invece puro fumetto: nella prima vignetta orizzontale un uomo piscia da un ponte e il liquido diventa la linea di demarcazione tra le due vignette sottostanti – dove vediamo dei topi sbranare un uccello – per poi finire in acqua nell’ultima striscia. E che dire dei dettagli rossi che colorano di tanto in tanto il bianco e nero, utilizzati per mettere in risalto personaggi, luoghi, indumenti, secrezioni corporee? Li ritroviamo quando appare Mister Morgen in persona, un vecchio sdentato che dorme per terra in un palazzone fatiscente e va a procurarsi il suo pezzo di carne insieme a dei poveracci come lui (a essere fatta a pezzi da macellai senza volto è l’enorme carcassa di un cetaceo). E pensare che Mister Morgen è in realtà il soprannome di Ivo Robić, un sorridente Sinatra croato con l’aspetto di un impiegato della canzone, ingenuo profeta di tempi migliori. Tempi migliori che, evidentemente, nelle storie di Hofbauer non sono ancora arrivati.
Mister Morgen è disponibile nelle “migliori librerie”, sul sito dell’editore (dove trovate anche un’edizione limitata con copertina serigrafata) e anche nel webshop di Just Indie Comics, dove potete acquistarlo insieme ad altri fumetti anomali, stupefacenti e di difficile reperibilità.
“Hammerspace” #1 pre-order
Hammerspace è una nuova rivista pubblicata da Eyeworks, un festival itinerante (nel 2019 si è svolto a Los Angeles, Chicago e New York) dedicato all’animazione sperimentale e astratta, a cura di Alexander Stewart e di Lilli Carré, quest’ultima fumettista nota per Heads or Tails pubblicato da Fantagraphics nonché, dalle nostre parti, per la mostra che BilBOlbul le ha dedicato nel 2015. Leggendo la descrizione che ne forniscono i due autori (e coniugi), “il termine hammerspace deriva dal cliché di un personaggio dei cartoni animati che solleva un oggetto, come un grosso martello, da dietro la sua schiena” e si riferisce più in generale al concetto di “spazio” nel senso di luogo in cui gli oggetti possono muoversi o essere riposti. A dire la loro su questo tema sono stati chiamati scrittori, fumettisti e designer, in un magazine dedicato per lo più all’animazione ma che spazia anche tra altre forme d’arte come il fumetto, la grafica, i videogiochi. Nel primo numero troviamo così lo scrittore e video-artista Steve Reinke con un saggio sul pioneristico Asparagus di Suzan Pitt (1979), un’intervista di Mary Beams alla filmmaker Annapurna Kumar, immagini sequenziali realizzate del fumettista John Hankiewickz (autore di Asthma ed Education), un articolo di Austin English sul rivoluzionario editor Dc Comics Mort Weisinger, illustrazioni tratte dagli inventari dei classici adventure game. Oltre ai già citati, la lista dei collaboratori include Scott Bukatman, Margaux Duseigneur, Stefanie Leinhos e Sonnenzimmer. Il design e il layout sono di Dakota Brown.
Hammerspace #1 è stampato in risograph in sole 400 copie e conta 76 pagine. Dato il costo elevato (25 euro per noi italiani), la rivista sarà disponibile soltanto in pre-oder fino a venerdì 7 febbraio al link qui in basso.
Al via “Fuori gli autori” da Risma
Segnalo qui un appuntamento che prenderà il via mercoledì 5 febbraio alle 19:30 presso la libreria Risma, in via Augusto Dulceri 51 a Roma. Si chiamerà Fuori gli autori – Un ciclo di presentazioni in absentia e sarà un format in cui critici, librai, idraulici, blogger, impiegati di banca, editor, editori, youtuber, facchini di Santa Rosa, grafici, massaggiatori, pizzaioli, montatori video, intellettuali, influencer e chi più ne ha più ne metta parleranno di fumetti alla non-presenza degli autori. E a volte ci saranno anche fumettisti… Ma mai i fumettisti di cui si parla.
