Just Indie Comics Buyers Club

Ormai saprete tutti che dal settembre scorso Just Indie Comics è anche un negozio on line, in cui mi diletto a distribuire materiale per lo più americano difficilmente reperibile in Europa, oltre che vari prodotti italiani ed europei di case editrici e micro-realtà editoriali a me affini. Per sostenere lo sviluppo del negozio, che ha bisogno di un continuo ricambio di materiale, soprattutto straniero, e per permettere anche a questo sito di rientrare nei costi vivi (per esempio la tenuta del dominio), ho escogitato non il solito crowdfunding ma un abbonamento che sarà possibile sottoscrivere fino al 10 gennaio 2016.

A partire dal prossimo gennaio, chi aderirà riceverà infatti uno o due fumetti ogni tre mesi, a seconda della tipologia di abbonamento scelto, e avrà inoltre diritto tramite un apposito codice promozionale a uno sconto del 10% su tutto il materiale ordinato dal sito nel corso del 2016. Il primo invio sarà il nuovo numero di Frontier, l’antologia monografica della Youth In Decline di cui tante volte ho parlato in queste pagine e che nelle uscite precedenti ha presentato il lavoro di artisti come Uno Moralez, Hellen Jo, Sam Alden, Emily Carroll, Jillian Tamaki, Anna Deflorian e altri ancora. Per il decimo albo della serie Ryan Sands, patron dell’etichetta di San Francisco, ha scelto Michael DeForge, artista canadese che sicuramente ben conoscete se seguite queste pagine.

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Come ho detto, esistono due soluzioni per aderire al Just Indie Comics Buyers Club. La prima, quella più economica, viene 40 euro e dà diritto a ricevere un albo a trimestre, spese di spedizione incluse. La seconda, che invece è la versione estesa dell’abbonamento, consentirà di avere in ogni invio due fumetti, per un totale di otto albi annui (se la matematica non è un’opinione), e costa 70 euro, con la spedizione sempre inclusa. In entrambi i casi c’è anche lo sconto del 10% sugli eventuali altri ordini fatti dal sito nel corso del prossimo anno.

Vi chiederete a questo punto che cosa riceverete oltre a Frontier #10 di Michael DeForge… Ebbene sì, tutto il resto sarà a sorpresa, cioè scelto da me, anche se sono aperto a suggerimenti, osservazioni e messaggi subliminali di ogni tipo. La gran parte del materiale sarà di provenienza americana, ma non trascurerò qualche fumetto europeo, ovviamente sempre in lingua inglese. La mia intenzione è quella di proporvi cose sempre nuove e stuzzicanti, fumetti a volte divertenti e altre d’avanguardia, o magari tutte e due le cose insieme, soffermandomi soprattutto su materiale poco conosciuto e difficilmente reperibile. Penso per esempio ai mini-comics che ogni tanto fanno uscire autori già pubblicati in Italia come Simon Hanselmann e Noah Van Sciver, ai fumetti di case editrici come Revival House Press o Retrofit Comics, ad antologie come Tusen Hjärtan Stark della Domino Books di Austin English, alle sperimentazioni di Lale Westwind e Conor Stechschulte e via dicendo. Sia chiaro, questo non è una lista di quello che vi arriverà, perché molto dipenderà dalle uscite di un mercato che è sempre indecifrabile, dato che spesso alcuni titoli escono assolutamente inaspettati, senza nessuna pubblicità. Un mercato difficile da seguire quello dei mini-comics autoprodotti o comunque stampati da piccole etichette indipendenti, e in cui mi propongo umilmente di farvi da guida facendovi conoscere cose nuove e facendovi anche risparmiare le eventuali spese di spedizione, salatissime, che paghereste per comprare il materiale proveniente da Stati Uniti e Canada.

Qui sotto trovate i link per abbonarvi. Ripeto, se vi interessa affrettatevi perché sarà possibile aderire SOLTANTO FINO AL 10/01/2016. L’offerta è valida per i soli residenti in Italia.

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“Toxic Psycho Killer”. Un’introduzione

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Quella che potete leggere di seguito è la versione italiana di Darkness is the Place, l’introduzione che ho scritto per Toxic Psycho Killer di Paolo Massagli, originariamente pubblicata in inglese nell’albo edito dalla Hollow Press. Ho intervallato il testo con la copertina e qualche immagine tratta dal fumetto. In chiusura trovate anche una biografia dell’autore. Buona lettura.

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Ci sono artisti che cercano sempre nuove sfide, si dividono tra mille progetti, alternano fumetto e illustrazione per sbarcare il lunario. E ce ne sono altri che con calma, dedizione e passione fanno sempre la stessa cosa, la loro cosa, perché non hanno bisogno di andare incontro alle bizze dell’editoria e ai gusti del pubblico. Paolo Massagli fa parte di quest’ultima categoria. E non è un modo per tacciarlo di ripetitività, quanto per dire che l’autore del fumetto che vi accingete a leggere ha stile. Che reinventi a suo modo il mondo favoloso di Oz (in una serie di cui i fan aspettano ancora il quarto numero), che ci porti nell’inferno scelto come ambientazione delle sue storie per l’antologia Under Dark Weird Fantasy Grounds, che addirittura ci spedisca in uno spazio così profondo che nessuno vi era mai giunto prima, ogni tavola è inconfondibilmente una tavola di Paolo Massagli. E anche lo storytelling non cambia, perché il marchio di Paolo è quello, ossia Milo Manara che disegna un fumetto americano degli anni ’90, come lo ha già definito qualcuno.

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Forse il paragone con Manara vi sembrerà fuorviante, ma almeno in una cosa i due artisti italiani sono simili: entrambi hanno una predilezione per le forme femminili. In effetti quando ho saputo che Paolo avrebbe realizzato un albo tutto suo per la Hollow Press e che il titolo sarebbe stato Toxic Psycho Killer, di una cosa ero certo: ci sarebbero state donne nude. Per quanto riguarda la storia, avevo immaginato una sorta di American Psycho, un intreccio pieno di atmosfere oscure e malate con un killer psicopatico e forse anche mutante che uccideva nei vicoli di qualche imprecisata metropoli americana. Invece quando l’ho interpellato sull’argomento del libro che tenete in mano, Paolo mi ha risposto che parlava di “un essere divino che atterra su un non precisato mondo alieno per annientare tutta la popolazione”. Beh, almeno avevo ragione sull’ambientazione indefinita.

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L’azione di Toxic Psycho Killer è incentrata su un singolo protagonista, una donna che vaga nello spazio per sterminare tutto ciò che considera un virus. All’inizio sembra una vittima, poi un’eroina, ma soprattutto ricorda Silver Surfer, l’araldo di Galactus costretto a viaggiare nello spazio con la sua inseparabile tavola da surf per trovare mondi adatti all’appetito del suo maestoso padrone. La differenza però con Silver Surfer è evidente, non solo perché la donna fa il lavoro sporco da sola, ma anche perché l’asessuato personaggio nato in una realtà regolata dal rigido Comics Code Authority poco ha a che fare con la procace e sensuale protagonista del fumetto che avete in mano. Paolo le gira intorno, la descrive nei minimi dettagli, per esempio in una tavola si dedica ad analizzare piega per piega le sue labbra, ciglia per ciglia i suoi occhi. Ne vengono fuori pagine più raffinate e meno dark del solito, in cui il bianco prevale sul nero e la linea è chiara, definita, pulita, come se fossimo in un serial di fantascienza uscito dalle pagine di Métal Hurlant. Ma chi conosce già Le Minifiabe o O.Z. non deve temere, ci sono sempre i mostriciattoli, i tentacoli che escono dalla bocca, i teschi e anche un globo oscuro che rimette l’oscurità al posto che le compete. Un posto dove Paolo Massagli forgia le sue visioni devianti. Un posto dove ha bisogno della sua arte e di nient’altro.

