Anteprima di “Irene” #6

(English text)

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Debutterà questo weekend alla Small Press Expo di Bethesda, nel Maryland, il sesto numero di Irene, curato come sempre da Andy Warner, dw (autore della cover qui sopra) e Dakota McFadzean. In passato ho già parlato di questa antologia, di cui ho recensito il terzo e il quarto numero, e già allora l’ho definita come una delle realtà più interessanti nell’attuale panorama del fumetto indie nord-americano. In attesa di avere tra le mani il nuovo volumetto, vi propongo di seguito alcune immagini di quella che si preannuncia come l’uscita più imponente della serie, dato che avrà ben 216 pagine e ospiterà i contributi di autori da tutti i continenti, incluso l’Antartide. Buona visione.

Andy Warner

Ben Juers

Ben Passmore

Carolyn Nowack

Dakota McFadzean

dw

Frøydis Sollid Simonsen

Jackie Roche

Jai

Jai Granofsky

Katie Parrish

Kevin Uehlein

Leif Goldberg

Lena Merhej

Lucy Bellwood

Luke Howard

Marta Chudolinska

Marc Bell

Natsuko Yoshino

Nick Cartwright

NoTanParecidos

No Tan Parecidos

SeanK

Sean Knickerbocker

Shennawy

Shennawy

Tillie Walden

“Irene” #6 preview

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The newest issue of Irene anthology will debut this weekend at Small Press Expo in Bethesda, Maryland. This is undoubtedly the biggest Irene yet, with 216 pages and contributors based in every continent on the planet Earth, even Antarctica. Contributors include: Marc Bell, Lucy Bellwood, Nick Cartwright, Marta Chudolinska, d.w., Jai Granofsky, Leif Goldberg, Luke Howard, Ben Juers, Sean Knickerbocker, Dakota McFadzean, Lena Merhej, No Tan Parecidos, Carolyn Nowak, Katie Parrish, Ben Passmore, Jackie Roche, Shennawy, Frøydis Sollid Simonsen, Kevin Uehlein, Tillie Walden, Andy Warner, and Natsuko Yoshino. Irene is edited by Andy Warner, dw, and Dakota McFadzean. When I reviewed the third and the fourth issue of this comics and art anthology I defined it as one of the best publications in the North-American indie comics scene, so I’m really looking forward to read the new book. For now you can take a look at some preview pics below and pre-order Irene #6 here.

Andy Warner

Ben Juers

Ben Passmore

Carolyn Nowack

Dakota McFadzean

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Frøydis Sollid Simonsen

Jackie Roche

Jai

Jai Granofsky

Katie Parrish

Kevin Uehlein

Leif Goldberg

Lena Merhej

Lucy Bellwood

Luke Howard

Marta Chudolinska

Marc Bell

Natsuko Yoshino

Nick Cartwright

NoTanParecidos

No Tan Parecidos

SeanK

Sean Knickerbocker

Shennawy

Shennawy

Tillie Walden

“Drawn Onward” di Matt Madden

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Drawn Onward è un comic book di Matt Madden pubblicato inizialmente come 182esimo numero della rivista One Story nel novembre 2013 e ristampato qualche mese fa da Retrofit Comics. Una donna incontra nei sotterranei della metropolitana uno sconosciuto, che ogni volta sembra riconoscerla tanto da implorare la sua attenzione e da dirle che non può vivere senza di lei. Detta così la storia potrebbe sembrare un mystery, costruito sul misterioso legame tra i due personaggi. In realtà Drawn Onward non è un fumetto incentrato sul plot ma sulla forma. Madden, che ai lettori italiani sarà familiare soprattutto per Esercizi di stile. 99 modi di raccontare una storia pubblicato da Black Velvet, realizza qui il suo ennesimo saggio in forma di fiction. D’altronde le sue opere sono spesso esperimenti che analizzano le strutture del fumetto e questo suo approccio alla narrativa disegnata ha trovato ancora più sfogo da quando il cartoonist statunitense si è trasferito ad Angoulême con la moglie Jessica Abel. Così, quando la protagonista comincia a ricambiare le attenzioni dello sconosciuto, il loro interesse diventa reciproco e sfocia nel bacio che occupa le pagine centrali dell’albo. Subito dopo, la prospettiva si ribalta. Ora è la donna a cercare l’uomo, che dal canto suo inizia a ignorarla e pian piano a respingerla. Ogni tavola della seconda metà del comic book diventa così speculare alla tavola corrispondente della prima parte, in un gioco di rimandi che ribalta i ruoli e trasforma quello che sembrava inizialmente un thriller in un sottile gioco da Settimana Enigmistica. L’alternarsi studiato di tavole disegnate con uno stile pulito e leggero e di altre caratterizzate da linee corpose fa il resto, rendendo a tutti gli effetti Drawn Onward un fumetto incentrato sulla struttura più che sulla narrazione.

Drawn_Onward_09-copy_originalNella versione originale la storia usciva con il sottotitolo di “star-crossed comic”, evidenziando il rapporto maledetto dal destino che lega i due protagonisti, mentre la nuova edizione è stata presentata come un fumetto palindromo. Tra le due definizioni la seconda è vera soltanto in parte, perché le pagine di apertura e chiusura contestualizzano la lettura e la rendono pienamente comprensibile soltanto se fatta “in avanti”, come suggerisce il titolo. Risulta invece azzeccatissima la definizione originale, dato che Drawn Onward si fa apprezzare più che per la dimensione formale – sinceramente un po’ fine a se stessa e neanche troppo originale – per il suo significato di parabola sui rapporti sentimentali, mostrando come a volte la sintonia duri soltanto per lo spazio di un bacio, dato tra le pagine centrali di un fumetto.

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Drawn Onward è disponibile qui nel negozio di Just Indie Comics.