Per il primo incontro, che abbiamo deciso di dedicare allo scottante e attualissimo tema “animali antropomorfi”, potevamo avere ospiti Jason e Simon Hanselmann ma abbiamo detto NO! Altrimenti perché l’evento si chiamerebbe Fuori gli autori? Saranno quindi Alessio Trabacchini e il sottoscritto a parlare di Ho ucciso Adolf Hitler e altre storie d’amore edito da 001 Edizioni e di Bad Gateway pubblicato da Coconino Press. E vi assicuro che non sarà una presentazione come le altre, perché alle chiacchiere si alterneranno proiezioni video (con spezzoni tratti dai film preferiti di Jason), reperti audio dalla recente intervista-fiume di Hanselmann a The Comics Journal e ospiti a sorpresa. Di più non dico per non svelarvi troppo, e non entro nemmeno nel merito dei libri, dato che su Just Indie Comics si è già parlato di entrambi. Vi lascio dunque a qualche link e, per chi è a Roma, vi do appuntamento al prossimo 5 febbraio.
JASON TORNA SUGLI SCAFFALI D’ITALIA
RECENSIONE DI “BAD GATEWAY” DI SIMON HANSELMANN
EVENTO FACEBOOK FUORI GLI AUTORI – JASON E SIMON HANSELMANN RACCONTATI DA RISMA
Ora in pre-order Cobra II, Act 2
Nonostante la sceneggiatura di Sylvester Stallone in persona, la regia “visionaria” di George Pan Cosmatos, la colonna sonora tipicamente eighties e una sfavillante Brigitte Nielsen, il film Cobra non ebbe mai un seguito. Ma, come i più informati di voi già sapranno, ci ha pensato l’artista israeliano Teddy Goldenberg a raccontarci un’altra avventura – questa volta a fumetti – del tenente Marion Cobretti (che rima, eh?). La prima parte di Cobra II uscì verso la fine del 2018 e fu il quarto fumetto di quell’edizione del Just Indie Comics Buyers Club. Adesso, dopo poco più di un anno, Goldenberg pubblica un nuovo albo di 48 pagine, capitolo conclusivo della storia.
Alla fine del primo atto avevamo lasciato Cobretti alle prese con un nuovo maniaco assassino, forse dotato di artigli e capace persino di decapitare le sue vittime. Gli indizi lo avevano portato a cercare il “mostro” nel Virtual Maze, un luogo misterioso in cui si svolge l’inizio di questo secondo atto. Per chi non ha letto quel primo capitolo, vi assicuro che le atmosfere sono esattamente quelle del film: siamo ancora in una Los Angeles devastata dalla criminalità, la polizia brancola nel buio, Cobra spara le sue frasi sintetiche e reazionarie con estrema facilità e sullo sfondo si sentono le note di sax e tastiera. E chissà che magari in questo secondo atto vedremo il nostro eroe mangiare una mela o magari accompagnarsi con la bionda Ingrid Knudsen…
Volete avere la soddisfazione di dire agli amici che avete ordinato Cobra II 2? O addirittura volete ordinare 2 Cobra II 2 uno per voi e uno per vostro zio? Bene, avete tempo fino a lunedì 3 febbraio. Dato che si tratta di un secondo capitolo e che venderlo da solo risulterebbe decisamente complicato, ho deciso infatti di mettere on line l’albo soltanto in pre-order. Per chi non si fosse ancora procurato il primo capitolo della storia, è disponibile anche un pack, sempre e soltanto in pre-order fino al 3 febbraio, contenente entrambi i volumetti. Seguono i link e un po’ di immagini. This is where the graphic novels stop… and Just Indie Comics starts!