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Paolo Massagli è un fumettista e illustratore italiano. Ha iniziato la sua carriera come autodidatta nei primi anni ’90, realizzando fumetti e illustrazioni per diverse riviste e fanzine. La sua bibliografia include una raccolta di fiabe horror intitolata Le Minifiabe, il web-comic Alice nel paese degli orrori, in cui ha dato forma a una versione lisergica del famoso romanzo di Lewis Carroll, e O.Z., un’interpretazione molto personale de Il Mago di Oz, uscita in mini-comic autoprodotti a partire dal 2010. Adesso sta lavorando a Hell, una storia serializzata nell’antologia Under Dark Weird Fantasy Grounds pubblicata dalla Hollow Press. Oltre che in Italia, è molto seguito negli Stati Uniti, dove vende la maggior parte delle sue tavole originali e delle sue commissioni.

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Cosa è successo a BilBOlbul 2015

La pigrizia mi spingeva a pensare che non avrei mai scritto un reportage da BilBOlbul, tant’è che sono partito per Bologna senza macchina fotografica e non ho utilizzato il cellulare per scattare foto nemmeno una volta in tutto il festival. Una volta tornato a casa, la responsabilità ha avuto però la meglio sulla pigrizia, perché sarebbe stato davvero un peccato non scrivere di un festival con un programma così ricco, delle mostre così curate, degli ospiti così interessanti. E così mi sono messo alla tastiera e ho immolato qualche ora della mia vita per scrivere queste righe. Mi scuso anticipatamente per sciatterie, approssimazioni o eventuali inesattezze, dovute probabilmente alla fretta con cui ho buttato giù il tutto. Ho sopperito all’assenza di foto chiedendone alcune in prestito e ringrazio tutti coloro che hanno contribuito. Ah, per chi non lo sapesse BilBOlbul si è svolto dal 19 al 22 novembre scorsi ed è stato organizzato come sempre dall’associazione culturale Hamelin. Alcune delle mostre sono ancora aperte e quindi avete ancora la possibilità di visitarle se avete mancato l’evento dello scorso weekend.

VENERDI’ 20 NOVEMBRE – Salto il programma del giovedì perché non c’ero e mi sono perso diverse cose interessanti, come la tavola rotonda Sociali o dissociati, l’incontro con Giacomo Nanni che fungeva da preludio all’inaugurazione della sua personale, la serata Il racconto breve a fumetti con ospiti Bianca Bagnarelli, Lilli Carré, Joe Kessler. Venerdì sono  arrivato a Bologna durante le ultime battute di un’altra tavola rotonda, Draw It Yourself, in cui un gruppo di autori ed editori coordinati da Volker Zimmermann discuteva delle diverse modalità di fare autoproduzione. L’ultima parte della chiacchierata è andata ad approfondire l’interazione autoproduzioni-istituzioni, tra apocalittici (Breakdown Press, la Ion Editions di Benoît Preteseille) e integrati (i lettoni di kuš!, per esempio). Il tutto si svolgeva all’Accademia di Belle Arti, e così ne ho approfittato per scendere le scale e guardare la mostra di Giacomo Nanni, insieme a quella di Magnus (ne parlerò in seguito) indubbiamente la più curata e completa delle mostre di BilBOlbul, con tantissime tavole originali, un bell’apparato critico e la possibilità alla fine di sedersi a leggere uno dei libri dell’autore. Curiosa la parte finale con alcuni quadri datati 2015 in cui è possibile ammirare un Nanni in chiave completamente pop art. Di seguito, dopo aver dovuto rinunciare all’incontro Anubi con il duo Taddei-Angelini e Spugna, che tardava purtroppo a iniziare, mi sono spostato alla Scuola di Lettere per Stop and Motion, conversazione con Lilli Carré guidata da Ilaria Tontardini in cui si è parlato del fascino della storia breve, di animazione e molto altro, in una sala gremitissima, mentre fuori risuonavano le urla sconsiderate di giovanotti appena diventati dottori (erano in corso le sessioni di laurea), opponendosi in maniera netta all’estrema compostezza della Carré.

Lilli Carré

L’incontro con Lilli Carré (foto di Emanuele Rosso)

Eccomi dunque a Modo Infoshop ad ascoltare Olivier Schrauwen, per me uno dei migliori autori sulla piazza al momento, anche se in questa occasione non è stato certo spumeggiante, forse perché annoiato da qualche domanda troppo ripetitiva, forse perché non ama parlare del suo lavoro in pubblico, forse perché chissà… Nonostante tutto sono emerse diverse cose interessanti sul processo creativo del suo capolavoro Arsène Schrauwen, edito da Fantagraphics e che avevo messo in prima linea nel mio Best of dell’anno scorso. La mancanza del dono dell’ubiquità mi ha invece impedito di presenziare al contemporaneo incontro per la presentazione del nuovo B Comics, intitolato Gnam! e dedicato al cibo, con la partecipazione dell’editore Maurizio Ceccato e di parecchi degli autori dell’antologia. Peccato. La sera è proseguita con una serie di inaugurazioni nel quartiere San Vitale, a partire dal Museo della Musica dove c’era Movimento minimo di Lilli Carré, autrice che stilisticamente non è proprio la mia “cup of tea”, anche se la mostra era ben curata con alcune storie brevi addirittura tradotte in italiano per l’occasione, un po’ di illustrazioni e anche qualche lavoro di animazione. Mi sono dunque spostato alla mostra Breakdown Press, gremitissima, con le tavole appiccicate al muro con lo scotch e senza nessuna protezione, cosa che lasciava intendere l’energia, la voglia di fare, la praticità di questi ragazzi inglesi. Forse un po’ di contesto e di apparato critico in più non avrebbero guastato, ma pazienza, non si può avere tutto dalla vita. Le tavole erano di Antoine Cossé, Joe Kessler e Richard Short, tutte belle e interessanti, anche se a essere particolarmente degne di nota erano quelle di Kessler, che mettevano in luce il processo di disegno e “ridisegno” che porta al risultato finale delle pagine del suo Windowpane (di cui esordiva a Bologna il terzo numero). Uscito da lì, mi sono diretto al vicino Museo Davia Bargellini per la curiosa mostra di Benoît Preteseille, che si è divertito a spostare gli oggetti del museo intervallandoli a volte con i suoi disegni, tanto che sembrava di giocare a Where’s Wally?. Le idee e le trovate di Preteseille erano meglio chiarite in un libretto stampato appositamente dalla sua Ion Editions, di cui potete vedere la copertina qui sotto.

E' tutto vero

 

Ho perso invece, e non sono più riuscito a recuperarla, la mostra Poema barocco di Renato Calligaro ad ABC Arte Bologna Cultura (me ne hanno parlato tutti benissimo), e l’inaugurazione della Porta del Sì (appunto all’Atelier Sì) disegnata da Martoz, che però sono riuscito a vedere subito dopo. Questo qui sotto è lo stesso Martoz che dipinge sulla porta, immortalato da Emanuele Rosso.

