“Hip Hop Family Tree” di Ed Piskor

di Ed Piskor, Panini 9L, maggio 2015, brossurato, 112 pagine a colori, 33×23.3 cm, euro 22

 

Hip hop family tree cover italiana

 

Inizialmente serializzata su Boing Boing, la serie Hip Hop Family Tree di Ed Piskor continua la sua cavalcata trionfale e, contemporaneamente all’annuncio della ristampa dell’intera saga in albi mensili da parte di Fantagraphics, sbarca dalle nostre parti con un’elegante edizione Panini 9L. Anche i lettori italiani possono così cominciare a leggere la storia dell’hip hop riadattata graficamente come se fosse un fumetto Marvel dell’epoca. E’ la prima metà degli anni ’70 quando la prima vignetta del volume ci mostra Dj Kool Herc in una sala del South Bronx mentre guarda la gente scatenarsi all’entrata di un giro di batteria. Da lì l’idea di mettere in loop i break strumentali delle canzoni, mixandoli gli uni con gli altri, e di arruolare un MC per aggiungere alla performance l’uso della voce. E’ la nascita di un genere, ulteriormente potenziato dall’invenzione dello scratch da parte di Grandwizard Theodore e da talenti come Grandmaster Flash e Afrika Bambaataa, che danno vita ai cosiddetti bloc party. L’hip hop esplode e porta alla formazioni di gruppi dall’aspetto simile a quello delle gang di strada, che si sfidano a colpi di dischi in “battle” epiche, attirando l’attenzione di produttori, discografici, distributori ma anche di artisti e musicisti rock. La carrellata di volti celebri che si succedono pagina dopo pagina è lunghissima e se è ovvio vedere personalità del mondo hip hop come DJ Hollywood, Sylvia Robinson, Lovebug Starski, Russell Simmons e tanti altri, meno scontata è la presenza di Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, di Blondie e dei Clash. Piskor guarda al mondo dell’hip hop a 360 gradi e ne approfondisce le fonti di ispirazione, i riferimenti, le ibridazioni. Lo scopo è quello di offrire un contesto alla nascita e alla formazione di questa musica, prendendo in considerazione anche altri elementi della cultura pop del periodo ’70-’80.

 

hip-hop-strip-35

 

Al di là della dimensione documentaristica, la grandezza dell’opera di Piskor è nello stile, che riesce a non stancare dopo le tante pagine che si sono accumulate in questi anni senza soluzione di continuità: su Boing Boing siamo arrivati al 1984 e negli Usa sta per uscire il terzo libro delle serie. Se la narrazione è infatti dettagliata, sono proprio il disegno vintage, i colori opachi e le tante trovate grafiche a renderla anche vivace e godibile, insieme a una predilezione per i dettagli, gli episodi, gli aneddoti che non fanno mancare una dimensione narrativa. Tra le cose migliori di questo primo volume c’è la tavola dedicata al black-out del 1977, quando l’oscurità porta a una notte di pistole puntate e furti di strada, oppure Grandmaster Flash che gira i dischi e le manopole lasciando scie come il quasi omonimo velocista dei fumetti, o anche le didascalie classiche da fumetto di supereroi che assumono nuove forme come BOMP, POP, DAP, BAP. Il genere supereroistico è qui utilizzato come mezzo espressivo proprio come facevano gli esponenti della pop art con il cinema, la pubblicità e ovviamente il fumetto stesso. Questa particolare affinità è sottolineata nell’appendice Il legame tra hip hop e fumetti, una delle cose più divertenti del volume, in cui Piskor ci racconta tra l’altro di aver risparmiato “9$ con i soldi del pranzo per comprare New Mutants 87, la prima apparizione completa di Cable, disegnata dal mio idolo, Rob Liefeld”. Per Piskor, classe ’82, era quasi scontato essere un fan di Liefeld, che negli anni ’90 prosperava insieme agli altri autori poi divenuti fondatori dell’Image. D’altronde tutta la produzione Marvel – quindi non solo i grandi classici degli anni ’60 – è stata attentamente rivalutata da tanti cartoonist dell’underground statunitense, basti pensare a Benjamin Marra e Tom Scioli, che contribuiscono a questo volume con le pin-up conclusive, o ad altri come Chuck Forsman (almeno per quanto riguarda la sua nuova serie Revenger) o Josh Bayer, del cui progetto All Time Comics ho già parlato su queste pagine.