COBRA II ACT 2 BY TEDDY GOLDENBERG PRE-ORDER
“Masquerade” di Tana Oshima
Quanto conta il testo in un fumetto? Ovviamente tanto, anche se di solito non è la prima cosa su cui ci si sofferma. Se quando teniamo tra le mani un romanzo ci viene subito da leggere l’incipit, il fumetto di solito viene sfogliato, guardato, visto e non letto. La prima impulsiva sensazione è dunque legata alla sfera visiva, cioè al disegno, alla costruzione della pagina, ai colori. Ed è un’abitudine che forse bisognerebbe combattere. Per esempio, quando le ho viste on line, le immagini di Masquerade di Tana Oshima mi hanno incuriosito ma non immediatamente conquistato, al punto che, una volta che mi è arrivato l’albo tramite la solita benemerita distribuzione della Domino Books, l’ho lasciato lì a maturare per un bel po’ di tempo, settimane direi, anzi mesi. Fino a quando l’altro giorno ho iniziato a leggerlo… Ed è stato subito amore.
Come Five Perennial Virtues #6 di David Tea di cui parlavo qualche giorno fa, Masquerade è un fumetto inclassificabile e starebbe benissimo in un’ipotetica e splendida antologia di fumetti inclassificabili. E’ composto da una storia principale di 11 pagine e un epilogo di 4 che insiste su temi come l’amore, la vita di coppia, l’istinto, i confini e il sentirsi fuori posto ma sempre in chiave astratta, senza nemmeno un legame troppo stretto con quanto visto in precedenza. Inizia come se fosse un sogno, con la frase “Everything I wanted was there, in a beautiful lie”, e continua con la protagonista che attraversa continenti, fiumi, montagne, incontra delle persone, fino a quando si legge “There where nights of love and mornings of friendship” e si capisce che non è un sogno puro e semplice ma qualcos’altro. Cosa, non lo sapremo mai fino in fondo. E ci sarebbe un’altra domanda da fare, oltre a quella d’apertura, cioè cosa ci cattura in modo particolare in un testo. Perché certe volte si trovano delle opere che ci parlano direttamente, come se usassero il nostro stesso linguaggio o fossero memorie che ci appartengono. O come se le parole ce ne ricordassero altre, che abbiamo apprezzato e amato. E in questo caso il fenomeno è ancora più strano, perché si tratta di un testo in inglese scritto da un’autrice giapponese di madre spagnola (e letto da un italiano, tra l’altro). Ma il linguaggio poetico della Oshima supera tutte queste barriere (i confini, appunto) e incanta, facendoci apprezzare ancor di più il disegno, tant’è che non siamo più soltanto incuriositi ma definitivamente conquistati, come succede con i migliori fumetti. Il pranzo è servito.
Graham, Bethea, Tea e… Comic Aht?
Sono già disponibili da qualche giorno nel webshop tre nuovi fumetti a firma Alex Graham, David Tea ed E.A. Bethea, autori che qualcuno di voi ha già potuto conoscere tramite il sito e la distribuzione di Just Indie Comics. In più è sbarcato anche dalle nostre parti il secondo numero di But Is It… Comic Aht?, la rivista edita da Domino Books e curata da Austin English e August Lipp. Dato che si tratta senz’altro di materiale poco convenzionale, ho deciso di presentarli e contestualizzarli brevemente, cominciando da…
This Never Happened #1 & 2 – Trattasi del nuovo fumetto di Alex Graham, che gli abbonati 2019 al Just Indie Comics Buyers Club ricorderanno per lo splendido (almeno secondo i miei parametri) volume Angloid. Da allora la Graham ci ha regalato un altro piccolo gioiello come lo spillato autoconclusivo Going to Heaven e si è appunto pubblicata per conto proprio le prime due parti di This Never Happened, in cui inizia a serializzare una nuova storia lunga. Per me la cartoonist (e pittrice) di base a Seattle è una delle poche che ancora oggi sventola la bandiera del classico fumetto underground, riportando alla mente quarant’anni di storia del genere, dalle madrine di Wimmen’s Comix al disagio urbano di Mark Beyer, il tutto mixato con un po’ di sano autobiografismo alla Gabrielle Bell. Giusto per farvi capire, il #1 inizia con la protagonista che cammina per strada mentre piove, scopre di avere di nuovo i pidocchi, perde un dente, attacca un barbone che le chiede i soldi e, mentre se la prende come nella migliore delle tradizioni con i genitori (“It’s my parents’ fault I turned out this way. They didn’t read literature”), viene scaricata via messaggio dal fidanzato.