Drawing in the sky – Un’intervista con Mardou

(English text)

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Ho scoperto i fumetti di Sacha Mardou (in arte solo Mardou) con il secondo numero di Sky In Stereo, pubblicato da Yam Books dopo l’esordio autoprodotto. Quel mini-comic conteneva la scena in cui la protagonista prendeva l’acido e cominciava a vedere strani segni nel cielo, iniziando un vagabondaggio quasi liberatorio per le strade di Manchester, Inghilterra, dove era ambientato il fumetto e dove è cresciuta l’autrice. Quel momento così libero, quella fuga, quell’assolo proposto con tanta abilità da Mardou mi fece capire che avevo davanti agli occhi un talento cristallino. La lettura del primo numero mi confermò quell’impressione: le vicende di Iris erano raccontate con un’abilità nella costruzione dei dialoghi, una leggerezza e una scorrevolezza difficili da trovare altrove, soprattutto se si tiene conto che dietro a quella leggerezza si nascondevano temi importanti come amore (soprattutto per il collega di fast-food Glenn), droga (dall’ecstasy agli acidi fino all’eroina) e adesso anche religione. Dico “adesso” perché Sky In Stereo sta finalmente tornando in pista, ma non con il terzo numero che ci potevamo aspettare, quanto con un’edizione definitiva in due volumi pubblicati da Revival House Press. Il primo esce in questi giorni e contiene un lungo prologo inedito, i due mini-comics e quello che doveva essere il terzo numero, per un totale di 182 pagine. L’ho letto in anteprima e ne ho parlato con l’autrice.

Ciao Sacha, dato che questa intervista è in qualche modo un’anteprima del vol.1 di Sky In Stereo, lascerei a te l’onore di introdurre il libro a chi non lo conosce.

Ciao Gabriele, Sky In Stereo è un graphic novel in due parti che parla di un’adolescente chiamata Iris, del suo lavoro schifoso, della sua vita scolastica e infine del suo esaurimento nervoso. Sembra deprimente ma non lo è. Ci sono diversi momenti positivi lungo il percorso.

La prima cosa che mi viene in mente parlando di Sky In Stereo è che diversi elementi possono sembrare autobiografici, a partire dal fatto che la storia è ambientata a Manchester, in Inghilterra, dove sei nata e cresciuta. Ma al di là del sapere quanto c’è di autobiografico nelle vicende di Iris, a me piacerebbe chiederti se il materiale di Sky In Stereo parte da qualcosa che hai scritto o disegnato durante gli anni del college, per esempio un diario o uno sketchbook, perché alcune parti sono veramente accurate e realistiche.

No, non tenevo un diario a quei tempi. Molti degli eventi più importanti sono tratti dalla mia vita, ma ho fatto la scelta di trasformarli in fiction. Inoltre questo materiale guarda parecchio indietro, a più di venti anni fa. Non posso ricordare conversazioni fatte all’epoca, e così diventa invenzione. La fiction mi ha dato molta più libertà nell’esplorare da una prospettiva diversa gli aspetti più complicati della vita reale, comprimendoli in qualcosa di più semplice, una storia che inizia e finisce.
Molti personaggi sono inventati, come per esempio Doug, il patrigno di Iris. Mia madre era sposata con un tipo, ma era molto diverso da Doug. Mi piace molto quel personaggio in realtà, è stato divertente scriverlo e i continui battibecchi tra lui e la mamma di Iris aiutano a rivelare i motivi delle decisioni di Iris nella storia. Mia mamma è una Testimone di Geova nella vita reale, ma non è come Gina. Gina è abbastanza devota e conservatrice, l’ho descritta così per renderla funzionale alla storia. Mia mamma invece è adorabile e ho un rapporto molto stretto con lei. L’ho sempre avuto.
Sono contenta che la storia sembri vera comunque, mi piace l’idea che la gente ci si possa riconoscere.

Sì, tutta la storia sembra reale e alcune parti sono molto vivide, penso per esempio alla rottura tra Iris e John, che ha una dimensione emotiva molto forte…

Grazie. Penso che crescendo dimentichiamo quanto è intenso l’amore da giovani. Lì ho cercato proprio di catturare l’intensità e la futilità di quel sentimento.

Questa prima parte, in cui esplori l’ambiente familiare e l’educazione religiosa di Iris, è inedita, infatti Sky In Stereo #1 si apriva con quello che adesso è il secondo capitolo, quando Iris è in macchina con le amiche prima di entrare in un locale. Come ti è venuta l’idea di realizzare questa specie di prequel?

Ho sempre avuto l’intenzione di raccontare la storia dall’inizio, ma quando ho disegnato i mini-comics ho pensato che sarebbe stato più interessante cominciare direttamente nel mezzo dell’azione. Nel secondo libro (ho già le bozze pronte e lo disegnerò e inchiostrerò in autunno), il tema religioso tornerà nel periodo trascorso da Iris all’ospedale psichiatrico. Il manoscritto originale era molto più voluminoso e andava anche più indietro, a quando Iris aveva sette anni e i sui genitori stavano divorziando. La storia com’è adesso è venuta fuori durante l’editing. Ho tagliato due interi capitoli di circa 100 pagine totali, di cui avevo già fatto le bozze e che mi piacevano molto. “Evvai, almeno non devo disegnare tutta questa roba!”. E penso che alla fine il libro sia venuto meglio così.

A questo proposito un momento importante è quando Iris scopre L’età della ragione di Sartre e le sue certezze religiose vengono meno, mi ci sono ritrovato molto in quella parte, dato che a parecchie persone è capitato, intorno ai 14-15 anni, di mettere in discussione gli insegnamenti tramandati dalla famiglia e dalla società dopo essersi avvicinato a certi romanzi o testi filosofici.

Sì, ho letto un libro veramente importante per me, Confessions of a Teenage Jesus Jerk di Tony Du Shane ed è esattamente quello che succede a lui: dopo aver letto un libro dalla cattiva reputazione ha cominciato a mettere in discussione la sua famiglia di Testimoni di Geova. A dire il vero ho letto il libro dopo aver scritto Sky In Stereo, ma l’ho trovato molto vicino.

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Un’altra scena centrale è quella in cui Iris prende l’acido, non a caso le sue visioni del cielo danno il titolo al libro. All’inizio è fatta, felice, esaltata, ma con il passare del tempo è come se questa esperienza le abbia dato non solo “buone vibrazioni” ma anche una nuova consapevolezza, come se l’acido le avesse mostrato la strada per lasciare da parte la sua insicurezza…

E’ come si sente il giorno dopo, si sente speciale e positiva. Ma poi nei giorni seguenti non ha dormito né mangiato… La fiducia in se stessi quando è euforica non dura. Non può durare.

E infatti questo apre la strada al suo esaurimento, che sarà il tema del secondo volume…

Sì, il secondo volume avrà le stesse pagine del primo e vedrà Iris rinchiusa durante l’estate. C’è un estratto di tre pagine alla fine di questo libro che dà l’idea di cosa succederà. Per certi versi mi sono lasciata influenzare da La campana di vetro di Sylvia Plath.

Iris ascolta un sacco di musica dei primi anni ‘90, ci sono riferimenti ai Pixies, ai Blur, ai Pavement, agli Orbital, al Nick Cave solista… Ma ci sono anche David Bowie e i Velvet Underground… Tu cosa ascoltavi al college?