 

Hip-Hop-strip-3

 

In particolare Piskor guarda all’estetica dei fumetti metropolitani, quelli che hanno fatto conoscere New York ai ragazzini di tutto il mondo. E’ chiaro che il riferimento è più alla Marvel che alla Dc, perché in una storia dell’hip hop l’ambientazione deve essere non solo urbana, ma anche realistica. La sua è la New York delle pagine di Daredevil, di alcune storie di Capitan America, di un classico minore come Omega The Unknown, anche se l’azione non si svolge a Manhattan, location della gran parte dei titoli Marvel, ma soprattutto nel Bronx e ad Harlem, quest’ultima già scenario di un cult anni ’70 come la serie blaxploitation dedicata a Luke Cage/Power Man. Tra locali, palestre, sale da concerto, l’Apollo Theatre e negozi cult (il Bobby’s Happy House Records di Bobby Robinson), è tutto un susseguirsi di mattoni rossi, steccati, muri coperti da graffiti, vagoni della metro, recinzioni, tetti scoperti. Ecco così che Hip Hop Family Tree diventa anche storia di una città, oltre che storia di un genere musicale, di un certo modo di fare fumetti e dei legami tra arte, musica e cultura di strada.

 

hip-hop-strip-2

“Crickets” #4 di Sammy Harkham

Crickets 4 cover

I primi due numeri di Crickets, l’antologia realizzata da Sammy Harkham per la Drawn & Quarterly, uscivano rispettivamente nel 2006 e nel 2007 e contenevano i due capitoli di Black Death più alcune strisce e storie brevi. Nel 2010 arrivò il terzo numero, questa volta autoprodotto, dove veniva pubblicato il primo capitolo di Blood of the Virgin, ambientato nella Los Angeles dei primi anni ’70 e incentrato sulle avventure di Seymour, mestierante e aspirante regista nell’industria dei b-movie. Da allora la storia è rimasta in sospeso, almeno fino a qualche settimana fa, quando finalmente Harkham è riuscito a dare alle stampe il tanto atteso quarto numero di Crickets, 48 pagine che abbandonano definitivamente il formato antologia per dedicarsi esclusivamente al seguito di Blood of the Virgin.

Quest’ultima è la prova più ambiziosa di Harkham finora. Il giovane autore californiano, classe 1980, conosciuto anche per la sua attività di editor dell’antologia Kramers Ergot, non aveva mai realizzato una storia così lunga e impegnativa, capace di lavorare con pazienza su personaggi e atmosfere. C’è da dire che i risultati raggiunti in passato erano tutt’altro che deludenti, anzi per me fumetti come Somersaulting e Poor Sailor sono veri e propri capolavori in cui lo stile apparentemente classico ma in realtà di rottura di Harkham riusciva a delineare in 20-30 pagine personaggi, atmosfere, sensazioni grazie a pochi tocchi di matita. E anche quando le pagine erano soltanto quattro – come in The New Yorker Story, raccolta come la gran parte della produzione breve dell’autore nell’antologia Everything Together (in italiano Golem Stories, edizioni Coconino) – ciò che Harkham riusciva a mettere dentro le sue certosine vignette era molto di più di quello che altri autori avrebbero raccontato in 400 pagine.

In Blood of the Virgin convivono due temi centrali nella produzione di Harkham e cioè l’interesse per le situazioni familiari e la passione per i b-movie, tanto che il personaggio di Seymour, ventisettenne sposato e già con un figlio, è un alter ego dell’autore che trasuda particolari autobiografici. Se nel primo capitolo avevamo assistito in parallelo sia ai problemi coniugali del protagonista che al suo coinvolgimento nella produzione della pellicola del titolo, questa nuova puntata si concentra per lo più sul secondo aspetto, mostrandoci un Seymour che si fa timidamente strada nell’industria filmica e riesce finalmente a coronare il suo sogno di diventare regista. Le matite sinuose di Harkham ricordano i grandi classici delle strip americane come Frank King ed E.C. Segar, ma questo classicismo della linea è bilanciato da una narrazione sincopata, dominata da dialoghi incalzanti, da un susseguirsi di personaggi e situazioni come se fossimo in un film di Robert Altman. Il ritmo dei dialoghi è ben reso dalla moltiplicazione delle vignette, che nella parte centrale, quella della lavorazione del film a Palm Springs, sono venti per pagina, disposte su cinque file di quattro riquadri ciascuna.

Crickets 20

Prima e dopo, come se fossimo in una sinfonia, le pagine seguono strutture più ariose e non a caso le scene più intense sono all’inizio e alla fine dell’albo, rappresentate rispettivamente da una bella sequenza in cui la moglie di Seymour si masturba sul divano mentre il figlio piange disperato e da sei pagine quasi completamente mute in cui il protagonista gira in macchina per la notte di Los Angeles. E’ quest’ultimo uno dei momenti più alti di Blood of the Virgin finora, una sequenza cinematica, in cui l’uso della prospettiva è efficacissimo e in cui il lettore è invitato a identificarsi con il protagonista, a condividere i suoi pensieri, anche se sulla pagina si vedono solo le insegne, le case, i ponti, i lampioni, i semafori, i benzinai di una Los Angeles finalmente deserta. E Los Angeles, dove Harkham vive e gestisce la libreria Family, è senz’altro un tema in questa storia, con il suo traffico incessante, i suoi luoghi, le abitudini legate al mondo dello spettacolo.