Scopriremo poi che il suo nome è Ingus, che per campare fa la barista mentre nel tempo libero si diletta come cabarettista, e la seguiremo tra casa sua e le vie di una città piena di sporcizia e povertà mentre incontra amici, affronta le inevitabili conseguenze della separazione, guarda la tv, sogna, impreca e fa smorfie di ogni tipo. Il tutto è, almeno in parte, autobiografico? Beh forse no, perché this never happened.
Forlorn Toreador – E a proposito di autrici donne e fuori dagli schemi, ecco che ritorna E.A. Bethea, un’artista di New York che se seguite il sito regolarmente non ha certo bisogno di presentazioni, dato che gli dedicai un piuttosto approfondito post sul vecchio blog (lo trovate ancora qui) e scelsi un paio di anni fa il suo Book of Daze per il Just Indie Comics Buyers Club. La Bethea non è certo facile da approcciare, soprattutto per noi “stranieri”, dato che la sua potrebbe essere definita poesia disegnata più che fumetto, ma il suo approccio unico, lirico, a volte ironico vale tutti i possibili sforzi.
Forlorn Toreador è la sua ultima autoproduzione ed è uno spillato di 48 pagine in grande formato che mostra tutti i lati della sua arte, dai classici testi illustrati alle splash page fino a intere pagine piene di testo, sempre scritto a mano nel suo inconfondibile stampatello. Se vi piacciono la poesia beat, il jazz, i vecchi film, gli speakeasy, i bassifondi oppure semplicemente camminare ubriachi per strada, questo è il “fumetto” che fa per voi.
Five Perennial Virtues #6 (Bronze Table of the Blade Masters) – Continuano le ristampe del materiale d’annata di David Tea, a cui si aggiungono nuovi contenuti “speciali”. A dire il vero qui dell’albo originale c’è ben poco, dato che solo le prime 11 delle 80 pagine di questo spillatone fotocopiato sono identiche a quelle del 2007, mentre il resto è inedito o modificato. A Tea avevo brevemente accennato nel mio report dal CAKE di Chicago, portando poi in Italia qualche copia della ristampa del #2 della sua serie Five Perennial Virtues. Chi ha già letto quell’albo sa cosa aspettarsi dunque, o forse no, dato che in questo caso la dimensione narrativa è ancora più astratta che in precedenza. Nelle prime pagine vediamo così il nostro protagonista David Tea (un giardiniere nel fumetto ma non nella vita reale, ci tiene a precisare) cercare un tavolo nel suo caffè preferito, trovarne uno che però è sporco, pulirselo da solo e quindi incontrare i suoi amici Cactus Max (un cactus appunto) e Crazy Eight, quest’ultimo definito “a dreamer & a problem solver”, dalle fattezze di una piovra con un cilindro in testa.
Da qui partono una serie di discorsi sui rifiuti, i legionari romani, i peplum e l’università del Minnesota, intervallati da illustrazioni soltanto abbozzate prima in tema e poi a caso, fino a quando il disegno puro e semplice prende il sopravvento e l’albo finisce. Ma in realtà soltanto chi si è seduto al “Bronze Table of the Blade Masters” può davvero capire quello che sto dicendo. I fumetti di David Tea sono tra i più inclassificabili che io abbia mai letto, e per me questo è un grandissimo complimento.
