“Pseudo” di Matilde Digmann

Animali antropomorfi, incontri on line, droga, sesso, vergogna, incapacità di relazionarsi agli altri. Insomma, la solita solfa. Anzi no. Pseudo di Matilde Digmann si inserisce in un genere ormai sfruttatissimo, quello degli animali problematici che fanno cose cattive, ma riesce a dire la sua. Mat – questo il suo nome d’arte, dato che si definisce “a non-binary multidisciplinary artist and author” – innanzitutto dipinge e scolpisce. Ha uno studio a Copenaghen pieno delle sue creazioni. Entra nel mondo del fumetto da outsider e in questo Pseudo, un volume di 366 pagine in inglese con bella copertina a specchio pubblicato dalla danese Forlaget Basilisk, questo è evidente. La storia prosegue per piccoli episodi, quasi per accumulo. Non c’è grosso senso del ritmo. I disegni sono crudi, oscuri, per niente carini e comunque lontani dall’estetica dominante, calati in un bianco e nero che più nero non si può. Tutto ciò permette a Mat di uscire dal seminato del fumetto alternativo di oggi, evitando di finire nella lunga lista degli emuli di Simon Hanselmann.

La storia scritta da Mat parla della quasi omonima Cat, una gatta antropomorfa che dopo 9 anni si lascia con il fidanzato e inizia un “crazy year” fatto di nuove conoscenze, serate trasgressive e – inevitabilmente – autolesionismo. Pseudo inizia con la protagonista che si iscrive a un sito di incontri, mentre passa le giornate chiusa in casa insieme a Ted, un tradizionale gatto a quattro zampe. Le prime pagine del volume sono le più deboli e scontate, con tante situazioni che sanno di già visto. Poi dopo un po’ le cose decollano. Incontro dopo incontro assistiamo a una galleria di uomini che nella migliore delle ipotesi sono dei cretini, nella peggiore bastardi manipolatori. Davanti a loro la protagonista non riesce a reagire, anzi, il più delle volte si accontenta o addirittura si sottomette. La storia smette di essere banale e diventa un crescendo psicologico che scandaglia l’inconsapevole ricerca dell’infelicità da parte di Cat.

La trama è ispirata alle vicende personali di Matilde Digmann, che non a caso dopo nove anni di matrimonio ha cambiato vita in modo radicale. Per maggiori dettagli vi rimando a questo articolo/intervista, che giustamente inquadra Pseudo come una parabola femminista. Ma c’è di più, per noi che siamo amanti dello strano. C’è per esempio un ragno parlante che da minaccia si trasforma in spalla della protagonista. In un capitolo intitolato Bad Trip il ragno entra nel cervello di Cat per trovarvi una landa desolata popolata solamente da cazzi giganti. Verso la fine un flashback ci fa assistere all’incontro con una sorta di “dio gatto” dotato di terzo occhio: lo stesso terzo occhio che spunta ogni tanto sulla fronte di Cat prima di alcuni incontri, facendola vergognare ancor di più – se ce ne fosse bisogno – del suo corpo.

Il finale vede il confronto finale tra Cat e il suo ultimo boyfriend, persino peggiore dell’ex storico. Scopriamo che il tipo è sposato e padre di una bambina, che non può vedere da quando ha colpito la moglie con un tubo di metallo. Purtroppo le ultime pagine fanno scopa con quelle iniziali, perché – pur tenendo conto che il volume si presenta come primo di una trilogia – chiudono la vicenda in modo sin troppo frettoloso. Pseudo funziona bene da pag. 70 a pag. 341, e sono comunque 272 pagine, quindi bastano e avanzano. Che poi di questi tempi, quando gli autori esordienti tendono a cercare sempre il fumetto “rotondo” con tutti gli ingredienti giusti e il graphic novel più che un formato è un genere, fare un fumetto un po’ storto può essere anche una cosa positiva.

Il pregio principale di Pseudo rimane il suo essere un’originale parabola femminista. Mat non si lascia andare a facili tesi o a dissertazioni didascaliche. Con la tecnica dell’accumulo di personaggi e situazioni racconta piuttosto la tendenza alla sottomissione del personaggio principale e la meschinità del genere maschile, tanto da arrivare in alcuni passaggi alla pura misantropia. Al di là di questo, il libro varrebbe il prezzo di copertina solamente per i disegni, che nel loro bianco e nero catramoso ci riportano a tempi meno colorati e sicuramente più gloriosi di quelli odierni.