Ma un tema ben più importante è la vicenda personale di Seymour, in particolare il problematico rapporto con la moglie e la sua dimensione di giovane padre. In Crickets #3 lo avevamo visto baciare una giovane attrice, Joy, e in tutto il capitolo successivo la guarda, la ammira, aspetta un suo cenno mentre lei sembra ignorarlo. E forse continuerà a farlo, mentre Harkham non mancherà certo di approfondire la relazione tra Seymour e la moglie, destinata a esplodere nel prosieguo della storia. Ma per scoprirlo bisognerà ancora aspettare qualche anno, dato che di recente lo stesso Harkham ha annunciato che Blood of the Virgin proseguirà per altri tre o quattro numeri di Crickets.

Il meglio del web – 18/6/2015

Crack! 2015

Inizio questa rassegna ricordando a tutti che dal 25 al 28 giugno a Roma, come sempre al Forte Prenestino, c’è il Crack!, il festival dei “fumetti dirompenti” che raduna ogni anno tantissime autoproduzioni da tutta Europa e a volte anche da tutto il mondo. Il tema di quest’anno è il Capitale e non a caso collegato all’evento c’è un invito a tutti gli autori partecipanti a disegnare false banconote. Valerio Bindi racconta la storia del festival, il tema e le novità di quest’anno in un’intervista a Zero, che potete leggere qui. Mi raccomando se potete andateci, perché con la sua struttura libera e a volte caotica il Crack! è un festival unico nel suo genere e dà l’opportunità di conoscere dal vivo realtà minori che non trovano spazio veramente da nessun’altra parte.

E a proposito di festival, questo weekend a Londra arriva l’Elcaf. Tra i vari ospiti, che potete leggere nel poster a firma Jillian Tamaki, c’è anche il nostro Manuele Fior. Su Comics & Cola Zainab Akhtar propone la sua buy guide.

 

elcaf 2015

 

Come riportato da Bleeding Cool, il numero di agosto di Heavy Metal uscirà con due diverse copertine, entrambe a firma Jack Kirby. All’interno troveranno spazio una serie di disegni di Barry Geller e dello stesso Kirby raccolti sotto il titolo di Lord of Light. Si tratta dell’artwork realizzato per l’Operation Argo, con cui la CIA riuscì a liberare gli americani rimasti bloccati nell’ambasciata iraniana durante il golpe del 1979. E sì, è la stessa storia raccontata da Ben Affleck in quella cagata di Argo. Sempre su Bleeding Cool potete trovare un’ampia anteprima delle tavole del Re, che come al solito fanno la loro splendida figura sia in bianco e nero che a colori. Da non perdere.

 

Kirby Heavy Metal

 

Ancora novità editoriali. In occasione del suo venticinquesimo anniversario, la Drawn & Quarterly ha annunciato alcune uscite dell’anno prossimo, tra le quali spicca Mary Wept Over the Feet of Jesus, un nuovo libro inedito di Chester Brown, che come anticipato da Fumettologica uscirà anche in Italia per Bao Publishing.

Chester Brown

Tra gli altri libri che l’editore canadese farà uscire nel 2016 ci sono anche Fire!! The Zora Neale Hurston Story di Peter Bagge, Art Comic di Matthew Thurber, una raccolta di sei racconti di Nick Drnaso intitolata Beverly, Big Kids di Michael DeForge, Panther di Brecht Evens e Carpet Sweeper Tales di Julie Doucet, in cui l’autrice di Dirty Plotte partirà dalle immagini dei fotoromanzi italiani anni ’60 per raccontare storie originali.

carpet_sweeper_tales

 

Belle le illustrazioni di Heather Benjamin per questo articolo sulle orge a New York pubblicato su Vice Usa. Della Benjamin avevo già parlato, ma sempre di sfuggita, per l’ottimo lavoro fatto nel confezionamento dell’edizione 2013 dell’antologia Monster. Detto che su Vice aveva già illustrato altri articoli, vi invito a dare un’occhiata alle fanzine, alle stampe, ai poster e ai vestiti che realizza per conto proprio e di cui trovate ottimi esempi sul suo Tumblr.

