Ora disponibili i tre numeri di “Heelage”

Direttamente da Portland, Oregon, arrivano nel webshop di Just Indie Comics i tre numeri di Heelage, an anthology of high heel art. Era il 2013 quando il fumettista, illustratore, regista e attore Ian Sundahl – già noto ai più attenti lettori di questo sito per la sua serie Social Discipline – curava e pubblicava il primo numero di questa fanzine formato A4 tutta dedicata ai tacchi, con illustrazioni, fumetti, testi, dipinti, manifesti cinematografici, foto vintage e ritagli di riviste della sua collezione personale. Ad accompagnare Sundahl una serie di artisti, per lo più dell’Oregon ma non solo, a cui molti altri si sono aggiunti nei numeri successivi, datati rispettivamente 2017 e 2019. Tra i più assidui collaboratori si possono citare J.T. Dockery, Chris Cilla, Patrick Keck, Bobby Madness, Max Clotfelter, Leo Franks, Baal. Ma qua e là appaiono anche altri nomi che suoneranno familiari a chi conosce il mondo del fumetto alternativo statunitense, come Josh Simmons, Carlos Gonzalez, Jason T. Miles. La parte del leone la fa ovviamente il padrone di casa, con una serie di disegni realizzati nel suo solito inconfondibile stile, qualche fumetto breve in cui si sofferma sulla tassonomia dei tacchi o sul rumore che essi producono, approfondimenti sulle Nike Air Jordan High Heels (sì, esistono davvero) e anche un breve racconto, forse autobiografico, intitolato A Festish Star is Born. Il tono è sempre lo stesso dei fumetti di Sundahl, quindi scordatevi le passerelle o il sushi del sabato sera e pensate piuttosto a strip club malfamati, bar dei distributori di benzina, vecchi e sudici divani domestici, strade assolate, polverose e deserte all’ora di pranzo. Di seguito qualche esempio per rendere l’idea.

Vi rimando ai link seguenti per acquistare Heelage #1Heelage #2 e Heelage #3, ricordandovi come sempre che le quantità sono limitatissime e inoltre che in questo periodo particolare le spedizioni vengono effettuate tutte via corriere e quindi sono veloci ma anche piuttosto onerose. Per chi compra almeno 50€ di fumetti c’è però la possibilità di avere la spedizione totalmente gratuita inserendo il codice ITALIA50 al check-out.

JICBC pt. 2: “Masquerade” e “My Dog Ivy”

Al via la seconda spedizione del Just Indie Comics Buyers Club 2020, che almeno per ora riesce a superare il momento difficile che stiamo tutti vivendo. In settimana partiranno dunque i pacchetti per gli abbonati, che conterranno Masquerade di Tana Oshima e – per chi ha scelto la versione Large dell’abbonamento – anche un secondo albo, ossia My Dog Ivy di Gabrielle Bell.

Su Masquerade non mi soffermo più di tanto, dato che ne ho già parlato con toni entusiastici qualche tempo fa. Vi rimando dunque a questo post per avere qualche notizia in più sul lavoro dell’autrice di stanza a New York, che spero vi piaccia quanto è piaciuto a me. Non a caso subito dopo averlo letto ho deciso di scegliere questo albetto autoprodotto per la seconda spedizione del Buyers Club, sperando di trovare altri appassionati come me e di continuare a proporre i fumetti della Oshima in Italia attraverso la distribuzione di Just Indie Comics.

