Comic shops of the world: The Beguiling

Avete presente il faro di Hicksville, dove è custodita una collezione di fumetti così imponente da comprendere opere mai pubblicate di autori come Jack Kirby, Harvey Kurtzman e Wally Wood? Beh, The Beguiling è il posto più simile a quell’immensa biblioteca che mi sia capitato di vedere finora. Non che io vi abbia trovato, come succedeva al protagonista della storia di Dylan Horrocks, un fumetto di Federico García Lorca e Pablo Picasso, però di materiale oscuro e di difficile reperibilità il negozio di Toronto è pieno. L’ho visitato ormai qualche mese fa in occasione del Toronto Comic Arts Festival, un evento che il proprietario Peter Birkemoe, insieme al manager di The Beguiling Christopher Butcher, ha contribuito a organizzare sin dalla fondazione nel 2003. E ho avuto l’occasione di passarci diverse ore, anzi, la prima volta quasi l’intero orario di apertura tante erano le cose da cercare, guardare, sfogliare.
Ma andiamo con ordine. L’interno è sviluppato su due piani. Nel primo ci sono in evidenza tutte le novità nell’ambito del fumetto indie, alternativo e d’autore: appoggiati sui banconi centrali si trovano dunque le ultime uscite di case editrici come Fantagraphics, Drawn & Quarterly, Koyama Press, Conundrum Press, Retrofit Comics, Alternative Comics, Space Face Books, Landfill Editons, Breakdown Press e via dicendo.
Su una lunga serie di librerie sono invece appoggiati i libri e gli albi del catalogo, divisi in ordine alfabetico per autore: è questa la parte più interessante, con tante rarità che fanno parte da tempo della collezione del negozio o che vengono acquisite da appassionati e collezionisti privati. Eccovi un po’ di foto, con qualche scaffale e alcuni pezzi pregiati, scelti un po’ per passione personale, in parte su consiglio di Birkemoe e anche un po’ a caso.

Il “Multi-Story Building Model” di Chris Ware, l’angolo Eisner e, in alto, “Lontano” di Gabriella Giandelli edito da Canicola
Oltre a questi titoli potrei citarne a memoria tanti altri, come diversi numeri di Raw, qualche Gary Panter d’annata, Multiforce di Mat Brinkman, varie pubblicazioni dell’era d’oro dell’underground, vecchie raccolte di newspaper strip e via dicendo. Una serie di espositori sono invece dedicati a mini-comics, comic book e riviste, con una selezione che ben rappresenta la “scena” del momento. E non tutto riesce a trovare spazio in negozio. Quando infatti mi è capitato sott’occhio un numero di Internet Comics di Maré Odomo pubblicato qualche anno fa dalla Sacred Prism, mi è venuto in mente che tra quegli albetti mi mancava l’ultima uscita, cioè Kickfoot, uno spillato di 16 pagine del collettivo norvegese Dongery uscito nel 2014. Quando ne ho chiesto notizie a Geneve, una delle ragazze che lavorano a The Beguiling, è andata in magazzino e nel giro di due-tre minuti è tornata con l’albo in mano….
Inoltre è doveroso citare la sezione dei libri di illustrazione, quella delle antologie e la ricca selezione di titoli francofoni e giapponesi, con diverse rarità in lingua e di importazione.
Se il piano terra è una vera manna per gli appassionati di fumetto d’autore e underground, il piano superiore è invece riservato al mainstream e assomiglia di più al tradizionale negozio di fumetti americano. Vi trovano spazio i supereroi Marvel e Dc, con tanti titoli d’annata per collezionisti, e le produzioni di case editrici come Image, Dark Horse, Avatar e via dicendo. Anche qui, tuttavia, la selezione è molto accurata e dà particolare attenzione al panorama indie. Inoltre ci sono delle sezioni suddivise per autori, segno che anche qui ci si rivolge a un’audience matura e consapevole.
The Beguiling è anche ben noto per l’attività di vendita di tavole originali, che viene svolta soprattutto on line in uno store dedicato dove è possibile trovare lavori di cartoonist come Sammy Harkham, Kevin Huizenga, Seth, Michel Rabagliati, Shintaro Kago, Brandon Graham, Farel Dalrymple, Jason Lutes, Jeff Lemire, Paul Pope, Eddie Campbell e tanti altri. Sulle pareti del locale si possono ammirare alcuni pezzi della collezione privata: eccovi dunque la prima tavola di Cerebus #23 dell’aprile 1978, che non poteva certo mancare visto il titolo dell’episodio, e una pagina di Joe Matt che vede l’autore, noto collezionista di fumetti d’epoca, dirigersi verso il negozio per vendere delle raccolte di Carl Barks.
E a proposito di Joe Matt, c’è un’altra tavola da Peepshow #3 che raffigura prima lo stesso autore e i suoi due colleghi Seth e Chester Brown fuori dal negozio e poi Matt all’interno che dialoga con uno dei primi proprietari, Steve Solomos. The Beguiling è stato infatti fondato nel 1987, mentre Birkemoe è subentrato nel 1998.
Nel corso della mia visita, Birkemoe mi ha raccontato di essere in cerca di locali nuovi e più spaziosi, necessari per esporre un catalogo che in buona parte è relegato in magazzino. Se andate a Toronto, dunque, non mancate una visita a The Beguiling perché potrebbe essere una delle ultime occasioni per esplorare la storica sede al 601 di Markham Street.
Concludo confermando ciò che scriveva qualche anno fa Jeet Heer su Comics Comics: se non è il miglior negozio di fumetti del mondo, The Beguiling è il miglior negozio di fumetti che io abbia mai visitato. E per questo meritava senz’altro la mia umile attenzione.
