Misunderstanding Comics #5
Dopo una lunga pausa riprendo a segnalare un po’ di fumetti, che di recente si sono davvero accumulati sulla mia libreria (e scrivania, e comodino, e divano, e lavatrice, ecc. ecc.). Impossibile stare dietro a tutto quello che esce e difficile anche scrivere di tutto quello che leggo. Ci provo cercando di essere sintetico e sapendo benissimo che questi fumetti meriterebbero una trattazione ben più approfondita della mia. Ma, come al solito, faccio ciò che posso.
Negli ultimi mesi si è parlato parecchie volte di Martin López Lam su Just Indie Comics ma io devo ammettere di aver letto soltanto di recente il suo Sirio, uscito a inizio anno per l’eccellente casa editrice spagnola Fulgencio Pimentel. Strana coincidenza, ho sottratto il volume all’infinita pila di libri da leggere proprio quest’estate, in un paio di settimane tra fine luglio e inizio agosto che ho passato in ferie ma, per una serie di circostanze, senza andare in vacanza. Non sono stato recluso come i personaggi della storia di López Lam né è stato trovato un cadavere nella piscina vicino casa mia, ma l’atmosfera di costante attesa, la canicola estiva che aumenta giorno dopo giorno, i paesaggi brulli e i personaggi che girano e rigirano intorno a se stessi mi hanno fatto entrare ancor di più nella storia.
Più che un giallo, Sirio è il racconto di una separazione che vede protagonisti personaggi che sembrano per la maggior parte del tempo fantasmi, con i loro stati d’animo resi splendidamente attraverso un’infinita serie di soluzioni grafiche diverse e i due colori utilizzati, blu e ocra, che sono parte integrante della narrazione. C’è un gran senso di libertà, di sperimentazione in queste pagine, ma al tempo stesso nessuna linea, nessuna sovrapposizione di colori, nessun cambiamento di registro è sprecato. Il volume è in spagnolo ma a richiesta è disponibile un libretto con traduzione inglese allegata. Cercate di recuperarlo perché ne vale la pena.
Un altro autore che propone una ricerca stilistica autonoma, lontana da ogni moda, è senz’altro Austin English, di cui ho avuto l’opportunità di parlare in precedenza come patron dell’eccellente etichetta Domino Books di Brooklyn. Come López Lam, English non cerca assolutamente un disegno facile e attraente. La sua è un’estetica volutamente sgraziata e imperfetta, che mescolando energicamente tecniche, materiali e colori sfocia nell’arte delle avanguardie storiche e dell’espressionismo astratto. Tuttavia la voglia di dipingere, disegnare e sperimentare non porta mai l’autore a trascurare l’impianto fortemente narrativo dei suoi fumetti. Le storie hanno sempre una trama definita, anche se sembrano più sceneggiature di opere teatrali che fumetti tradizionalmente intesi per il modo in cui trattano i personaggi, non soggetti con una personalità e un background alle spalle ma figure che compiono azioni in uno scenario delimitato.
Proprio lo spazio è il protagonista delle cinque storie raccolte di recente da 2dcloud nel volume Gulag Casual. Si tratta di The Disgusting Room (2010), My Friend Perry (2011), Here I Am! (2011), Freddy’s Dead (2012) e A New York Story (2015): tutte hanno in comune la tematica della casa vista come luogo familiare e rassicurante che viene invaso dalla violenza e dall’aggressività del mondo esterno.
Ancora per 2dcloud è uscito Someone Please Have Sex with Me di Gina Wynbrandt, anche in questo caso un’antologia di fumetti in gran parte già visti in albi autonomi. Le storie raccontano la fissazione per Justin Bieber (One Less Lonely Girl, 2012), una puntata ai Teen Choice Awards sotto la guida di Kim Kardashian (Tiger Beat Exclusive, 2013), la ricerca disperata di un partner sessuale che arriva fino a un lontano futuro (il racconto che dà il titolo alla raccolta, 2014), gatti parlanti che mettono incinta la protagonista (Big Pussy, 2015) e videogiochi che la trasformano in una spietata cacciatrice di uomini (Manhunt, 2016).
La cosa che più colpisce della Wynbrandt è la capacità di focalizzarsi su pochi elementi per poi portarli all’estremo: il plot parte sempre da particolari realistici e autobiografici, apparentemente insignificanti, che vengono sviluppati in situazioni ai limiti, paradossali, divertenti, a volte surreali. Si tratta di un modus operandi che l’autrice dimostra di saper gestire sin dalle prime prove, segno di una cartoonist giovane ma dalle idee chiare. Anche dal punto di vista grafico la Wynbrandt è bravissima a rappresentare il suo alter-ego nei minimi dettagli, concentrandosi soprattutto sulle espressioni facciali, con una serie veramente infinita di smorfie, e sui suoi capelli, disegnati con una cura certosina. Ma d’altronde sarebbe un crimine trattare con superficialità dei capelli così lunghi.