Anche su My Dog Ivy, in realtà, c’è poco da dire, dato che ho parlato più e più volte di Gabrielle Bell da queste parti e che gli abbonati “storici” del Buyers Club hanno già ricevuto nel 2017 il suo Get Out Your Hankies. Campionessa del fumetto autobiografico, l’autrice di Lucky e del recentissimo Inappropriate ha nel corso degli anni realizzato anche degli ottimi fumetti di fiction, come quelli contenuti nel mai troppo celebrato Cecil and Jordan in New York, forse uno dei miei fumetti da isola deserta (anche se la lista sarebbe lunga…). Qui la troviamo impegnata nell’autobiografia più spinta, dato che My Dog Ivy è – proprio come Get Out Your Hankies appunto – uno dei diari del mese di luglio che la Bell ha tenuto con cadenza giornaliera da qualche anno a questa parte. Se di solito troviamo la cartoonist/protagonista in quel di New York, in questa estate 2019 le vicende si svolgono a Minneapolis, a casa dell’editore di Uncivilized Books Tom Kaczynski, dove si è trasferita di per prendersi cura del suo cane (Ivy, appunto) mentre lui è in vacanza. Le vicende personali si uniscono all’osservazione della realtà circostante e a fantasticherie varie, creando quel solito perfetto mix che sono i fumetti di Gabrielle Bell.

Free Shit VS Free Shit

Recupero dagli ultimi mesi del 2019 Free Shit di Charles Burns, un tascabile che andrebbe veramente in tasca (è grande all’incirca 14 x 11 cm) se non fosse per il fatto che è un hardcover e conta 208 pagine. Insomma, mettetelo in libreria che è più comodo e arricchisce anche la vostra collezione, con la sua bella copertina e la costa arancione con una F e una S “organiche” (da notare che solo all’interno viene riportato il titolo e che anche sul sito della Fantagraphics il volume viene presentato come Free S**t, perché se aspiri a una distribuzione di massa negli USA certe cose non puoi proprio dirle). Ma – vi chiederete a questo punto – che differenza c’è tra questo volume, a sinistra nell’immagine in alto, e quello che invece vedete a destra e di cui avevo parlato nel sesto episodio della compianta rubrica Misunderstanding Comics nell’ormai lontano 26 ottobre 2016? Beh, innanzitutto complimenti perché conoscete tutti i post del sito a memoria, poi vediamo di rispondere alla vostra gentile domanda. Anzi, grazie per avermela posta.

Free Shit è il titolo di una fanzine che Burns realizza di tanto in tanto regalandola ai festival, alle sessioni di autografi o alle mostre. Raccoglie schizzi, disegni, appunti, abbozzi di fumetti ma anche elaborazioni grafiche di materiale già pubblicato, foto tratte da b-movie, collage, strisce a fumetti di altri autori: insomma, si tratta degli sketchbook di Burns – o almeno degli sketchbook che il cartoonist statunitense ha voglia di far vedere ad amici e fan – con l’aggiunta di altro materiale che l’autore di Black Hole trova interessante o che l’ha ispirato. Il volumetto di Le Dernier Cri, pubblicato nel 2016 in edizione limitata e con copertina serigrafata, allargava il pubblico della fanzine burnsiana ai 1000 fortunati che l’hanno prontamente acquistato. Infatti, come capita spesso quando si tratta di certi autori, la tiratura andò velocemente esaurita e così tre anni dopo arriva Fantagraphics a ristampare l’opera, aggiungendo giusto un paio di centimetri nelle dimensioni, una copertina rigida e soprattutto 24 pagine. Perché nel frattempo Burns ha continuato a partorire (ma forse non è il termine esatto) la sua “free shit”: se infatti il volume francese raccoglieva i primi 22 numeri della fanzine, quello targato Fantagraphics arriva al #25, con nuove illustrazioni di cui vi fornisco un paio di anteprime qui sotto.

Il volume di Le Dernier Cri si chiudeva con una nota di Burns che diceva: “You got any free shit? Sì… Sì, ce l’ho. Ma c’è soltanto un piccolo problema… Questa volta non è gratis. Che ci posso fare? Le cose vanno così e basta. E’ come mi diceva mia madre quando ero un ragazzino: Niente è gratis a questo mondo“. La nota posta in chiusura del volume Fantagraphics fa invece un po’ di storia: “Dunque… Come è iniziato tutto ciò? Da quel che mi ricordo ero a un firmacopie, un bel po’ di tempo fa, verso la fine degli anni ’90, e un tizio è venuto da me e mi ha chiesto: You got any free shit? E io non ce l’avevo. E mi dispiaceva… Ma Free Shit mi è sembrato un nome perfetto per un fumetto o una rivista. E così poco dopo ho iniziato a mettere insieme una piccola fanzine di otto pagine… Ne stampo ogni volta una cinquantina di copie e la do ai festival e ai firmacopie agli amici o a chiunque è interessato ad avere un po’ di… free shit. Questa è una raccolta dei primi 25 numeri”.

