Anteprima di “Irene” #6

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Debutterà questo weekend alla Small Press Expo di Bethesda, nel Maryland, il sesto numero di Irene, curato come sempre da Andy Warner, dw (autore della cover qui sopra) e Dakota McFadzean. In passato ho già parlato di questa antologia, di cui ho recensito il terzo e il quarto numero, e già allora l’ho definita come una delle realtà più interessanti nell’attuale panorama del fumetto indie nord-americano. In attesa di avere tra le mani il nuovo volumetto, vi propongo di seguito alcune immagini di quella che si preannuncia come l’uscita più imponente della serie, dato che avrà ben 216 pagine e ospiterà i contributi di autori da tutti i continenti, incluso l’Antartide. Buona visione.

Andy Warner

Ben Juers

Ben Passmore

Carolyn Nowack

Dakota McFadzean

dw

Frøydis Sollid Simonsen

Jackie Roche

Jai

Jai Granofsky

Katie Parrish

Kevin Uehlein

Leif Goldberg

Lena Merhej

Lucy Bellwood

Luke Howard

Marta Chudolinska

Marc Bell

Natsuko Yoshino

Nick Cartwright

NoTanParecidos

No Tan Parecidos

SeanK

Sean Knickerbocker

Shennawy

Shennawy

Tillie Walden

“Drawn Onward” di Matt Madden

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Drawn Onward è un comic book di Matt Madden pubblicato inizialmente come 182esimo numero della rivista One Story nel novembre 2013 e ristampato qualche mese fa da Retrofit Comics. Una donna incontra nei sotterranei della metropolitana uno sconosciuto, che ogni volta sembra riconoscerla tanto da implorare la sua attenzione e da dirle che non può vivere senza di lei. Detta così la storia potrebbe sembrare un mystery, costruito sul misterioso legame tra i due personaggi. In realtà Drawn Onward non è un fumetto incentrato sul plot ma sulla forma. Madden, che ai lettori italiani sarà familiare soprattutto per Esercizi di stile. 99 modi di raccontare una storia pubblicato da Black Velvet, realizza qui il suo ennesimo saggio in forma di fiction. D’altronde le sue opere sono spesso esperimenti che analizzano le strutture del fumetto e questo suo approccio alla narrativa disegnata ha trovato ancora più sfogo da quando il cartoonist statunitense si è trasferito ad Angoulême con la moglie Jessica Abel. Così, quando la protagonista comincia a ricambiare le attenzioni dello sconosciuto, il loro interesse diventa reciproco e sfocia nel bacio che occupa le pagine centrali dell’albo. Subito dopo, la prospettiva si ribalta. Ora è la donna a cercare l’uomo, che dal canto suo inizia a ignorarla e pian piano a respingerla. Ogni tavola della seconda metà del comic book diventa così speculare alla tavola corrispondente della prima parte, in un gioco di rimandi che ribalta i ruoli e trasforma quello che sembrava inizialmente un thriller in un sottile gioco da Settimana Enigmistica. L’alternarsi studiato di tavole disegnate con uno stile pulito e leggero e di altre caratterizzate da linee corpose fa il resto, rendendo a tutti gli effetti Drawn Onward un fumetto incentrato sulla struttura più che sulla narrazione.

Drawn_Onward_09-copy_originalNella versione originale la storia usciva con il sottotitolo di “star-crossed comic”, evidenziando il rapporto maledetto dal destino che lega i due protagonisti, mentre la nuova edizione è stata presentata come un fumetto palindromo. Tra le due definizioni la seconda è vera soltanto in parte, perché le pagine di apertura e chiusura contestualizzano la lettura e la rendono pienamente comprensibile soltanto se fatta “in avanti”, come suggerisce il titolo. Risulta invece azzeccatissima la definizione originale, dato che Drawn Onward si fa apprezzare più che per la dimensione formale – sinceramente un po’ fine a se stessa e neanche troppo originale – per il suo significato di parabola sui rapporti sentimentali, mostrando come a volte la sintonia duri soltanto per lo spazio di un bacio, dato tra le pagine centrali di un fumetto.