Visto che ci siamo, rimaniamo in tema di autrici femminili con due albi pubblicati da Retrofit Comics: Hellbound Lifestyle della coppia Alabaster Pizzo-Kaeleigh Forsyth e Late Bloomer di Maré Odomo. Il primo è un diario della Forsyth, al suo debutto nel mondo del fumetto, illustrato dall’autrice di Mimi and the Wolves: una collaborazione nata, come svela la bio pubblicata alla fine dell’albo, da circostanze particolari, dato che le due si sono conosciute dopo aver scoperto che stavano uscendo con la stessa persona da un anno. Diventate ottime amiche, hanno realizzato un fumetto divertentissimo scandito da note e conversazioni tratte da uno smartphone, pieno di situazioni assurde, di buoni propositi finiti male, di ragionamenti contorti e soprattutto di idee, idee, idee una dietro l’altra che ci si potrebbero riempire tanti altri fumetti o intere stagioni di serie tv. Belli anche i colori sparati che donano un’estetica pop a un’opera che potrebbe piacere anche a chi non legge abitualmente i fumetti.
Late Bloomer è invece un volumetto in bianco e nero di piccolo formato (14 x 11 cm) in cui Maré Odomo raccoglie con il modus operandi già mostrato nei due mini Internet Comics usciti per Sacred Prism (ne avevo parlato brevemente qui) riflessioni, disegni, schizzi, scarabocchi, cancellature, frasi. Le prove precedenti affascinavano per l’uso del colore e per la stampa in risograph, risultando esteticamente molto attraenti, mentre questa versione in bassa fedeltà ha l’aspetto di uno sketchbook. Ma in qualsiasi modo vengano pubblicati vale sempre la pena di sfogliare, leggere, guardare gli haiku visivi della Odomo: c’è un sentimento qui dentro che più di ogni narrazione restituisce le emozioni provate dall’autrice, lasciando al lettore un’impressione, un qualcosa difficile da verbalizzare o razionalizzare. Pagina dopo pagina si va avanti tra momenti di realismo (I will forget this), domande che ci si potrebbe fare per una vita intera (Where’d you go?), storie che finiscono (If i see you, I will walk away), vuoto esistenziale (Nothing to cry about), chiusura in se stessi (Don’t wanna talk about it). Quando si arriva all’ultima pagina non si ha un’idea precisa di ciò che abbiamo appena letto ma soltanto la sensazione che qualcosa dentro di noi è successo.
“Deriva” di Serena Schinaia
Di Serena Schinaia ho già scritto su queste pagine a proposito della sua ultima fatica solista, l’albo Ceniza/Cenere pubblicato dalle Ediciones Valientes di Martín López Lam, e di Una giornata scorsa, il progetto collettivo che ha realizzato presso l’Accademia di Spagna a Roma insieme allo stesso López Lam, Silvia Rocchi e Roberto Massó. La Schinaia è un’artista pugliese nata a Taranto nel 1986, che dopo aver studiato filosofia estetica e linguaggi del fumetto a Bologna si è trasferita a Roma, dove al momento vive e lavora. I suoi disegni sono apparsi in diverse antologie, ha collaborato con Lo Straniero, Hamelin, il Goethe Institut, e ha esposto in occasione di vari festival, come Bilbolbul, Komikazen, Napoli Comicon, oltre ad aver vinto i premi Reportage per Reality Draws 2012 e Coop for Words 2014. Il suo lavoro è fortemente evocativo, non usa balloons ma solo testi minimali che è riduttivo chiamare didascalie, in quanto non si limitano a descrivere ma danno forza a ciò che le immagini rappresentano, di solito momenti di passaggio, attimi in cui sta per succedere qualcosa oppure in cui qualcosa in realtà è già successo. Se l’ultimo Ceniza sperimenta un tratto più definito, la colorazione in blu/grigio e l’utilizzo in simultanea di italiano e spagnolo, il primo albo autoprodotto Deriva è invece rappresentativo della prima fase della sua produzione, caratterizzata da un bianco e nero intenso fatto di pennellate impressioniste e da frasi laconiche, che fanno pensare più a riferimenti musicali (mi vengono in mente, su tutti, i Massimo Volume) che fumettistici. Di seguito potete leggere due delle cinque storie che riempiono le 32 pagine dell’albo, di cui è uscita di recente anche l’edizione in inglese, ancora autoprodotta, intitolata Drift e disponibile nel negozio on line di Just Indie Comics, dove trovate anche alcune copie di Ceniza. Sul sito delle Ediciones Valientes è invece disponibile il leporello di Una giornata scorsa. Per il momento, buona lettura.