Disponibile “L’età d’oro” di Chris Reynolds

In occasione della mostra di Chris Reynolds a BilBOlbul 2019, la rivista online di critica e approfondimento sul fumetto Banana Oil si è fatta carico di pubblicare un albo dell’autore britannico complementare all’antologia Un mondo nuovo edita da Tunué. L’età d’oro, che ora è finalmente disponibile on line nel webshop di Just Indie Comics, conta 32 pagine e contiene all’interno cinque brevi fumetti rimasti fuori dal volume curato da Seth per la New York Review Comics. Se la storiella di apertura con protagonista Monitor funge da introduzione, gli altri racconti si concentrano su un particolare tassello dell’universo narrativo di Reynolds, ossia quella dimensione che viene definita appunto L’età d’oro. Chi ha letto Un mondo nuovo sa già di cosa stiamo parlando, perché lì si trova un episodio che vede protagonisti Robert e il Signor Ranger, personaggi che appaiono anche qui, insieme al pestifero Cwiss e alla direttrice della scuola di Robert. Proprio il rapporto, insolitamente romantico, tra il ragazzo e la direttrice è il tema centrale di queste storie, raggiungendo il suo culmine in una gara di corsa che è metafora spietata di parecchie storie d’amore. Ma gli spunti non finiscono qui, perché il lavoro di Reynolds è come sempre sfaccettato e profondo, e ogni particolare è utile sia a svelare misteri che a crearne altri. In questo caso poi la scrittura è ancora più sperimentale del solito, se non altro per il modo improvviso in cui inserisce episodi di violenza e particolari visionari, come gli archi scintillanti e le scale dorate che ricorrono in un paio d’occasioni.

L’albo è arricchito dal saggio Mauretania: la realtà fuori asse. Il mondo nuovo di Matteo Gaspari, deus ex machina di Banana Oil che si occupa anche di traduzione e lettering. Per la cronaca, L’età d’oro è stato venduto al BilBOlbul e in alcune sporadiche occasioni da Tunué, ma finora non era disponibile on line. E per approfondire il lavoro di Reynolds vi rimando alla trascrizione dell’incontro con l’autore britannico avvenuto lo scorso dicembre presso Risma Bookshop.

“Mister Morgen” di Igor Hofbauer

Non vi dirò dell’atmosfera decadente tra degrado metropolitano e futuro post-apocalittico, né dei corpi mutanti à la Cronenberg, o degli inevitabili riferimenti all’estetica delle avanguardie e dei movimenti del primo ‘900 (costruttivismo ed espressionismo in primis). E non vi dirò nemmeno di cosa parlano le storie di Mister Morgen di Igor Hofbauer, finalmente arrivato in Italia lo scorso novembre per Tabularasa Edizioni in collaborazione con Strane Dizioni, Bisso Edizioni Palermo e Teké Gallery, perché lo fa benissimo l’introduzione di Vittore Baroni: “I rituali di sangue di una donna in rosse vesti sacerdotali individuano allineamenti di monumenti sepolcrali sormontati da sculture aliene, dove anche lei verrà inumata; una non più giovane chanteuse, un tempo celebre, vive rinchiusa nella gabbia di uno zoo e, con la complicità di un inserviente dalle fattezze mostruose, compie crimini efferati; un gruppo di musicisti rock con teste da cani lupo allestisce per strada un eversivo concerto per voce, chitarra, auto e mazza da baseball; un irsuto controllore di contatori elettrici ha un incontro sessuale a tre con la coppia che vive nella sua casetta-barometro; un virus trasforma in feroci zombi antropofagi i passeggeri di un treno e si diffonde rapidamente nei diroccati hotel della costa; una cospirazione di condomini fa incolpare un anziano scrittore di un delitto che non ha commesso, mentre la cavia umana di un ipnotico light show vomita un calamaro nero parlante”.