 

the-last-old-school-orgy-in-new-york-body-image-1432761719

 

Da Vice passo al sito del New Yorker, dove in tempi di Expo milanese è attualissimo questo nuovo fumetto di Julia Wertz sui resti dell’esposizione universale newyorkese del 1964-1965. Lo consiglio a chi come me è appassionato di luoghi abbandonati, argomento che Julia tratta abitualmente sulle pagine di Adventure Bible School, dove trovate anche parecchie foto dei luoghi utilizzati per disegnare After the New York World’s Fair. Se poi volete approfondire i suoi fumetti, vi rimando a juliawertz.com, ricco di estratti dai vari Museum of Mistakes, The Infinite Wait and Other Stories e Drinking at the Movies.

 

the New York World's Fair

 

Il Wall Street Journal dedica una puntata della rubrica House Call a Robert Crumb, che racconta le case e i luoghi in cui ha vissuto dall’infanzia a oggi.

Tante le interviste che ho visto in giro negli ultimi tempi e molte di queste devo ancora leggerle anche io: vi segnalo comunque quelle a Anders Nilsen (nella foto qui sotto), Julie Doucet (in spagnolo), Chris Cilla (ancora in spagnolo) e Gabrielle Bell, che in un video di The Paris Review racconta la sua serie Book of…, con cui debuttò alla fine degli anni ’90.

 

anders nilsen

 

E ancora a proposito di interviste, continua la lunga serie di chiacchierate con Daniel Clowes. L’ultima che mi è capitata sott’occhio è di The Nerdist. Intanto Ken Parille, autore di The Daniel Clowes Reader, racconta la produzione di Clowes del periodo 1988-1998 in un articolo ricco di riflessioni, spunti, aneddoti.

Se a qualcuno fosse sfuggito, Paperina era una femminista. Dal canto suo Rom potrebbe essere il miglior fumetto di fantascienza di tutti i tempi.

 

Rom

Le foto del Cake di Chicago

(English text)

Come avrete notato, da queste parti si parla soprattutto di fumetti (indie o underground o alternativi che dir si voglia) provenienti dal Nord America, venduti principalmente via posta, in negozi specializzati e ovviamente ai festival. Uno dei più importanti eventi del settore è senz’altro il Chicago Alternative Comics Expo, per gli amici CAKE, che raduna i principali editori e cartoonist degli Stati Uniti e del Canada, anche se quest’anno nello stesso weekend del 6-7 giugno oltre al CAKE c’erano festival “indie” anche a Brooklyn, Austin e Olympia. Tuttavia il CAKE è senz’altro quello più importante per dimensioni, eventi e uscite editoriali e così ho deciso di dedicargli una galleria fotografica. Ovviamente tutte le foto sono state pubblicate con l’autorizzazione degli autori, che ringrazio per la gentilezza e la collaborazione, ma se mi fosse sfuggito qualcosa scrivete pure a justindiecomics [at] gmail [dot] com. Ah, per aprire la galleria basta cliccare su una delle immagini qui sotto. Buona visione.

Preview of Andy Burkholder’s “Qviet”

andy-burkholder-qviet-cover

Andy Burkholder’s new book Qviet, published by 2D Cloud, has officially debuted at CAKE last weekend, amplified by an exhibition at the Learning Machine Gallery featuring the entire collection, open through June 19th. Initially appearing on Tumblr in 2011 as the work of an artist operating under the sole name of Tracy, Qviet intrigued the underground community for not only the mystery surrounding its creator but also for its unique style. In one-page comics, Burkholder revisited the language of the strip with an avant-garde attitude. The lines, the shapes, the symbols are the core of his work, particularly in the initial phase, but at the same time they’re a starting point to move from the abstract to the physical, investigating sexual themes with irony and stark realism. Over time, the line became thicker and so Burkholder created more accomplished comics, very incisive and also refined. Below a preview of the 248-page book, in stores on June 15th for $22.95.

QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_007 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_015 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_020 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_039 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_060 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_076 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_101 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_120 copyQVIET_WEBCOPYv1.3_Page_121 copy

“Kramers Ergot” #9 is coming

Kramers Ergot 9

After the publication of the eighth issue of Kramers Ergot in 2011 for Picture Box, in June of 2012 the editor Sammy Harkham announced with a tweet to be already working to a new issue, describing it as “350 pages of wicked wanda and Ian Svenonius essays” (Svenonius, better known as the frontman of The Nation of Ulysses and The Make-Up, had already contributed to issue 8 with the essay Notes on Camp, part 2). Since then Picture Box closed, Harkham published the fourth issue of Crickets and there wasn’t any news about Kramers Ergot. At least until today, when this cover (by John Pham, I guess) showed up on Amazon, with the pre-order of the ninth issue of this essential anthology. The new publisher will be Fantagraphics, the expected release date is next March 18th and the pages are 250 (and not 350), with comics and illustrations by Michael DeForge, Noel Freibert, Steve Weissman, Anya Davidson, Stefan Marx, Abraham Diaz, Leon Sadler, Julia Gfrörer, Adam Buttrick, Kim Deitch, Ben Jones, Andy Burkholder, Antony Huchette, Trevor Alixopulos, Antoine Cossé, Archer Prewitt, Kevin Huizenga, Renée French and others to be announced.