In conclusione ecco un po’ di link utili, ovvero il sito di Mat, la pagina Instagram e infine il suo negozio on line dove potete acquistare il volume.

Un’altra lezione ai giganti dell’e-commerce

Nuovi cambiamenti in vista per il negozio on line di Just Indie Comics: a fine anno, dopo aver fatto fuori Tictail e Shopify, taglieremo le gambe anche a Big Cartel. Dal 1° gennaio 2022 i fumetti della distribuzione saranno disponibili direttamente su questo sito, con una lista old school e pagamenti su PayPal. Addio carrello, addio check out, addio codici sconto, addio credit card. Ma perché d’improvviso questo attacco di luddismo, direte voi? I motivi sono diversi e sarebbe faticoso e inutile spiegarli tutti. Diciamo solo che in questo modo si cerca di tornare indietro per andare avanti, dando un po’ più di attenzione a justindecomics.com, sito che spesso latita di novità. Togliendo tempo al Big Cartel vorrei dunque rivitalizzare queste lande desolate, utilizzandole per aggiornarvi brevemente sulle novità disponibili nella distribuzione, vista la mancanza di tempo (e spesso di voglia) per scrivere recensioni o articoli più approfonditi. E poi non c’è niente di definitivo in questo ambito, quindi se la cosa non funzionerà potrò sempre tornare indietro e riaprire un e-commerce, magari sull’ennesima piattaforma.

In occasione di questa clamorosa novità, da qui a fine anno il Big Cartel vedrà presentare una serie di offerte e recuperi, che scandaglieranno l’archivio della distribuzione, con titoli tenuti da parte per i festival, doppie copie e via dicendo. Cominciamo con una serie di sconti, su ben 50 titoli, che ho già caricato nella sezione SALE! del sito. Si tratta di fumetti già presenti nel negozio che ora vengono riproposti con sconti dal 30 al 50% sul prezzo originale. Dateci un’occhiata e se vi interessa qualcosa procedete all’ordine, dato che le quantità sono come sempre limitatissime. E vi ricordo che, se raggiungete i 50€ di spesa, le spedizioni via corriere sono gratuite in tutta Italia grazie al magico codice ITALIA50.

“Generous Bosom” ai titoli di cosa

Giusto due righe per segnalarvi, se vi fosse sfuggita la notizia, che sta per giungere alla conclusione Generous Bosom di Conor Stechschulte, con il quarto numero edito come sempre da Breakdown Press. E la notizia va data innanzitutto perché la serie è stata finora una delle più esaltanti letture degli ultimi anni, con i primi due numeri di livello altissimo e un terzo assai spiazzante, capace di cambiare le carte in tavola ribaltando le aspettative dei lettori. Al quarto episodio, in uscita il 15 settembre, il compito di sbrogliare la matassa: una missione non certo facile, dato che per il gran finale Stechschulte ha avuto bisogno di ben 168 pagine, portando a quasi 400 il totale. Da notare che rispetto ai precedenti, stampati in risograph e caratterizzati da un uso eccellente di questa tecnica, il capitolo conclusivo utilizzerà una stampa offset a otto colori.

Ma scrivo queste righe anche per un altro motivo, ossia per comunicarvi che Generous Bosom #4 non sarà per ora disponibile nel negozio on line di Just Indie Comics: la distribuzione sta infatti attraversando una fase di cambiamento (ne saprete di più a breve) e per il momento, vista anche la carenza di festival, sto volando basso con le nuove acquisizioni. Se quindi avete comprato i tre numeri usciti finora da me, on line o dal vivo, vi invito a procedere stavolta al pre-order sul sito di Breakdown Press, dove troverete anche tutti gli altri episodi, compreso il primo esaurito da tempo e ora fresco di ristampa.

Se non sapete bene di cosa sto parlando, potete leggere invece questa recensione dei primi due volumi di Generous Bosom. E per i più volenterosi c’è anche questa intervista a Conor Stechschulte, realizzata in occasione della sua mostra a BilBOlbul 2017. Prima di chiudere una curiosità: da questa serie è stato di recente tratto un film, uscito addirittura prima della conclusione del fumetto. Scritto dallo stesso Stechschulte e diretto da Rob Shroeder, Ultrasound è stato presentato lo scorso giugno al Tribeca Festival di New York, per poi cominciare un tour tra i festival di cinema internazionali. Qui in basso la locandina, disegnata da Robert Beatty.