Di cosa vi dirò, dunque? E perché Mister Morgen è un libro così importante oggi, nel 2020, anche se in Italia è uscito l’anno scorso e io arrivo come spesso succede in ritardo? Citando ancora l’introduzione, Mister Morgen è un libro importante perché sa distinguersi in quello che Baroni definisce “l’attuale panorama di produzioni fumettistiche largamente standardizzate e prevedibili”. Viviamo in un’epoca in cui, anche e soprattutto “grazie” alla rete e ai social media, persino i contenuti “altri” – quelli che abitualmente avremmo chiamato “alternativi”, “indie” o “underground” – si sono standardizzati. Ecco dunque che guardare ad altri riferimenti, a un immaginario lontano nel tempo, che parte appunto dalle avanguardie storiche per arrivare alla new wave anni ’80 – musicale e non – passando per l’estetica dell’autoproduzione dell’Europa dell’Est, è una boccata d’aria fresca. Hofbauer è Hofbauer, ha il suo stile e va per la sua strada, non pensa a promuoversi ma anzi promuove gli altri, soprattutto i gruppi musicali per cui ha realizzato dozzine di manifesti. Sarebbe potuto stare benissimo su Raw Alter Alter ma è anche attuale: guardando le sue tavole non riesci a capire esattamente di che anno è, potrebbe risalire ai primi anni ’80 come all’altro ieri, e infatti Mister Morgen è stato pubblicato in Francia e in Croazia nel 2016. Quelle di Hofbauer sono pagine che raccontano degrado, disfacimento, deformazioni, spesso in chiave fantastica, ma in cui si sente anche il peso della Storia, perché gli scenari fanno inevitabilmente pensare all’ex Jugoslavia post-bellica.

Un’altra cosa la direi sul linguaggio utilizzato dall’autore croato, che è il vero collante del libro, lo strumento che unisce i diversi racconti, anche quelli che non si collegano in maniera esplicita tra loro. La cifra stilistica di Hofbauer è il frammento, come si capisce sin dall’Intro, sei tavole che racchiudono pezzi di intrecci che torneranno poco dopo e che ci fanno entrare nel suo mondo con poche essenziali inquadrature cinematografiche. La pagina d’apertura di Branko, il racconto che inaugura il volume, è invece puro fumetto: nella prima vignetta orizzontale un uomo piscia da un ponte e il liquido diventa la linea di demarcazione tra le due vignette sottostanti – dove vediamo dei topi sbranare un uccello – per poi finire in acqua nell’ultima striscia. E che dire dei dettagli rossi che colorano di tanto in tanto il bianco e nero, utilizzati per mettere in risalto personaggi, luoghi, indumenti, secrezioni corporee? Li ritroviamo quando appare Mister Morgen in persona, un vecchio sdentato che dorme per terra in un palazzone fatiscente e va a procurarsi il suo pezzo di carne insieme a dei poveracci come lui (a essere fatta a pezzi da macellai senza volto è l’enorme carcassa di un cetaceo). E pensare che Mister Morgen è in realtà il soprannome di Ivo Robić, un sorridente Sinatra croato con l’aspetto di un impiegato della canzone, ingenuo profeta di tempi migliori. Tempi migliori che, evidentemente, nelle storie di Hofbauer non sono ancora arrivati.

Mister Morgen è disponibile nelle “migliori librerie”, sul sito dell’editore (dove trovate anche un’edizione limitata con copertina serigrafata) e anche nel webshop di Just Indie Comics, dove potete acquistarlo insieme ad altri fumetti anomali, stupefacenti e di difficile reperibilità.