Tutta questa roba, tranne gli Orbital. La techno e la dance ancora andavano forte a Manchester, anche se il boom c’era stato all’inizio degli anni ’90. Non sono mai stata coinvolta in quelle scene. La canzone dei Pulp Sorted For E’s & Wizz era molto realistica, non per me magari, ma vedevo quel tipo di cultura intorno a me. Mi ricordo di aver letto un’intervista a Nick Cave degli anni ’90 e lui raccontava di aver iniziato a fare a botte con qualcuno dopo aver provato l’ecstasy. Ahah, è lui il mio tipo!

E che mi dici degli Smiths? Non so se ti piacevano, ma ci sono alcuni momenti che potrebbero essere tratti da un testo di Morrissey, per esempio quando alla fine del primo capitolo Iris pensa “He was my first… Being young feels like a curse. All this time ahead of me… Blank and grey”. E sono di Manchester anche loro…

Erano in giro un po’ prima di me e non sono mai stata una fan. Le chitarre di Johnny Marr mi hanno sempre urtato i nervi. Mi piacciono i Joy Division e i New Order, che erano altri due gruppi importanti di Manchester. Quando ero al liceo andavano forte gli Happy Mondays e i James. Alla fine il fumetto è ambientato a Manchester, e la musica è in qualche modo strettamente legata alla città. Era un posto dove suonavano tante band e da lì sono nati grandissimi gruppi. E questo ha dato a questa città altrimenti poco importante un senso di se stessa.
E’ difficile da spiegare ma ho cercato di rendere la musica parte del tessuto del libro nello stesso modo il cui la musica è intrecciata alla cultura della città di Manchester.

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Facendo un passo indietro, purtroppo ho conosciuto i tuoi lavori soltanto con gli albetti di Sky In Stereo, ma so che prima hai realizzato parecchi lavori, come Anais In Paris e Manhole. Ho visto on line qualche storia breve tratta dall’antologia tutta al femminile Whores of Mensa e sono molto diverse, si tratta di brevi racconti più estemporanei, mentre le tue ultime cose sono molto incentrate sulla narrazione. C’è qualche artista a cui ti ispiravi in modo particolare ai tempi di Whores of Mensa e come sei arrivata poi a sviluppare uno stile così narrativo?

Dan Clowes e Julie Doucet erano due delle mie fonti di ispirazioni. Ma erano entrambi degli artisti incredibili. Ho capito che la mia forza era la scrittura e così trovare uno stile grafico da mettere al servizio delle mie storie diventò il mio obiettivo di lungo termine. E lo è ancora!

In tal senso questa prima raccolta di Sky In Stereo segna una crescita dal punto di vista stilistico, mi sembra che le parti inedite poi siano più curate, come se con il passare del tempo il tuo stile stesse diventando più meticoloso…

Sono molto più a mio agio con il mio stile adesso, e penso che si veda. Scoprire il lavoro di Gabrielle Bell circa dieci anni fa è stato veramente importante per me. Non che io stia cercando di imitarla, ma c’è quella rassicurante sensazione di scorrevolezza nel suo disegno che mi ha davvero ispirato. E non si sforzava di disegnare, le bastava essere se stessa. Mi ha formato!
Inoltre penso di aver inconsapevolmente preso alcune cose da Ted May, mio marito. E’ un artista incredibilmente bravo, io non sono al suo livello. Ma stavo guardando al modo in cui disegno gli occhi adesso e ho capito che l’ho ripreso da Ted in tutto e per tutto.
Beh, siamo sposati quindi sono autorizzata, o almeno credo.

Beh, non credo che ti farà causa. Il paragone con Gabrielle Bell è perfetto, lei è una delle mie cartoonist preferite e sia le tue storie che quelle di Gabrielle sono scorrevoli, leggibili e mai noiose. Inoltre siete due artiste molto abili nel rendere il linguaggio del corpo…

Grazie, mi piace veramente tanto il suo lavoro, e poi ha avuto una vita così interessante. Hai notato che Gabrielle raramente usa i primi piani? Nella maggior parte delle sue vignette disegna figure intere o a tre quarti. Mi ricorda Ozu, i suoi film erano così.

Ok, siamo quasi alla fine dell’intervista e ne approfitto per chiederti se c’è qualcosa che ti è piaciuto davvero negli ultimi tempi, qualche fumetto oppure un romanzo o un film.

Everywhere Antennas di Julie Delporte è meraviglioso, l’ho adorato. E Paul Joins the Scouts di Michel Rabagliati è formidabile. Lui è uno scrittore e un cartoonist davvero bravo. Mi piace molto anche il lavoro di Melissa Mendes.
Ted sta lavorando al prossimo numero di Men’s Feelings e ne sto leggendo qualche pezzo quando mi avvicino di nascosto alla sua scrivania. E’ grandioso!

E per quanto riguarda la narrativa? Ho letto che hai studiato letteratura inglese al college, quindi sarei curioso di sapere se c’è qualche romanzo che hai apprezzato di recente o qualcosa a proposito dei tuoi autori preferiti.

Mi piace leggere tutto di un autore, partendo da qualsiasi cosa abbia scritto per passare poi alla sua biografia o autobiografia. Negli ultimi due anni ho letto tutta Doris Lessing, è probabilmente la mia persona preferita di sempre. O comunque è nella top five. Il suo libro Shikasta è diverso da qualsiasi cosa io abbia letto in precedenza.
Mi piace molto anche John Updike, alcuni lo hanno accusato di sessismo perché era un gran donnaiolo ma in realtà descriveva i suoi personaggi femminili in modo molto realistico. Cioè, se leggi le cose di Erica Jong scritte negli stessi anni i personaggi sembrano datati e stucchevoli. Invece le casalinghe di Updike sembrano reali e riescono a commuovere.
Leggo parecchi libri per bambini con mia figlia. Adoriamo la serie The Borrowers e in questo momento stiamo per finire i romanzi dei Moomins, Tove Jansson era grandiosa. Quei libri hanno ispirato i miei sogni. L’altra notte ho sognato un’altra volta tesori sommersi, quindi grazie Tove!

A proposito di sogni, in Italia abbiamo un famoso presentatore, Gigi Marzullo, che faceva un programma televisivo notturno in cui intervistava a lungo i suoi ospiti, spesso facendo domande abbastanza assurde. E una di queste era proprio “la vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio?”. Concludeva ogni intervista con la classica “si faccia una domanda e si dia una risposta”. Mi piacerebbe provare quest’ultima, che ne dici?