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Drawn Onward è disponibile qui nel negozio di Just Indie Comics.

Anteprima di “Largemouths” di Gabriel Delmas

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Continuano i vagabondaggi della Hollow Press nei sotterranei internazionali e questa volta, dopo la puntata in Giappone di inizio anno con i libri di Tetsunori Tawaraya e Shintaro Kago, si torna nel vecchio continente con il francese Gabriel Delmas. In questo voluminoso tomo l’autore si ispira al quadro Saturno devorando a un hijo di Francisco Goya per raccontare una storia di violenza primordiale, ambientata agli albori del pianeta terra. Protagonisti i Largemouths, minacciosi giganti che nell’immaginario del cartoonist, pittore, fotografo e videoartista francese dominavano i continenti e se ne contendevano il predominio, mentre l’uomo muoveva i primi passi ed entità misteriose davano vita alle prime forme d’arte. Senza fare uso di parole, Delmas racconta una storia che si preannuncia potente, inquietante e a suo modo poetica.

Largemouths è edito da Hollow Press ed è un volume di 688 pagine in bianco e nero, formato 16 x 21,5 cm, stampato in 500 copie e venduto al prezzo di 29 euro. Esce il 15 settembre ma fino a domenica 13 c’è tempo per pre-ordinarlo con il 15% di sconto. La casa editrice di Michele Nitri mette a disposizione anche alcuni originali di Delmas e una stampa in edizione limitata che riproduce la copertina, firmata dall’autore.

Di seguito trovate in anteprima alcune pagine dell’interno del libro. Buona visione.

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Nasce lo shop di Just Indie Comics

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Dopo averci pensato a lungo, mi sono finalmente deciso a inaugurare un negozio online legato al sito, dove troverete grosso modo i fumetti di cui scrivo su queste pagine. Dico “grosso modo” perché non ci sarà un legame diretto tra i fumetti di cui parlo e quelli in vendita, anzi capiterà di frequente che troverete nel negozio fumetti che non ho trattato e viceversa. Questo anche per chiarire che Just Indie Comics non perderà la sua dimensione informativa e critica, anche se di “critica” vera ne ho fatta sempre poca, dato che tendo a parlare per lo più dei fumetti che mi sono piaciuti e che mi sento di consigliare. Tra l’altro uno degli scopi di questa iniziativa è proprio quello di potenziare i contenuti critici e informativi, aumentando soprattutto il volume di recensioni grazie ai rapporti sempre più stretti che sto portando avanti con artisti, editori e distributori.

Ma cosa potrete trovare in questo negozio? Per la gran parte si tratterà di materiale proveniente da oltreoceano, dato che la scena nord-americana è quella di cui più mi occupo da queste parti, non a caso ho chiamato il sito “Just Indie Comics”. Si tratta di fumetti per lo più introvabili in Europa, che gli appassionati dovevano finora ordinare via posta sobbarcandosi spese di spedizione sempre più proibitive, spesso con l’aggravio delle tariffe doganali. Qui invece avrete la possibilità di ordinare tutti i fumetti che volete potendo usufruire, almeno per ora, di una spedizione per l’Italia a tariffa fissa di 5 euro con piego di libri raccomandato. Per i paesi dell’Unione Europea e il resto del mondo le spese dipendono invece dalla quantità di fumetti ordinati. Per quanto riguarda invece i prezzi degli albi, cerco di mantenerli bassi anche se non è facile tenendo conto che quando ordino il materiale devo pagare anche le spese di spedizione e a volte la dogana. Comunque, come detto, faccio il possibile.