“Hammerspace” #1 pre-order

Hammerspace è una nuova rivista pubblicata da Eyeworks, un festival itinerante (nel 2019 si è svolto a Los Angeles, Chicago e New York) dedicato all’animazione sperimentale e astratta, a cura di Alexander Stewart e di Lilli Carré, quest’ultima fumettista nota per Heads or Tails pubblicato da Fantagraphics nonché, dalle nostre parti, per la mostra che BilBOlbul le ha dedicato nel 2015. Leggendo la descrizione che ne forniscono i due autori (e coniugi), “il termine hammerspace deriva dal cliché di un personaggio dei cartoni animati che solleva un oggetto, come un grosso martello, da dietro la sua schiena” e si riferisce più in generale al concetto di “spazio” nel senso di luogo in cui gli oggetti possono muoversi o essere riposti. A dire la loro su questo tema sono stati chiamati scrittori, fumettisti e designer, in un magazine dedicato per lo più all’animazione ma che spazia anche tra altre forme d’arte come il fumetto, la grafica, i videogiochi. Nel primo numero troviamo così lo scrittore e video-artista Steve Reinke con un saggio sul pioneristico Asparagus di Suzan Pitt (1979), un’intervista di Mary Beams alla filmmaker Annapurna Kumar, immagini sequenziali realizzate del fumettista John Hankiewickz (autore di Asthma ed Education), un articolo di Austin English sul rivoluzionario editor Dc Comics Mort Weisinger, illustrazioni tratte dagli inventari dei classici adventure game. Oltre ai già citati, la lista dei collaboratori include Scott Bukatman, Margaux Duseigneur, Stefanie Leinhos e Sonnenzimmer. Il design e il layout sono di Dakota Brown.

Hammerspace #1 è stampato in risograph in sole 400 copie e conta 76 pagine. Dato il costo elevato (25 euro per noi italiani), la rivista sarà disponibile soltanto in pre-oder fino a venerdì 7 febbraio al link qui in basso.

PRE-ORDER HAMMERSPACE #1

Al via “Fuori gli autori” da Risma

Segnalo qui un appuntamento che prenderà il via mercoledì 5 febbraio alle 19:30 presso la libreria Risma, in via Augusto Dulceri 51 a Roma. Si chiamerà Fuori gli autori – Un ciclo di presentazioni in absentia e sarà un format in cui critici, librai, idraulici, blogger, impiegati di banca, editor, editori, youtuber, facchini di Santa Rosa, grafici, massaggiatori, pizzaioli, montatori video, intellettuali, influencer e chi più ne ha più ne metta parleranno di fumetti alla non-presenza degli autori. E a volte ci saranno anche fumettisti… Ma mai i fumettisti di cui si parla.

Per il primo incontro, che abbiamo deciso di dedicare allo scottante e attualissimo tema “animali antropomorfi”, potevamo avere ospiti Jason e Simon Hanselmann ma abbiamo detto NO! Altrimenti perché l’evento si chiamerebbe Fuori gli autori? Saranno quindi Alessio Trabacchini e il sottoscritto a parlare di Ho ucciso Adolf Hitler e altre storie d’amore edito da 001 Edizioni e di Bad Gateway pubblicato da Coconino Press. E vi assicuro che non sarà una presentazione come le altre, perché alle chiacchiere si alterneranno proiezioni video (con spezzoni tratti dai film preferiti di Jason), reperti audio dalla recente intervista-fiume di Hanselmann a The Comics Journal e ospiti a sorpresa. Di più non dico per non svelarvi troppo, e non entro nemmeno nel merito dei libri, dato che su Just Indie Comics si è già parlato di entrambi. Vi lascio dunque a qualche link e, per chi è a Roma, vi do appuntamento al prossimo 5 febbraio.