But Is It… Comic Aht? #2 – E a proposito di Tea, una sua intervista viene pubblicata in questo secondo numero del magazine edito da Domino Books per la cura di Austin English e August Lipp. Senz’altro una buona occasione per sapere qualcosa in più su quest’autore talmente sconosciuto e uscito dai radar da far pensare che si trattasse di uno pseudonimo. Ma non è questa l’unica gemma di una rivista ricchissima di contenuti, stampata su carta economica, con una grafica semplice e che punta tutto sul testo e sull’approfondimento. Tra una cover di Lilli Carré e una quarta di Chris Chilla troviamo altre interviste (Anna Haifisch, Julia Gfrorer, Andy Douglas Day – occhio al suo Boston Corbett, di prossima uscita per Sonatina), un bell’articolo di Bob Levin (autore di The Pirates and the Mouse e Outlaws, Rebels, Freethinkers & Pirates) su Johnny Craig, un approfondimento a cura di Keren Katz su Ilan Manouach, due interessantissime pagine di Tim Goodyear sui suoi mini comics preferiti del recente passato e un bel po’ di fumetti a firma E.A. Bethea, Victor Cayro, Marlene Frontera e soprattutto David King, che dedica quattro pagine di “docu-comic” al periodo Trencher di Keith Giffen. Per me imperdibile, poi fate un po’ voi.
Dieci fumetti del 2019
Dopo aver saltato senza scrupoli quello del 2018, torna il solito Best di fine anno, in una versione sintetica e, come tutte le classifiche, totalmente arbitraria. Se in passato sono stato ben più scientifico, in questa lista ho semplicemente elencato in ordine casuale 10 titoli che mi sono più piaciuti tra quelli che ho letto quest’anno, senza distinzione tra materiale nuovo, traduzioni, ristampe, albetti, graphic novel e via dicendo. Ne è venuto fuori un mix senza senso che però sono sicuro piacerà alla gente che piace. Ovviamente al centro di tutte le classifiche di questo tipo ci sono le questioni logistiche della vita quotidiana – ovvero tutto ciò che non sono ancora riuscito a leggere – e soprattutto le preferenze personali, che determinano inevitabilmente le scelte di lettura. Da ciò consegue che questa lista è più figlia del pregiudizio che di un vero e proprio giudizio. Ma non è forse il pregiudizio l’unica nostra arma di difesa in questo pazzo pazzo mondo?
Rusty Brown di Chris Ware (Pantheon) – Diciamolo subito, tanto non ne possiamo certo fare a meno. Come non mettere questo nuovo libro di Chris Ware in una classifica del genere? Soprattutto tenendo conto che è la terza grande opera (dopo Jimmy Corrigan e Building Stories) di uno dei cartoonist più importanti di sempre? E – tanto per fare un’altra domanda – perché non vi leggete questo post in cui ho già parlato di Rusty Brown invece di farmi scrivere altro?
Clyde Fans di Seth (Drawn and Quarterly/Coconino) – “Ognuno dei cinque capitoli ha un tema e una forma diversa, creando una macro-struttura più ampia incentrata sulla vita dei due fratelli Matchcard, Abraham e Simon, proprietari di una società di ventilatori. Sulla psiche estremamente complessa di entrambi, le loro dinamiche interpersonali e il rapporto con la madre si dilungano queste 450 pagine che rappresentano uno dei capolavori del fumetto di sempre. Seth approfondisce una serie di temi: la solitudine e l’isolamento innanzitutto, ma anche la depressione, la chiusura in se stessi, la difficoltà nell’affrontare gli aspetti più pratici della vita, il tempo che passa, i cambiamenti tecnologici, il fascino quasi perverso della nostalgia, la suggestione per una dimensione che potremmo definire “mistica” e che esiste (forse) al di là della realtà tangibile. L’autore mette in mostra nei due fratelli Matchcard aspetti della sua personalità e della sua biografia, estremizzandoli e rendendoli di nuovo fiction, come già aveva fatto in It’s A Good Life. Non succede niente di così clamoroso e tragico nel senso tradizionale del termine in Clyde Fans eppure alla fine sembra che tanto sia successo, almeno dentro noi lettori. Si tratta di una storia graffante, che smentisce ancora una volta la visione di Seth come un autore nostalgico e leccato mostrando gli aspetti più aspri e visionari della sua arte”. Chi l’ha scritto? Io. Dove? Se proprio volete saperlo qui. Aggiornamento: nel frattempo è uscita anche l’edizione italiana, pubblicata da Coconino. Ulteriore nota: la storia si è conclusa nel 2018 su Palookaville #23 (dopo oltre 20 anni di lavorazione) ma il volume unico è del 2019.