Date dunque un’occhiata alla prima infornata di fumetti, che comprende gli ultimi tre numeri dell’antologia monografica Frontier, realizzati da Emily Carroll, Jillian Tamaki e Anna Deflorian, le ultime due uscite dell’inglese Breakdown Press a firma Michael DeForge e Antoine Cossé (di cui trovate anche Harold edito da Retrofit Comics), qualche fumetto di autori ben noti ai lettori affezionati di questo sito (Noah Van Sciver, Sam Alden, Malachi Ward), The Wild Kingdom di Kevin Huizenga a un prezzo d’eccezione, Night Animals del Brecht Evens visto in Italia con Gli amatori, Drawn Onward dell’altra vecchia conoscenza dell’editoria italiana Matt Madden, il numero della rivista francese Mon Lapin dedicato a Killoffer che include la collaborazione con Charles Burns, e altro ancora. Se vi interessa qualcosa affrettatevi perché in questa fase iniziale le quantità sono decisamente limitate. E per chi vuole essere sempre aggiornato sulle novità di volta in volta disponibili vi consiglio di mettere “mi piace” all’apposita pagina Facebook.

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Definire uno stile: One Percent Press

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Ci sono, e ancor più c’erano, etichette discografiche che definivano uno stile, accompagnando contenuti musicali classificabili in un genere specifico con una precisa estetica delle copertine e degli LP: un paio di esempi a me cari sono la Factory e la Sarah Records, ma se ne potrebbero citare tanti altri. Nel campo del fumetto, questo fenomeno non può certo esistere secondo gli stessi canoni, perché se nella musica è già difficile demarcare le linee tra un genere e l’altro, figuriamoci in una forma d’arte così articolata e complessa come la nostra. La distinzione classica che viene fatta nel fumetto statunitense è molto più generica e riguarda la suddivisione tra prodotti mainstream, legati economicamente al mondo delle corporation ed esteticamente a contenuti apprezzati dal grande pubblico, e quelli “indie”, che invece nascono fuori dalla produzione di massa. Va da sè che il mondo indie dovrebbe anche veicolare contenuti alternativi a quelli mainstream, cosa che ormai non è più vera perché etichette indipendenti come l’Image sono dei colossi che producono sì materiale diverso dai fumetti di supereroi della Marvel o della Dc, ma tutt’altro che rivoluzionario o anticonvenzionale. Ecco dunque che “indie” e “alternative” non sono più sinonimi, tanto che per cercare prodotti fuori dagli schemi bisogna per forza esplorare l’underground, intenso non più come genere nato negli anni ’60 e caratterizzato dalla satira dello status quo, dalla presenza di sesso, droghe e oscenità varie, ma letteralmente come un sottobosco di micro-produzioni che nella realtà nord-americana è sempre più florido e interessante.

Tra le tante piccole case editrici di cui ho parlato su Just Indie Comics, ce n’è una, la One Percent Press, che non solo pubblica fumetti senza preoccuparsi dell’eventuale riuscita commerciale, ma che ha anche il merito di fare le proprie cose secondo il modus operandi di un’etichetta discografica di altri tempi. E non a caso oltre a pubblicare e distribuire fumetti il marchio fondato nel 2004 da Stephen Floyd e JP Coovert pubblica e distribuisce anche LP e CD di band come Wooden Waves e Tin Armor, in uno spirito che prende pieno spunto dalla filosofia Do It Yourself. E questo con una certa continuità, dato che in questi dieci e passa anni i due hanno fatto uscire oltre 50 fumetti e 25 dischi.

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A definire il sound dei fumetti made in One Percent Press non è né la confezione, diversa a seconda dei casi, né la linea pulita dei disegni, che eppure costituisce una costante. Il punto di contatto tra un’uscita e l’altra riguarda piuttosto la tematica, dato che la gran parte degli albi si propone come una rilettura del genere “romanzo di formazione”, esplorando le inquietudini di bambini e adolescenti oppure mostrandoci dei venti-trentenni che cercano ancora la loro strada nel mondo. In questo senso l’albo migliore per capire l’idea dietro a questo progetto editoriale è Salad Days di JP Coovert. Brandon arriva a Minneapolis per incontrare un vecchio amico e passare un weekend di “movies, videogames, and pizza”. Uno è costretto a indossare la cravatta per il lavoro di designer in una corporation,  l’altro ancora non sa bene che tipo di carriera intraprendere, ma entrambi hanno ormai famiglia e non riescono più a dedicarsi alle loro passioni.  Il ricordo dei tempi passati li spinge a uscire dalla solita routine, a fare qualcosa di diverso, tanto che si ritrovano inseguiti da una macchina della polizia.