JICBC pt. 3: “Boring” e “Bloom” #4

E’ già pronta a partire la terza spedizione del Buyers Club, addirittura in leggero anticipo rispetto al previsto. L’albo comune a tutti gli abbonati, sia Large che Small, è questa volta Boring di Noah Van Sciver. Spillato autoprodotto dell’autore di Fante Bukowski, Boring è già esaurito negli USA ed è dunque ancor di più una chicca per gli abbonati. All’interno vi troviamo due storie. Quella del titolo racconta una giornata tipo di Van Sciver, dalla sveglia fino al ritorno a letto. Il protagonista appare dimesso e scompigliato, mentre indossa una maglietta con la semplice scritta in stampatello BASIL WOLVERTON. Non succede ovviamente nulla di rilevante, come già anticipato dalla descrizione fornita dallo stesso Van Sciver sul suo sito: “Tormentato dagli incubi e dall’Ansia, un fumettista senza amici cerca di lavorare, raccoglie immondizia e vaga per le strade senza meta. Una storia davvero noiosa”. Che, come immaginerete, risulta invece profonda e anche divertente, seppur con quel tono un po’ malinconico tipico dell’autore. My Own Jurassic Park ci riporta invece alle atmosfere di My Hot Date, con un ritratto del cartoonist da giovane intento a costruire dinosauri di cartone e a sopravvivere ai bulli della scuola. L’albo nel suo complesso diventa un’ennesima prova del talento di Van Sciver, del suo cartooning diretto, spontaneo, senza fronzoli. Nonostante lo stesso autore racconti quanto sia faticoso mettersi al tavolo da disegno, trovare il modo giusto per raccontare una storia, studiare le migliori soluzioni grafiche possibili, il lettore quando si trova davanti agli occhi un fumetto di Van Sciver ha sempre la sensazione che sia stato scritto e disegnato in un batter d’occhio, per come scorre e fluisce con naturalezza.

Gli abbonati Large riceveranno oltre a Boring un fumetto di Andrew White, Bloom #4. Si tratta di un curioso esperimento, ossia di una “cover” integrale di un albo di un altro autore, trovato da White tra i mucchi di arretrati che riempiono le fumetterie americane. Rintracciato l’autore originale (nel senso letterale del termine, non stiamo parlando di Alan Moore), White ha avuto il via libera e ha così deciso di ridisegnare da capo tutto il numero 4 di Bloom riscrivendo a mano persino la pagina delle lettere. Non ho ovviamente a disposizione il prototipo ma posso comunque dirvi che l’esperimento è senz’altro riuscito. L’albo di White vive di vita propria e persino la storia iniziale, terza puntata di una storia più lunga, letta per conto proprio ha una sua dimensione e anche un qualcosa di misterioso che la rende forse ancor più potente. L’altra metà dell’albo è invece occupata dalle autoconclusive Sounds e Air Bubbles: bellissima la prima, poetica come nello stile dello stesso White, ottima la seconda per come viene sviluppata graficamente in una griglia di 12 vignette.

Colgo l’occasione per segnalarvi che di Andrew White è disponibile anche il pack Yearly 2020, una raccolta di tre fumetti prodotti l’anno scorso dall’autore. Vi troviamo il fumetto/poesia Everything is Always, 94 pagine in brossura, disegnato sul cartone con tavole tendenti all’astrazione: “Do you get cold at night/Because I do/I get cold and I get scared/So come closer and tell me your secrets/(I’ll tell you mine)/Tell me what scares you most/Don’t look away/Nothing is beautiful and everything is always”. Su corde simili si muove lo spillato di 16 pagine This is an Empty Room sul rapporto tra spazio interno ed esterno, tra uomo e natura, disegnato su foto di foglie, alberi, foreste (People will tell you that important things are happening outside the room/But important things are happening inside the room too). Più narrativo invece Drowned River, brossurato di 80 pagine in bianco e nero che racconta la vita di una coppia dopo un’alluvione, tra l’adattamento a una nuova quotidianità e problemi di salute.