Martoz Sì

SABATO 21 NOVEMBRE – La giornata inizia nella Biblioteca Salaborsa, dove oltre alla lunga tavolata in cui si vendevano fumetti vari, con un occhio di riguardo agli autori presenti al festival, c’era anche uno spazio dediche e BBBZine, cioè la mostra mercato di autoproduzioni internazionali con Breakdown Press, Tieten Met Haar, kuš!, Peow Studio, Jean Guichon Editeur, Ion Editions. Ma nemmeno il tempo di dare un’occhiata ai prodotti cartacei che bisognava già prendere posto per Qui e oltre, incontro o meglio conferenza di Richard McGuire, artista che ha talmente tante cose da dire che non ha bisogno che gli vengano poste domande, infatti fa tutto da solo, riuscendo anche a ridere alle sue stesse battute. La scaletta, scandita di tanto in tanto dagli interventi di Franco Minganti, ha ripreso grosso modo quella dell’incontro di Lucca, concentrandosi però più su Here e meno sulle altre opere come le copertine del New Yorker. Si sono invece visti alcuni dei lavori fatti sulle copertine della sua band Liquid Liquid, che a Lucca erano rimasti nel cassetto (anzi, nell’hard disk). Ma la principale differenza rispetto a Lucca è stata la presenza del pubblico, infatti se un mesetto fa gli ascoltatori scarseggiavano, l’Auditorium della Salaborsa era strapieno con gente anche in piedi. Ma non c’è da stupirsi, tanta è la differenza di target e di contenuti tra le due manifestazioni.

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“Qui e oltre”, qualche minuto prima (foto di Roberta Muci)

Stesso scenario dell’Auditorium per Mirabilia, conversazione tra Preteseille e David B coordinata da Alessio Trabacchini. La discussione è stata viva e interessante, buona anche per approfondire un autore come Preteseille che francamente conoscevo pochissimo prima di BilBOlbul. David B ha parlato un po’ dei suoi progetti futuri e un po’ de Il grande male, cosa che non guasta mai. Ma si è parlato anche di sogni, di Alfred Kubin e molto altro ancora. Se non sbaglio è a questo punto che, affrontando la pioggia torrenziale e ininterrotta di sabato, sono andato a vedere la mostra di Martoz aperta presso la galleria/negozio di dischi/libreria/bar Ono Arte Contemporanea, ben consapevole che il giorno successivo non avrei potuto presenziare all’inaugurazione a causa dell’orario non in linea con quello del mio treno di ritorno. Poche le tavole, otto se non sbaglio, ma comunque bellissime per il modo in cui sono disegnate selvaggiamente a matita, tanto che sembrano realizzate sui banchi di scuola. Tutte erano tratte dal nuovo libro dell’autore, Remi Tot in STUNT, presentato in anteprima a Bologna da MalEdizioni. Tutto ciò mi ha impedito di seguire l’incontro con Vincenzo Filosa (che avevo però già ascoltato a Lucca) ma non quello tra Giacomo Nanni e il duo Enrico Fornaroli-Gino Scatasta, segnato da un’approfondita analisi dell’ultimo lavoro dell’autore, Prima di Adamo, edito da Canicola. Al calare della sera è arrivato nuovamente il momento dei vernissage, in primis quello assolutamente mondano di Magnus e l’altrove. Favole, Oriente, leggende presso una Fondazione del Monte piena di pellicce, permanenti, cravatte e non so cos’altro, con gli ospiti intenti a sgomitare per accaparrarsi bevande e vivande, nemmeno fossimo in un film di Ferreri o di Fantozzi (scegliete voi l’opzione preferita). A parte questo, la mostra è assolutamente notevole, e dato che è aperta fino a gennaio se passate per Bologna vi consiglio di andarla a vedere. La prima parte era dedicata al Magnus prima di Magnus, come suggerisce il titolo del libro edito da Alessandro Distribuzioni e regalato a tutti i presenti all’inaugurazione (troppa grazia), focalizzandosi su alcune illustrazioni realizzate per favole per ragazzi. La seconda invece era incentrata sul Magnus maturo con una serie di tavole tratte da I Briganti, Le 110 Pillole, Le femmine incantate ed era davvero pazzesca.

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Altra inaugurazione di sabato quella di Ciao, sono O. Schrauwen, bella personale del fumettista belga che permetteva di studiare il lavoro di taglia e incolla fatto sulle tavole originali di Arsène Schrauwen, di guardare un po’ di pagine da Il mio bimboMowgli’s Mirror Greys, e anche di leggere le versioni stampate di Cartoonify, pubblicato da Squadro Stamperia in edizione limitata e firmata dall’autore in occasione della mostra, e del comic book Zaadmat Magazine uscito negli USA per Desert Island. E visto che mi trovavo lì, ho anche potuto dare un’occhiata ai lussuosi portfolio realizzati da Squadro per la Galerie Martel di Parigi, come quelli di Burns, McGuire e Spiegelman. La raffica di inaugurazioni continuava con quella di Andrea Bruno a Dynamo alle 22, ma la folla era veramente tanta e la mostra era strutturata in modo da permettere l’entrata soltanto a un numero limitato di persone per volta. Alla fine ho rinunciato, rimandando il tutto alla mattina seguente.

DOMENICA 22 NOVEMBRE – E infatti ho iniziato la giornata di domenica proprio andando a vedere Cinema Zenit di Andrea Bruno, dove le tavole originali erano del tutto assenti per lasciare spazio a una performance che, cito dal programma ufficiale, “vuole ricreare con video, sonorizzazioni e scenografie l’atmosfera e gli eventi della storia”. E posso dire che ci riesce egregiamente, a partire dalla location, una serie di caverne oscure dove inizialmente il visitatore si trova al buio, senza riferimenti né coordinate, e da cui pian piano emergono installazioni, proiezioni e musiche, con un effetto complessivo avvolgente e ben riuscito. Di seguito un paio di foto che spero possano rendere almeno un po’ l’idea.

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Foto di Roberta Muci

Andrea Bruno 2

Foto di Elena Orlandi

Uscito da Cinema Zenit, mi sono diretto verso Les Libellules, studio di sartoria artigianale che ospitava Wislawa Szymborska. Si dà il caso che io sia qui, con le tavole tratte dall’ultimo lavoro di Alice Milani per Becco Giallo sulla poetessa e artista polacca premio Nobel nel 1996. La Milani si è divertita non solo a ricreare lo stile dei collage dell’artista polacca all’interno del suo libro, ma anche ad abbellire le pareti dello spazio espositivo, come potete vedere qui sotto.

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Foto di Roberta Muci

Alice Milani 2

Foto di Roberta Muci

A quel punto era quasi mezzogiorno e dopo una breve sosta nell’epicentro della Salaborsa, era ora di spostarsi verso la libreria Trame per vedere la presentazione di Cocktails – After Dinner, secondo capitolo della quadrilogia sui cocktail ideata da Studio Pilar. Presenti i quattro artisti del collettivo, ossia Giulio Castagnaro, Andrea Chronopoulos, Andrea Mongia e Giulia Tomai, intervistati da Simone Sbarbati di Frizzifrizzi e con Alessio Trabacchini in versione barman. Infatti trattandosi di cocktail, si è ben pensato non solo di parlarne ma anche di farli assaggiare al pubblico, che così ha potuto sperimentare classici come il White Russian o chicche misconosciute come lo Champs-Élysées. Confidenziale, vivace, allegra, la conversazione è filata liscia tra un bicchierino colorato e l’altro.