D- Hai visto qualcosa di fico di recente?
R- Ieri ho disturbato due coccinelle che si stavano accoppiando nel mio giardino. Stavo guardando le mie piante di cetriolo per vedere se ce n’era qualcuno pronto per essere colto e ho trovato questa coppia che si era appartata, si erano infilate in un angolo nascosto vicino a un cespuglio, coperte da una foglia. Una era giallognola con un sacco di macchie e la femmina era rossa con due chiazze. E mi è sembrata davvero una cosa fica.

Sky In Stereo 1

Drawing in the sky – An interview with Mardou

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I discovered Mardou with the second issue of Sky In Stereo, released by Yam Books after the first self-published mini-comic. That book included the scene where Iris – a teenage girl based in Manchester, England – took acid and started to wander, confused but happy in the streets of the city. That free moment, artfully depicted by Mardou, could have been a fugue in a piece of classical music or a solo in some rock song and it made me realize I was staring at a sharp and genuine talent with an unique ability to write dialogue and to render body language. After locating and reading the first issue, my initial impression was confirmed. Iris’s story was once again told with a lightness and a fluidity that seems hard to find, especially when you consider that behind the lightness there are big issues at play, such as love (for her fast-food coworker Glenn), drugs (ecstasy, acid but also heroin) and now, religion. I say “now” because Sky In Stereo is finally back on track with a definitive edition in two volumes published by Revival House Press. The first will be available in October, featuring a 180-page story with an unreleased prologue, the two previously-mentioned mini-comics and the never-published third issue. I read a preview and I talked about it with Mardou.

Hello Sacha, since this interview is a sort of preview of Sky In Stereo vol. 1, I’ll leave it to you to introduce the book.

Hi Gabriele, Sky in Stereo is a two part graphic novel about a teenager called Iris, her crummy job and school life and her slide into a mental breakdown. It sounds depressing but it’s not. There’s some good times along the way.

The first thing that comes to my mind talking about Sky In Stereo is that many parts may seem autobiographical, starting with the fact that the story takes place in the ’90s in Manchester, England, where you grew up. Anyone can speculate about how much of the book is autobiographical… Instead I’d like to ask you if Sky In Stereo takes its cue from some diary, novel or comic you have written and/or drawn during your college years, because some parts seem very accurate and true to life.

Nope, I didn’t keep a journal back then.  Many of the main events are taken from my own life but I made a choice to turn this into fiction. Plus you know, this material goes a long way back, over twenty years. I can’t remember conversations from that long ago, so it becomes invention. Fiction gave me much more freedom to explore true things from a different angle and also compress the unwieldy aspects of real life into something simpler, a story with its own arc.

Many characters are made up, Iris’s stepdad Doug for instance. My mum was married to a guy but he was very different to Doug. I really like that character actually, he was fun to write and the bickering between him and Iris’s mum really helped reveal aspects of Iris’s decisions in the story. My own mum IS a Jehovah’s Witness in real life but she’s not like Gina. Gina’s quite staunch and conservative. It served the story to make her that way. My mum in real life is lovely and I have a pretty close relationship with her. Always did.

I’m glad the story seems real though. I wanted it to be relatable.

Yes, the whole story sounds real and some moments in particular are very vivid, for example the break-up between Iris and John features a depth of emotion that is hard to evoke…

Thanks. When we get older I think we dismiss and forget how intense young love is. I was hoping to capture that intensity of feeling and futility.

With regards to the first part where you’re exploring the family environment and the religious education of Iris, these scenes were never published before.  In fact, Sky In Stereo # 1 opened with what is now the second chapter where Iris is in the car with her friends before entering a club… Why have you added it in this edition?

It was always the plan, I just thought it would be more interesting to start the mini-comics in the heart of the action, rather than deal with the backstory. In the second book (it’s all thumbnailed and ready to be penciled and inked this autumn), the religious stuff becomes a theme of Iris’s time in the psychiatric hospital.

In fact the original manuscript I wrote was huge, it went back even further to when Iris was seven years old and her parents were divorcing. The story we have now emerged in the editing. I chopped off two whole chapters, about 100 pages, which had even been thumbnailed and felt great about it. “Yay, now I don’t have to draw all this stuff!” The book is better for it.

An important moment is when Iris is reading Jean-Paul Sartre’s The Age of Reason and her religious beliefs fall apart. I found this very appropriate, a lot of people in their teenage years question the teachings passed down from family and society after approaching some novel or philosophical text.

Yep. I read a really key book, Confessions of a Teenage Jesus Jerk by Tony DuShane and that happens to him, exactly. He was spurred into rocking the boat in his Jehovah’s Witness family by reading a book of ill-repute. I read this book after I written Sky in Stereo, but it really spoke to me.

Sky In Stereo 2

Another key scene is when Iris takes acid, in fact her visions of the sky give the book its title. In the beginning, she is spaced out, happy, excited. But in the following days, it’s like this experience has given her not only “good vibrations” but also a new general awareness, as if the acid had shown her the way to leave behind awkwardness and her lack of self-confidence…

The day after that’s how she feels, she feels special and buoyant. But the days that follow she’s not slept or eaten even… The euphoric confidence doesn’t last. Can’t last.

And in fact, this leads her towards her mental breakdown which is the theme of the second book, due in 2016…

Yes, the second book is the same length, deals with Iris locked up for the summer. There’s a three-page excerpt at the end of this book, it gives you an idea of what lies ahead. I was quite influenced by The Bell Jar by Sylvia Plath.

Iris listens to a lot of ‘90s music, there are references to Pixies, Blur, Pavement, Nick Cave, Orbital… But there are also David Bowie and The Velvet Underground… What did you listen to in your college years?

All that stuff. Except Orbital. Techno and Dance music was still huge in Manchester even though by the early ‘90s it had peaked. I was never into those scenes. That Pulp song Sorted For E’s & Wizz was so true, not for me, but I’d see that culture around me. I remember reading a ‘90s interview with Nick Cave saying when he tried Ecstacy he got into a fist fight with someone. Ha ha, that’s my man!

And what about The Smiths? I don’t know if you liked them, but there are some moments that remind me of Morrissey’s lyrics.  For example, when at the end of the first chapter, Iris thinks “He was my first… Being young feels like a curse. All this time ahead of me… Blank and grey”. And they’re from Manchester like you.