“Fobo” di Gabriel Delmas
di Weedzie Kalashnicock
Fobo è una metafora della follia dell’amore, una canzone sullo squilibrio chimico, un poema per tutti coloro che cercano e un lamento per coloro che trovano. In sintesi, un’allucinazione metafisica.
E’ anche il divertente racconto di uno spermatozoo che, come tutti gli spermatozoi prima di lui, ha assolutamente bisogno di trovare un uovo per assicurarsi un posto nell’eternità. Ma, mentre tenta di compiere il suo destino, diventa ossessionato da qualcos’altro. Ciò che vuole veramente è penetrare il cuore dell’universo. E questo desiderio lo porta a inseguire ogni barlume, ogni bagliore, ogni buco nero, ogni punto lontano, fino a dove e fino a quando riesce a farlo.
All’inizio è pieno di speranza. Riesce ad attraversare ogni paesaggio immaginabile. Incontra la donna con un occhio solo, la insegue, gioca con lei. E’ aiutato da una vegetazione amichevole, i cui tentacoli ricurvi lo salvano quando pensava che stessero per strangolarlo. Viene mangiato da strane creature fluttuanti con i ventri rigonfi e i volti sorridenti, un po’ stupide ma anche affettuose, che in realtà non vogliono fargli del male, dato che lo portano verso nuovi e ancor più stimolanti territori. E’ costretto a fermarsi, incapace di proseguire, ma poi riprende la sua corsa. Riesce a prevenire ogni catastrofe e a muoversi sempre più avanti nella sua ricerca. Le sue avventure sono spaventose e divertenti. Sembra essere (e comincia a credersi) invincibile. Diventa il capo di alcune creature che incontra lungo la strada. E’ così euforico da sentirsi onnipotente, sembra che non ci sia niente che non possa fare.
Fobo si sente tutt’uno con l’universo e con le creature intorno a lui. Sembra che tutti facciano il tifo per lui. Si sente coccolato.
Ma cosa sta succedendo? E’ vero che sono tutti dalla parte di Fobo? Ogni creatura lo porta più vicino, ma a cosa? Tutto ciò è amore o un inganno? Dove si trova?
Fobo guarda le cose sotto un’altra luce. Ciò che sembra essere una cosa, subito dopo comincia a sembrarne un’altra. Ogni volta che Fobo emerge da una cavità, ne trova un’altra e un’altra ancora. E sono le cavità a guardare Fobo, non il contrario. Ne può penetrare una ma ce n’è sempre un’altra dietro l’angolo. Sia che guardi giù o su, che entri o che esca, non è mai dall’altra parte. E’ imprigionato, proprio come tutti gli altri esseri in questo labirinto umido e oscuro.
E’ forse un clone? O un drone? Pensava di essere migliore! Diverso! Che cos’è?
Prima Fobo trovava tutto eccitante, folle e misterioso mentre ora pensa: “Devo essere provocato e stimolato in eterno? Riuscirò mai a penetrare il mistero che sto cercando di comprendere? Devo essere preso in giro per il resto dei miei giorni, e tutto il mio tempo, tutti i miei sforzi non serviranno a niente?”
Questa non è la storia di una razza che cerca di sopravvivere, e neppure la storia di una selvaggia lotta per essere il miglior spermatozoo dell’universo. E’ la storia della disillusione del vincitore. La sua sofferenza è esistenziale.
La verità è che Fobo ha una pistola sempre carica ma può sparare soltanto a salve, per l’eternità.
Questa è la storia dell’Orrore.
Un’intervista al Professor Bad Trip
Colgo l’occasione della mostra A Saucerful of Colours, personale dedicata al Professor Bad Trip dalla Tekè Gallery di Carrara, per recuperare una vecchia intervista realizzata al Prof dal sottoscritto e da Giuseppe Marano e pubblicata nel marzo 1995 su Underground #5. Incontrammo Bad Trip (vero nome Gianluca Lerici) in occasione di diverse edizioni di Lucca Comics, sulle gradinate del Palazzetto dello Sport, dove allora ci si metteva a vendere le fanzine, nonostante i continui inviti da parte dell’organizzazione a togliere il disturbo. Gianluca ci consentì di utilizzare un suo disegno per la copertina di Underground #5, che si apriva proprio con un’intervista realizzata via posta e montata a collage sullo sfondo dell’arte del Prof, come potete vedere dalle foto che accompagnano l’articolo. Sicuramente non sarà esaustiva come l’intervista realizzata da Vittore Baroni per l’Almanacco Apocalittico di Mondadori e ristampata in versione integrale proprio nel catalogo di A Saucerful of Colours, ma spero che sia comunque l’occasione per recuperare un contenuto oscuro e a suo modo utile per inquadrare uno dei più importanti artisti dell’underground italiano, scomparso a soli 43 anni il 25 novembre 2006. E a questo proposito vi raccomando di visitare la mostra della Tekè, che sarà aperta fino al prossimo 30 luglio il martedì e il mercoledì dalle 17 alle 20, dal giovedì alla domenica dalle 18 alle 24. Per il momento, buona lettura.