Tutti questi titoli sono disponibili anche per i non abbonati al Buyers Club e possono essere ordinati ai seguenti link:

BORING

BLOOM #4

YEARLY 2020

Disponibile “But Is It… Comic Aht?” #3

Già da qualche giorno è disponibile nel negozio on line di Just Indie Comics il #3 di But Is It… Comic Aht?, rivista sul fumetto pubblicata da Domino Books e curata dal patron Austin English. Più ricco del solito – ben 88 pagine – questo terzo numero è una lettura imprescindibile per chi ama il fumetto e tutto ciò che ruota intorno a esso. Tre sono le colonne portanti del magazine: una lunga intervista a Mary Fleener condotta da Tim Goodyear, un altrettanto interessante dialogo tra English e il Doug Allen autore della striscia cult Steven (che meriterebbe al più presto una riedizione in volume), un approfondimento sulla distribuzione del fumetto alternativo che guarda al passato (con la ristampa di un’intervista a Dylan Williams di Sparkplug Comics, prematuramente scomparso nel 2011) e al presente (con un dialogo tra lo stesso English, deus ex machina della distro Domino Books, e John Porcellino nelle vesti di Spit and a Half). Collegato a quest’ultimo punto, e in particolare alla figura di Dylan Williams, è uno special dedicato al collettivo Puppy Toss attivo a San Francisco negli anni ’90.

Ma i contenuti non finiscono qua, come potete vedere dal sommario qui sotto. Tra le altre cose cito un bell’articolo della cartoonist Ariel Cooper intitolato But Am I A Comics Artist? e alcuni fumetti brevi, tra cui spiccano una storia della casa editrice PictureBox realizzata da Matthew Thurber e l’eccellente Nightlife di Andrea Lukic, altra presenza fissa della distro Domino. Per ordinare But Is It… Comic Aht? #3 potete cliccare qui.



“Cloudburst” & “Osypno” di CF

Continua il bollettino CF. Da quando è tornato a fare fumetti, l’autore di Powr Mastrs è ospite fisso di queste pagine. D’altronde è uno dei miei cartoonist preferiti di sempre, quindi non posso fare a meno di dedicargli almeno una segnalazione. Vi evito il solito recap, che ho già fatto parlando della recente antologia Aerosol Plus edita da Mania Press e di cui la prima edizione è già esaurita. Ma non temete, se l’avete persa dovrebbe arrivare presso una ristampa. In più entro la fine dell’anno dovrebbe – il condizionale è sempre d’obbligo, per chi ricorda la storia del mai pubblicato Powr Mastrs #4 – uscire un libro nuovo per Anthology Editions.

Ulteriore segnale che il fumettista di Providence è davvero tornato in pista è un nuovo sito internet e due autoproduzioni fresche di stampa. Scarno come era lecito aspettarsi, 333cf.org è la nuova base operativa del nostro, dove trovate in vendita Cloudburst e Osypno, due spillatini di 40 pagine formato 8×14 cm con due storie assurde, divertenti e inafferrabili in pieno stile CF, collegate dalla figura di un misterioso postino. E già c’è la notizia di una prossima uscita dal titolo Puzzling Scars. Se siete interessati al materiale, non pensateci troppo su: in passato le zine di CF – poi raccolte nel volume Mere edito da PictureBox – andavano rapidamente esaurite e sono diventate ora oggetto da collezione. Mani dunque al portafogli e ordinate senza esitazioni: non ve ne pentirete, ve lo garantisco.

JICBC pt. 2: “Bat-Man is Lost in a Woods” e “Headache” #3

Partirà subito dopo Pasqua la seconda spedizione del Just Indie Comics Buyers Club, l’abbonamento che permette di ricevere durante l’anno fumetti accuratamente selezionati dal sottoscritto. Guardando il titolo di questo post, i più attenti (bravi!) tra i non abbonati (cattivi!) si chiederanno perché a costituire l’albo principale dell’invio di aprile è Bat-Man is Lost in a Woods, fumetto che è servito a pubblicizzare l’edizione 2021 dell’abbonamento e che doveva essere originariamente spedito a gennaio. Ebbene, come gli onorevoli abbonati già sanno, i ritardi nell’arrivo dagli USA delle copie di Bat-Man mi hanno costretto a sostituirlo con un altro albo, rimandandone la spedizione ad aprile. Ed eccolo qui, dunque, come promesso: le copie si sono finalmente materializzate e posso procedere dunque a inviare a tutti gli iscritti il fumetto di David Enos uscito nel 2016 per l’etichetta California Clap.