They were a bit before my time and I was never a fan. Johnny Marr’s guitars always jangled my nerves. I like Joy Division and New Order, who also were important Manchester bands. When I was in high school the Happy Mondays and James were really big. I think the point is, the book is set in Manchester and music is somehow integral to the city. It was a place to see bands and great bands came from there. It gave this otherwise unimportant city a sense of itself.

It’s hard to explain but I was trying to make music part of the weave of the book the way music is woven into the city Manchester’s culture.

Sky In Stereo 3

Stepping back, I initially discovered your work with the Sky In Stereo’s minis, but I know that you published a lot of comics before, such as Anais In Paris and Manhole. I saw a few stories online from the all-girl anthology Whores of Mensa and they are short and funny, yet very different from Sky In Stereo, where you’re focusing on storytelling. Is there any artist that influenced you while doing your early comics?

Dan Clowes and Julie Doucet were two. But they were both such great artists. I figured out that writing was my strength so finding a style of drawing that would serve my stories was my long term goal. It still is!

In that sense, the first collection of Sky In Stereo also marks a progression in your linework, it seems to me that the new pages are more defined and your style is becoming increasingly meticulous…

I’m much more comfortable with my art now, I think that shows. Discovering Gabrielle Bell’s work about ten years ago was really important to me. Not that I’m trying to ape her, but that there’s this comfortable flow in her drawing that was so inspiring to me.  She wasn’t trying so hard, she was just being herself. It informed me!

I think I’ve unconsciously picked up some things from Ted May, my husband. He’s an incredibly skilled artist, I’m not in his league. But I was looking at the way I draw eyes now and realized that I totally swiped that off Ted. Well, we’re married so I’m allowed I guess.

I don’t think he’ll sue you for this… The comparison with Gabrielle Bell is perfect, she is one of my favorite cartoonists and both your stories and those of Gabrielle flow quite well.  They’re very fluid, readable and never boring. Furthermore, you’re two artists who are very adept at depicting body language…

Thanks. I really love her work, and she has such an interesting life.  Have you noticed that Gabrielle rarely uses close-ups? She draws full figures or ¾ figures in most of her panels. She reminds me of Ozu, his films were like that.

Ok, we’re near to the end of the interview and so I have to ask you if there is something that is exciting you at the moment, if there is a comic, a novel or a movie you enjoyed recently…

I thought Julie Delporte’s Everywhere Antennas was beautiful. I loved it. And Michel Rabagliati’s Paul Joins the Scouts was amazing. He’s such a great writer and cartoonist. I’m really keen on Melissa Mendes work too. Ted’s next Men’s Feelings comic is in progress so I’m reading bits of that when I sneak over to his desk without asking. It’s really great!

And with novels? I read you studied English literature in college, so I’m curious to know about some books you’re loving now and even something about your favorite authors…

I like to go on reading tours of people’s lives, reading everything they’ve done and then their biography or  autobiography. I’ve been reading Doris Lessing for the past two years. She’s possibly my favorite person ever. Or top five at least. Her book Shikasta is unlike anything I’ve read before.

I like John Updike a lot also, people accused him of sexism because he was such a ladies man but actually he wrote women characters incredibly well. I mean, you read Erica Jong’s stuff from the same era and the guys seems so dated and corny. But Updike’s housewives seem real and touching.

I read a lot of kid’s books with my daughter. We loved The Borrowers series and we’re just finishing the Moomins novels, Tove Jansson was so great. They’ve influenced my dreams. I dreamed of jewels underwater again last night, so thanks Tove!

Speaking of dreams, in Italy we have a famous anchor-man, Gigi Marzullo, who does a nightly tv show where he poses a lot of absurd questions to his guests, like “Is life a dream or do dreams help to live better?”. He closes every interview with the classic “ask yourself a question and give yourself an answer”. So, let’s try that last one!

Q- Seen anything cool lately?

A- I disturbed two mating ladybugs in my garden yesterday. I was checking my cucumber plants to see if any were ready to pick and found a trysting pair, they’d really tucked themselves away in a private spot against a garden cane, hidden by a leaf. One was yellowish with loads of spots and the female was red with two spots. I thought that was pretty cool.

Sky In Stereo 1

Anteprima di “Largemouths” di Gabriel Delmas

(English text)

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Continuano i vagabondaggi della Hollow Press nei sotterranei internazionali e questa volta, dopo la puntata in Giappone di inizio anno con i libri di Tetsunori Tawaraya e Shintaro Kago, si torna nel vecchio continente con il francese Gabriel Delmas. In questo voluminoso tomo l’autore si ispira al quadro Saturno devorando a un hijo di Francisco Goya per raccontare una storia di violenza primordiale, ambientata agli albori del pianeta terra. Protagonisti i Largemouths, minacciosi giganti che nell’immaginario del cartoonist, pittore, fotografo e videoartista francese dominavano i continenti e se ne contendevano il predominio, mentre l’uomo muoveva i primi passi ed entità misteriose davano vita alle prime forme d’arte. Senza fare uso di parole, Delmas racconta una storia che si preannuncia potente, inquietante e a suo modo poetica.

Largemouths è edito da Hollow Press ed è un volume di 688 pagine in bianco e nero, formato 16 x 21,5 cm, stampato in 500 copie e venduto al prezzo di 29 euro. Esce il 15 settembre ma fino a domenica 13 c’è tempo per pre-ordinarlo con il 15% di sconto. La casa editrice di Michele Nitri mette a disposizione anche alcuni originali di Delmas e una stampa in edizione limitata che riproduce la copertina, firmata dall’autore.

Di seguito trovate in anteprima alcune pagine dell’interno del libro. Buona visione.

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“Largemouths” by Gabriel Delmas preview

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Italian publisher Hollow Press continues to wander into the international underground scene and, after releasing books by Japanese Tetsunori Tawaraya and Shintaro Kago earlier this year, comes back in the old continent with French artist Gabriel Delmas. Inspired by Francisco Goya’s Saturno devorando a un hijo, Delmas tells a story from the dawn of time, when the world was obscure and hostile, inhabited by strange and frightful creatures. The greatest among them, the Largemouths, fought for the domination of the continents, while men took their first step on Earth and spectral entities created the earliest forms of art.

Largemouths is a wordless book of 688 black and white pages, printed in size 16 x 21,5 cm on munken paper of 80g, 2 full-color interior pages, full-color cover and backcover, stitched paperback binding, “mushroom” plasticization, price 29 eur. The book is out on September 15th but you can pre-order it with a 15% discount until September 13th. Hollow Press is also selling a few original artworks and a Giclée print signed by Delmas in a limited edition of 18.