Professor Bad Trip: raccontaci vita opere e miracoli in una autobiografia completa.
Il Professor Bad Trip nasce a La Spezia il 21-5-63. Per tutti gli anni ’80 è conosciuto in zona come “Gianluca Punk”. E’ stato:
– DJ a Radio Popolare Alternativa (La Spezia, 79/83)
– cantante del gruppo hardcore “The Holocaust”
– denunciato per: occupazione, danneggiamento, corteo non autorizzato, resistenza a pubblico ufficiale (2 volte!), oltraggio a pubblico ufficiale, violenza a pubblico ufficiale (per un totale di 7 denunce più 4 giorni di prigione)
– diplomato all’Accademia di belle arti di scultura a Carrara.
Influenze, ispirazioni, aspirazioni?
Influenze grafiche: Stefano Tamburini, Robert Crumb, Joe Coleman, Paul Mavrides, Robert Williams, Basil Wolverton, Ed Big Daddy Roth, Matteo Guarnaccia, C.Burns, F.Masereel, D.Kitchen, Rick Griffin, Raymond Pettibon, W.Smith, ecc.
Ispirazioni (per via mentale, orale, polmonare o acustica): hashish, Max Stirner, Karl Marx, LSD, William Burroughs, George Orwell, Aldous Huxley, marijuana, The Germs, Ballard, Kropotkin, Fear, Hakim Bey, Bob Dobbs, Jerry Rubin, Timothy Leary, Robert Anton Wilson, Crass, Stanley Kubrick, David Cronenberg, ecc.
Aspirazioni: segrete (basta denunce!)
BAD TRIP COMIX è un po’ il manifesto del nuovo underground italiano, non credi?
Fumetto underground italiano:
– prima generazione (i babbi): Max Capa, Matteo Guarnaccia e Stefano Tamburini
– seconda generazione (il figlio unico): Prof. Bad Trip
– terza generazione (i nipoti): ??? (niente di niente, boh?)
Il tuo incontro con Matteo Guarnaccia ha dato vita a DOUBLE DOSE COMIX (inspiegabilmente stroncato dal “Manifesto”): come è nata la cosa?
Matteo è il mio babbo, quindi è stato un incontro fisiologico. “Il Manifesto” ha stroncato DOUBLE DOSE COMIX perché Thomas Martinelli (autore del pezzo) “non riesce a seguirmi” (sue parole a Lucca); in realtà di fumetti underground non capisce nulla (non ha la cultura necessaria). “Il Manifesto” rimane comunque l’unica fanzine leggibile tra tutta la merda che esce in edicola.
“Il Pasto Nudo”, Burroughs e l’underground: come è nata la decisione di realizzare un adattamento del libro, e che ruolo ha Uncle Bill nella tua formazione?
William Burroughs è una pietra miliare delle controculture; ha influenzato dal beat al punk all’industrial culture: è uno che ha visto nel futuro!!
Fare IL PASTO NUDO a fumetti è stata un’idea di Gomma di Shake e, al di là di giudizi formali-estetici-culturali-ecc. mi preme sottolineare due necessità soddisfatte:
1) anticipare tutti i merdoni postmoderni italiani da edicola che volevano l’esclusiva su una cultura che non gli apparteneva.
2) parlare di eroina e anni ’80 in una maniera il più “trasversale” possibile.
Ti è piaciuto “Il Pasto Nudo” di Cronenberg? E, più in generale, che impatto hanno su di te i film del regista canadese?
Amo Cronenberg – è, insieme a Kubrick, il mio regista preferito. Mi è piaciuto anche “Il Pasto Nudo”, tenendo a mente che da un libro simile si potevano fare 20 films e 30 fumetti diversi.
Come vedi l’attuale scena post-underground americana?
La scena americana è grandiosa, i disegnatori underground finiscono nei musei e sono considerati “gli artisti”. Succederà anche qua con 10 anni di ritardo, come al solito.
DECODER e la Shake sono un’esperienza fondamentale per la stampa underground, non credi?
Sono fondamentali per la scena italiana (nel mondo ci sono centinaia di case editrici simili): hanno il pregio di essere una cooperativa e di dare del lavoro a un sacco di fratelli e sorelle e di tradurre e pubblicare in italiano cibo per la mente di difficile reperibilità e/o traducibilità.
Cos’è per te il cyberpunk?
Cyberpunk è un’attitudine oltreché uno stile di scrittura. Burroughs, Ballard e Dick sono cyberpunk ante-litteram. Ma anche l’uso della fotocopiatrice, dei computer, ecc., da parte dei movimenti è cyberpunk. L’idea ribaltata di tecnologia solo al servizio del potere, di pochi tecnocrati, ecc. è la sfida del cyberpunk.