Comic shops of the world: The Beguiling

Do you remember the Hicksville‘s lighthouse, where there is a collection of comics so impressive to include unpublished works of cartoonists as Jack Kirby, Harvey Kurtzman and Wally Wood? The Beguiling is the place more similar to that gigantic library I have seen so far. Well, I haven’t found a comic by Federico García Lorca and Pablo Picasso, as the character of the Dylan Horrocks’ book did, but the Toronto store is really packed with obscure and hard-to-find material. I have visited it last May in the days of the Toronto Comic Arts Festival, an event that the owner Peter Birkemoe, along with the manager of The Beguiling Christopher Butcher, helps organize since the foundation in 2003. And I had the opportunity to spend several hours in the store, looking carefully through its huge catalog.
The store is developed on two floors. The first showcases on the central counters the new arrivals in the world of indie, arty and underground comics, with the latest graphic novels from publishers like Fantagraphics, Drawn & Quarterly, Koyama Press, Conundrum Press, Retrofit Comics, Alternative Comics, New York Review of Books, Space Face Books, Landfill Editons, Breakdown Press and so on.
The books of the catalog are on the shelves, organized alphabetically by author. This is the most interesting part, with many rarities coming from the store’s backlist or purchased from fans and private collectors, like several issues of Raw, rare Gary Panter’s comics, Multiforce by Mat Brinkman, publications from the underground era, old collections of newspaper strips. Here are some pictures with a few valuable pieces, chosen according to my personal inclination, partly on the advice of Birkemoe and a bit randomly.

The “Multi-Story Building Model” by Chris Ware, the Eisner corner and, above, “Lontano” by Gabriella Giandelli
The selection of contemporary comics, minis and magazines is a good representation of the “scene” of recent years, with a lot of books that can’t be displayed in the store. When I found an issue of Maré Odomo’s Internet Comics published by Sacred Prism, it came to me I missed from the same series Kickfoot, a 16-page mini-comic by the Norwegian collective Dongery, released in 2014. When I asked Geneve, one of the employees of The Beguiling, she went in the archive and she came back within two or three minutes with the book in hand.
I must also mention the section of illustration books, the well-stocked anthologies bookcase and the rich selection of French and Japanese titles, with several original editions.
If the ground floor is a real treat for arty and undeground comics fans, the upper floor is devoted to the mainstream and looks more like the traditional American comic book store. We find there Marvel and DC superheroes, with many vintage titles for collectors, and the publications of indie imprints like Image, Dark Horse, Avatar and so on. Even this selection is very accurate and gives particular attention to the indie scene. There are also author sections for creators like Alan Moore or Neil Gaiman, confirming that the shop is completely aimed at a mature and knowledgeable audience.

Alex does the honors upstairs, between a “Forever People” and a “Daredevil”… But we talked mostly about Italian comics
The Beguiling is also well known for its original artwork store, that sells pages and drawings by artists such as Sammy Harkham, Kevin Huizenga, Seth, Michel Rabagliati, Shintaro Kago, Brandon Graham, Farel Dalrymple, Jason Lutes, Jeff Lemire, Paul Pope, Eddie Campbell and many others. A few pieces from the private collection are exhibited on the walls. I’ve taken pictures of the first page of Cerebus #23 from April 1978, with a familiar title, and of a Joe Matt’s page that depicts the cartoonist, a well-known fan of old comics, heading to The Beguiling to sell some Carl Barks’ complete sets.
And speaking of Joe Matt, there is another page from Peepshow #3 depicting first him and his colleagues Seth and Chester Brown out of the store and then Matt inside talking with one of the first owners, Steve Solomos. The Beguiling was in fact founded in 1987, while Birkemoe took over in 1998.
During my visit, Birkemoe told me he is looking for a new and more spacious location, in order to display the whole catalog and to acquire more comics. If you are in Toronto, then, you have to visit the shop at 601 Markham Street, because it could be one of your last opportunities.
As Jeet Heer wrote a few years ago on Comics Comics, I don’t know if The Beguiling is the best comic shop in the world, but for sure it is the best one I have visited until now. And it definitely deserved my humble attention.
“Suicida” #1 di Abraham Diaz

Voyeurismo, sadismo, masochismo, autolesionismo, morte, omicidio, suicidio, violenza gratuita, sesso, masturbazione, teledipendenza, degrado metropolitano. Nel suo debutto solista Suicida #1 Abraham Diaz lavora con questi ingredienti, li mescola, li forgia a suo piacimento creando un cartooning compatto e sempre ironico, salace, acido quanto basta. A fine 2015 l’artista messicano ha stampato insieme ai suoi compari dell’etichetta Ediciones Joc Doc 200 copie di questo albo 28×20 cm con testi in inglese e spagnolo, copertina serigrafata, carta bianca e nera con l’aggiunta del verde, utilizzato a volte come inchiostro ma anche per le pagine degli inserti. Un oggetto bello a vedersi e al tempo stesso sporco, che ricerca nell’estetica punk il feeling underground dei comic book monografici di una volta, con tanto di pagina delle lettere (unica differenza, i messaggi dei lettori non arrivano più per posta ma su Tumblr). Si inizia con The Witness, protagonista un solitario uomo di mezza età con tanto di baffetto intento a raccontare un omicidio a cui ha assistito spiando nel bagno della vicina di casa. Il tratto di Diaz è caricaturale, storpia i corpi dei personaggi, allunga i nasi, storce i denti, in uno stile che guarda a tanti artisti che abbiamo amato negli ultimi trent’anni (Ivan Brunetti, Kaz, Johnny Ryan) ma anche a Mad, ai gag cartoon, alle newspaper strip. Non a caso all’interno dell’albo troviamo due mezzi fogli con quattro Misery Funnies, classiche gag con testo sotto la vignetta, del tipo uomo tutto nudo sul water, una tazza fumante in una mano, la cornetta del telefono nell’altra e sotto “You don’t seem to understand… I’m my mother’s only child!”. E la cornetta del telefono è un dettaglio da non trascurare, perché tutto l’albo è fermo per estetica e scenari agli anni ’80 o prima ancora, non c’è volutamente traccia di cellulari, computer e tanto meno internet.