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BilBOlbeve (foto di Studio Pilar, gioco di parole tutta colpa mia)

Neanche il tempo di finire la chiacchierata e sono passato al Cinema Lumière per la proiezione/incontro che vedeva protagonista ancora Richard McGuire, questa volta non per parlare di Qui ma dei suoi lavori di animazione. Sono stati proiettati l’episodio del film collettivo Fear of the Dark firmato da McGuire, caratterizzato da una forte opposizione bianco/nero e da uno stile retrò, e il corto Micro Loup che utilizzava la stessa visuale dall’alto di cui McGuire si servì per il suo fumetto breve ospitato sul tredicesimo numero di McSweeney’s, quello dedicato al fumetto e curato da Chris Ware. E non a caso l’incontro si intitolava Points of View. A seguire una conversazione con l’autore, sollecitato da Andrea Martignoni, interessante anche per chi come me non ama particolarmente (forse è un eufemismo nel mio caso) il cinema di animazione. Peccato aver dovuto abbandonare la discussione prima del tempo per spostarmi alla Feltrinelli Ravegnana per assistere all’incontro con Alessandro Tota. Argomento Il ladro di libri, ultimo lavoro uscito per Coconino, frutto della collaborazione con Pierre Van Hove, che doveva essere presente all’evento ma che è rimasto in albergo fermato dalla febbre. L’autore di Yeti e Fratelli è riuscito comunque a cavarsela benissimo da solo, raccontando l’incontro con Van Hove, la genesi del libro, lo scenario culturale in cui è ambientato, il modo in cui sono stati costruiti i personaggi e tanto altro. Il prolungarsi dell’incontro con Tota mi ha fatto perdere l’inizio di Breakdown Press. Il nuovo fumetto a Londra, in cui Richard Short e Joe Kessler dialogavano con Volker Zimmermann dei loro lavori e del progetto editoriale Breakdown, una delle migliori realtà editoriali internazionali del momento. Pur arrivando da Modo Infoshop in ritardo sono comunque riuscito a sentirne una parte, in cui si è detto del modo di Short di inserire citazioni nelle vignette del suo Klaus, della storia scritta insieme a Reuben Mwaura pubblicata su Windowpane #2 di Kessler e di qualche altro argomento che ora non mi sovviene. A quel punto, mentre si inaugurava la stanza disegnata da Alice Socal all’hotel Al Cappello Rosso e si proiettava il documentario Ho conosciuto Magnus, io ero sul treno di ritorno.

APPROFONDIMENTI – Il blog della manifestazione sta pian piano pubblicando diversi reportage fotografici. Per guardare qualche altra foto e leggere un esaustivo resoconto che approfondisce soprattutto le diverse mostre, vi consiglio questo articolo di Alessandra Ioalè. A proposito di Here di Richard McGuire, potete leggere la mia recensione e questo reportage da Lucca. Sulla Breakdown Press vi rimando all’approfondimento di Valerio Stivé su Fumettologica, mentre sulla pagina dedicata alla casa editrice londinese del negozio di Just Indie Comics trovate un po’ dei loro libri in vendita (e altri sono in arrivo a breve). Per Remi Tot in STUNT di Martoz date un’occhiata alla mia anteprima. Anche di Cocktails After-Dinner avevo mostrato qualche tavola.

Colville, un diamante di ruggine

Una storia da tempo incompiuta che ora viene finalmente pubblicata in una nuova e definitiva versione, un fumettista italiano che sicuramente tutti voi conoscete. Ratigher ci parla di Colville, capolavoro misconosciuto di Steven Gilbert, di cui sono diventato il maggiore importatore italiano (e forse europeo). Ne trovate alcune copie nel negozio di Just Indie Comics. Intanto leggete cosa ne scrive l’autore di Trama e Le ragazzine stanno perdendo il controllo. Buon divertimento.

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Di Colville, e del suo autore Steven Gilbert, ne avevo letto su internet. Seguo molto il fumetto americano indie e avevo visto citare questo fumetto da persone interessanti, anche Frank Santoro (autentico radar del fumetto meritevole) ne faceva accenno sul sito Comics Comics, riprendendo la rubrica Good Cartoonists Gone inaugurata da Sammy Harkham sulle pagine della sua rivista, Crickets. Da questi accenni sparsi veniva fuori il racconto di un libro maledetto. Un libro ormai difficile da recuperare (pubblicato originariamente nel 1997), scritto e disegnato da un tipo schivo e irrintracciabile, che contiene una storia cattiva e spiazzante. Per me questi sono gli ingredienti perfetti per accendere curiosità e desiderio. Queste suggestioni mi hanno portato quasi a farmi un Colville fatto in casa, me lo stavo per disegnare io un Colville, come me lo ero immaginato, e molte delle suggestioni di questa piccola leggenda finiranno anche in una storia che realmente pubblicherò in un prossimo futuro. Quest’anno però, la svolta, Colville torna disponibile ristampato autoprodotto dal suo autore, che fonda la Fourth Dimension Books con cui pubblica anche il suo nuovo libro, The Journal of Main Street Secret Lodge. Non solo viene ristampato, ma con l’aggiunta di più di 100 pagine! Mando immediatamente una mail per sapere come comprare entrambi i libri e Gilbert mi risponde 10 minuti dopo, gentile, impeccabile e senza fronzoli. Mi è arrivato il pacco dal Canada, mi sono messo in un cantuccio isolato e mi sono finalmente letto Colville. Un fumetto di genere, centripeto, che costruisce tutto intorno a sé uno steccato che impedisce ad elementi altri dal racconto di entrare.

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Siamo nella provincia nord americana, quei sobborghi visti mille volte, nei film ma soprattutto nei fumetti, dove la gente o vive tranquilla o vive disperata. Tutti gli elementi necessari al racconto sono in questo sobborgo chiamato Colville, non esiste altro, non esiste la Cina o l’Europa, ma non esiste nemmeno Toronto o New York. Lo ripeto, è un racconto chiuso, e che per questo non prevede vie di fuga ed è chiaro fin da subito. È vero che è un libro maledetto, finisce peggio di come ci immaginiamo. I personaggi sono sprovveduti che provano a reagire ad un destino incolore o stupidi che reagiscono a tutto con la violenza. È un thriller di quelli dove un piccolo crimine ti si rivolta contro, decuplicato. Della storia non vi dico altro, vi dico qualcosa di come è montata tutta intorno ad una scena topica che ci viene raccontata varie volte (a partire dalla copertina) e che solo alla fine sarà svelata nella sua interezza. Un meccanismo che tocca il suo vertice ne La Conversazione di Coppola (lo cito perché l’ho visto due giorni prima di leggere Colville; che bomba di weekend è stato!) e che proprio come nel film di Coppola non ha nella scoperta della verità il climax, ma nella reiterazione e nella raffinazione della visione, come se sparissero tutti i sensi tranne la vista. Colville non ha odore e non ha suoni. Gli occhi del lettore si trovano davanti un segno sintetico classico dell’underground americano, non cito roba strana, immaginatevi Daniel Clowes ma senza linee curve e con molto tratteggio in più. Un bianco e nero molto equilibrato che non vuole mai stupire.

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Colville è un monolite, non potrebbe che essere un libro a partire dalla forma. È perfetto come i lampi di genio di una mente autistica. È l’opera di un autore solitario (intendo nella direzione artistica, dalle poche parole che ci ho scambiato via mail mi sembra proprio simpatico) che nel secondo libro, come è normale, cerca di ampliare il suo spettro ma lo fa costruendo un ibrido tra fumetto, illustrazione e racconto scritto, in una via insolita di cui vi parlerò un’altra volta. Compratevi Colville, è uno dei pochissimi libri veramente maledetti che avrete in libreria. Compratevi Colville o vi spezzo un braccio, con un martello arrugginito.