A Cake 2015 photo gallery

As some of you already know, around here I’m talking mostly about comics (indie, underground, alternative or whatever) from North America and so I find a festival as the Chicago Alternative Comics Expo (CAKE for friends) very interesting, since it gathers a lot of cool cartoonists and publishers from United States and Canada. Even if I wasn’t there on June 6-7, I decided to dedicate a gallery at this event, assembling photos I saw on the various social networks. All the pictures are used with the permission of the authors and if I made any mistake or I’ve forgotten to mention someone, please contact me at justindiecomics [at] gmail [dot] com. Many thanks to everyone for the cooperation. Just click on any image to open the gallery.

Anteprima di “Qviet” di Andy Burkholder

(English text)

andy-burkholder-qviet-cover

Ha debuttato al CAKE di Chicago lo scorso weekend del 5-6 giugno Qviet, un volume pubblicato dalla 2D Cloud di Minneapolis che raccoglie una serie di strip realizzate a partire dal 2011 da Andy Burkholder su Tumblr, poi ristampate in alcuni mini-comics. Misterioso all’inizio, anche perché l’autore chicagoano si firmava semplicemente “Tracy”, il lavoro di Burkholder si è via via fatto notare per uno stile inconfondibile, che in brevi flash di una pagina rivisitava e rileggeva con piglio avanguardistico il linguaggio sintetico e convulso delle strip. I segni, le linee, le forme sono senz’altro il centro del suo lavoro, soprattutto nella produzione iniziale, ma al tempo stesso rappresentano un punto di partenza per passare dall’astratto al corporeo, andando a sviscerare tematiche sessuali con ironia e affilato realismo. Nel corso del tempo il segno si è fatto più corposo ed è arrivato così a creare tavole estremamente efficaci e più compiute esteticamente. Di seguito alcune pagine in anteprima di Qviet, la cui data di uscita ufficiale è il 15 giugno.

QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_007 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_015 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_020 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_039 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_060 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_076 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_101 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_120 copy QVIET_WEBCOPYv1.3_Page_121 copy

Marcos Farrajota e la scena portoghese

(English text)

Chili Com Carne

Marcos Farrajota è l’editor di š! #20, il numero speciale dell’antologia lettone dedicato ai fumetti portoghesi (di cui ho parlato in quest’altro post), ma è anche la persona dietro a un sacco di interessanti progetti in Portogallo, un bibliotecario alla Bedeteca de Lisboa – uno dei migliori luoghi legati al fumetto in Europa – e un cartoonist, autore di tantissimi mini-comics e della raccolta Talento Local. In Italia si è fatto notare per la collaborazione con il Crack! Festival del 2009 che è sfociata nella pubblicazione dell’antologia Crack On e per il suo contributo a Quadradinhos, un’antologia curata da Alberto Corradi che faceva da complemento alla mostra sul fumetto portoghese realizzata in occasione del Treviso Book Festival del 2014 (qui potete leggere la prefazione dello stesso Corradi). Ho intervistato Marcos per parlare di fumetti portoghesi e altro.

Inizierei questa intervista facendo ordine tra i tuoi vari progetti, dalla fanzine Mesinha de Cabeceira, nata nel 1992, al collettivo Mmmnnnrrrg, di cui nel 2015 si festeggiano i 15 anni, fino a Chili Com Carne, che forse è la realtà più conosciuta fuori dal Portogallo e che ha anche un aggiornatissimo blog. Puoi dirmi come sei passato da un progetto all’altro e come stai dedicando tempo e spazio alle diverse etichette al momento? 

Beh, in realtà è tutto molto organico, nel senso che non c’è obbligo di pubblicare ogni anno un Mesinha de Cabeceira, per esempio tra il 1997 e il 2000 ci sono voluti tre anni per far uscire un nuovo numero… Inoltre, Mesinha è pubblicato a volte da CCC, altre da MNRG… Una confusione per i bibliotecari e i collezionisti, credo.

CCC coinvolge anche più persone e così possiamo dividerci il lavoro… E MNRG siamo Joana Pires e io – siamo una coppia, quindi possiamo parlare a casa delle nostre idee.