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Non so quanto di autobiografico ci sia dietro le linee spigolose e il tratto essenziale di Coovert, ma uno dei due personaggi potrebbe essere proprio l’autore, ansioso di rimanere fedele ai sogni dell’adolescenza, di coltivare le proprie passioni e di non diventare una persona come tante. D’altronde la storia della One Percent Press è più o meno questa, cioè quella di due ragazzi che si sono conosciuti a vent’anni e che vivendo sempre in città diverse (la sede dell’etichetta è attualmente tra Minneapolis e Buffalo) hanno creato questa micro-realtà per rimanere in contatto e fare qualcosa insieme. Per quanto riguarda il nome, One Percent Press si riferisce al fatto che soltanto l’1% della vita è veramente eccezionale, soltanto l’1% del cibo è buonissimo e solo l’1% dei fumetti e della musica è realmente degno di nota: un concetto che per ammissione dello stesso Stephen Floyd è da ventenni, da giovani che cercano la propria affermazione non tanto nel mondo, ma contro il mondo.

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L’opera più rilevante uscita finora è la versione inglese de L’Âge Dur di Max de Radiguès, tradotta con il titolo Rough Age che purtroppo perde il bel gioco di parole dell’originale. Il contenuto però non cambia e così anche i lettori americani hanno potuto godersi in questo volumetto datato 2014 il materiale pubblicato dal cartoonist belga tra il 2009 e il 2010. Lo stile è apparentemente pulito ma sotto sotto nervoso, mostra delle deviazioni dai contorni rassicuranti della ligne claire, come se i tremolii del pennino riflettessero le inquietudini dei protagonisti, ragazzi in età scolastica che pensano soprattutto ai rapporti con l’altro sesso e che litigano, fanno a botte, copiano i compiti, sparlano gli uni degli altri. Una serie di storie si intrecciano tra loro con un susseguirsi continuo di personaggi, come Roman, che è preso di mira da un compagno e inventa una fidanzata immaginaria, oppure Gary, che sta con Louise ma è segretamente innamorato di Marc, o anche Ron, che viene lasciato dalla ragazza ma mostra un’aria da duro pur soffrendo in segreto. Con leggerezza ci si avvicina al finale, quando i ragazzi arrivano a posare per la fotografia di classe con i nasi rotti, i musi imbronciati, gli occhi neri dopo tutto quello che è successo nelle pagine del volume. Rough Age è per molti versi un classico fumetto franco-belga ma per l’aspetto minimalista si avvicina alle produzioni “indie” statunitensi: alla fine ne viene fuori una storia universale, che potrebbe raccontare le vicende dei bambini della gran parte del mondo occidentale.