JASON TORNA SUGLI SCAFFALI D’ITALIA

RECENSIONE DI “BAD GATEWAY” DI SIMON HANSELMANN

EVENTO FACEBOOK FUORI GLI AUTORI – JASON E SIMON HANSELMANN RACCONTATI DA RISMA

 

Ora in pre-order Cobra II, Act 2

Nonostante la sceneggiatura di Sylvester Stallone in persona, la regia “visionaria” di George Pan Cosmatos, la colonna sonora tipicamente eighties e una sfavillante Brigitte Nielsen, il film Cobra non ebbe mai un seguito. Ma, come i più informati di voi già sapranno, ci ha pensato l’artista israeliano Teddy Goldenberg a raccontarci un’altra avventura – questa volta a fumetti – del tenente Marion Cobretti (che rima, eh?). La prima parte di Cobra II uscì verso la fine del 2018 e fu il quarto fumetto di quell’edizione del Just Indie Comics Buyers Club. Adesso, dopo poco più di un anno, Goldenberg pubblica un nuovo albo di 48 pagine, capitolo conclusivo della storia.

Alla fine del primo atto avevamo lasciato Cobretti alle prese con un nuovo maniaco assassino, forse dotato di artigli e capace persino di decapitare le sue vittime. Gli indizi lo avevano portato a cercare il “mostro” nel Virtual Maze, un luogo misterioso in cui si svolge l’inizio di questo secondo atto. Per chi non ha letto quel primo capitolo, vi assicuro che le atmosfere sono esattamente quelle del film: siamo ancora in una Los Angeles devastata dalla criminalità, la polizia brancola nel buio, Cobra spara le sue frasi sintetiche e reazionarie con estrema facilità e sullo sfondo si sentono le note di sax e tastiera. E chissà che magari in questo secondo atto vedremo il nostro eroe mangiare una mela o magari accompagnarsi con la bionda Ingrid Knudsen…

Volete avere la soddisfazione di dire agli amici che avete ordinato Cobra II 2? O addirittura volete ordinare 2 Cobra II 2 uno per voi e uno per vostro zio? Bene, avete tempo fino a lunedì 3 febbraio. Dato che si tratta di un secondo capitolo e che venderlo da solo risulterebbe decisamente complicato, ho deciso infatti di mettere on line l’albo soltanto in pre-order. Per chi non si fosse ancora procurato il primo capitolo della storia, è disponibile anche un pack, sempre e soltanto in pre-order fino al 3 febbraio, contenente entrambi i volumetti. Seguono i link e un po’ di immagini. This is where the graphic novels stop… and Just Indie Comics starts!

COBRA II ACT 2 BY TEDDY GOLDENBERG PRE-ORDER

COBRA II PACK BY TEDDY GOLDENBERG PRE-ORDER

“Masquerade” di Tana Oshima

Quanto conta il testo in un fumetto? Ovviamente tanto, anche se di solito non è la prima cosa su cui ci si sofferma. Se quando teniamo tra le mani un romanzo ci viene subito da leggere l’incipit, il fumetto di solito viene sfogliato, guardato, visto e non letto. La prima impulsiva sensazione è dunque legata alla sfera visiva, cioè al disegno, alla costruzione della pagina, ai colori. Ed è un’abitudine che forse bisognerebbe combattere. Per esempio, quando le ho viste on line, le immagini di Masquerade di Tana Oshima mi hanno incuriosito ma non immediatamente conquistato, al punto che, una volta che mi è arrivato l’albo tramite la solita benemerita distribuzione della Domino Books, l’ho lasciato lì a maturare per un bel po’ di tempo, settimane direi, anzi mesi. Fino a quando l’altro giorno ho iniziato a leggerlo… Ed è stato subito amore.