Tutti i progetti sono “hobby”, non lavori professionali che ci fanno guadagnare la pagnotta… Ci rilassiamo quando ci dobbiamo rilassare e agiamo quando c’è bisogno di agire!

A vederla da fuori, guardando le vostre pubblicazioni e gli eventi che organizzate, la scena portoghese sembra decisamente vivace. Eppure nell’introduzione a s! #20 sottolinei più volte il fatto che fare fumetti sia un processo solitario, arrivando a definire il medium come “una forma di tortura, uno sforzo inutile privo di cause e conseguenze, che non offre gloria né nessun’altra forma di ricompensa personale”. Mi sembra un concetto legato in qualche modo alla citazione di Pessoa che dice “tutto quello che facciamo, nell’arte o nella vita, è una forma difettosa delle nostre ambizioni iniziali”, come se questa idea dell’inutilità del fare fumetti ti sia arrivata nel corso di questi anni di attività come autore e come editore…

C’è stato un periodo più buio nella scena portoghese, ma ora ci sono nuove persone piene di energia e di idee… Questi ultimi cinque anni sono stati eccitanti, dopo una fase in cui sembrava non succedesse nulla dal 2005 al 2010. Ora ci sono i “professionisti” che lavorano per il mercato statunitense, piccoli editori che crescono e fanno ben sperare per il futuro, i medi editori che tornano e una crescente attenzione per il mercato del graphic novel. Speriamo che questo permetta di avere sempre più fumetti sperimentali e d’avanguardia… Perché altrimenti si creerebbe soltanto un grosso buco nero, gli artisti si sentono senza sbocchi perché il loro lavoro non interessa a nessuno, neanche agli appassionati di fumetto, che in realtà sono i lettori peggiori perché sono degli stronzi conservatori che collezionano merda infantile. Penso che proprio per questo ho sempre guardato al di fuori del Portogallo, in modo da avere più prospettiva e più feedback. I cartoonist della nuova generazione, come Amanda Baeza, già lo davano per scontato, non a caso il primo libro di Amanda è stato pubblicato in Lettonia, cosa che trovo veramente fantastica.

Boring_Europa_4d906c0537ff7

La pubblicazione di antologie come Mutate & Survive e Boring Europa, che univano agli autori portoghesi altri artisti da tutta Europa, risale ormai a diversi anni fa, mentre l’ultima esperienza in questo ambito, Futuro Primitivo, è del 2011. Ultimamente invece Chili Com Carne si sta dedicando sempre più a libri realizzati da un unico autore. Pensi che questa sia una tendenza attuale del mercato, che formati come l’antologia o la rivista interessino ormai a un numero di appassionati sempre più ristretto mentre con il cosiddetto graphic novel è più facile guardare anche al lettore occasionale?

Pura coincidenza. Sono state le forze cosmiche a far venir fuori i graphic novel di David Campos, Francisco Sousa Lobo, André Coelho e Nunsky… Ed è anche vero che fare un’antologia in modo interessante (scegliendo un tema, per esempio) è un duro lavoro per l’editor! Stiamo ancora lavorando a delle antologie, come la serie QCDA o il prossimo volume di Zona de Desconforto, una serie in cui autori stranieri parlano delle loro esperienze in Portogallo. Quest’anno usciranno anche diversi libri realizzati da un solo autore, il che è ottimo perché in questo modo ci sono più libri da scoprire e da leggere.

Per quanto riguarda il mercato, è chiaro che i graphic novel sono IL formato che ha venduto di più negli ultimi dieci anni, ma anche nel mondo della letteratura esistono le antologie e vendono di meno perché sono per un pubblico più ristretto, cioè per le persone della “scena”, non per una grande audience. Per il nostro piccolissimo mercato (in Portogallo) e per la nostra bassa tiratura (di CCC o MNRG) al momento non c’è grande differenza, la gran parte delle nostre antologie sono esaurite mentre ci sono tanti fumetti monografici che sono ancora disponibili – ma è anche vero che i graphic novel risalgono al massimo a tre anni fa…

Alcune delle ultime cose che avete pubblicato sono diverse dalle vostre pubblicazioni “storiche”, dato che si distaccano dall’estetica e dalle tematiche underground prevalenti in passato. Parlo per esempio di The Dying Draughtsman di Francisco Sousa Lobo e di Askar, O General della colombiana Dileydi Florez, il primo un romanzo grafico intimista e profondo, il secondo un lavoro molto curato graficamente che guarda alla rappresentazione delle grandi battaglie storiche tipiche dell’arte del passato più che al fumetto.