Che ci dici della collaborazione con i Meathead?
Mi hanno contattato per i miei disegni. Ho ascoltato il loro nuovo CD e mi è piaciuto molto; ci siamo conosciuti e continuiamo a piacerci e collaboreremo ancora in futuro.
La tua visione della psichedelia…
Questa domanda meriterebbe 10 pagine di risposta, quindi la salto!
Bad Trip e i centri sociali, dal Leonka al Forte Prenestino: che opinioni hai sui diversi CSOA in cui hai operato?
I centri sociali sono gli unici spazi culturali gestiti dal basso e orizzontalmente: non se ne può che parlar bene, al di là delle croniche lacune, miserie e guerre tra bande. Forte Prenestino è il massimo, è grandissimo, e i romani sono più rilassati e meno tesi dei milanesi. Spero si tenga lì il grande Free Festival+Rave del 2000!
Parliamo un po’ di Bob Dobbs e della Church of Subgenius…
Ne avete già parlato, quindi sapete di cosa si tratta; vi segnalo solo l’uscita mondiale di REVELATION X (nella quale sono presente – unico italiano, sigh – con 2 disegni). E’ la risposta agnostica, libertaria e patafisica a tutti i fondamentalismi.
Tra le tue innumerevoli attività c’è anche la mail-art: parliamo un po’ di questo movimento…
Con l’avvento delle reti telematiche la mail art è destinata alla morte. Per quanto mi riguarda ho smesso da anni di rispondere a tutti (per questioni economiche). E’ stato un utile strumento di scambio di idee, fanzines, ecc., che continuo a coltivare solo con chi mi interessa particolarmente.
“Hotel Massilia” di Emidio Clementi e Maurizio Lacavalla
di Serena Di Virgilio
Hotel Massilia è un racconto scritto da Emidio Clementi (frontman dei Massimo Volume, poeta e scrittore) e illustrato da Maurizio Lacavalla. È un libro spillato di 48 pagine a colori di formato quadrato autoprodotto da Sciame, un collettivo di studenti del corso di fumetto e illustrazione dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove Clementi insegna.
Hotel Massilia è stato presentato a Bologna con una mostra delle illustrazioni di Lacavalla presso la galleria Adiacenze e con un reading di Clementi presso la libreria Modo Infoshop.
Un complesso musicale attraversa la Spagna in autobus per arrivare in una città di mare in cui si parla francese. Dopo un primo albergo troppo ordinario si sistema al Massilia. Qui una stanza viene adibita a studio di registrazione, dove i tre amici cercheranno di mettere insieme il loro album, con poca convinzione.
La storia è sostanzialmente autobiografica e parla della sofferta genesi dell’album Stanza 218 di El Muniria, progetto di Clementi dopo il (temporaneo) scioglimento dei Massimo Volume.
La città è Tangeri in Marocco, e l’albergo è quello in cui William Burroughs scrisse Il pasto nudo, e il gruppo si era recato lì in cerca di ispirazione.
Fornito di testo e qualche foto del viaggio, Lacavalla fa del luogo il protagonista delle sue illustrazioni, ricreandolo ispirandosi ad un’altra città del Mediterraneo: la sua Barletta di palme, parcheggi, piscine e spiagge.
L’occhio si fissa poco su persone, avvenimenti ed emozioni; guarda la città e le stanze dall’alto, oppure si avvicina ai particolari degli oggetti. Le forme, di tetti e strade o chitarre e tastiere, sinuose e squadrate, stanno le une vicine alle altre come in un dipinto astratto o una foto aerea.
Alternato al bianco e nero, l’azzurro intenso fa da linea guida, dall’autobus ai muri dell’albergo, al fazzoletto con cui uno dei membri del gruppo cerca di nascondere il bozzo che gli cresce sul collo.
Il testo è rado, pieno di silenzi che lasciano la pagina bianca e le immagini a prendere il sopravvento. Il tono è amaro mentre si sofferma sullo sgretolarsi della creatività e sull’insofferenza crescente. Intanto un’umanità varia s’insinua nel racconto attraverso brevi quadretti, impressioni da estranei che si passano accanto e a volte si sfiorano.
Sul muro dell’albergo, un cartello. Fotografato da Clementi, che ha appeso in casa sua la foto, riscritto a matita da Lacavalla che a sua volta l’ha tenuto nella sua stanza, e infine dipinto e inserito nel libro.
Le Silence
de chacun
assure le repos
de tous
Grazie a Nicola.
E’ nata Flag Press!
Forse non tutti sanno che insieme a Ratigher ho fondato una piccola casa editrice, la Flag Press, che si propone di pubblicare fumetti in un unico formato, poster orizzontali 70×100 con due pagine affiancate. Abbiamo presentato il progetto all’Arf! di Roma sabato 21 maggio e subito dopo ha debuttato il nostro sito, dove è possibile acquistare il primo poster della serie, intitolato Teoria, pratica e ancora teoria, a firma dello stesso Ratigher.
