“Impatience” di Inés Estrada
Nonostante i suoi 26 anni, la cartoonist messicana Inés Estrada ha già all’attivo un gran numero di storie a fumetti, di cui è difficile tener traccia dato che sono state pubblicate con vorticosa continuità tra comic book, zine, siti internet e antologie. Ad aiutarci a mettere ordine in questa vasta e variegata produzione ci pensa Impatience, volume di 200 e più pagine che sulle orme del precedente Ojitos Borrosos mette insieme una serie di episodi più o meno brevi realizzati tra il 2012 e il 2016 con l’aggiunta di qualche inedito.
Il volume dà conto della poliedricità della proposta della Estrada, con variazioni sensibili di tono e contenuto tra un fumetto e l’altro, che tuttavia sono sempre facce diverse della stessa medaglia, dato che la poetica dell’autrice è nel complesso già matura e sufficientemente focalizzata. Tra la divertente serie Ghost Girl vista on line su Vice, gli haiku in forma di striscia a fumetti destinati al magazine letterario The Believer e la polifonia di Sindicalismo #89, emergono episodi che si collegano l’uno all’altro e riconducono a temi preponderanti, su tutti il corpo femminile, che l’autrice esplora nel suo rapporto con se stesso, con l’altro sesso, con lo spazio circostante e soprattutto con la natura. Ne sono ottimo esempio il panteismo dell’introduttiva (e splendida) The Multiverse is inside of you e l’altrettanto riuscita Beeing, tratta dal mini kuš! Borrowed Tails, in cui assistiamo a un’autentica palingenesi.
Anche CS, originariamente pubblicata negli Stati Uniti da Sacred Prism, torna sul tema di corpo e natura mostrando un piccolo essere femminile – probabilmente un virus – innamorato del corpo umano che si trova ad abitare, mentre Cenote è un’esplorazione della sessualità che diventa ricerca di se stessi, avventura, visione.
Come detto non è questo l’unico tema di una raccolta variegata e ricca di stimoli contenutistici e anche visivi, basata su un approccio estetico che non ricerca la perfezione ma descrive con piglio underground, e spesso con ironia, il caos emotivo e materiale dei personaggi rappresentati. E infatti tra le immagini ricorrenti del libro ci sono le case e le stanze dei protagonisti, in cui i corpi si confondono tra cibo, bottiglie e oggetti della quotidianità.
Impatience è un volume di 206 pagine con testi in inglese e spagnolo (con sottotitoli). Autoprodotto, formato 15×20 cm, è stampato con inchiostro viola su carta opaca e copertina rossa con dettagli metallici. Qualche copia è ancora disponibile nel negozio on line di Just Indie Comics.
“Starchild” di Jim Pluk
Nell’ultima tappa del suo tour europeo, l’11 febbraio a Roma negli spazi di Studio Pilar, l’artista colombiano Jim Pluk (di cui avevo già pubblicato il fumetto Si fuera un alma en pena) ha presentato la sua ultima fatica Canosa’s Welcome, edita dalla Perfectly Acceptable Press di Chicago, e una serie di illustrazioni intitolata Starchild. Quest’ultima non è né la classica personale che cerca di dare conto delle diverse modalità di espressione dell’autore né un’opera a tema che predilige un ambito ben preciso per escluderne altri. Anzi, si potrebbe dire che Starchild è l’una e l’altra cosa, dato che all’interno di un unico grande collage a muro sono raccolte tante illustrazioni, realizzate con tecniche e stili diversi, che rimandano a quanto fatto vedere da Pluk nei suoi fumetti e al tempo stesso stimolano lo spettatore sul tema della natura umana, delle sue origini e del suo futuro. Se non mancano alcune scene di vita quotidiana, caratterizzate per lo più dalla presenza degli animali, a dominare sono soprattutto i contatti tra l’uomo e altre forme di vita, espressione grafica dell’interesse preponderante del nostro per il mistero, l’ignoto, l’alieno. Il tema non a caso ritorna in Canosa’s Welcome, dove viene messo in scena l’incontro tra la bambina protagonista e due extraterrestri. E a sentire quanto raccontato nel corso dell’incontro presso Studio Pilar, anche le future opere a fumetti di Pluk rimarranno nello stesso territorio, dato che ha annunciato una nuova storia incentrata sulla teoria della Terra Cava. Intanto godetevi un po’ di foto che sembrano la trasposizione in toni colorati e cartoon di un universo che – come diceva qualcuno – non è terrestre.