Sulle stesse coordinate nostalgiche e irriverenti delle Misery Funnies è l’inserto in formato orizzontale Tito, che mostra la versione Diaz di Sluggo, l’amico di Nancy nella strip di Ernie Bushmiller (Tito è il nome con cui il personaggio è noto nei paesi di lingua spagnola). Pax Noctis, già vista su Kovra #6 delle Ediciones Valientes, è un altro pezzo forte, una storia di guerra e desiderio, un uomo costretto in trincea che ricorda o più probabilmente immagina un inseguimento in un bosco. La situazione culmina con una donna legata a un albero e frustata, poi si torna al soldato nella trincea che si masturba, fino al finale che unisce di nuovo sesso e morte come nel pezzo d’apertura. Suicida #1 sembra la conseguenza di una settimana passata chiusi in casa a fare zapping al buio davanti alla tv, con i nervi a fior di pelle, gli occhi che pulsano, il corpo in preda a una frenesia isterica che scatena le pulsioni più becere. Ma il cartooning di Diaz non è tutto qui, perché spesso denuncia e mette alla berlina senza mezzi termini l’idiozia umana: se Pax Noctis si prendeva gioco della guerra e dei deliri di onnipotenza sessisti, Milagro En El Congo è invece la storia animalista di un povero scimpanzé stampata su sfondo in risograph verde giungla. Arriviamo dunque a un altro inserto, questa volta apribile formato poster, dove troviamo tre fumetti di una pagina sui temi abituali, ribaditi anche nel successivo ¡Esta Fue Tu Vida!, che introduce la novità del sesso esplicito ma senza dimenticare l’ironia spietata e il gusto per lo storytelling, presenti ovunque nella produzione del messicano. Home è il fumetto conclusivo, un trionfo di linee impazzite che riproducono il caos metropolitano (stessa soluzione adottata in Home Is Where the Hatred Is, storia breve di Diaz per š! #24): un carcerato esce di prigione ma deve subire gli stimoli continui della città, rappresentati in modo parossistico con nudità esibite senza remore, uomini al guinzaglio di donne dai leggings attillati, gente che copula in ogni angolo. Il cruento finale ve lo potete immaginare oppure potete leggerlo sulle poche copie rimaste di Suicida #1, esaurito presso l’editore ma ancora disponibile, almeno al momento in cui scrivo queste righe, su Fatbottom Books, Dripper World e Feel It Records. Oppure potete procurarvi Kramers Ergot #9, dove sono state ristampate di recente Pax Noctis, Home e due delle Misery Funnies. Intanto Diaz è al lavoro sul secondo capitolo e noi restiamo così in trepidante attesa di leggere altri dei suoi fumetti old school.
Misunderstanding Comics #5

Dopo una lunga pausa riprendo a segnalare un po’ di fumetti, che di recente si sono davvero accumulati sulla mia libreria (e scrivania, e comodino, e divano, e lavatrice, ecc. ecc.). Impossibile stare dietro a tutto quello che esce e difficile anche scrivere di tutto quello che leggo. Ci provo cercando di essere sintetico e sapendo benissimo che questi fumetti meriterebbero una trattazione ben più approfondita della mia. Ma, come al solito, faccio ciò che posso.
Negli ultimi mesi si è parlato parecchie volte di Martin López Lam su Just Indie Comics ma io devo ammettere di aver letto soltanto di recente il suo Sirio, uscito a inizio anno per l’eccellente casa editrice spagnola Fulgencio Pimentel. Strana coincidenza, ho sottratto il volume all’infinita pila di libri da leggere proprio quest’estate, in un paio di settimane tra fine luglio e inizio agosto che ho passato in ferie ma, per una serie di circostanze, senza andare in vacanza. Non sono stato recluso come i personaggi della storia di López Lam né è stato trovato un cadavere nella piscina vicino casa mia, ma l’atmosfera di costante attesa, la canicola estiva che aumenta giorno dopo giorno, i paesaggi brulli e i personaggi che girano e rigirano intorno a se stessi mi hanno fatto entrare ancor di più nella storia.
Più che un giallo, Sirio è il racconto di una separazione che vede protagonisti personaggi che sembrano per la maggior parte del tempo fantasmi, con i loro stati d’animo resi splendidamente attraverso un’infinita serie di soluzioni grafiche diverse e i due colori utilizzati, blu e ocra, che sono parte integrante della narrazione. C’è un gran senso di libertà, di sperimentazione in queste pagine, ma al tempo stesso nessuna linea, nessuna sovrapposizione di colori, nessun cambiamento di registro è sprecato. Il volume è in spagnolo ma a richiesta è disponibile un libretto con traduzione inglese allegata. Cercate di recuperarlo perché ne vale la pena.