Below a preview of some interior pages.

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Nasce lo shop di Just Indie Comics

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Dopo averci pensato a lungo, mi sono finalmente deciso a inaugurare un negozio online legato al sito, dove troverete grosso modo i fumetti di cui scrivo su queste pagine. Dico “grosso modo” perché non ci sarà un legame diretto tra i fumetti di cui parlo e quelli in vendita, anzi capiterà di frequente che troverete nel negozio fumetti che non ho trattato e viceversa. Questo anche per chiarire che Just Indie Comics non perderà la sua dimensione informativa e critica, anche se di “critica” vera ne ho fatta sempre poca, dato che tendo a parlare per lo più dei fumetti che mi sono piaciuti e che mi sento di consigliare. Tra l’altro uno degli scopi di questa iniziativa è proprio quello di potenziare i contenuti critici e informativi, aumentando soprattutto il volume di recensioni grazie ai rapporti sempre più stretti che sto portando avanti con artisti, editori e distributori.

Ma cosa potrete trovare in questo negozio? Per la gran parte si tratterà di materiale proveniente da oltreoceano, dato che la scena nord-americana è quella di cui più mi occupo da queste parti, non a caso ho chiamato il sito “Just Indie Comics”. Si tratta di fumetti per lo più introvabili in Europa, che gli appassionati dovevano finora ordinare via posta sobbarcandosi spese di spedizione sempre più proibitive, spesso con l’aggravio delle tariffe doganali. Qui invece avrete la possibilità di ordinare tutti i fumetti che volete potendo usufruire, almeno per ora, di una spedizione per l’Italia a tariffa fissa di 5 euro con piego di libri raccomandato. Per i paesi dell’Unione Europea e il resto del mondo le spese dipendono invece dalla quantità di fumetti ordinati. Per quanto riguarda invece i prezzi degli albi, cerco di mantenerli bassi anche se non è facile tenendo conto che quando ordino il materiale devo pagare anche le spese di spedizione e a volte la dogana. Comunque, come detto, faccio il possibile.

Date dunque un’occhiata alla prima infornata di fumetti, che comprende gli ultimi tre numeri dell’antologia monografica Frontier, realizzati da Emily Carroll, Jillian Tamaki e Anna Deflorian, le ultime due uscite dell’inglese Breakdown Press a firma Michael DeForge e Antoine Cossé (di cui trovate anche Harold edito da Retrofit Comics), qualche fumetto di autori ben noti ai lettori affezionati di questo sito (Noah Van Sciver, Sam Alden, Malachi Ward), The Wild Kingdom di Kevin Huizenga a un prezzo d’eccezione, Night Animals del Brecht Evens visto in Italia con Gli amatori, Drawn Onward dell’altra vecchia conoscenza dell’editoria italiana Matt Madden, il numero della rivista francese Mon Lapin dedicato a Killoffer che include la collaborazione con Charles Burns, e altro ancora. Se vi interessa qualcosa affrettatevi perché in questa fase iniziale le quantità sono decisamente limitate. E per chi vuole essere sempre aggiornato sulle novità di volta in volta disponibili vi consiglio di mettere “mi piace” all’apposita pagina Facebook.

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Definire uno stile: One Percent Press

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Ci sono, e ancor più c’erano, etichette discografiche che definivano uno stile, accompagnando contenuti musicali classificabili in un genere specifico con una precisa estetica delle copertine e degli LP: un paio di esempi a me cari sono la Factory e la Sarah Records, ma se ne potrebbero citare tanti altri. Nel campo del fumetto, questo fenomeno non può certo esistere secondo gli stessi canoni, perché se nella musica è già difficile demarcare le linee tra un genere e l’altro, figuriamoci in una forma d’arte così articolata e complessa come la nostra. La distinzione classica che viene fatta nel fumetto statunitense è molto più generica e riguarda la suddivisione tra prodotti mainstream, legati economicamente al mondo delle corporation ed esteticamente a contenuti apprezzati dal grande pubblico, e quelli “indie”, che invece nascono fuori dalla produzione di massa. Va da sè che il mondo indie dovrebbe anche veicolare contenuti alternativi a quelli mainstream, cosa che ormai non è più vera perché etichette indipendenti come l’Image sono dei colossi che producono sì materiale diverso dai fumetti di supereroi della Marvel o della Dc, ma tutt’altro che rivoluzionario o anticonvenzionale. Ecco dunque che “indie” e “alternative” non sono più sinonimi, tanto che per cercare prodotti fuori dagli schemi bisogna per forza esplorare l’underground, intenso non più come genere nato negli anni ’60 e caratterizzato dalla satira dello status quo, dalla presenza di sesso, droghe e oscenità varie, ma letteralmente come un sottobosco di micro-produzioni che nella realtà nord-americana è sempre più florido e interessante.

Tra le tante piccole case editrici di cui ho parlato su Just Indie Comics, ce n’è una, la One Percent Press, che non solo pubblica fumetti senza preoccuparsi dell’eventuale riuscita commerciale, ma che ha anche il merito di fare le proprie cose secondo il modus operandi di un’etichetta discografica di altri tempi. E non a caso oltre a pubblicare e distribuire fumetti il marchio fondato nel 2004 da Stephen Floyd e JP Coovert pubblica e distribuisce anche LP e CD di band come Wooden Waves e Tin Armor, in uno spirito che prende pieno spunto dalla filosofia Do It Yourself. E questo con una certa continuità, dato che in questi dieci e passa anni i due hanno fatto uscire oltre 50 fumetti e 25 dischi.

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A definire il sound dei fumetti made in One Percent Press non è né la confezione, diversa a seconda dei casi, né la linea pulita dei disegni, che eppure costituisce una costante. Il punto di contatto tra un’uscita e l’altra riguarda piuttosto la tematica, dato che la gran parte degli albi si propone come una rilettura del genere “romanzo di formazione”, esplorando le inquietudini di bambini e adolescenti oppure mostrandoci dei venti-trentenni che cercano ancora la loro strada nel mondo. In questo senso l’albo migliore per capire l’idea dietro a questo progetto editoriale è Salad Days di JP Coovert. Brandon arriva a Minneapolis per incontrare un vecchio amico e passare un weekend di “movies, videogames, and pizza”. Uno è costretto a indossare la cravatta per il lavoro di designer in una corporation,  l’altro ancora non sa bene che tipo di carriera intraprendere, ma entrambi hanno ormai famiglia e non riescono più a dedicarsi alle loro passioni.  Il ricordo dei tempi passati li spinge a uscire dalla solita routine, a fare qualcosa di diverso, tanto che si ritrovano inseguiti da una macchina della polizia.