Anteprima di “Remi Tot in STUNT” di Martoz

 

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Debutterà questo fine settimana al Bilbolbul di Bologna Remi Tot in STUNT, nuovo fumetto di Martoz edito da MalEdizioni, le cui tavole saranno protagoniste di una mostra dal 19 al 29 novembre presso Ono Arte Contemporanea, con inaugurazione domenica 22 alle 18.30 alla presenza dell’autore. In attesa di avere tra le mani questo volume decisamente stuzzicante, e di cui spero di parlare più approfonditamente in seguito, potete gustarvi alcune tavole in anteprima, intervallate dal comunicato inviatomi dall’editore e dalla biografia dell’autore. Buona lettura/visione.

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Remi Tot è uno stuntman della realtà: un geniale matematico in grado di intrufolarsi nelle geometrie segrete degli eventi, uno spregiudicato funambolo dell’imprevisto che si sostituisce a persone coinvolte in immani catastrofi e sopravvive al posto loro. La sua missione è tuffarsi nel caos e uscirne vivo. Ma perché fa tutto questo? Remi è un eroe o è più egoista di quanto non sembri? Assieme a lui scivoleremo sul finimondo, verso il suo misterioso obiettivo.
Il segno potente, dinamico ed espressivo di Martoz spinge il fumetto oltre i suoi limiti, giocando con la storia dell’arte e catapultandoci in un mondo di prospettive spettacolari, colori che bucano la retina e inquadrature caleidoscopiche.
Un fumetto fatto di esplosioni ed equazioni, una storia di azione e avventura che è anche una riflessione sui confini del possibile.

Remi Tot in STUNT

Martoz è un illustratore e fumettista nato ad Assisi. Fa parte del collettivo Lab.Aquattro – con cui condivide il laboratorio – che si occupa di piccole produzioni editoriali, tra cui i volumi Parade e Crisma. Ha collaborato con piccola editoria e autoproduzioni, tra cui Inuit, B comics (IFIX), Squame, Turkey Comix e Lucha Libre. Ha esposto i suoi lavori in gallerie internazionali, tra cui la Galerie Glénat di Parigi, la Hero Complex Gallery e la Gallery1988 di Los Angeles. È nella selezione giovani della biennale ILLUSTRI 2015 e nel 2016 esporrà i suoi lavori in una personale a Mosca, presso la Bratec Lis Gallery, dove terrà anche un workshop di illustrazione.

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Street artist nel tempo libero, la sua passione per la carta lo ha portato all’utilizzo della Poster Art, sia per progetti urbani personali che su commissione per performance nei festival di musica, fumetto e illustrazione. Ha elaborato poster anche per Sky Atlantic, nella cornice di Lucca Comics. Il suo vero diletto è la natura: oltre a coltivare la terra, è solito intraprendere avventure indomite assieme al suo fido amico Manfredi Ciminale. Esplorare case abbandonate, navigare in canotto sui fiumi, viaggiare in monopattino. Altrimenti la scrivania si impoverisce…

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Potete ordinare Remi Tot in STUNT qui al prezzo speciale di 17,50 euro più spese di spedizione.

 

Festival dell’altro mondo: Cake!

Ho già parlato da queste parti del CAKE di Chicago, una delle convention di fumetti indie e underground più importanti del Nord America. Anche se non ero lì, l’evento dell’anno scorso mi è sembrato di assoluto valore, come potete vedere da questa galleria fotografica che ho pubblicato qualche mese fa. In questi giorni la nuova edizione del Chicago Alternative Comics Expo è già in via di definizione, dato che il termine per presentare la domanda di partecipazione è il prossimo 30 novembre e già sono stati annunciati i primi ospiti, cioè Sammy Harkham, Patrick Kyle, Tyrell Cannon, Ezra Clayton Daniels, Cathy G Johnson e Laura Park. Ne ho parlato con uno degli organizzatori, il cartoonist Jeff Zwirek (autore di Burning Building Comix). Vi rimando a questo link per leggere l’intervista, ovviamente in inglese.

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Dracula Mountain – 16/11/2015

Nuovo appuntamento con la rubrica di segnalazioni, link e quant’altro, che per l’occasione cambia nome. In effetti “Il meglio del web” faceva veramente schifo e in più era diventato fuorviante, nel senso che in questa serie di post non stavo riportando soltanto link ma anche notizie varie dal mondo del fumetto, ovviamente sempre secondo il mio personale punto di vista. In attesa di un titolo migliore, ho scelto di utilizzare un’intestazione di volta in volta diversa, vagamente o per niente collegata agli argomenti trattati. Potrete comunque riconoscere la rubrica dalla presenza della data nel post, mentre il sommario renderà noti i principali contenuti, cosa che dovrebbe incoraggiare o scoraggiare la lettura da parte vostra.

Finita questa doverosa premessa di cui probabilmente non fregherà niente a nessuno, veniamo al sodo. Scrivo queste righe, almeno quelle iniziali perché mi rimane poco tempo prima di dover iniziare a fare altro, di sabato mattina, 14 novembre, mentre sul mio profilo Facebook arrivano continui aggiornamenti sulle persone che per fortuna sono sane e salve dopo i fatti di Parigi e in tv passano le immagini di quanto accaduto ieri notte. Non sono bravo in queste cose, ma mi sento almeno di esprimere la mia tristezza e la mia vicinanza a quelli che erano lì. Tra questi una delle mie più recenti conoscenze parigine, il francese Gabriel Delmas, autore di Largemouths, uscito di recente per la Hollow Press del mio amico Michele Nitri. A Lucca Gabriel ha realizzato una serie di sketch e un impressionante live painting, che potete vedere nella foto che ho scattato dopo aver assistito passo dopo passo al processo creativo. Non c’entrerà niente, ma quando ho saputo quello che era successo, mi è ritornato in mente questo urlo di terrore.

Delmas live painting

E’ stato poi lo stesso Gabriel a mostrarmi la più recente uscita di Kaboom, rivista sempre di altissimo livello di cui è ora disponibile un bellissimo dodicesimo numero, da non perdere se masticate un po’ di francese. Nel sommario una lunga conversazione tra Brecht Evens e Olivier Schrauwen, un’approfonditissima intervista ad Adrian Tomine condotta da Stéphane Oiry, un reportage dal workshop Pierre Feuille Ciseaux a Minneapolis e tanto altro ancora.

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Passiamo ad altro e in particolare a Bilbolbul, appuntamento ormai alle porte e che come al solito promette un programma stellare. Avevo pensato di fare una piccola guida come quella pubblicata in occasione dell’ultima Lucca Comics, ma poi mi sono reso conto che un articolo di questo genere non avrebbe fatto altro che riportare l’intero programma della manifestazione, tante sono le cose interessanti che succederanno a Bologna dal 19 al 22 novembre prossimi. Cito brevemente alcune mostre (Magnus, Giacomo Nanni, Lili Carré, Benoît Preteseille, Olivier Schrauwen, Breakdown Press, Alice Milani, Martoz), i workshop (Paolo Bacilieri, Elisa Talentino, ancora Carré e Schrauwen), i tantissimi ospiti che non sto qui ad elencare, le tavole rotonde, le presentazioni, gli incontri, le proiezioni, oltre allo spazio BBBZine, mostra mercato che ospita sei realtà europee (Breakdown Press, Tieten Met Haar, kuš! komiksi, Peow Studio, Jean Guichon Editeur, Ion Editions). Per il programma completo vi rimando al sito del Bilbolbul.