Un altro autore che propone una ricerca stilistica autonoma, lontana da ogni moda, è senz’altro Austin English, di cui ho avuto l’opportunità di parlare in precedenza come patron dell’eccellente etichetta Domino Books di Brooklyn. Come López Lam, English non cerca assolutamente un disegno facile e attraente. La sua è un’estetica volutamente sgraziata e imperfetta, che mescolando energicamente tecniche, materiali e colori sfocia nell’arte delle avanguardie storiche e dell’espressionismo astratto. Tuttavia la voglia di dipingere, disegnare e sperimentare non porta mai l’autore a trascurare l’impianto fortemente narrativo dei suoi fumetti. Le storie hanno sempre una trama definita, anche se sembrano più sceneggiature di opere teatrali che fumetti tradizionalmente intesi per il modo in cui trattano i personaggi, non soggetti con una personalità e un background alle spalle ma figure che compiono azioni in uno scenario delimitato.
Proprio lo spazio è il protagonista delle cinque storie raccolte di recente da 2dcloud nel volume Gulag Casual. Si tratta di The Disgusting Room (2010), My Friend Perry (2011), Here I Am! (2011), Freddy’s Dead (2012) e A New York Story (2015): tutte hanno in comune la tematica della casa vista come luogo familiare e rassicurante che viene invaso dalla violenza e dall’aggressività del mondo esterno.
Ancora per 2dcloud è uscito Someone Please Have Sex with Me di Gina Wynbrandt, anche in questo caso un’antologia di fumetti in gran parte già visti in albi autonomi. Le storie raccontano la fissazione per Justin Bieber (One Less Lonely Girl, 2012), una puntata ai Teen Choice Awards sotto la guida di Kim Kardashian (Tiger Beat Exclusive, 2013), la ricerca disperata di un partner sessuale che arriva fino a un lontano futuro (il racconto che dà il titolo alla raccolta, 2014), gatti parlanti che mettono incinta la protagonista (Big Pussy, 2015) e videogiochi che la trasformano in una spietata cacciatrice di uomini (Manhunt, 2016).
La cosa che più colpisce della Wynbrandt è la capacità di focalizzarsi su pochi elementi per poi portarli all’estremo: il plot parte sempre da particolari realistici e autobiografici, apparentemente insignificanti, che vengono sviluppati in situazioni ai limiti, paradossali, divertenti, a volte surreali. Si tratta di un modus operandi che l’autrice dimostra di saper gestire sin dalle prime prove, segno di una cartoonist giovane ma dalle idee chiare. Anche dal punto di vista grafico la Wynbrandt è bravissima a rappresentare il suo alter-ego nei minimi dettagli, concentrandosi soprattutto sulle espressioni facciali, con una serie veramente infinita di smorfie, e sui suoi capelli, disegnati con una cura certosina. Ma d’altronde sarebbe un crimine trattare con superficialità dei capelli così lunghi.
Visto che ci siamo, rimaniamo in tema di autrici femminili con due albi pubblicati da Retrofit Comics: Hellbound Lifestyle della coppia Alabaster Pizzo-Kaeleigh Forsyth e Late Bloomer di Maré Odomo. Il primo è un diario della Forsyth, al suo debutto nel mondo del fumetto, illustrato dall’autrice di Mimi and the Wolves: una collaborazione nata, come svela la bio pubblicata alla fine dell’albo, da circostanze particolari, dato che le due si sono conosciute dopo aver scoperto che stavano uscendo con la stessa persona da un anno. Diventate ottime amiche, hanno realizzato un fumetto divertentissimo scandito da note e conversazioni tratte da uno smartphone, pieno di situazioni assurde, di buoni propositi finiti male, di ragionamenti contorti e soprattutto di idee, idee, idee una dietro l’altra che ci si potrebbero riempire tanti altri fumetti o intere stagioni di serie tv. Belli anche i colori sparati che donano un’estetica pop a un’opera che potrebbe piacere anche a chi non legge abitualmente i fumetti.
Late Bloomer è invece un volumetto in bianco e nero di piccolo formato (14 x 11 cm) in cui Maré Odomo raccoglie con il modus operandi già mostrato nei due mini Internet Comics usciti per Sacred Prism (ne avevo parlato brevemente qui) riflessioni, disegni, schizzi, scarabocchi, cancellature, frasi. Le prove precedenti affascinavano per l’uso del colore e per la stampa in risograph, risultando esteticamente molto attraenti, mentre questa versione in bassa fedeltà ha l’aspetto di uno sketchbook. Ma in qualsiasi modo vengano pubblicati vale sempre la pena di sfogliare, leggere, guardare gli haiku visivi della Odomo: c’è un sentimento qui dentro che più di ogni narrazione restituisce le emozioni provate dall’autrice, lasciando al lettore un’impressione, un qualcosa difficile da verbalizzare o razionalizzare. Pagina dopo pagina si va avanti tra momenti di realismo (I will forget this), domande che ci si potrebbe fare per una vita intera (Where’d you go?), storie che finiscono (If i see you, I will walk away), vuoto esistenziale (Nothing to cry about), chiusura in se stessi (Don’t wanna talk about it). Quando si arriva all’ultima pagina non si ha un’idea precisa di ciò che abbiamo appena letto ma soltanto la sensazione che qualcosa dentro di noi è successo.
“š!” #24 + “mini kuš!” #38-42

While the new issue of š! is hot off the press featuring Western artists inspired by Japanese manga, I’m taking some time to translate this review I published in Italian a few months ago about the previous release of the Latvian anthology and the latest mini-kuš!, now including the most recent one by Laura Ķeniņš. š! #24 is introduced by a beautiful cover by Līva Kandevica and showcases over twenty short comics by international artists, this time around the theme Urban Jungle. If the mood of these A6 booklets is mostly playful and ironic, in every issue there are some different voices, which can be rough, meditative or abstract. For example, in the fashion-themed anthology (š! # 22), Hetamoé’s and Léo Quievreux’s contributions reinterpreted the main theme as something deeply and disturbingly connected to body and flesh. And the same Marie Jacotey, who created the cover and the opening story, is a pleasantly atypical cartoonist, who hides under her colored pencils a crudeness in both line and content.