Stiamo diventando vecchi?!? Nemmeno per sogno, Papá em África di Anton Kannemeyer è pieno di cazzi neri, Erzsébet è pieno di sangue di vergine, Rudolfo vomita un sacco in Malmö Kebab Party e se pubblicherò un mio nuovo libro quest’anno sarà pieno dei miei brutti disegni (e di cazzi!)… Ancora devi vedere una nostra fase “pulita”, o qualche libro “pulito”. Aspetta e vedrai, ahahahah!!!

Seriamente, gli autori fanno quello che vogliono, noi non imponiamo nessuna estetica… D’altra parte non avrebbe senso, a meno che non fossimo una specie di editore commerciale di sesso&violenza o di merdosi libri a due-colori pseudo-artistici o di qualsiasi altra cosa…

Malmo Kebab Party

Ok, forse mi ero perso un po’ di cazzi vari nei vostri fumetti… Comunque, cambiando argomento, parlami invece della tua attività alla Bedeteca de Lisboa (il link è a un sito non autorizzato, quello ufficiale è inattivo dal 2011). So che avete una bella collezione di fumetti e che fino a qualche tempo fa organizzavate corsi, eventi, ecc.

Sì, lo facevamo… Dal 2005 è andato tutto in malora, adesso sono soltanto un buon vecchio bibliotecario della Bedeteca. Comunque se capiti a Lisbona vienici a trovare! C’è un bel giardino, bei sofà e belle sedie, 9000 tra fanzine, riviste, libri, albi, CD, DVD e altri oggetti legati al fumetto e all’illustrazione. Perché sprecare tempo visitando le trappole per turisti quando puoi venire a rilassarti alla Bedeteca? Tra l’altro abbiamo libri in portoghese, inglese, francese, italiano, finlandese, svedese, polacco, ecc.

Il periodo d’oro delle pubblicazioni, dei grandi festival, delle mostre e tutto il resto è ormai passato (ne ho parlato in un’intervista pubblicata su Stripburger) ma la biblioteca è ancora interessante.

Dato che parliamo di fumetto portoghese, mi piacerebbe sapere cosa è popolare o mainstream in Portogallo oggi. Noi in Italia abbiamo fumetti come quelli della Sergio Bonelli Editore che sono il concetto di “popolare” per eccellenza, non so se conosci Tex o Dylan Dog. Poi c’è una grande diffusione dei manga, vengono pubblicati parecchi supereroi e ultimamente c’è il boom del fumetto ironico, satirico o in generale comico. Da voi cosa significa “fumetto popolare”?

Penso che le strisce umoristiche siano le più popolari (Calvin & Hobbes, Dilbert, Adam, Cathy…). Poi c’è questa roba pedofila franco-belga per gente dai quarant’anni in su, i supereroi fascisti per i trentenni, i manga per i ragazzi… Dopo qualche anno è tornata anche la Disney, ma credo che si rivolgano a persone nostalgiche di una certa età, i ragazzini non sono così stupidi da leggere ancora quella merda. Molti portoghesi leggono l’inglese, il francese e lo spagnolo e così comprano le edizioni straniere perché il mercato non fornisce abbastanza libri di qualità. Abbiamo anche edizioni brasiliane di schifezze Bonelli, non so chi legge quella roba e nemmeno voglio saperlo. Mi chiedo se possiamo parlare di un “mainstream” (eccetto che per le strisce umoristiche) perché a quanto ne so i trade paperback di Batman vendono quanto A Viagem di Baudoin. Forse quell’idiozia di Saga venderà di più perché è divertente e, lo sai, i comics dovrebbero essere… comici! Eh, che ironia…

Si può dire che un libro che vende 3000 copie è popolare o mainstream? Sinceramente non lo so…

Passando dal popolare al personale, mi piacerebbe sapere quali sono gli autori portoghesi che tu ammiri di più e ti sentiresti di consigliare ai lettori.

Vecchi e nuovi tutti mischiati, vivi o morti, con dei libri solisti o no: André Lemos, Janus, Ana Cortesão, João Fazenda, Nunsky, Filipe Abranches, Bruno Borges, Carlos Botelho, Pedro Brito, Pedro Nora, Amanda Baeza, José Smith Vargas, Jucifer, Pedro Burgos, Tiago Manuel, Rafael Bordalo Pinheiro, Francisco Sousa Lobo…

The Dying DraughtsmanBeh, sicuramente c’è molto da esplorare per gli stranieri come me… Come vedi invece la scena europea al momento? A me sembra che ci sia un’attenzione sempre maggiore e spesso eccessiva per gli aspetti puramente estetici e tecnici del fumetto, favorita anche dalla diminuzione dei costi di stampa che ha consentito la diffusione del colore. Questo a mio parere ha influito pesantemente anche nell’ambito delle autoproduzioni, dove si trovano tanti prodotti conformisti, che poco hanno di alternativo…