Salad Days

Non so quanto di autobiografico ci sia dietro le linee spigolose e il tratto essenziale di Coovert, ma uno dei due personaggi potrebbe essere proprio l’autore, ansioso di rimanere fedele ai sogni dell’adolescenza, di coltivare le proprie passioni e di non diventare una persona come tante. D’altronde la storia della One Percent Press è più o meno questa, cioè quella di due ragazzi che si sono conosciuti a vent’anni e che vivendo sempre in città diverse (la sede dell’etichetta è attualmente tra Minneapolis e Buffalo) hanno creato questa micro-realtà per rimanere in contatto e fare qualcosa insieme. Per quanto riguarda il nome, One Percent Press si riferisce al fatto che soltanto l’1% della vita è veramente eccezionale, soltanto l’1% del cibo è buonissimo e solo l’1% dei fumetti e della musica è realmente degno di nota: un concetto che per ammissione dello stesso Stephen Floyd è da ventenni, da giovani che cercano la propria affermazione non tanto nel mondo, ma contro il mondo.

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L’opera più rilevante uscita finora è la versione inglese de L’Âge Dur di Max de Radiguès, tradotta con il titolo Rough Age che purtroppo perde il bel gioco di parole dell’originale. Il contenuto però non cambia e così anche i lettori americani hanno potuto godersi in questo volumetto datato 2014 il materiale pubblicato dal cartoonist belga tra il 2009 e il 2010. Lo stile è apparentemente pulito ma sotto sotto nervoso, mostra delle deviazioni dai contorni rassicuranti della ligne claire, come se i tremolii del pennino riflettessero le inquietudini dei protagonisti, ragazzi in età scolastica che pensano soprattutto ai rapporti con l’altro sesso e che litigano, fanno a botte, copiano i compiti, sparlano gli uni degli altri. Una serie di storie si intrecciano tra loro con un susseguirsi continuo di personaggi, come Roman, che è preso di mira da un compagno e inventa una fidanzata immaginaria, oppure Gary, che sta con Louise ma è segretamente innamorato di Marc, o anche Ron, che viene lasciato dalla ragazza ma mostra un’aria da duro pur soffrendo in segreto. Con leggerezza ci si avvicina al finale, quando i ragazzi arrivano a posare per la fotografia di classe con i nasi rotti, i musi imbronciati, gli occhi neri dopo tutto quello che è successo nelle pagine del volume. Rough Age è per molti versi un classico fumetto franco-belga ma per l’aspetto minimalista si avvicina alle produzioni “indie” statunitensi: alla fine ne viene fuori una storia universale, che potrebbe raccontare le vicende dei bambini della gran parte del mondo occidentale.

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L’albo della One Percent Press che più rappresenta il genere “romanzo di formazione” è però Immovable Objects di James Hindle, autore che finora conoscevo per la breve Yellow Plastic pubblicata sul quarto numero dell’antologia Irene (qui la mia recensione). E i punti in comune tra le due storie non mancano, dato che entrambe fanno ampio uso di didascalie a mò di voce fuori campo per raccontare un rapporto tra un ragazzo impacciato e una ragazza ben più sveglia di lui, sicura nei modi di fare ma comunque tormentata. Qui in particolare seguiamo le ordinarie avventure di Steven Price, un tipo “anonimo”, “cresciuto dalla madre in una casa perfettamente normale in una città di medie dimensioni nel New England”. Steven “ha ricevuto voti decenti a scuola ed è stato ammesso in un accettabile college privato soltanto a un’ora da dove è cresciuto”, un college che era “adeguatamente piccolo e senza pretese”. Isolato dai compagni di scuola, solitario e meditabondo nonché con il pensiero ricorrente rivolto a un padre che non ha mai conosciuto, Steven è inizialmente raffigurato seduto sulla panchina di un parco, da solo, mentre le foglie degli alberi gli si poggiano sulla spalla. Le cose cambiano quando incontra Caroline, una compagna di scuola con cui costruisce un rapporto confidenziale ma privo di ogni risvolto sessuale. Come succede spesso in questi casi, l’amicizia si sfalda quando entra in gioco una terza persona, un professore di disegno da cui Caroline è sempre più attratta. Le battute e i cenni di intesa lasciano spazio a gelosie e desideri repressi, così che Steven è costretto a superare il facile appiglio della relazione con la ragazza per guardare dentro se stesso, acquisire sicurezza e forse maturare.

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Anche Hindle come i già citati Coovert e de Radiguès ha un tratto semplice e pulito, anche se più rotondo rispetto a quello dei colleghi. Al di là del disegno in se stesso, ciò che colpiscono in Immovable Objects sono le soluzioni grafiche, spesso ottenute con la contrapposizione del bianco, del nero e del verde chiaro. La madre di Steven è raffigurata attraverso una sagoma bianca con contorni neri, ma non è definita come i protagonisti, rimane un personaggio sullo sfondo. Anche la figura del padre è indefinita, ma questa volta è nera, ancora più misteriosa. E quando la vicenda arriva alla sua conclusione anche la figura di Steven è diventata indefinita, del verde chiaro che costituisce l’altro colore dell’albo. Il cerchio si è chiuso e anche il protagonista non è più nulla per noi. Eppure Hindle è riuscito a farcelo diventare familiare in 36 pagine, regalandoci una storia profonda e piena di sfumature.

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Altri titoli recenti pubblicati dalla One Percent Press sono Hollow In The Hollows del canadese Dakota McFadzean, un racconto che vede protagonisti due bambini alle prese con oscuri presagi (ne avevo parlato l’anno scorso), e Present Tense dell’illustratrice e fotografa di Buffalo Emily Churco, che raccoglie storie di una pagina autobiografiche, tra momenti di riflessione e gag estemporanee. Le prossime novità sono attese per la Small Press Expo di Bethesda del 19-20 settembre, quando debutteranno la raccolta del Jeremiah di Cathy G. Johnson (tra l’altro vincitrice dell’Ignatz come miglior talento emergente proprio all’ultima SPX) e il ventesimo numero della serie Simple Routines di JP Coovert, oltre alla ristampa dell’esaurito The Aeronaut di Alexis Frederick-Frost, autore visto in Italia con il libro Avventure tra le nuvolette pubblicato da Proglo.