And so, which are the “lone voices” of this release? My preference is definitely for Abraham Diaz, a Mexican cartoonist born in 1988 recently seen in Kramers Ergot #9 and of whom I’ll talk again very soon on Just Indie Comics. Diaz has a messed-up cartoon style and draws characters with huge heads and expressions between the stupid and the pissed off. His art is full of lines going on their own, of colors that don’t ever fill the whole space of the figures, of a crooked lettering reporting humorous and absurd dialogues. G.W. Duncanson is another artist aesthetically alien from the rest. His beautiful urban art contribution displays a pictorial black and white made up of graffitis, subways, skyscrapers. This is one of these š! comics I would like to see published in a larger size one day.
Both Diaz and Duncanson are debuting artists in the magazine and this means the editors David Schilter and Sanita Muižniece are successful in finding new names to add to the usual ones. This is confirmed by two other newcomers, more in line with the general tone of the anthology. The first is Sami Aho of the Finnish collective Kutikuti: Fooled Again is at first sight similar to Anya Davidson’s work and is an entertaining and accomplished short story with a great underground feeling of yesteryear and bright colors. Mathilde Van Gheluwe of Tieten met Haar is another new name in š! and her debut conquers immediately with warm watercolors, a charming style reminiscent of the other Flemish Brecht Evens and a precise and effective storytelling. But there are also interesting contributions by some regulars in this issue. Dace Sietina’s style is constantly growing and now is closer to the aesthetics of Russian art from ’50s and’ 60s, Amanda Baeza leaves aside geometry for once and creates a nice figurative work in black and white, while Jean de Wet confirms the good things he already showed in the mini-kuš! #20 (I talked about it here).
And speaking of mini-kuš!, let’s have a quick look at the latest fives, all by female cartoonists. The mini-kuš! #38-41 were published last March, while the #42 was out in May. Three Sisters is the title of the first one by Latvian artist Ingrīda Pičukāne, about three girls who find a drunk and naked man in the middle of the forest. The women speak in French, the man in Russian, and there aren’t subtitles, a choice that gives authenticity to the story. The booklet is a twisted fairy tale developing horizontally, with a white frame at the edges of the pages that encloses the colorful forest, rendered with an appealing mosaic effect, while the women are typified from big, exploding eyes, symbols of an intense sensuality. The charm of Pičukāne‘s work is even more powerful in the original art, that was part of a kuš! exhibition at the latest Ratatà festival in Macerata (you can see some pictures here).
Colorful but with a more contemporary style is the mini-kuš! #39 by American cartoonist Tara Booth, who has also a funny three-page comic in Urban Jungle. Unwell is the story of an out-of-ordinary day in the life. The protagonist wakes up alongside an unlikely hipster, sneaks away after puking in his toilet, gets on a bike, thinks back to when she put her panties on the lover’s head, creates a painting with the ass (literally), goes out with her dog, meets a pervert in the park, gets drunk again… I won’t tell the ending but everything works perfectly in this wordless comic that might seem a silent film, drawn in a patchwork style reminiscent of South Park and with a great use of color. The page is completely at the service of the girl, so that the panels sequence is often broken by her vertical movements on the page. Unwell is definitely an excellent example of a successful mini-comic.
If these two booklets have a dionisiac and lively mood, the mini-kuš! #40 by Hanneriina Moisseinen looks algid and rigorous. 1944 tells, as the title suggests, a war episode, namely the evacuation of Carelia, drawn by the Finnish cartoonist in parallel with the birth of an animal, representing the cruelty of nature and war together. The linear plot would need a decisive surge and Moisseinen’s pencils and panel grids are a little too straightforward on this occasion, even if the story is brutally poetic in its very own way.
The mini-kuš! #41 is a great opportunity to admire a technicolor comic by Aisha Franz, committed to depict a not-so-far future made of apartment complexes, drones, changing sexual identities, pleasure machines. EYEZ isn’t a strong narrative work but relies mostly on the visual approach and on a simplified line compared to previous Franz’s work as the Alien graphic novel. But this hyper-pop version of her fascinates and conquers, so that we want more and more. And soon, if it’s possible.
The 42nd mini-kuš! was released in May and features Alien Beings by Latvian-Canadian cartoonist Laura Ķeniņš, whose work was published before in š! #19 Mathematics and in š! #21 Business Time. This is a story about aliens and divorce, with the title indicating both the extraterrestials the family supposedly met in the first pages of the mini-comic and the two parents becoming “aliens” the one with the other (and also with their children). The colored pencils used by Ķeniņš are perfect to illustrate a story saw in first person from the daughter of the couple, a coming-of-age tale about growing up in a divided family. In the end the close encounter seems a too-simplistic justification for the break-up and the human relationships are the real unidentified object. Ķeniņš focuses on the girl’s feelings and on the dynamics of the divorce, building a strong, intense and cohesive story.