Bat-Man is Lost in a Woods è il classico bootleg di supereroi, filone molto diffuso nella microeditoria statunitense. Ma non si tratta della solita parodia dissacrante, né di un riverente omaggio. L’autore sceglie un approccio tutto suo al mito di Batman, raccontandoci un supereroe spaesato, alla disperata ricerca della moglie scomparsa. “Il più grande mistero mai affrontato da Bat-Man è probabilmente la scomparsa di sua moglie Amity – si legge in quarta di copertina – Il folto bosco che circonda il loro castello mette a disposizione pochi indizi, e mesi di ricerche non lo hanno portato più vicino alla verità. In un caso del genere anche le sue ineguagliabili tecniche investigative potrebbero non essere sufficienti”. Ed ecco dunque un Batman (anzi, Bat-Man) che vaga senza darsi pace, che rimane a dormire fuori di notte scavandosi un rifugio sottoterra, che si reca in preda a un presagio in una cittadina sul mare facendo le conoscenze di un’avvenente signora. Tra una ricerca e l’altra si dipanano i dubbi morali e le riflessioni esistenziali del ben poco eroico supereroe, oltreché una serie di incontri con un sottobosco di criminali e colleghi provenienti addirittura dal roster dei cugini della Marvel. E non vi dico altro per non rovinarvi la sorpresa… Bat-Man is Lost in a Woods è un delizioso omaggio alla figura dell’uomo pipistrello, una sua lettura postmoderna come tante ne abbiamo viste dagli anni ’80 in poi, ma che sostituisce l’epica e la seriosità con una buona dose di divertita malinconia. Perfetti in tal senso anche i disegni, che con i colori pastello e un approccio televisivo fatto tutto di primi piani e mezzi busti rimandano alle atmosfere dell’indimenticabile serie con Adam West.

Se Bat-Man verrà inviato a tutti gli iscritti al Buyers Club, il secondo fumetto è come sempre destinato ai soli sottoscrittori della versione Large dell’abbonamento. Si tratta del #3 dell’antologia Headache, con base tra la Svezia e la Cambogia, ossia i paesi dove risiedono gli editor Dennis Lindfors e Nicolas C. Grey, quest’ultimo visto di recente su Mineshaft. I testi sono ovviamente in inglese, mentre il cast di autori è internazionale, e comprende anche un certo Robert Crumb. Vi dico subito per dovere di cronaca che di Crumb ci sono solo 5 pagine tratte dagli sketchbook, ma la sua presenza, insieme alla copertina dello stesso Grey, vi farà capire subito il tono del magazine, che riprende il classico spirito underground di una volta attualizzato in chiave contemporanea. Oltre ai due autori già citati si susseguono così VATO & Gil Alonso Jr., Stephen Grey, Alma Lefverström, Jason Atomic, Louis Brawley, Dennis Worden. I temi spaziano dal lucido trattato sociologico e un po’ apocalittico di Nicolas C. Grey Life is Meaningless and Then You Die alle estemporanee e dissacranti vignette di VATO e Alonso, dalle illustrazioni delle strade londinesi di Soho (ancora Grey) a una storia lunga di Jason Atomic con protagonista un uomo con il pene di legno… E insomma, avete capito l’antifona. Per concludere vi segnalo che di Headache è già uscito anche il #4, ma io ho deciso di includere nell’abbonamento il #3 semplicemente perché… è più bello.

Per chi non è abbonato al Buyers Club qualche copia dei due fumetti è già disponibile per essere ordinata separatamente nel negozio online di Just Indie Comics. E ne approfitto per ricordarvi che per gli ordini superiori a 50€ basta inserire al momento del pagamento il codice ITALIA50 per avere spese di spedizione gratuite in tutta Italia.