Schrauwen Untitled-1

Proprio a Bilbolbul debutterà una nuova collana pubblicata da kuš!, che per la prima volta vedrà la casa editrice lettone impegnata con fumetti “lunghi”. Il formato di kuš! mono sarà ancora l’A6, lo stesso dell’antologia trimestrale š!, e l’onore del debutto toccherà al russo Roman Muradov con le 100 pagine a colori di The End of A Fence. “Cosa succederebbe se fossimo costretti a essere compatibili? Se andassimo d’accordo su tutto, dai tagli di capelli alla filosofia? Se non avessimo motivo di prendere posizione? Cosa rimarrebbe nel mezzo? Ispirato da J.G. Ballard, Ai Weiwei, Jonathan Monk e da tutte le recenti notizie di cronaca. Immaginate una comunità schiava degli algoritmi di OkCupid… O lasciate perdere, perché Roman Muradov l’ha fatto al posto vostro!”. Per un’anteprima più dettagliata vi rimando qui, mentre se non siete a Bilbolbul potete già ordinare il libro a 14 dollari spese di spedizione in tutto il mondo incluse.

Roman Muradov The End of a Fence 600

Sempre a Bologna sarà disponibile š! #23, numero fresco di stampa che con il titolo Redrawing Stories From The Past affronterà il tema delle vittime del nazismo, sviluppato anche in una mostra tutt’ora in corso a Berlino. Anche in questo caso vengono messe temporaneamente da parte le storie brevi per lasciare spazio a cinque fumetti dalla foliazione più consistente, realizzati dal lettone Mārtiņš Zutis, dai tedeschi Max Baitinger e Paula Bulling, dal serbo Vuk Palibrk e dalla polacca Zosia Dzierżawska, con una postfazione di Ole Frahm.

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Festival che viene, festival che va. A New York il 7 e 8 novembre c’è stato il Comic Arts Brooklyn. Tra gli ospiti di quest’anno Daniel Clowes, che al contrario di quanto annunciato qualche mese or sono non ha fatto in tempo a portare in anteprima il suo nuovo libro, Patience, in uscita nei primi mesi del 2015 per Fantagraphics (da noi lo pubblicherà Bao). Per avere un’idea di cosa è sucesso al CAB, che come lo scorso anno era suddiviso in una giornata di mostra mercato e in una seconda di incontri con gli autori, potete leggere (e guardare) un primo reportage del Comics Journal a firma Frank Santoro e John Kelly, un bell’articolo di Nick Gazin su Vice con un’intervista all’organizzatore Gabe Fowler del negozio Desert Island, un pezzo del Publishers Weekly e la galleria fotografica di The Beat. Tra i cartoonist ritratti in quest’ultima c’è anche Brian Chippendale, che ha portato al CAB una settantina di copie in anteprima del suo Puke Force, disponibile in tutta la tiratura per Drawn and Quarterly il prossimo febbraio. Ed esattamente una settimana dopo il festival newyorkese, Chippendale è arrivato in Italia per una serie di concerti dei Lightning Bolt, devastante duo che ho potuto vedere in azione nella data di sabato 14 novembre all’Init di Roma. Qui sotto un video della parte finale del concerto, per cui ringrazio Luca Sancisi. E con questo è tutto.

Cartoline da Lucca: Richard McGuire

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Uno degli ospiti più importanti della recente edizione di Lucca Comics è stato Richard McGuire, illustratore, musicista, regista e ovviamente cartoonist statunitense ben conosciuto agli amanti del fumetto per il suo Here, opera rivoluzionaria pubblicata nel 1989 sul magazine Raw ed espansa in una nuova versione uscita lo scorso anno negli Stati Uniti e qualche mese fa in Italia per Rizzoli Lizard (ne ho parlato qui). McGuire è stato protagonista di una personale a Palazzo Ducale incentrata principalmente sul suo ultimo lavoro e ricca di gustosi retroscena, su tutti le foto di famiglia riprodotte con minuziosa cura, oltre ad appunti, bozzetti, quadri che raffiguravano i particolari di alcune vignette. Un video mostrava inoltre il funzionamento dell’ebook, non una semplice versione digitale del libro ma un suo remake, come ha spiegato lo stesso autore nell’incontro di venerdì 30 ottobre alla Chiesa di San Giovanni, condotto con la solita puntualità e preparazione da Paolo Interdonato. In questa occasione, dopo una mezz’ora dedicata interamente a Here, McGuire si è soffermato su altri suoi lavori, come le tante copertine realizzate per il New Yorker, i libri per bambini e le opere video. Peccato che queste ultime non si siano potute apprezzare perché sul computer utilizzato per le proiezioni non era installato Quick Time. E peccato anche per una traduzione spesso imprecisa quando si dovevano adattare termini tecnici riguardanti il fumetto o riferimenti ad autori, riviste, libri, ecc., non certo colpa di Interdonato, che anzi spesso si trovava costretto a sopperire alle lacune dell’interprete messo a disposizione dall’organizzazione.

Avevo intenzione di riportare l’intera conversazione, ma il continuo riferimento alle immagini proiettate (pagine di fumetto, copertine, ecc.) renderebbe impossibile una piena comprensione. Mi limito così a trascrivere alcune frasi, intervallate da qualche foto scattata alla mostra, intitolata Richard McGuire: il tempo, lo spazio, l’uomo. Ma prima di lasciarvi a tutto ciò vi segnalo che McGuire è ancora in Italia per una serie di appuntamenti che culmineranno il prossimo fine settimana a Bilbolbul, dove incontrerà Franco Minganti per una conversazione intitolata Qui e oltre (sabato 21 novembre ore 11 all’Auditorium della Biblioteca Salaborsa) e dove verranno finalmente proiettate le sue creazioni in animazione nell’ambito di una retrospettiva intitolata Points of View (domenica 22 novembre ore 14 al Cinema Lumière).

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“La prima versione di Here è stata ispirata da una conferenza in cui Art Spiegelman descriveva i fumetti come dei diagrammi. Questa è stata una delle scintille da cui è nata l’idea e quando sono tornato a casa ho guardato l’angolo della mia stanza e ho pensato alla linea che divideva l’angolo della parete come se dividesse lo spazio in un lato che andava avanti nel tempo e un altro che andava indietro. In seguito un amico mi ha parlato del programma Windows e a quel punto ho capito che potevo dar vita a un’esplosione di finestre temporali. E a quei tempi era una cosa piuttosto strana, perché adesso è normale guardare cose di questo genere quando si è al computer, ma allora si trattava di qualcosa di nuovo”.

“Ho usato fotografie della mia famiglia, per esempio quello nell’angolo in basso a sinistra è mio fratello in tre diverse fasi della sua vita (si riferisce a pag. 3 della versione originale di Here, ndr). Ho realizzato la prima versione di Here nel 1989, allora non c’era internet e le foto di famiglia erano una sorta di database”.

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“All’inizio Raw era una rivista di dimensioni veramente enormi, ma quando Art Spiegelman ebbe successo con l’edizione in volume di Maus, che era stata pubblicata in un formato più piccolo, decise di ridurre anche Raw, magari perché pensava che quello fosse il formato più adatto a un fumetto per adulti… La mia storia inizialmente aveva delle tavole più grandi ed era di sole tre pagine, ma poi ho dovuto riadattarla per farla andare bene per il nuovo formato di Raw… Nell’originale per esempio c’erano tre vignette per riga”.