“Deriva” di Serena Schinaia

Di Serena Schinaia ho già scritto su queste pagine a proposito della sua ultima fatica solista, l’albo Ceniza/Cenere pubblicato dalle Ediciones Valientes di Martín López Lam, e di Una giornata scorsa, il progetto collettivo che ha realizzato presso l’Accademia di Spagna a Roma insieme allo stesso López Lam, Silvia Rocchi e Roberto Massó. La Schinaia è un’artista pugliese nata a Taranto nel 1986, che dopo aver studiato filosofia estetica e linguaggi del fumetto a Bologna si è trasferita a Roma, dove al momento vive e lavora. I suoi disegni sono apparsi in diverse antologie, ha collaborato con Lo Straniero, Hamelin, il Goethe Institut, e ha esposto in occasione di vari festival, come Bilbolbul, Komikazen, Napoli Comicon, oltre ad aver vinto i premi Reportage per Reality Draws 2012 e Coop for Words 2014. Il suo lavoro è fortemente evocativo, non usa balloons ma solo testi minimali che è riduttivo chiamare didascalie, in quanto non si limitano a descrivere ma danno forza a ciò che le immagini rappresentano, di solito momenti di passaggio, attimi in cui sta per succedere qualcosa oppure in cui qualcosa in realtà è già successo. Se l’ultimo Ceniza sperimenta un tratto più definito, la colorazione in blu/grigio e l’utilizzo in simultanea di italiano e spagnolo, il primo albo autoprodotto Deriva è invece rappresentativo della prima fase della sua produzione, caratterizzata da un bianco e nero intenso fatto di pennellate impressioniste e da frasi laconiche, che fanno pensare più a riferimenti musicali (mi vengono in mente, su tutti, i Massimo Volume) che fumettistici. Di seguito potete leggere due delle cinque storie che riempiono le 32 pagine dell’albo, di cui è uscita di recente anche l’edizione in inglese, ancora autoprodotta, intitolata Drift e disponibile nel negozio on line di Just Indie Comics, dove trovate anche alcune copie di Ceniza. Sul sito delle Ediciones Valientes è invece disponibile il leporello di Una giornata scorsa. Per il momento, buona lettura.
“Drift” by Serena Schinaia

I already wrote about Serena Schinaia on Just Indie Comics when I reviewed her latest solo effort, the comic book Ceniza/Cenere published by Ediciones Valientes and in this post about Una giornata scorsa, the collective project she developed at the Real Academia de España in Rome with Martín López Lam, Silvia Rocchi and Roberto Massó. Schinaia is an artist born in Taranto, 1986 and after studying Aesthetic Philosophy and Theory of Comics in Bologna she moved to Rome, where she currently lives and works. She was featured in several anthologies, collaborated with Lo Straniero, Hamelin, the Goethe Institut and exhibited in various festivals, such as Bilbolbul, Komikazen, Napoli Comicon. She won the prize Reportage for Reality Draws 2012 and the contest Coop for Words 2014. In her work she doesn’t use balloons but only laconic sentences that aren’t simple captions, as they don’t just describe the drawings but give power to what she represents, creating a deeply evocative result. If the recent Ceniza showcases a more defined line, a blue/gray color palette and the use of Italian and Spanish simultaneously, her first self-published 32-page comic book, Drift, is representative of the first phase of her production, marked by an intense black and white made up of impressionist brushstrokes. Below you can read two of the five stories of the comic book, which is available in Just Indie Comics online shop, where you can also find some copies of Ceniza. In the meantime, have a good read.
“Fobo” di Gabriel Delmas

di Weedzie Kalashnicock
Fobo è una metafora della follia dell’amore, una canzone sullo squilibrio chimico, un poema per tutti coloro che cercano e un lamento per coloro che trovano. In sintesi, un’allucinazione metafisica.
E’ anche il divertente racconto di uno spermatozoo che, come tutti gli spermatozoi prima di lui, ha assolutamente bisogno di trovare un uovo per assicurarsi un posto nell’eternità. Ma, mentre tenta di compiere il suo destino, diventa ossessionato da qualcos’altro. Ciò che vuole veramente è penetrare il cuore dell’universo. E questo desiderio lo porta a inseguire ogni barlume, ogni bagliore, ogni buco nero, ogni punto lontano, fino a dove e fino a quando riesce a farlo.
All’inizio è pieno di speranza. Riesce ad attraversare ogni paesaggio immaginabile. Incontra la donna con un occhio solo, la insegue, gioca con lei. E’ aiutato da una vegetazione amichevole, i cui tentacoli ricurvi lo salvano quando pensava che stessero per strangolarlo. Viene mangiato da strane creature fluttuanti con i ventri rigonfi e i volti sorridenti, un po’ stupide ma anche affettuose, che in realtà non vogliono fargli del male, dato che lo portano verso nuovi e ancor più stimolanti territori. E’ costretto a fermarsi, incapace di proseguire, ma poi riprende la sua corsa. Riesce a prevenire ogni catastrofe e a muoversi sempre più avanti nella sua ricerca. Le sue avventure sono spaventose e divertenti. Sembra essere (e comincia a credersi) invincibile. Diventa il capo di alcune creature che incontra lungo la strada. E’ così euforico da sentirsi onnipotente, sembra che non ci sia niente che non possa fare.
Fobo si sente tutt’uno con l’universo e con le creature intorno a lui. Sembra che tutti facciano il tifo per lui. Si sente coccolato.
Ma cosa sta succedendo? E’ vero che sono tutti dalla parte di Fobo? Ogni creatura lo porta più vicino, ma a cosa? Tutto ciò è amore o un inganno? Dove si trova?
Fobo guarda le cose sotto un’altra luce. Ciò che sembra essere una cosa, subito dopo comincia a sembrarne un’altra. Ogni volta che Fobo emerge da una cavità, ne trova un’altra e un’altra ancora. E sono le cavità a guardare Fobo, non il contrario. Ne può penetrare una ma ce n’è sempre un’altra dietro l’angolo. Sia che guardi giù o su, che entri o che esca, non è mai dall’altra parte. E’ imprigionato, proprio come tutti gli altri esseri in questo labirinto umido e oscuro.