Foto di Serena Dovì
“Vortex” e “Love Nest” di Charles Burns
Vortex e Love Nest, usciti lo scorso novembre per Cornélius, sono le ennesime sorprese di Charles Burns per i suoi fan, nuovi capitoli di un periodo particolarmente ricco di pubblicazioni e iniziative intorno all’autore di Black Hole. Negli ultimi due anni si sono infatti susseguite una serie di uscite burnsiane legate per lo più all’aspetto figurativo del suo mondo. Di Incubation – sketchbook che riprendeva le fasi di lavorazione della trilogia Last Look – e Free Shit – volumetto pubblicato da Le Dernier Cri che ristampava le fanzine regalate dall’autore ad amici e appassionati – ho parlato rispettivamente nella seconda e nella sesta puntata di Misunderstanding Comics. Vortex è invece un volume che riprende sin dall’elegante formato hardcover e dalla colorazione l’estetica dei libri della trilogia. Non si tratta di uno sketchbook come il precedente Incubation, perché qui troviamo disegni e pagine compiute, con lo stesso stile (e la stessa qualità) degli ultimi fumetti di Burns. E non possiamo nemmeno definirlo un semplice artbook, perché i diversi contenuti non si limitano a mostrare ma servono piuttosto a espandere, ramificare e arricchire l’universo stratificato creato da Burns in X’ed Out e The Hive e poi sbocciato in tutta la sua perfezione e chiarezza in Sugar Skull. La connessione tra pagina e pagina è suggerita senza essere esplicitata, è pre-logica, non cerca il significato ma l’atmosfera, stabilendo un legame tra i singoli elementi che solo chi ha letto Last Look può veramente apprezzare. Degna introduzione a tutto ciò due pagine di fumetto vero e proprio, con un testo lirico e denso che ha il compito di calare di nuovo il lettore tra le pieghe delle trilogia.
Si prosegue con finte copertine ispirate graficamente a Tin Tin, manga immaginari, illustrazioni già utilizzate per le cover di alcuni quaderni, pagine scritte nello stesso linguaggio alieno inaugurato nell’albo Johnny 23 uscito nel 2010 per Le Dernier Cri, finti magazine a sfondo erotico, illustrazioni di vario formato, cartoline, fotoromanzi, balloon senza testo, romance comics che si spingono al di là del consentito.
Proprio a tema romance è Love Nest, di formato più piccolo (15×17 cm) e uscito come il precedente in occasione di una mostra alla Galerie Martel di Parigi. Qui non c’è riferimento a un’opera specifica, anche se ovviamente l’immaginario è tutt’altro che alieno da quanto realizzato dal nostro nel corso della sua carriera. Il volume raccoglie 124 illustrazioni in bianco e nero che fanno collidere l’immaginario di film e fumetti a sfondo romantico del periodo ’50-’60 con quello dei b-movies dell’epoca. Detto così sembrerebbe un ritorno alle origini, alle pagine di El Borbah, Big Baby e Skin Deep, o anche una sorta di Black Hole vent’anni prima, eppure l’approccio è stavolta diverso, perché Burns non fa un lavoro di strutturazione dei contenuti ma giustapponendo semplicemente un’immagine all’altra si immerge completamente in questo habitat. Anche il tratto rompe di tanto in tanto i soliti schemi, abbandonando gli usuali tratteggi e sfumature a favore di una linea più spessa e pulita, perfetta mimesi dei fumetti (e in seguito della pop art) di quel periodo. Più organico del precedente, Love Nest è un progetto capace di affascinare e a volte di inquietare, grazie a illustrazioni che osano molto di più di quanto si potesse fare ai tempi dei romance comics, tra donne che si baciano, volti sfigurati, nudità, voyeurismo ed esseri deformi che si insinuano nei meandri della vita di provincia americana. Qui sotto alcune foto del volume. Buona visione.