“Dog Biscuits” di Alex Graham

Sensazione web del 2020, almeno nel limitatissimo circuito del fumetto alternativo USA, è da circa un mese uscito anche nel più tradizionale formato cartaceo Dog Biscuits di Alex Graham. Si tratta di un volume di 400 pagine reso disponibile dall’autrice sulla piattaforma di print on demand Lulu, che raccoglie integralmente il serial pubblicato in origine su Instagram. Sono sincero, pur essendo un fan della prima ora della Graham non ho seguito Dog Biscuits on line, semplicemente perché seguire un fumetto di 400 tavole serializzato su un social network mi sembra una tortura, anzi, direi una roba da inferno dantesco. E non mi venite a dire che è moderno, che è gratis, che c’è la gente che commenta (peggio!) ecc. ecc., perché tanto risponderei con due semplici parole: che palle. Ok, la pianto, che forse è ancora presto per trasformare questo sito in ciò che prima o poi diventerà: il susseguirsi dei mugugni di un vecchio lamentoso intento a ripetere di continuo che “fa tutto schifo” e che “si stava meglio prima”. Ma forse, per allora, il sito avrà anche cambiato nome (si chiamerà Fuck Indie Comics, ovviamente).

Lo dico subito per essere chiaro: Dog Biscuits è un grande fumetto, che riesce già a parlare con estrema lucidità di cosa significa vivere ai tempi della pandemia. Affrontando per altro il tema sotto molteplici punti di vista, in primis quello delle relazioni sociali, sentimentali e ovviamente sessuali. Come si fa a uscire con qualcuno ai tempi del Covid? E’ giusto frequentare più partner mettendo a rischio la salute altrui? Meglio l’astinenza o la paranoia? Domande attuali, senz’altro. Ma non solo, perché di cose attuali in Dog Biscuits ce ne sono tante e tra i temi trattati – più o meno a fondo – troviamo le relazioni tra generazioni differenti, l’identità sessuale e la fluidità di genere, la violenza delle forze dell’ordine e il movimento Black Lives Matter, le elezioni presidenziali americane. Immagino che leggere di queste cose in diretta su Instagram sia stata un’esperienza davvero strabiliante, per chi l’ha fatta. Sicuramente tra questi Simon Hanselmann, che ha consigliato a più riprese il serial facendo da cassa di risonanza per un’autrice fino a quel momento relegata all’underground puro e semplice.

La cosa che stupisce di più di Dog Biscuits è la maturità raggiunta dalla Graham. La cartoonist anticonvenzionale, istintiva, anarchica di Cosmic Be-Ing e Angloid si è trasformata in un’autrice matura, consapevole, persino ordinata, capace di raccontare con ritmo e pathos le vicende di tre cani antropomorfi e in particolare di Gussy, l’assoluto protagonista che gestisce una “boutique” di biscotti per cani. Sicuramente il fatto di serializzare la storia sui social le ha dato una mano, spingendola a scegliere un formato fisso (la tavola di sei vignette) e una regolarità di scansione che consentisse al lettore di apprezzare anche il singolo post (c’è sempre una sorta di conclusione nella vignetta finale di ogni pagina). Il risultato è limpido, tanto che il volume – se si facesse vivo qualche editore – potrebbe trovare tranquillamente la strada delle librerie di varia. Certo, il disegno non è accattivante o “carino” come prescrive oggi il mercato, però non è neanche sgraziato come in passato.

Per quanto mi riguarda, pur ribadendo il fatto che si tratta di un grande fumetto che ritroveremo senz’altro in certe classifiche di fine anno (e chissà, magari anche nella mia), mi sento in dovere di interpretare la parte dello snob. Mi aspettavo infatti grandi cose da questo libro, e sono rimasto soddisfatto soltanto in parte. Dog Biscuits manca della felice e frizzante anarchia che trovavamo in Angloid e in altre opere precedenti della Graham, ed è il tipico prodotto che ha tutti gli ingredienti giusti per piacere. Così giusti che sembrano messi lì apposta, come se ci fosse troppa consapevolezza, troppa premeditazione. Come se fosse stato fatto per piacere a un certo tipo di pubblico. Dicevo un paio di anni fa presentando Angloid agli abbonati del Buyers Club: “Angloid è un libro profondo, che viene da dentro, nato da un’autrice ai massimi della sua ispirazione. Mi ha ricordato, fatte presenti le debite differenze e proporzioni, Agony di Mark Beyer, ma forse è più che altro perché iniziano entrambi con la A. Con Beyer la Graham condivide di certo il suo essere evidentemente off, proponendo un cartooning tutto suo, apparentemente poco o per niente meditato ma che appare pagina dopo pagina perfetto, equilibrato, denso seppur ironico, poco pretenzioso, persino umile. La densità è ciò che più colpisce in Angloid, il suo aspetto crudo fatto di un minuzioso quanto scombinato tratteggio incrociato, le sue pagine dense di vignette e di testo che rimandano alla tradizione underground di antologie post-Sixties come Wimmen’s Comix e che niente fanno per facilitare il compito del lettore, stordendolo piuttosto con idee, contenuti, spunti a non finire”. Ecco, forse è proprio questo il punto. Angloid era un libro che comunicava pur non facendo niente per andare incontro al lettore, mentre Dog Biscuits va decisamente incontro al suo pubblico, lo cerca in maniera ossessiva. E’ un fumetto che chiede disperatamente attenzione. Non a caso è stato serializzato su Instagram, dove il successo si misura a “mi piace”.