“Quando ho inziato a pensare alla nuova versione di Here, avevo intenzione di farla come l’originale, cioè con molte vignette, ma poi ho capito che era meglio in questo modo, perché si poteva entrare direttamente nello spazio della stanza. In passato ho realizzato alcuni libri per bambini e probabilmente mi hanno influenzato nel realizzare il nuovo Here solamente con delle doppie pagine”.

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“Mentre lavoravo al libro, lavoravo anche all’ebook, che non è un ebook tradizionale, perché funziona con dei programmi specifici che sono stati scritti appositamente. In realtà l’ebook è una sorta di remake del libro. Potete scorrere le pagine normalmente, ma se cliccate sulle date si aprono nuove finestre in modo casuale, dando vita a combinazioni sempre diverse tra gli sfondi e le vignette. C’è anche un po’ di animazione, per esempio il gatto che si lecca la zampa, ma è comunque una parte marginale del libro, perché ho voluto che fosse più un’esperienza di lettura che la semplice visione di un filmato. Per questo non ho voluto utilizzare suoni”.

“E’ difficile spiegare come ho costruito la nuova versione di Here, molte decisioni sono state dettate dall’istinto ma ci sono state un sacco di cose che mi hanno aiutato durante la stesura, per esempio le fotografie, oppure il lungo pezzo di carta che avevo nel mio studio e su cui ho costruito una linea temporale dove appuntavo gli eventi significativi mentre facevo le mie ricerche. Inizialmente, quando pensavo a come espandere la versione breve di Here in quella più lunga, credevo di dover seguire un unico filo narrativo. In seguito ho capito che questa idea avrebbe rallentato di gran lunga il libro, così ho cominciato a tagliare e a tagliare per far sì che tutto accadesse più velocemente, per tenere vive le emozioni. Alla fine è stata una specie di esperienza musicale, perché avevo attaccato le diverse pagine del libro alle pareti del mio studio e potevo passare dall’una all’altra come in una partitura musicale”.

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Cartoline da Lucca: “Tuoneide”

Tra le cose viste a Lucca quest’anno, la personale di Tuono Pettinato – a cura dello stesso autore e di Jacopo Moretti – è stata sicuramente una delle migliori. Raramente capita di vedere una mostra così curata nei minimi dettagli, non un semplice assemblaggio di tavole, disegni e quant’altro ma un percorso ben strutturato in cui è il fumettista stesso a guidare il visitatore grazie al suo alter ego disegnato. Ecco un paio di esempi di Tuono Pettinato novello Virgilio.

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Oltre a mostrarci bozzetti, schemi narrativi e tantissime tavole originali tratte dai vari Garibaldi, Corpicino, Nevermind, la mostra si concentrava sulla figura dell’artista a 360 gradi, con tanto di playlist utilizzate durante la lavorazione dei diversi libri. Mi sono così divertito a scoprire molti punti in comune con Tuono, favoriti probabilmente anche dalla vicinanza anagrafica, che spaziano dai classici dei miei 14-20 anni (Pearl Jam, Soundgarden, Nirvana, Radiohead, Blur) all’indie rock americano di cui ancora sono un convinto fautore (Beat Happening, Built To Spill, Dinosaur Jr., Pavement) fino a pietre miliari del cosiddetto post-rock (Mogwai, A Silver Mt. Zion, Godspeed You! Black Emperor). Nessuna coincidenza clamorosa, dato che non si tratta di misconosciuti gruppi di folk uzbeko, ma ritrovare in questo genere di liste album che ho ascoltato e riascoltato fa sempre piacere.

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Altro pezzo forte della mostra, la galleria di ritratti di personaggi famosi, che associava i soggetti più disparati riportandoli semplicemente ai loro corpi e alle loro espressioni facciali. Il trittico qui sotto Goethe-Cannavacciuolo-Twain ne è una chiara dimostrazione.

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P.s. Scusate per la qualità delle foto, scattate con il cellulare e senza pensare a un’eventuale pubblicazione.

Misunderstanding Comics #1

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Inizio con questo post una nuova rubrica di recensioni “collettive”, che spero possa permettermi di aumentare il numero di fumetti segnalati su Just Indie Comics. Sin dagli inizi del blog non sono mai riuscito a occuparmi di tutti i fumetti di cui avrei voluto, spesso trovandomi a tralasciare proprio quelli più interessanti, con la speranza di riuscire a scrivere prima o poi una recensione più approfondita. Speranza che puntualmente veniva vanificata dalle varie situazioni contingenti che ci riserva la folle vita quotidiana nel terzo millennio sul pianeta Terra. Per questo ho deciso di riservare d’ora in poi la maggior parte delle recensioni a questa rubrica, anche per una questione di sopravvivenza personale, nel senso di riduzione del tempo passato al computer. Non abituatevi troppo al format di questo primo episodio, in cui sono riuscito a entrare sin troppo nei dettagli di ogni singolo fumetto, perché come suggerisce il titolo Misunderstanding Comics sarà caratterizzata da giudizi lapidari, lodi sperticate e incomprensibili stroncature.

NOTA: Alcuni dei fumetti di cui scrivo potrebbero essere in vendita presso il negozio on line di Just Indie Comics che gestisco personalmente. In questo caso il link sul nome del fumetto vi porterà direttamente alla relativa pagina del negozio. Potrei dirvi che nonostante ciò il mio giudizio rimane obiettivo, se non fosse che non credo nel concetto di obiettività. Comunque vi assicuro che non sono qui per farmi pubblicità o arricchirmi, anzi… Buona lettura. 

Inauguriamo questa rubrica con tre fumetti di Michael DeForgeDressing è una raccolta sullo stile di Very Casual del 2013, pubblicata sempre da Koyama Press e che mette insieme una serie di fumetti disomogenei dal punto di vista stilistico e in alcuni casi apparentemente estemporanei. Tuttavia lette una dopo l’altra le storie di Dressing restituiscono l’idea di un corpus compatto, con tematiche ricorrenti della poetica di DeForge, come i mutamenti di identità e di sesso, la satira del mondo delle corporation, l’impossibilità di definire la realtà contemporanea attraverso il linguaggio, l’orrore che si nasconde dietro la patina della normalità. Il tutto con il solito approccio astratto, che rifiuta il realismo per ricondurre le vicende narrate alla loro essenza pura e semplice. Quello di DeForge non è tanto un lavoro sui personaggi – spesso semplici comparse disorientate e rassegnate – ma sui temi, in cui ogni tentazione didascalica è abilmente stemperata dall’uso di una ironia cruda ma che in episodi come Wet Animals diventa anche irresistibilmente divertente. C’è poi ovviamente il lavoro stilistico, che si segnala in episodi come Elves e My Interesting Mother, One Billion Times per l’ardita costruzione della pagina, oltreché per la rinuncia al digitale e il ritorno al tavolo da disegno in un paio di episodi.