Pierrot Alterations di CF (Anthology) – Quante cose si possono fare con il fumetto? Tante, davvero tante. A dimostrarlo il fatto che in questa lista – dopo due libroni pieni di testo, contenuti e storie come quelli di Ware e Seth – ci sia questo volumetto di CF, con una trama a dir poco esile, una serie di disegni, un paio di buchi nelle pagine, un bordo tagliato. Come dice di lui Sammy Harkham: “Non so proprio perché il suo lavoro risulti così incisivo. Davvero non lo so”. E anche io non so dirvi perché ma questo fumetto – che vibra di un’energia strana, insondabile, inspiegabile – è tra i migliori dell’anno. Per ulteriori dettagli leggete proprio qua.
Kramers Ergot #10 (Fantagraphics) – CF contribuisce anche al più recente numero dell’antologia di Sammy Harkham, con una storia breve ma esteticamente impressionante. Non è l’unica gemma di un volume ricchissimo, ben congegnato e pregno di contenuti, al tempo stesso uno spaccato degli Stati Uniti contemporanei e un tributo alla storia del fumetto. Ma anche in questo caso vi rimando a quanto scritto in passato.
Un mondo nuovo di Chris Reynolds (Tunuè) – Tra le cose migliori di Kramers Ergot #10 c’è Trots and Bonnie di Shary Flenniken, una striscia pubblicata negli anni ’70 su National Lampoon e che verrà ristampata dalla New York Review Comics, forse il migliore editore contemporaneo in quanto a recuperi d’epoca. E sempre alla NYRC si deve l’edizione originale di The New World di Chris Reynolds, presente in questa classifica grazie alla recente edizione italiana di Tunuè, realizzata in occasione della mostra dello scorso novembre a BilBOlbul e a cui ha fatto seguito anche una tappa romana da Risma Bookshop. Un mondo nuovo è un’antologia delle storie pubblicate da Reynolds tra la seconda metà degli anni ’80 e i primi anni ’90, compresa la graphic novel Mauretania, che si era vista anche in Italia via Feltrinelli. Il libro, curato da Seth, è davvero incredibile e propone un mondo veramente “nuovo”, unico nel suo genere, misterioso, profondo, poetico. Se tutto va bene dovrei tornare sull’argomento in un prossimo post, ma intanto vi dico che se c’è un libro uscito in Italia quest’anno che dovete assolutamente comprare… beh, è questo.
Sniff di Fulvio Risuleo e Antonio Pronostico (Coconino) – E a proposito di Italia, quest’anno sono stati pubblicati diversi bei libri e uno di questi è senza alcun dubbio Sniff del duo Risuleo & Pronostico, che nel frattempo sono diventati anche amici miei. E quindi dico che il loro fumetto è bello perché sono amici miei o sono amici miei perché il loro fumetto è bello? In realtà nessuna delle due, e Sniff compare in questa lista per pieno merito, dato che fa tutto quello che un fumetto di autori esordienti o comunque “giovani” dovrebbe fare, ossia partire da un’idea forte e svilupparla fino alle estreme conseguenze, non addormentandosi sulla trovata iniziale ma lavorando sulla trama fino a costruire un finale solido, cosa davvero rara di questi tempi. E in più si tratta di un fumetto fumetto, cioè di un fumetto che non può essere nient’altro che se stesso, che lavora sulla forma e la piega alle sue esigenze. Davvero complimenti dunque agli autori e anche alla casa editrice per aver creduto nel progetto.