E’ forse un clone? O un drone? Pensava di essere migliore! Diverso! Che cos’è?
Prima Fobo trovava tutto eccitante, folle e misterioso mentre ora pensa: “Devo essere provocato e stimolato in eterno? Riuscirò mai a penetrare il mistero che sto cercando di comprendere? Devo essere preso in giro per il resto dei miei giorni, e tutto il mio tempo, tutti i miei sforzi non serviranno a niente?”
Questa non è la storia di una razza che cerca di sopravvivere, e neppure la storia di una selvaggia lotta per essere il miglior spermatozoo dell’universo. E’ la storia della disillusione del vincitore. La sua sofferenza è esistenziale.
La verità è che Fobo ha una pistola sempre carica ma può sparare soltanto a salve, per l’eternità.
Questa è la storia dell’Orrore.
“Fobo” by Gabriel Delmas

by Weedzie Kalashnicock
I think Fobo is a metaphor for the madness of love, a song of chemical imbalance, a poem to all those who would seek and a lament for those who find. In short, a metaphysical mindfuck.
It’s also a comic tale of a sperm, who, like all sperm before him, has a primal urge to find an egg, to secure his spot for all eternity, but who in the process of completing his destiny, becomes obsessed with something else. He wants nothing less than to penetrate the heart of the universe. And this desire has him chasing every glimmer, every flash, every black hole, every distant point as far and as long as he can.
He starts out with high hopes. He manages to climb in and out of every imaginable landscape. He chases and plays with the one-eyed woman. He’s helped by friendly flora, whose curling tentacles lift him out of danger when he thought they might try to strangle him. He’s eaten by strange floating creatures with bloated bellies that are filled to the brim with smiling, slightly idiotic (but endearing) faces, but clearly, they mean him no harm, since he is carried even closer to different and more exciting landscapes. He’s thwarted at various points, but only temporarily. He manages to avert every disaster and move further in his quest. His adventures are scary and fun, and he seems to be (and starts to feel) invincible. He even appoints himself the leader of various creatures he meets along the way. The euphoria swells his head, there seems to be nothing he can’t do.
Fobo feels at one with the universe and all the creatures around him. Everyone seems to be cheering him on. He feels kissed.
But what is really happening? Are they really on Fobo’s side? Everyone brings him closer and closer but where is he really? Is this love or trickery? Where is he?
Fobo looks at the thing in another light. What seems to be one thing is now another. Every time Fobo emerges out of one hole, he finds another and another and another. An endless series of holes stare back at Fobo. He can penetrate the one, but there is always another around the corner. Whether he looks up or down, or goes in or comes out, he is still not on the other side! He’s caught, just like all the others in this sticky, impenetrable labyrinth.
Is he a clone? A drone? He thought he was better! Different! What is he?
What seemed exciting and crazy and mysterious before, now Fobo feels, am I to be perpetually tantalized? Am I never to penetrate the mystery I seek to know? Am I to be teased as long as I live, and all my time, all my efforts, count for nothing?
This is not the story of a race to survive, or even a story about a fierce competition to be the fastest and most successful sperm in the universe. It’s about the disillusionment of the victor. His suffering is existential.
The truth is, he has a loaded gun but perpetually shoots blanks into the universe.
This is a horror story.
Fobo is the latest book by Gabriel Delmas. It’s a 64-page paperback, 15×21 cm, published by Hollow Press
Un’intervista al Professor Bad Trip

Colgo l’occasione della mostra A Saucerful of Colours, personale dedicata al Professor Bad Trip dalla Tekè Gallery di Carrara, per recuperare una vecchia intervista realizzata al Prof dal sottoscritto e da Giuseppe Marano e pubblicata nel marzo 1995 su Underground #5. Incontrammo Bad Trip (vero nome Gianluca Lerici) in occasione di diverse edizioni di Lucca Comics, sulle gradinate del Palazzetto dello Sport, dove allora ci si metteva a vendere le fanzine, nonostante i continui inviti da parte dell’organizzazione a togliere il disturbo. Gianluca ci consentì di utilizzare un suo disegno per la copertina di Underground #5, che si apriva proprio con un’intervista realizzata via posta e montata a collage sullo sfondo dell’arte del Prof, come potete vedere dalle foto che accompagnano l’articolo. Sicuramente non sarà esaustiva come l’intervista realizzata da Vittore Baroni per l’Almanacco Apocalittico di Mondadori e ristampata in versione integrale proprio nel catalogo di A Saucerful of Colours, ma spero che sia comunque l’occasione per recuperare un contenuto oscuro e a suo modo utile per inquadrare uno dei più importanti artisti dell’underground italiano, scomparso a soli 43 anni il 25 novembre 2006. E a questo proposito vi raccomando di visitare la mostra della Tekè, che sarà aperta fino al prossimo 30 luglio il martedì e il mercoledì dalle 17 alle 20, dal giovedì alla domenica dalle 18 alle 24. Per il momento, buona lettura.
Professor Bad Trip: raccontaci vita opere e miracoli in una autobiografia completa.
Il Professor Bad Trip nasce a La Spezia il 21-5-63. Per tutti gli anni ’80 è conosciuto in zona come “Gianluca Punk”. E’ stato:
– DJ a Radio Popolare Alternativa (La Spezia, 79/83)
– cantante del gruppo hardcore “The Holocaust”
– denunciato per: occupazione, danneggiamento, corteo non autorizzato, resistenza a pubblico ufficiale (2 volte!), oltraggio a pubblico ufficiale, violenza a pubblico ufficiale (per un totale di 7 denunce più 4 giorni di prigione)
– diplomato all’Accademia di belle arti di scultura a Carrara.