A proposito di essere snob, concludo dicendovi che comunque Dog Biscuits è molto meglio di quasi tutto ciò che esce in Italia al giorno d’oggi. E vale la pena leggerlo, perché tra una vignetta e l’altra vengono dette tante cose vere e intelligenti. E perché al momento nessun altro fumetto parla dell’attualità in modo così autentico. Lo potete fare ordinandolo su Lulu, che ve lo spedisce a casa direttamente dall’Europa, in modo da evitare lunghe attese, spese di spedizione esagerate, dogana. L’edizione non è male, pur essendo un print on demand: buoni gli interni, un po’ meno la copertina che ha bei colori ma è troppo sottile. Ma insomma è un difetto secondario, cercate di passarci sopra. Non fate gli snob.

In arrivo “Lagon” #5

Si chiama Torrent ed è il nuovo numero della rivista Lagon, antologia francese d’avanguardia che unisce fumetto e illustrazione in volumi dalla confezione a dir poco pregiata. Ne ho parlato più di qualche volta da queste parti, per esempio in occasione del lancio di Volcan oppure della pubblicazione di Dôme, numero fuori serie realizzato in collaborazione con Breakdown Press ad Angoulême 2016. Oppure della più recente uscita di Marécage, finora l’ultimo nato in casa Lagon. Dopo un anno sabbatico che li ha visti dedicarsi per lo più ai propri progetti personali, il duo composto dai fumettisti Alexis Beauclair e Sammy Stein torna in pista – con il solito aiuto di Jean-Philippe Bretin al design – per proporre una nuova antologia.

Sammy Stein

Lagon #5 alias Torrent sarà un volume 16 x 24 cm di ben 304 pagine a colori stampate su carte differenti utilizzando anche inchiostri metallici e al neon. La sovraccoperta in serigrafia verrà realizzata interamente con inchiostri vegetali, mentre il libretto con le traduzioni dei testi (il volume principale alternerà, come di consueto, francese e inglese) sarà in risograph. Insomma, come al solito non manca la fantasia in sede di stampa, anche se questa volta sembra che il team di Lagon sia stato più attento del solito a contenere i costi, scegliendo di stampare l’interno in offset ed evitando così di arrivare ai 56€ del prezzo di copertina di Marécage. Torrent costerà infatti 35€, niente male considerando tutto quello che c’è dentro.

Yuichi Yokoyama

E sì allora, che c’è dentro? Un sacco di nomi ovviamente, noti e meno noti e cioè: Acacio Ortas, Alexis Beauclair, Antoine Marchalot, Antoine Marquis, Bettina Henni, CF, Élisa Larriere, Flor Chemin & Martin Carolo, François Fléché, Hélène Jeudy & Antoine Caecke, Jaakko Pallasvuo, Jean-Philippe Bretin, Jonathan Castro & Delphine Lejeune, Jul Quanouai, Jose Quintanar, Kevin Bray, Lala Albert, Leomi Sadler, Louka Butzbach, Marie-Luce Schaller, Marijpol, Margot Ferrick, Mira Carleen, Makiko Furuichi & Jon Chandler, Quentin Chambry, Paul Descamps, Péixe Collardot, Pierre Vanni, Sammy Stein, Séverine Bascouert, Victoria Palacios, Wo Shibai, Yuichi Yokoyama. Dato che mi sono deciso troppo tardi a scrivere queste righe, il pre-order è ormai finito ma il volume tornerà disponibile on line sul sito di Lagon al momento dell’uscita, prevista per il prossimo maggio. Tenete d’occhio la situazione dunque, e non fatevelo sfuggire.