Probabilmente molti di voi avranno già notato la notizia sui vari social network, siti di informazione e soprattutto sul blog del mio socio, a cui vi rimando per leggere le cose come veramente stanno. Qui mi preme dire che il mio coinvolgimento in Flag Press nasce per volontà dello stesso Ratigher, che covava il progetto da un bel po’. Mi ricordo, anzi, che quando lo incontrai al Fumetto Festival di Lucerna del 2015, mi disse che aveva un’idea e aveva disegnato già il logo per una piccola casa editrice che avrebbe coinvolto autori internazionali e pubblicato fumetti “in un formato un po’ strano”.
Io già pensavo a cubi, scatole o telefoni ma in realtà no, si trattava di poster, come mi avrebbe rivelato qualche mese dopo invitandomi a diventare la sua spalla nell’impresa (a proposito non provate a fregarmi l’idea della Phone Press, fumetti a forma di telefono). Da allora abbiamo pensato bene a cosa volevamo fare con Flag Press e, al di là della scelta degli autori, la nostra idea si è concentrata sul concetto di “storia”. A tutti e due piacciono le sperimentazioni, i fumetti assurdi e a volte anche apparentemente senza senso, ma quello che qui ci preme realizzare è raccontare su un poster, far diventare narrativo un oggetto che è sempre stato principalmente figurativo, dando inoltre la possibilità agli autori di sbizzarrirsi graficamente sul formato editoriale più grande possibile. E credo che Teoria, pratica e ancora teoria di Ratigher sia veramente il “manifesto” di questa nostra idea, con una storia piena di personaggi, i dialoghi incalzanti, le piccole vignette e l’aereo gigante che viene tagliato in due dallo spazio bianco tra le tavole. Ah, sul retro del poster trovate in bianco e nero la traduzione in inglese della storia. In futuro, se il fumettista scriverà in inglese, sul retro troverete la traduzione in italiano.
Quali autori pubblicheremo con Flag Press? Innanzitutto stiamo lavorando con Ruppert&Mulot, Manuele Fior e Dash Shaw. E poi? Ai poster l’ardua sentenza!
B Comics in mostra a Studio Pilar
Se vi trovate a Roma in questo periodo, non potete perdere il dietro le quinte dei due volumi di B Comics, a cura di Maurizio Ceccato e pubblicati da Ifix nel 2014 e 2015. Il backstage, ricco di materiali, è iniziato lo scorso venerdì 10 giugno e sarà aperto dal giovedì al sabato dalle 11 alle 20 presso Studio Pilar, in via Panfilo da Castaldi 16 a Testaccio, con festa di chiusura in programma sabato 2 luglio dalle 19 alle 24.
Ho visitato la mostra e fatto un po’ di foto, che potete vedere di seguito. I due volumi di B Comics, Crack! e Gnam!, raccolgono in grande formato i lavori di artisti italiani che vengono dal mondo dell’autoproduzione o addirittura esordienti, anche se alcuni di loro si sono nel frattempo affermati pubblicando per case editrici o realizzando progetti di illustrazione di primo piano. Ceccato nella costruzione di queste antologie ha guardato soprattutto all’originalità e alla forza del segno e infatti molti degli autori di B Comics vengono dal mondo dell’illustrazione, cosa che ha comportato in molti casi un metodo di lavoro ben diverso da chi invece utilizza le strutture del fumetto tradizionale.
Guardando i lavori esposti sulle pareti dello studio e sfogliando le pagine di un ricchissimo portfolio, ciò che si nota innanzitutto è la differenza di approccio tra autori diversi. Questo backstage diventa così un’occasione per capire i mille modi in cui può nascere un fumetto. C’è chi come il duo Marco Taddei-Simone Angelini si affida a una sceneggiatura tradizionale, chi come Emanuele Giacopetti dà forma a sketch ricchi di testo, chi come Alberto Valgimigli disegna, disegna e disegna fino a scegliere per la sua storia soltanto una piccola parte del materiale realizzato. Oltre ai materiali di lavorazione ci sono ovviamente anche tanti disegni e tavole originali dei vari Spugna, Martoz, Lorenzo Mò, Elena Guidolin, Alessandro Ripane, Maurizio Lacavalla, Roberto Grossi, Manfredi Ciminale e tanti altri. Buona visione.
Chicago Alternative Comics Expo 2016
La fumettista Corinne Halbert, una degli organizzatori del CAKE 2016, si è prestata a fare da inviata per Just Indie Comics in occasione di uno dei più importanti festival alternativi del Nord America, che si è svolto a Chicago nel weekend 11-12 giugno. Potete vedere le sue foto e leggere il suo reportage, ovviamente in inglese, a questo link. Grazie a Corinne e buona lettura a voi.