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L’albo della One Percent Press che più rappresenta il genere “romanzo di formazione” è però Immovable Objects di James Hindle, autore che finora conoscevo per la breve Yellow Plastic pubblicata sul quarto numero dell’antologia Irene (qui la mia recensione). E i punti in comune tra le due storie non mancano, dato che entrambe fanno ampio uso di didascalie a mò di voce fuori campo per raccontare un rapporto tra un ragazzo impacciato e una ragazza ben più sveglia di lui, sicura nei modi di fare ma comunque tormentata. Qui in particolare seguiamo le ordinarie avventure di Steven Price, un tipo “anonimo”, “cresciuto dalla madre in una casa perfettamente normale in una città di medie dimensioni nel New England”. Steven “ha ricevuto voti decenti a scuola ed è stato ammesso in un accettabile college privato soltanto a un’ora da dove è cresciuto”, un college che era “adeguatamente piccolo e senza pretese”. Isolato dai compagni di scuola, solitario e meditabondo nonché con il pensiero ricorrente rivolto a un padre che non ha mai conosciuto, Steven è inizialmente raffigurato seduto sulla panchina di un parco, da solo, mentre le foglie degli alberi gli si poggiano sulla spalla. Le cose cambiano quando incontra Caroline, una compagna di scuola con cui costruisce un rapporto confidenziale ma privo di ogni risvolto sessuale. Come succede spesso in questi casi, l’amicizia si sfalda quando entra in gioco una terza persona, un professore di disegno da cui Caroline è sempre più attratta. Le battute e i cenni di intesa lasciano spazio a gelosie e desideri repressi, così che Steven è costretto a superare il facile appiglio della relazione con la ragazza per guardare dentro se stesso, acquisire sicurezza e forse maturare.

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Anche Hindle come i già citati Coovert e de Radiguès ha un tratto semplice e pulito, anche se più rotondo rispetto a quello dei colleghi. Al di là del disegno in se stesso, ciò che colpiscono in Immovable Objects sono le soluzioni grafiche, spesso ottenute con la contrapposizione del bianco, del nero e del verde chiaro. La madre di Steven è raffigurata attraverso una sagoma bianca con contorni neri, ma non è definita come i protagonisti, rimane un personaggio sullo sfondo. Anche la figura del padre è indefinita, ma questa volta è nera, ancora più misteriosa. E quando la vicenda arriva alla sua conclusione anche la figura di Steven è diventata indefinita, del verde chiaro che costituisce l’altro colore dell’albo. Il cerchio si è chiuso e anche il protagonista non è più nulla per noi. Eppure Hindle è riuscito a farcelo diventare familiare in 36 pagine, regalandoci una storia profonda e piena di sfumature.

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Altri titoli recenti pubblicati dalla One Percent Press sono Hollow In The Hollows del canadese Dakota McFadzean, un racconto che vede protagonisti due bambini alle prese con oscuri presagi (ne avevo parlato l’anno scorso), e Present Tense dell’illustratrice e fotografa di Buffalo Emily Churco, che raccoglie storie di una pagina autobiografiche, tra momenti di riflessione e gag estemporanee. Le prossime novità sono attese per la Small Press Expo di Bethesda del 19-20 settembre, quando debutteranno la raccolta del Jeremiah di Cathy G. Johnson (tra l’altro vincitrice dell’Ignatz come miglior talento emergente proprio all’ultima SPX) e il ventesimo numero della serie Simple Routines di JP Coovert, oltre alla ristampa dell’esaurito The Aeronaut di Alexis Frederick-Frost, autore visto in Italia con il libro Avventure tra le nuvolette pubblicato da Proglo.

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“mini kuš!” #34-37

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Nuova serie di mini kuš!, tutti in uscita il 22 agosto insieme al 22esimo numero della più massiccia antologia, che questa volta ha scelto il “fashion” come tema. In attesa di vedere come i vari cartoonist hanno esaltato, deriso, reinventato il mondo della moda, vediamo adesso cosa ci riservano questi nuovi quattro albetti, tutti di 28 pagine a colori, spillati in formato A6 e stampati su una bella carta spessa e opaca.

Il 33esimo mini kuš! è appannaggio di Mikkel Sommer, artista danese classe ’87 che si è già fatto notare pubblicando in Francia per Casterman e in Inghilterra per Nobrow. Al debutto assoluto per l’editore lettone, Sommer tira fuori in Limonchik una storia quasi del tutto muta (ci sono solo 2 pagine su 24 con un accenno di testo) che immagina il ritorno sulla terra della cagnetta “lost in space” Laika, altrimenti nota proprio come Limonchik. I fulmini che escono dagli occhi dell’animale, già mostrati in copertina, preludono a una seconda parte dell’albetto piena di tempeste e distruzioni, in uno scenario apocalittico che alterna tavole su sfondo rosa ad altre blu scuro, in una giustapposizione tra giorno e notte, terra e spazio profondo. L’uomo è qui totalmente assente, ci sono solo un cane e una civiltà prima addormentata, poi devastata.