Margot Ferrick

“Aerosol Plus” di CF

Dopo Pierrot Alterations (2019) e William Softkey & the Purple Spider (2020), arriva dal nulla un altro nuovo libro di CF. Anzi, a dirla tutta non è proprio “nuovo”, nel senso che Aerosol Plus è in gran parte una raccolta di storie già viste negli scorsi anni tra riviste, antologie e albi autoprodotti. Ed è insomma una sorta di cronaca del periodo “non collegato” di Christopher Forgues, quello tra la fine di PictureBox e l’inizio di una nuova recentissima era che lo ha visto tornare in pianta stabile sugli scaffali. A far uscire il volumetto è Mania Press, micro casa editrice francese che di CF aveva già pubblicato la raccolta di illustrazioni Relay.

Aerosol Plus si presenta come un elegante tascabile di 12,6 x 17,6 cm, hardcover con bordi verde acqua come la copertina e segnalibro rilegato all’interno. Tra le pagine troviamo: Binoculars (Weird Magazine #4, 2013 e poi ristampata su Lagon #3 alias Gouffre, 2017), Untitled (Lagon #2 alias Volcan, 2015), Is (Mould Map #3, 2016), due pagine tratte da Airports (albo pubblicato da Nieves nel 2015), la “title-track” Airport (autoprodotto, 2013), quattro tavole di Untitled Watercolors (inediti, 2018), Face It (The New York Times, 2013), Liquid on Neutral (Kramers Ergot #10, 2019), Pin Change (pubblicato da Yui Gallery, 2018). Se nel complesso il libro è una meravigliosa raccolta di storie brevi di uno degli autentici geni del fumetto contemporaneo (quando ci vuole ci vuole), alcuni lavori perdono un po’ con il formato ridotto: è soprattutto il caso di Is, con qualche tavola di difficile leggibilità, e di Liquid on Neutral, che nel formato gigante di Kramers Ergot #10 era uno spettacolo per gli occhi mentre qui sembra quasi “normale” (ne avevo parlato in questa recensione dell’antologia curata da Sammy Harkham).

In realtà niente è normale nel mondo di CF ed è questa la sua grandezza. Prendiamo appunto Aerosol, che non avevo letto prima d’ora. Si tratta di una storia su un gioco che ha luogo “in dimensioni che non possiamo percepire o comprendere”. Ancora una volta, dunque, una storia che si regge tutta su se stessa, con una propria logica, senza appiglio alcuno per il lettore. Penso che sia questo il merito e la grandezza di autori come CF e di quelli che l’hanno preceduto, la generazione dei Brinkman, Chippendale, ecc. Quello di fare la propria cosa, senza preoccuparsi del lettore, senza assecondarlo, anzi quasi cercando l’incomunicabilità, una dimensione criptica, oscura, enigmatica, indecifrabile. Ma è proprio questa autonomia totale da ogni logica della comunicazione – e del mercato – che oggi comunica ancora di più in un mondo in cui tutti strizzano l’occhio alla disperata ricerca del consenso e dell’applauso.

La varietà delle storie, e i differenti periodi della loro realizzazione, ci restituiscono inoltre i molteplici usi del segno, del colore e della struttura della tavola da parte di CF. Cito su tutte Binoculars, otto pagine giocate sulla moltiplicazione del punto di vista in cui forma e contenuto sono inscindibili: le diverse inquadrature riflettono l’alternanza di dramma e comicità creando una sorta di loop in cui potremmo essere incastrati all’infinito, e senza percepire il minimo accenno di banalità. Oppure, da un punto di vista estetico, è da sottolineare l’incredibile lavoro cromatico/compositivo della storia senza titolo pubblicata nel 2015 su Lagon #2.

Per leggere qualcosa in più su CF vi rimando a questa recensione di Pierrot Alterations. William Softkey era invece tra i miei dieci fumetti del 2020. Per acquistare Aerosol Plus c’è invece il webshop di Just Indie Comics.