Cosa è successo a Castiglione Tra le Nuvole 2016
di Serena Di Virgilio
Il festival itinerante Tra le Nuvole ha fatto tappa l’1 e 2 giugno a Castiglione delle Stiviere, in provincia di Mantova, con due incontri, un laboratorio, due piccole mostre e una mostra-mercato.
Tra le Nuvole è un ciclo di eventi che da sei anni coinvolge Brescia e dintorni con incontri, corsi e laboratori, voluti e organizzati da Nadia Bordonali e Luigi Filippelli della micro casa editrice MalEdizioni. I lettori di questo blog la conosceranno sopratutto per la pubblicazione di Remi Tot in STUNT di Martoz e per la presenza in vari festival.
L’intento di Tra le nuvole è la diffusione del fumetto e dell’illustrazione, con particolare attenzione all’autoproduzione e all’editoria indipendente, attraverso i luoghi della cultura come le biblioteche comunali ma anche in librerie e centri di aggregazione, rivolgendosi non solo ai lettori ma anche agli operatori.
Quest’anno il festival è cresciuto anche grazie all’interesse di realtà pubbliche e private, tra cui il Circolo Arci Dallò e la Libreria Mutty di Castiglione delle Stiviere che hanno invitato la manifestazione a “espandersi”.
Si tratta di due realtà molto diverse (ruspante e caotica la prima, raffinata e ponderata la seconda) che hanno in comune la voglia di far cultura mettendo insieme le persone, e offrono per questo degli spazi decisamente interessanti.
Il Circolo Arci Dallò occupa un antico stabile in una delle piazze del centro storico di Castiglione, che comprende un bel cortile ampio e piacevolmente verde e fiorito. Peccato quindi per i temporali intermittenti, che hanno costretto tutti al coperto.
La mostra-mercato comprendeva un’offerta piuttosto varia, con fumetti e libri di saggistica, autoproduzioni e volumi “da libreria di varia”, illustrazione in stampe, cataloghi e carnet, e perfino la raccolta di design di un tatuatore.
Al fianco del Centro Fumetto Andrea Pazienza, che può essere considerato quanto di più simile ad un’istituzione nel panorama del fumetto indipendente italiano, c’erano alcune nuove e promettenti realtà. Brace è un collettivo di studenti del corso di fumetto dell’Accademia di Bologna, che in pochi mesi ha già messo insieme un piccolo e interessante catalogo di racconti più o meno brevi. I milanesi Radice si confrontano tanto con l’illustrazione che con il fumetto, e hanno impreziosito la loro antologia con sovraccoperte stampate artigianalmente. Il progetto McGuffin Comics parte da studenti della Scuola Internazionale di Comics di Brescia e si è da poco concretizzato in un primo volume di “storie di genere”, In Mass Media Res.
Mutty è un ex capannone e laboratorio artigianale meravigliosamente restaurato e riconvertito in spazio multifunzionale, che comprende una bella libreria dedicata sopratutto a volumi illustrati, con anche una selezione di autoproduzioni.
È qui che Sara Pavan ha presentato Il potere sovversivo della carta (Agenzia X, 2014, se ne era parlato qui), libro da lei curato che raccoglie interviste a protagonisti della scena dell’autoproduzione fumettistica italiana tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio degli anni Duemila. Diversi di questi autori stanno oggi pubblicando per case editrici, ma non per questo rinnegano il proprio passato. La loro notorietà e le pubblicazioni più accessibili fanno anzi da ponte per ampliare la conoscenza anche di quella che è produzione più di nicchia.
Pavan ha fatto notare come negli ultimi anni l’autopubblicazione abbia assunto una valenza diversa rispetto al passato, quando per tanti nuovi autori era l’unica strada per potersi esprimere. Oggi non è più necessariamente pubblicazione di serie B, riceve più attenzioni e anche chi è già nel mercato vi ricorre per avere maggior controllo e libertà.
Il discorso ha preso presto la forma di un’incitazione a chi ha voglia di fare, anche al di fuori del fumetto o della scrittura, perché “il tipo di energie che si mettono in campo sono le stesse” e “fanno riferimento a quelli che sono i nostri talenti e le nostre passioni individuali”.
A sera, di nuovo all’Arci Dallò, c’è stato un divertente concerto di chitarra e disegni durante il quale Nicola Setti, cantautore, e Alessandro Formigoni, illustratore, si sono scambiati più volte i ruoli.
Il giorno seguente si è tornati da Mutty per il laboratorio di narrazione erotica Solo una storia di sesso condotto da Sara Pavan e Nadia Bordonali. Lo scopo era individuare modi di raccontare quella che è una parte essenziale della vita della maggior parte delle persone.