Italo di Vincenzo Filosa (Rizzoli Lizard) – E arriva sul finire dell’anno un’altra bomba italiana, ambientata tra Milano e la Calabria ma con il disegno che guarda come sempre al Giappone. Italo unisce la tradizione del fumetto nostrano alla Andrea Pazienza con i temi sociali ed esistenziali del gekiga, trascendendo il tema della dipendenza dalle droghe per arrivare alla denuncia sociale. La condizione di Italo, il suo precariato, le sue frustrazioni sono le stesse che si leggevano nei fumetti giapponesi di qualche decennio fa, da Yoshiharu Tsuge a Shin’ichi Abe, da Yoshikazu Ebisu a Seiichi Hayashi. E Filosa ha la stessa capacità dei suoi maestri nel rappresentare il suo alter ego con onestà, delineando una figura tutt’altro che accattivante – non a caso il sottotitolo del libro è Educazione di un reazionario – ma trattandola con umanità, senza ergersi al di sopra di essa. E i disegni, come in Figlio unico, sono di nuovo eccezionali.
Un ragazzo gentile di Shin’ichi Abe (Canicola) – E a proposito di Abe, e anche di Filosa dato che ha tradotto questo libro, eccoci a un altro grande recupero di Canicola dopo L’uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge. Sicuramente più irregolare e meno misurato del suo predecessore, Abe è un autore che sa emozionare per la spontaneità con cui racconta la sua condizione di artista. Per qualche parola in più vi rimando a questa anteprima di qualche mese fa.
Sunday #2 di Olivier Schrauwen (Colorama) – Quando Sunday sarà completato verrà salutato come una pietra miliare del fumetto, facendo arrivare probabilmente Schrauwen agli occhi del pubblico di massa, magari anche in Italia. Nessuno ha mai raccontato la contemporaneità come lui, toccando anche argomenti spinosi (i social media, per esempio) senza mai scadere nel luogo comune o nel gioco fine a se stesso. Il fumettista belga sa divertire con intelligenza, strizza l’occhio al lettore ma riesce al tempo stesso a essere profondo, questa volta con una storia che indaga come poche il quotidiano di tutti noi (la serie si propone di raccontare un’intera domenica di Thibault Schrauwen, presunto cugino dell’autore) inserendolo al tempo stesso nel contesto in cui viviamo, tra accenni alla cronaca e riferimenti a una dimensione universale in cui agiscono le forze della natura. Ne viene fuori un incredibile viaggio nella psiche dell’uomo del XXI secolo. Da non perdere, e se non avete ancora letto il primo numero (che compariva, nella sua prima versione autoprodotta, nel mio Best Of 2017), vi segnalo che l’ho scelto come fumetto inaugurale del Just Indie Comics Buyers Club 2020.
Bradley of Him di Connor Willumsen (Koyama) – Ed eccolo qui l’ultimo arrivato, la lettura di fine anno che però entra dritta dritta in questa classifica. Willumsen è il canadese che non annoia, ideale per chi come me si è stufato delle trovate finto-brillanti ma in realtà stantie dei vari DeForge, Jacobs e compagnia. E il bello è che il nostro Connor scherza con il fuoco, ossia con i riferimenti pop di cui avremmo piene le tasche, realizzando un fumetto tutto ambientato a Las Vegas con protagonista un certo Murray che forse però non è Murray ma sì certo che è Murray o forse no è Bradley Cooper anche se in realtà va in giro vestito come Lance Armstrong e gioca alle slot di Una notte da leoni. Insomma, nella migliore delle ipotesi l’identità è fluida, proprio come sono fluidi i disegni, che dimenticano ancora una volta la suddivisione in vignette e puntano tutto – cosa senz’altro piacevole in questo mondo digitale – sulla linea e sul bianco e nero (e grigio). Ne viene fuori un fumetto contemporaneo e classico al tempo stesso, non così indecifrabile come sembra ma comunque stimolante, divertente, inquietante e splendidamente disegnato.