Influenze, ispirazioni, aspirazioni?
Influenze grafiche: Stefano Tamburini, Robert Crumb, Joe Coleman, Paul Mavrides, Robert Williams, Basil Wolverton, Ed Big Daddy Roth, Matteo Guarnaccia, C.Burns, F.Masereel, D.Kitchen, Rick Griffin, Raymond Pettibon, W.Smith, ecc.
Ispirazioni (per via mentale, orale, polmonare o acustica): hashish, Max Stirner, Karl Marx, LSD, William Burroughs, George Orwell, Aldous Huxley, marijuana, The Germs, Ballard, Kropotkin, Fear, Hakim Bey, Bob Dobbs, Jerry Rubin, Timothy Leary, Robert Anton Wilson, Crass, Stanley Kubrick, David Cronenberg, ecc.
Aspirazioni: segrete (basta denunce!)
BAD TRIP COMIX è un po’ il manifesto del nuovo underground italiano, non credi?
Fumetto underground italiano:
– prima generazione (i babbi): Max Capa, Matteo Guarnaccia e Stefano Tamburini
– seconda generazione (il figlio unico): Prof. Bad Trip
– terza generazione (i nipoti): ??? (niente di niente, boh?)
Il tuo incontro con Matteo Guarnaccia ha dato vita a DOUBLE DOSE COMIX (inspiegabilmente stroncato dal “Manifesto”): come è nata la cosa?
Matteo è il mio babbo, quindi è stato un incontro fisiologico. “Il Manifesto” ha stroncato DOUBLE DOSE COMIX perché Thomas Martinelli (autore del pezzo) “non riesce a seguirmi” (sue parole a Lucca); in realtà di fumetti underground non capisce nulla (non ha la cultura necessaria). “Il Manifesto” rimane comunque l’unica fanzine leggibile tra tutta la merda che esce in edicola.
“Il Pasto Nudo”, Burroughs e l’underground: come è nata la decisione di realizzare un adattamento del libro, e che ruolo ha Uncle Bill nella tua formazione?
William Burroughs è una pietra miliare delle controculture; ha influenzato dal beat al punk all’industrial culture: è uno che ha visto nel futuro!!
Fare IL PASTO NUDO a fumetti è stata un’idea di Gomma di Shake e, al di là di giudizi formali-estetici-culturali-ecc. mi preme sottolineare due necessità soddisfatte:
1) anticipare tutti i merdoni postmoderni italiani da edicola che volevano l’esclusiva su una cultura che non gli apparteneva.
2) parlare di eroina e anni ’80 in una maniera il più “trasversale” possibile.
Ti è piaciuto “Il Pasto Nudo” di Cronenberg? E, più in generale, che impatto hanno su di te i film del regista canadese?
Amo Cronenberg – è, insieme a Kubrick, il mio regista preferito. Mi è piaciuto anche “Il Pasto Nudo”, tenendo a mente che da un libro simile si potevano fare 20 films e 30 fumetti diversi.
Come vedi l’attuale scena post-underground americana?
La scena americana è grandiosa, i disegnatori underground finiscono nei musei e sono considerati “gli artisti”. Succederà anche qua con 10 anni di ritardo, come al solito.
DECODER e la Shake sono un’esperienza fondamentale per la stampa underground, non credi?
Sono fondamentali per la scena italiana (nel mondo ci sono centinaia di case editrici simili): hanno il pregio di essere una cooperativa e di dare del lavoro a un sacco di fratelli e sorelle e di tradurre e pubblicare in italiano cibo per la mente di difficile reperibilità e/o traducibilità.
Cos’è per te il cyberpunk?
Cyberpunk è un’attitudine oltreché uno stile di scrittura. Burroughs, Ballard e Dick sono cyberpunk ante-litteram. Ma anche l’uso della fotocopiatrice, dei computer, ecc., da parte dei movimenti è cyberpunk. L’idea ribaltata di tecnologia solo al servizio del potere, di pochi tecnocrati, ecc. è la sfida del cyberpunk.
Che ci dici della collaborazione con i Meathead?
Mi hanno contattato per i miei disegni. Ho ascoltato il loro nuovo CD e mi è piaciuto molto; ci siamo conosciuti e continuiamo a piacerci e collaboreremo ancora in futuro.
La tua visione della psichedelia…
Questa domanda meriterebbe 10 pagine di risposta, quindi la salto!
Bad Trip e i centri sociali, dal Leonka al Forte Prenestino: che opinioni hai sui diversi CSOA in cui hai operato?
I centri sociali sono gli unici spazi culturali gestiti dal basso e orizzontalmente: non se ne può che parlar bene, al di là delle croniche lacune, miserie e guerre tra bande. Forte Prenestino è il massimo, è grandissimo, e i romani sono più rilassati e meno tesi dei milanesi. Spero si tenga lì il grande Free Festival+Rave del 2000!
Parliamo un po’ di Bob Dobbs e della Church of Subgenius…
Ne avete già parlato, quindi sapete di cosa si tratta; vi segnalo solo l’uscita mondiale di REVELATION X (nella quale sono presente – unico italiano, sigh – con 2 disegni). E’ la risposta agnostica, libertaria e patafisica a tutti i fondamentalismi.
Tra le tue innumerevoli attività c’è anche la mail-art: parliamo un po’ di questo movimento…
Con l’avvento delle reti telematiche la mail art è destinata alla morte. Per quanto mi riguarda ho smesso da anni di rispondere a tutti (per questioni economiche). E’ stato un utile strumento di scambio di idee, fanzines, ecc., che continuo a coltivare solo con chi mi interessa particolarmente.