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Defining a style: One Percent Press

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There have always been record labels that defined a style, combining a specific genre with very distinctive aesthetics: Factory and Sarah Records are a couple of examples, though I could offer a lot more. In comics, this phenomenon can’t exist in the same way; if it’s difficult to demarcate boundaries between one genre and another in music, it is almost impossible to do so in an art form as articulate and complex as comics. The usual distinction made in the US market distinguishes between general or mainstream comics and “indie” comics, with mainstream comics linked economically to large corporations and aesthetically to contents appreciated by the mass public, and indie products made outside mass production. It goes without saying that the indie world should also convey different contents from those of Marvel or DC, but this isn’t really the case, because independent labels like Image are giants that publish a lot of comics that are far from revolutionary or unconventional. In comics, “indie” and “alternative” are no longer synonymous, and to find things that are truly different we have to explore the underground, that is no longer a genre born in the 60s and characterized by the satire of the status quo and by the presence of sex, drugs and various obscenities, but an “underworld” of small publishers that is more and more fruitful and interesting in the North American scene.

One of these small publishers is One Percent Press, a label that not only publishes comics without worrying about eventual commercial success, but that also does its own thing according to the modus operandi of a record label of the past. So it isn’t a coincidence if the brand founded in 2004 by Stephen Floyd and JP Coovert publishes and distributes not only comics but also LPs and CDs of bands such as Wooden Waves and Tin Armor, in a spirit that takes its cue from the Do It Yourself philosophy. And they do it with a reasonable continuity, since the two have released over 50 comics and 25 albums in the past ten-odd years.

 

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To define the “sound” of One Percent Press comics is neither the package, which differs from comic to comic, nor the clean lines of the drawings, even if this is a recurring feature. The point of contact is rather the subject matter, since most of the books are a reinterpretation of the coming-of-age genre, exploring the concerns of children and adolescents or showing people in their twenties and thirties who still are looking for their place in the world. In this sense, the book to better understand the idea behind this editorial project is Salad Days by JP Coovert. Brandon comes to Minneapolis to meet an old friend and spend a weekend of “movies, videogames, and pizza”. One is forced to wear a tie for his work as a designer in a corporation, the other still doesn’t know what kind of career he would like to choose. Both have family and have to face the consequences of growing up, included the fact they now have little time to devote themselves to their passions. The memory of past times drives them to get out of the usual routine, to do something different, so that they end up chased by a police car.

 

Salad Days

I don’t know how many autobiographical elements are behind the angular lines and the essential drawings of Coovert, but one of the two characters could be the author himself, wishful to stay true to the dreams of his youth. Moreover, the history of One Percent Press is more or less this: that of two guys who met in their twenties and have created this micro-reality to keep in touch and do something together, even though they’ve always lived in different cities (the label is currently located between Buffalo and Minneapolis). As for the name, One Percent Press refers to the fact that only 1% of life is truly excellent, only 1% of food is very good and only 1% of comics and music is really noteworthy: a concept that, according to the same Stephen Floyd, is typical of twenty-somethings, of young people seeking their way not so much in the world, but against the world.

 

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The most important release to date is the English version of L’Âge Dur by Max de Radiguès, translated under the title of Rough Age, which unfortunately loses the wordplay of the original. But the content doesn’t change and so the American readers can enjoy in this 128-page book from 2014 the original zines self-published by the Belgian cartoonist between 2009 and 2010. The style is clean on the surface but nervous underneath, and it shows deviations from the reassuring forms of ligne claire, as if the shakes of the pen reflect the concerns of the characters, schoolchildren who think above all of relationships with the opposite sex while they argue, fight, copy homework and gossip about each other. The different plots intertwine, and a lot of characters stand out: Roman is mocked by a classmate and invents an imaginary girlfriend, Gary has an affair with Louise but is secretly in love with Marc, Ron breaks up with his girlfriend and shows indifference while suffering in secret. Lightly we reach the conclusion, when the boys have to pose for a class picture with broken noses, sullen faces and black eyes after all that has happened in the pages of the book. Rough Age is in many ways a classic French-Belgian bande-dessinée, but the minimalist approach recalls American indie comics. In the end it comes out a universal story that could tell the life of children from much of the Western world.

 

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The One Percent Press book fitting perfectly in the coming-of-age genre is Immovable Objects by James Hindle, an author whom I already knew for the brief Yellow Plastic published in the fourth issue of Irene anthology (my review is here). The two stories have different points in common, since both make extensive use of voiceover in the captions to tell a relationship between a very awkward boy and a troubled girl smarter than him. Here in particular we follow the ordinary adventures of Steven Price, an “unremarkable” boy, “raised by his mother in a perfectly normal house in an average-sized New England town”. Steven “received decent grades in school and was accepted to an adequate private college only an hour from where he grew up”, a college that was “suitably small and unassuming”. Isolated from school friends, lonely, contemplative and with the recurring thought of a father he never knew, Steven is initially depicted sitting alone on a park bench, while tree leaves fall on his shoulder. Things change when he meets Caroline and builds with her a confidential but lacking of any sexual implication relationship. As often happens in these situations, the friendship falls apart when a third person comes into play, in this case a professor of drawing to whom Caroline is increasingly attracted. Jokes and winks give way to jealousy and repressed desires, so that Steven is forced to overcome the easy support of the relationship with the girl to look inside himself, become more confident and perhaps mature.

 

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Like the aforementioned Coovert and de Radiguès, Hindle has a simple and clean line, although more round than that of his colleagues. Immovable Objects presents a lot of interesting graphic solutions, often obtained with the juxtaposition of black, white and light green. Steven’s mother is depicted by a white shape with black outlines: she is a background character, so she isn’t defined as the protagonists. Even the father figure is undefined, but this time is completely black, even more mysterious. And when the story reaches its conclusion the figure of Steven becomes blurry too, made of light green. The circle is closed and also the main character can become a vague shape. Yet Hindle managed to make him familiar to us in these 36 pages, providing a deep and nuanced story.

 

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Other recent titles published by One Percent Press are Dakota McFadzean‘s Hollow In The Hollows, a story starring two children struggling with dark omens (I talked about it last year), and Present Tense by Buffalo-based illustrator and photographer Emily Churco, which collects mostly autobiographical one-page stories, alternating moments of reflection and impromptu gags. The next books are due for Small Press Expo in Bethesda on 19-20 September and are the collection of Jeremiah by Cathy G. Johnson (winner of an Ignatz at the latest SPX as Promising New Talent) and the twentieth issue of the series Simple Routines by JP Coovert, in addition to the reprint of The Aeronaut by Alexis Frederick-Frost.

 

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