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Se l’idea di Sommer è efficace ma al tempo stesso piuttosto semplice, lo statunitense Theo Ellsworth viaggia su coordinate più complesse e persino psichedeliche. Sarà che quando ho scoperto il mondo dei comics e dell’arte underground le sue cose erano un po’ dappertutto, ma io in questi giochi visionari che rimandano a riti di rinascita mentale e corporea rivedo sempre l’eco del nostro Matteo Guarnaccia, in questo caso mixato con l’altro americano Jim Woodring. Paragoni a parte, Ellsworth crea in queste pagine una storia totalmente muta ma che riesce al tempo stesso a essere divertente, inquietante e alla fine liberatoria.

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Ma non fatevi incantare soltanto dalle atmosfere oniriche e dalle linee intrecciate di questo Birthday, perché l’autore di Capacity e di The Understanding Monster è un maestro anche nel disegnare volti umani ed espressioni, come la faccia disperata del protagonista nella prima pagina, il suo timore mentre accetta di sottoporsi al rito iniziatico a pag.4, l’incredulità quando capisce cosa gli sta succedendo nella sequenza finale.

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Dato che non c’è due senza tre, anche Lai Tat Tat Wing non fa uso di parole nel suo mini-albo. L’artista di Hong Kong è presenza quasi fissa nelle antologie lettoni e non poteva mancare prima o poi un mini kuš! a lui interamente dedicato. Pages to Pages vede i due protagonisti senza volto ridere, litigare e poi infine inseguirsi, in un crescendo di situazioni degne di un cartone animato ma in cui non mancano elementi surrealisti. Sembro scemo se dico di vedere qua e là l’eco della Doom Patrol di Grant Morrison? Beh, forse sì, ma i libri che si aprono impazziti e le mani che piovono dal cielo possono suggerire questa improbabile analogia. Presente anche il tema metanarrativo del conflitto fra pagina disegnata e tecnologia, che trova degno compimento nella scena finale. A mio parere visto il tono della storia dei colori più incisivi non avrebbero guastato, ma probabilmente è solo una questione di gusti.

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Chi sicuramente non ha fatto economia di colori sgargianti è il veterano del fumetto underground europeo Tommi Musturi, per cui il 2015 è un anno particolarmente importante, dato che a novembre uscirà la raccolta del suo The Book of Hope per Fantagraphics. L’albo si apre con una bionda signora intenta a bere un cocktail e fumare, fino a che qualcosa non le cade in testa… Non vi dirò di che si tratta, ma vi assicuro che è una scena che ben rappresenta l’astio del protagonista nei confronti del mondo intero, degno di un personaggio di Ivan Brunetti. Ma alla fine quest’uomo non è poi così terribile come sembra se sogna arcobaleni e unicorni e se si trova a ballare tutto nudo sulle note di Like a Virgin di Madonna… Al di là della trama, comunque divertente, il lavoro del cartoonist finlandese si esalta in alcune tavole geniali che uniscono inventiva e storytelling: si veda per esempio quella in cui inscena una serie di possibili suicidi per il suo protagonista o tutta la coloratissima sequenza onirica. Insieme a quello di Ellsworth, Snake in the Nose è il mini kuš! più riuscito di questa infornata estiva.

Tommi_Musturi_Snake-1_600I quattro albetti sono già disponibili qui al prezzo di $6 l’uno incluse spese di spedizione.