Ciascuno dei partecipanti era stato invitato a contribuire una scena erotica (da un film, un libro, un fumetto) da esaminare insieme e da cui partire per fare delle osservazioni.
Il laboratorio si è protratto più del previsto e ho finito con il perdermi l’incontro successivo al Dallò, ovvero Le relazioni pericolose: quando musica e fumetto… con gli autori Alghisi e Biro, di cui mi sono stati però riferiti i punti salienti.
Stefano Alghisi ha iniziato con una digressione storica sul rapporto tra musica e immagine, dalle illustrazione delle murder ballads alle copertine dei dischi, da Robert Crumb a Bonvi e Guccini, per poi passare a parlare del proprio lavoro. Oltre a produrre manifesti, in Il porto delle anime (MalEdizioni, 2015, di cui aveva scritto Gabriele) Alghisi ha raccontato a fumetti le storie di tre gruppi che hanno riscoperto le radici del rock’n’roll, a cui è legato anche per l’estetica retro-horror.
Biro, autore di Zero e Uno (MalEdizioni, 2014), ha parlato invece della sua esperienza di grafico e illustratore nel creare copertine di dischi, loghi e video musicali, e dello sforzo nel mediare tra il proprio stile e l’immaginario proprio del gruppo committente.
Su di un muro dell’Arci Dallò, purtroppo in un punto un po’ poco luminoso, erano esposte alcune belle tavole originali di Stefano Alghisi, sempre a tema musicale, tra cui il suo contributo al progetto This Is Not A Love Song.
Grazie a organizzatori e volontari del festival e degli eventi, e a Nicola.
Una giornata scorsa
Da martedì 31 maggio a sabato 4 giugno i fumettisti Serena Schinaia, Silvia Rocchi, Roberto Massó e Martín López Lam hanno “occupato” le sale dell’Accademia di Spagna a Roma per realizzare un fumetto a 8 mani, intitolato Una giornata scorsa. Utilizzando 64 piccoli segmenti, i quattro hanno dato forma a un lavoro collettivo lungo 5 metri, che è stato esposto nei giorni seguenti presso l’Accademia e che verrà pubblicato in un leporello in occasione del prossimo Crack! Festival, al Forte Prenestino di Roma dal 23 al 26 giugno. Ma lo spirito collaborativo si è sviluppato anche verso l’esterno, dato che i quattro hanno invitato i visitatori della mostra a contribuire con idee, disegni, schizzi e appendici: scopo del progetto infatti era non soltanto illustrare e raccontare ma anche mostrare la genesi di un progetto di gruppo e le dinamiche di collaborazione tra artisti di diversa estrazione. Se il lavoro di Schinaia, Rocchi, Massó e López Lam si è sviluppato in orizzontale, quello dei vari ospiti ha ampliato in verticale le idee dei quattro, dando forma a radici degli alberi, palazzi a più piani, divinità, ufo e altro ancora. Tra i vari collaboratori vi segnalo Bambi Kramer, Valerio Bindi, Luca Ralli e tanti degli artisti residenti in Accademia. Il progetto nasce infatti dalla residenza di López Lam presso l’istituto spagnolo, di cui ha già parlato su queste pagine Serena Di Virgilio a proposito dell’incontro e della mostra organizzati di recente a Bologna.
Tema di Una Giornata Scorsa è la periferia urbana come luogo di passaggio. Osservando il risultato finale, si nota comunque una dimensione narrativa preponderante, resa possibile dall’uso di una struttura predefinita su cui i quattro artisti hanno comunque avuto la libertà di improvvisare e divagare. I personaggi ricorrenti (il losco figuro incappucciato con la mazza da baseball in mano, il bambino, l’autista dell’ambulanza ecc.) danno unità alla lunga panoramica e catturano lo spettatore, impegnato a ricercarne le tracce e a partecipare attivamente a quello che essenzialmente è un gioco. Qua e là affiorano inevitabilmente i tratti di una Roma periferica, ingarbugliata, caotica, probabilmente dovuti a Schinaia e López Lam, che negli ultimi tempi hanno vissuto nella capitale. Ma a parte questo non sempre è facile capire chi ha fatto cosa, perché tutti hanno disegnato sopra gli altri, cercando di scomparire dietro a uno stile unico. Certo, magari si riconoscono nel bambino le forme arrotondate di Massó o nelle donne alla finestra le linee della Rocchi, ma in generale l’impressione è quella di una coesione forte, segno che l’idea iniziale ha trovato perfetta applicazione.
Una Giornata Scorsa è in mostra fino al 12 giugno all’Accademia di Spagna di Piazza San Pietro in Montorio 3, con orario 10-18. Successivamente verrà esposto al Crack!, dove chi vorrà potrà contribuire a sua volta disegnando sopra, sotto e a lato delle creazioni dei quattro artisti. Nel frattempo, un po’ di foto scattate sul posto.