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Gli stessi argomenti e lo stesso approccio delle short stories di Dressing tornano in Lose #7, pubblicato sempre da Koyama, e in On Topics, che invece segna l’esordio di DeForge per l’inglese Breakdown Press. In particolare Movie Star, la storia principale del settimo numero di Lose, sembra sviluppare l’idea della Redundancies contenuta in Dressing, indagando la strana relazione tra due fratelli. L’eco di un altro canadese, David Cronenberg, aleggia nel progressivo sviluppo di una relazione simbiotica alla Inseparabili, ma l’atmosfera algida e il gusto per il paradosso ricordano piuttosto alcuni narratori contemporanei (mi viene in mente George Saunders). Forse non è al livello della Me As A Baby contenuta nel numero precedente di Lose, ma Movie Star è una prova comunque di altissimo livello. On Topics raccoglie invece due brevi fumetti realizzati per la piattaforma Patreon e inviati dall’autore canadese ai suoi sostenitori. Riuscitissimo il primo, About Kissing, una sorta di Genesi in versione anale, dato che secondo la teoria di DeForge in principio c’erano i culi, poi nacquero le bocche, che in realtà erano soltanto dei culi deformi in cerca di altri culi per inghiottire i colpi altrui. Dal conflitto tra bocche, culi e quant’altro ecco che si originarono i baci. Chiaro, no? Vabbè, in realtà sono io che non riesco a rendere l’idea, vi assicuro che la storia, per quanto assurda, è di una logica disarmante. Più debole invece il secondo fumetto dell’albo, Regarding Quicksand, a proposito di un uomo sottoposto a ogni genere di tortura mentre affonda nelle sabbie mobili.

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Infinite Bowman è la raccolta definitiva della saga dell’astronauta David Bowman, celeberrimo protagonista di 2001 Odissea nello Spazio scelto dallo statunitense Pat Aulisio come eroe di una serie di mini-comics, qui ristampati da Hic & Hoc con l’aggiunta di 75 pagine inedite. Aulisio è uno degli animatori su quel social network chiamato Facebook (non so se avete presente) di un gruppo chiamato Fort Kirby, che associa i fan del Re con quelli di Fort Thunder. Ebbene, Infinite Bowman potrebbe essere il manifesto programmatico di questa fantasmagorica ibridazione, dato che le vicissitudini kirbyane del protagonista – tra macchine spaziali e divinità celestiali – sono rese con uno stile selvaggio ma che non rinuncia mai all’amore per il dettaglio e soprattutto per lo storytelling. Insomma, per chi la conosce siamo dalle parti di Mickey Zacchilli, altra cartoonist statunitense bravissima nel restituire l’impressione di caos controllato. Impossibile poi non accennare alle trovate ironiche e a tratti trash dell’autore. Per farvi un’idea oltre all’immancabile Monolite di 2001 qui trovate anche cavalli con la testa di Garfield, Bart Simpson, l’origine dell’air-guitar e per finire un incontro di wrestling che deciderà le sorti dello sconto tra il Nostro e Satana in persona. Se avessi un bollino “Consigliato da Just Indie Comics” lo appiccicherei sulla copertina di questo libro.

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Discorso diverso per il nuovo Optic Nerve, che ormai tanto nuovo non è, dato che è uscita proprio in questi giorni per Drawn & Quarterly Killing and Dying, raccolta degli ultimi tre numeri della serie di Adrian Tomine, che prende il nome proprio dalla storia principale di questo quattordicesimo numero. Il comic book segue la struttura dei precedenti, di cui ho già parlato in questo articolo per Fumettologica: un fumetto più lungo in apertura, in cui l’autore cerca nuove modalità espressive rispetto al passato, uno più breve che ricorda i racconti degli esordi, una tavola autobiografica in cui si parla di processo creativo, idiosincrasia per la tecnologia e vicende familiari. A mio parere Tomine sta sempre più mostrando la corda e questo numero di Optic Nerve è il più debole di sempre. La descrizione di personaggi mediocri e spesso disprezzabili aveva già raggiunto il culmine nella storyline Shortcomings e non capisco sinceramente che senso abbia continuare su questa linea, soprattutto se racconti come il precedente Go Owls e questo Killing and Dying manifestano una fastidiosa sensazione di superiorità dell’autore nei confronti delle persone e delle vicende narrate. Tanto più che questa totale mancanza di empatia tra autore e personaggi non è compensata né dalle situazioni ironiche (malriuscite) né da particolari innovazioni stilistiche (il tratto tende infatti a un preoccupante manierismo). Anche la storiella autobiografica suona trita e già letta. Alla fine si salva soltanto Intruders, storia di 8 pagine dedicata a Yoshihiro Tatsumi che ci riporta ai tempi in cui Tomine scriveva e disegnava bei fumetti. Oggi si trova nel bel mezzo di un preoccupante processo di involuzione, e per me che l’ho sempre apprezzato è davvero un peccato.

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Rimaniamo al formato comic book e arriviamo così al terzo numero di Felony Comics, antologia “criminale” pubblicata dalla Negative Pleasure e il cui primo numero era finito tra i miei fumetti preferiti del 2014. L’editor Harris Smith si sta facendo sempre più strada all’interno della sua creatura, dato che scrive ben due dei fumetti qui presenti. Particolarmente riuscita la collaborazione di The Flash Flight of the Red Swan con Pete Toms, ospite fisso della serie, di cui Smith riprende gli stilemi espressivi, realizzando un processo di immedesimazione che riflette le tematiche delle storie. Le vicende di un ladro trasformista diventano l’occasione per trattare il tema dell’identità in maniera gustosamente straniante, grazie anche a un tratto pulito e alla griglia rigida scelta per la composizione delle tavole. In questo numero troviamo anche la prosecuzione di Poor Little Dum Dum, scritta da Smith con disegni di Thomas Slattery, il punk color neon di Mrsa & Billy di Ben Passmore (immagine in alto) e soprattutto Resistance & Existence di Brigid Deacon, artista inglese che sviluppa il tema del crimine in chiave politica e filosofica, dando forma a quattro pagine di alto livello. Felony Comics è un’antologia mai banale, che merita sempre attenzione. Mentre scrivo queste righe è già alle stampe il quarto numero, che potete preordinare qui. E se non volete sobbarcarvi i costi di spedizione dagli USA ma siete curiosi di dare un’occhiata a questo bel progetto, l’antologia è disponibile anche in digitale e a un prezzo ragionevolissimo su Comixology.

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Chiudo questa ampia rassegna sulle frontiere del fumetto contemporaneo con la segnalazione di un albo italiano uscito qualche mese fa. Si tratta de Il porto delle anime di Stefano Alghisi, pubblicato dall’ottima casa editrice bresciana Mal Edizioni, il cui catalogo si distingue per scelte mai banali. Cito per esempio i titoli dedicati all’interessantissima scena portoghese (Airbag e altre storie di Pedro Burgos e Tu sei la donna della mia vita, lei la donna dei miei sogni del duo Pedro Brito-João Fazenda) ma anche Emilia, una bella raccolta di storie brevi del modenese Fabio Bonetti. Il porto delle anime è un libro biografico in cui Alghisi racconta a modo suo le storie di tre famose band rock’n’roll degli anni ’80, i Cramps di Lux Interior e Poison Ivy, i Gun Club di Jeffrey Lee Pierce, i Birthday Party del primo Nick Cave. La bella introduzione dell’esperto Luca Frazzi ci ricorda come Alghisi illustrasse il rock’n’roll più sporco e disturbante sin dai tempi della gloriosa rivista Bassa Fedeltà, che dovrei avere ancora da qualche parte nella soffitta di casa dei miei. Le pagine seguenti ci fanno invece vedere il tratto di un artista talentuoso e maturo, dotato di un tratto corposo che non sfigurerebbe accanto a qualche grande maestro dell’underground americano. In appendice al volume c’è anche la storia di un outsider, Sigfrido Mantovani, venditore di lamette da barba e cantastorie. Da recuperare.