Anteprima di “See You Next Tuesday” di Jane Mai

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Jane Mai è una cartoonist di Brooklyn che alterna un tratto dalle eleganti linee manga a momenti di assoluta spontaneità, in cui le linee diventano poco controllate e tendono quasi allo scarabocchio. Ne vengono fuori diary comics capaci di comunicare al lettore un senso di immediatezza e spontaneità, incentrati su situazioni tratte dal quotidiano. Il tono è per lo più comico, ma tra le varie gag si insinuano momenti più profondi e altri persino disturbanti. Dopo Sunday in the Park with Boys, uscito nel 2012, Koyama Press pubblicherà una nuova raccolta dei fumetti della Mai, See You Next Tuesday, di cui potete leggere alcune pagine in anteprima. Il volume sarà brossurato, di 128 pagine, al costo di 12 dollari. Intanto per conoscere meglio il mondo dell’autrice potete dare un’occhiata al suo Tumblr.

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L’incipit di “Steroid Max” di Michael Hacker

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Michael Hacker è un fumettista e illustratore austriaco classe ’81, autore di illustrazioni pubblicitarie, di manifesti per concerti di band come Mudhoney, Fu Manchu, Melvins, Sonic Youth, Dinosaur Jr. e di albi autoprodotti. Se Häcksler del 2010 era uno spillato che raccoglieva una serie di gag estemporanee, il nuovo Steroid Max è invece un più corposo brossurato di 48 pagine che racconta una storia completa sullo sfondo della Los Angeles del 1982. Folgorato dalla visione di Conan il Barbaro, il giovane e sfigato Max diventa fan accanito di Arnold Schwarzenegger, tanto che quando si diffonde la notizia del rapimento dell’attore si lancia alla sua ricerca. Il tratto caricaturale ed espressivo del cartoonist di Vienna è al servizio di una storia leggera e divertente raccontata senza parole, un tributo agli action movie degli anni ’80 pieno di sangue e soprattutto sudore. Di seguito le prime pagine dell’albo, che potete ordinare direttamente dal webshop dell’autore.

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Una storia da “Dressing” di Michael DeForge

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Ormai la gran parte di voi conosceranno Michael DeForge, autore canadese a dir poco prolifico, di cui si susseguono webcomics, mini-comics, numeri della sua serie personale Lose, antologie, volumi di storie inedite e chi più ne ha più ne metta. Se le sue opere maggiori possono essere considerate la stessa Lose, di cui il volume A Body Beneath raccoglie i numeri dal 2 al 5, e Ant Colony, fumetto pubblicato on line e poi stampato da Drawn and Quarterly, DeForge non si risparmia di certo nelle storie brevi realizzate per le occasioni più disparate. Proprio queste verranno riunite a settembre in Dressing, volume simile a Very Casual del 2013, ancora una volta pubblicato da Koyama Press e dove troverete questa Christmas Dinner, che contrappone disegni colorati e apparentemente “carini” a un testo di tutt’altro tono, restituendo quel mix di crudeltà e ironia che è la cifra stilistica dell’autore. Se poi non conoscete ancora bene l’opera di DeForge, sul vecchio blog ho parlato brevemente di Lose #5, Very Casual e Lose #6. Per chi volesse un’analisi più valida e approfondita della mia segnalo invece questo lungo articolo del critico americano Rob Clough del blog High-Low. Buona lettura.

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Un’anteprima di “Black Rat” di Cole Closser

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Nove storie brevi legate dall’apparizione di un topo nero, un animale che si annida nell’ombra, si muove tra i boschi, viaggia nel tempo. A raccontarle è Cole Closser, già autore di Little Tommy Lost, storia dickensiana delle disavventure di un ragazzino raccontata secondo lo stile delle newspaper strip (ne avevo parlato qui). In questo nuovo Black Rat, 160 pagine a colori in uscita a settembre per la canadese Koyama Press al prezzo di 15 dollari, Closser rompe ogni schema e trasforma il suo stile retrò in un trionfo di creatività. Se l’intero volume sarà al livello di queste prime immagini, gentilmente inviatemi dalla Koyama, ne vedremo delle belle.

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