Come Five Perennial Virtues #6 di David Tea di cui parlavo qualche giorno fa, Masquerade è un fumetto inclassificabile e starebbe benissimo in un’ipotetica e splendida antologia di fumetti inclassificabili. E’ composto da una storia principale di 11 pagine e un epilogo di 4 che insiste su temi come l’amore, la vita di coppia, l’istinto, i confini e il sentirsi fuori posto ma sempre in chiave astratta, senza nemmeno un legame troppo stretto con quanto visto in precedenza. Inizia come se fosse un sogno, con la frase “Everything I wanted was there, in a beautiful lie”, e continua con la protagonista che attraversa continenti, fiumi, montagne, incontra delle persone, fino a quando si legge “There where nights of love and mornings of friendship” e si capisce che non è un sogno puro e semplice ma qualcos’altro. Cosa, non lo sapremo mai fino in fondo. E ci sarebbe un’altra domanda da fare, oltre a quella d’apertura, cioè cosa ci cattura in modo particolare in un testo. Perché certe volte si trovano delle opere che ci parlano direttamente, come se usassero il nostro stesso linguaggio o fossero memorie che ci appartengono. O come se le parole ce ne ricordassero altre, che abbiamo apprezzato e amato. E in questo caso il fenomeno è ancora più strano, perché si tratta di un testo in inglese scritto da un’autrice giapponese di madre spagnola (e letto da un italiano, tra l’altro). Ma il linguaggio poetico della Oshima supera tutte queste barriere (i confini, appunto) e incanta, facendoci apprezzare ancor di più il disegno, tant’è che non siamo più soltanto incuriositi ma definitivamente conquistati, come succede con i migliori fumetti. Il pranzo è servito.

Graham, Bethea, Tea e… Comic Aht?

Sono già disponibili da qualche giorno nel webshop tre nuovi fumetti a firma Alex Graham, David Tea ed E.A. Bethea, autori che qualcuno di voi ha già potuto conoscere tramite il sito e la distribuzione di Just Indie Comics. In più è sbarcato anche dalle nostre parti il secondo numero di But Is It… Comic Aht?, la rivista edita da Domino Books e curata da Austin English e August Lipp. Dato che si tratta senz’altro di materiale poco convenzionale, ho deciso di presentarli e contestualizzarli brevemente, cominciando da…

This Never Happened #1 & 2 – Trattasi del nuovo fumetto di Alex Graham, che gli abbonati 2019 al Just Indie Comics Buyers Club ricorderanno per lo splendido (almeno secondo i miei parametri) volume Angloid. Da allora la Graham ci ha regalato un altro piccolo gioiello come lo spillato autoconclusivo Going to Heaven e si è appunto pubblicata per conto proprio le prime due parti di This Never Happened, in cui inizia a serializzare una nuova storia lunga. Per me la cartoonist (e pittrice) di base a Seattle è una delle poche che ancora oggi sventola la bandiera del classico fumetto underground, riportando alla mente quarant’anni di storia del genere, dalle madrine di Wimmen’s Comix  al disagio urbano di Mark Beyer, il tutto mixato con un po’ di sano autobiografismo alla Gabrielle Bell. Giusto per farvi capire, il #1 inizia con la protagonista che cammina per strada mentre piove, scopre di avere di nuovo i pidocchi, perde un dente, attacca un barbone che le chiede i soldi e, mentre se la prende come nella migliore delle tradizioni con i genitori (“It’s my parents’ fault I turned out this way. They didn’t read literature”), viene scaricata via messaggio dal fidanzato.

Scopriremo poi che il suo nome è Ingus, che per campare fa la barista mentre nel tempo libero si diletta come cabarettista, e la seguiremo tra casa sua e le vie di una città piena di sporcizia e povertà mentre incontra amici, affronta le inevitabili conseguenze della separazione, guarda la tv, sogna, impreca e fa smorfie di ogni tipo. Il tutto è, almeno in parte, autobiografico? Beh forse no, perché this never happened.