Sì, i grapich novel hanno portato i fumetti a somigliare al mondo della letteratura: pieno di cose leggere, best-seller e così via… Devi scavare più a fondo per trovare le cose migliori, ma è sempre stato così, no? Le persone diventano nostalgiche se pensano a quando hanno scoperto Daniel Clowes o Joe Sacco negli anni ’90 e adesso ci sono tutti questi cloni o sottoprodotti di Clowes e di Sacco, ma poi basta guardare a realtà come Canicola o alle antologie come Glomp o a qualche tizio serbo o croato e c’è ancora abbastanza energia e originalità in giro da essere entusiasti come negli anni ’90. O guarda anche a Olivier Schrauwen, che è riuscito a unire “la quantità di pagine che ti permette di essere rispettabile” con aspetti estetici e formali. O a Ruppert & Mulot o a Tommi Musturi… O a Jarno Latva-Nikkola, che può essere etichettato come “caricatura” ma che ha una profondità degna di un graphic novel…

E’ vero che i grapich novel hanno sempre più peso nel mercato librario con “mia mamma era una puttana fatta di crack” o con la biografia di Pinochet, proprio come i libri di cucina o i gatti che salvano il mondo sono diventati i nuovi best-seller… Se tutti i graphic novel fossero di qualità (una cosa che qualche anno fa era il sogno della Fantagraphics o de L’Association) il mondo sarebbe perfetto, ma sai, là fuori ci sono ancora McDonald’s, la guerra, la fame, l’ultimo film di Batman, il razzismo, Berlusconi…

Come al solito abbiamo bisogno di critici – bravi critici – che possono filtrare tutta questa “nuova industria del libro disegnato”, ma dove sono?

Se ti va concluderei parlando dei progetti futuri. Ho letto che ci saranno parecchie iniziative per i 15 anni di Mmmnnngggr, me ne puoi parlare? E da Chili Com Carne cosa dobbiamo aspettarci?

Le celebrazioni per il quindicesimo anniversario di MNRG sono quasi finite… Abbiamo fatto un tour con due band punk, fatto uscire uno split-tape e la mia nuova zine, Anton (Kannemeyer, autore di Papá em África, ndr)  ha partecipato a Lisbona a una conferenza con qualche polemica e io ho fatto il DJ al Beja festival. A questo punto ci daremo da fare per pubblicare i nuovi libri di Aleksandar Zograf, André Ruivo e Tiago Manuel… E qualche altra cosa arriverà di sicuro!

Per quanto riguarda Chili Com Carne ancora non lo sappiamo… Ma speriamo di pubblicare nuove graphic novel di Francisco Sousa Lobo e José Smith Vargas, parecchi altri libri e zine, poi ci sarà una mostra all’Amadora Fest e all’Università di Salamanca in Spagna. Ma solo dopo giugno avremo le idee più chiare…

Marcos Farrajota

Annunciato “Kramers Ergot” #9

(English text)

Kramers Ergot 9

Dopo la pubblicazione dell’ottavo numero di Kramers Ergot nel 2011 per Picture Box, nel giugno dell’anno successivo l’editor Sammy Harkham annunciava con un tweet un imminente seguito, descrivendolo come “350 pages of wicked wanda and Ian Svenonius essays” (Svenonius, conosciuto ai più come frontman dei Nation of Ulysses e dei Make-Up aveva già contribuito al numero 8 con il saggio Notes on Camp, part 2). Da allora Picture Box ha chiuso, Harkham ha pubblicato dopo un’altra lunga attesa il quarto numero di Crickets, e di Kramers Ergot non si è saputo più nulla, almeno fino a oggi, quando su Amazon è comparsa questa copertina (che credo sia opera di John Pham) e la possibilità di prenotare il nono numero della fondamentale antologia che nel corso degli ultimi quindici anni ha ospitato i migliori talenti dell’underground statunitense e non solo. Il nuovo editore sarà Fantagraphics e la data di uscita prevista è il 18 marzo 2016, per 250 pagine (e non 350 a quanto pare) a opera di Michael DeForge, Noel Freibert, Steve Weissman, Anya Davidson, Stefan Marx, Abraham Diaz, Leon Sadler, Julia Gfrörer, Adam Buttrick, Kim Deitch, Ben Jones, Andy Burkholder, Antony Huchette, Trevor Alixopulos, Antoine Cossé, Archer Prewitt, Kevin Huizenga, Renée French e altri che verranno annunciati in seguito. Che dire, la lista è come al solito impressionante e a questo punto non ci resta che attendere.