Forlorn Toreador – E a proposito di autrici donne e fuori dagli schemi, ecco che ritorna E.A. Bethea, un’artista di New York che se seguite il sito regolarmente non ha certo bisogno di presentazioni, dato che gli dedicai un piuttosto approfondito post sul vecchio blog (lo trovate ancora qui) e scelsi un paio di anni fa il suo Book of Daze per il Just Indie Comics Buyers Club. La Bethea non è certo facile da approcciare, soprattutto per noi “stranieri”, dato che la sua potrebbe essere definita poesia disegnata più che fumetto, ma il suo approccio unico, lirico, a volte ironico vale tutti i possibili sforzi.

Forlorn Toreador è la sua ultima autoproduzione ed è uno spillato di 48 pagine in grande formato che mostra tutti i lati della sua arte, dai classici testi illustrati alle splash page fino a intere pagine piene di testo, sempre scritto a mano nel suo inconfondibile stampatello. Se vi piacciono la poesia beat, il jazz, i vecchi film, gli speakeasy, i bassifondi oppure semplicemente camminare ubriachi per strada, questo è il “fumetto” che fa per voi.

Five Perennial Virtues #6 (Bronze Table of the Blade Masters) – Continuano le ristampe del materiale d’annata di David Tea, a cui si aggiungono nuovi contenuti “speciali”. A dire il vero qui dell’albo originale c’è ben poco, dato che solo le prime 11 delle 80 pagine di questo spillatone fotocopiato sono identiche a quelle del 2007, mentre il resto è inedito o modificato. A Tea avevo brevemente accennato nel mio report dal CAKE di Chicago, portando poi in Italia qualche copia della ristampa del #2 della sua serie Five Perennial Virtues. Chi ha già letto quell’albo sa cosa aspettarsi dunque, o forse no, dato che in questo caso la dimensione narrativa è ancora più astratta che in precedenza. Nelle prime pagine vediamo così il nostro protagonista David Tea (un giardiniere nel fumetto ma non nella vita reale, ci tiene a precisare) cercare un tavolo nel suo caffè preferito, trovarne uno che però è sporco, pulirselo da solo e quindi incontrare i suoi amici Cactus Max (un cactus appunto) e Crazy Eight, quest’ultimo definito “a dreamer & a problem solver”, dalle fattezze di una piovra con un cilindro in testa.

Da qui partono una serie di discorsi sui rifiuti, i legionari romani, i peplum e l’università del Minnesota, intervallati da illustrazioni soltanto abbozzate prima in tema e poi a caso, fino a quando il disegno puro e semplice prende il sopravvento e l’albo finisce. Ma in realtà soltanto chi si è seduto al “Bronze Table of the Blade Masters” può davvero capire quello che sto dicendo. I fumetti di David Tea sono tra i più inclassificabili che io abbia mai letto, e per me questo è un grandissimo complimento.

But Is It… Comic Aht? #2 – E a proposito di Tea, una sua intervista viene pubblicata in questo secondo numero del magazine edito da Domino Books per la cura di Austin English e August Lipp. Senz’altro una buona occasione per sapere qualcosa in più su quest’autore talmente sconosciuto e uscito dai radar da far pensare che si trattasse di uno pseudonimo. Ma non è questa l’unica gemma di una rivista ricchissima di contenuti, stampata su carta economica, con una grafica semplice e che punta tutto sul testo e sull’approfondimento. Tra una cover di Lilli Carré e una quarta di Chris Chilla troviamo altre interviste (Anna Haifisch, Julia Gfrorer, Andy Douglas Day – occhio al suo Boston Corbett, di prossima uscita per Sonatina), un bell’articolo di Bob Levin (autore di The Pirates and the MouseOutlaws, Rebels, Freethinkers & Pirates) su Johnny Craig, un approfondimento a cura di Keren Katz su Ilan Manouach, due interessantissime pagine di Tim Goodyear sui suoi mini comics preferiti del recente passato e un bel po’ di fumetti a firma E.A. Bethea, Victor Cayro, Marlene Frontera e soprattutto David King, che dedica quattro pagine di “docu-comic” al periodo Trencher di Keith Giffen. Per me imperdibile, poi fate un po’ voi.