“Twilight of the Bat” di Simmons & Keck

La rilettura del fumetto di supereroi in chiave underground e spesso satirica è un filone che ha sempre trovato spazio nella scena alternativa statunitense, cosa piuttosto scontata vista la rilevanza culturale, simbolica ed economica delle produzioni Marvel e Dc Comics oltreoceano. Al tempo stesso, soprattutto dalla metà degli anni ’80, si è sviluppata la tendenza a rielaborare con un approccio problematico e spesso sin troppo drammatico la figura del supereroe, a partire da due pietre miliari che ovviamente non vi devo ricordare io ma che cito giusto per chi è capitato su questo sito mentre cercava informazioni sui comici indiani, ossia The Dark Knight Returns di Frank Miller e il Watchmen di Alan Moore e Dave Gibbons. Proprio all’incrocio di queste due tendenze, una satirica l’altra iperrealistica, si pone Twilight of the Bat, un albetto di 20 pagine realizzato dal Josh Simmons di Black River, che qui pensa alla storia, e da Patrick Keck, autore invece dei disegni, e pubblicato alla fine dello scorso anno dalla casa editrice e tipografia di Seattle Cold Cube Press. E che ho ingiustamente omesso dalla mia classifica di fine anno, ma solo perché mi è arrivato troppo tardi, quando il 2017 era già bello che finito.

Per essere più specifici Twilight of the Bat si posiziona esattamente all’incrocio tra esperimenti come Coober Skeber #2, albo del 1997 targato Highwater Books in cui autori come Mat Brinkman, Brian Chippendale e Ron Regè Jr. rileggevano in un bianco e nero lontanissimo dai colori sparati dei comic-book i supereroi (Marvel in quel caso), e l’approccio problematico alla figura dell’uomo pipistrello che è stato ben sviscerato nel già citato Dark Knight di Miller, in The Killing Joke di Moore e Bolland e nell’Arkham Asylum di Grant Morrison e Dave McKean. Proprio questo sincretismo è la forza dell’albo, in sostanza un Elseworld non autorizzato capace in 20 pagine di suggestionare il lettore come capita davvero raramente, soprattutto se si tratta di un lettore come me, cresciuto con i fumetti di supereroi classici per poi passare a quelli più maturi e quindi spostarsi progressivamente verso territori completamente diversi. In un albo come Twilight of the Bat c’è tutto quello che mi è sempre piaciuto di più e soprattutto ciò che mi piace trovare oggi nei fumetti di genere, ossia un approccio alla materia consapevole, maturo, che pone delle domande ma che è anche divertente, satirico, dissacratorio e mai troppo serioso o drammatico.

Ma veniamo all’albo vero e proprio, partendo innanzitutto dal titolo, che sembra rimandare vagamente a Twilight of the Superheroes, la sceneggiatura di Alan Moore mai realizzata, e più direttamente allo stesso Mark of the Bat, un altro bootleg di Simmons (lì sia ai testi che ai disegni) sulla figura dell’uomo pipistrello. L’ambientazione è post-apocalittica, quasi un’autocitazione dell’autore al suo Black River, con un Batman ancor più vecchio di quello di The Dark Knight, ridotto a un barbone che passa le notti al freddo senza sapere cosa fare della sua vita. Suo solo compagno è il nemico per eccellenza, qui ribattezzato Joke Man, forse l’unica altra persona rimasta viva sulla terra. Batman gli dice di aver girato per mesi dopo le non meglio definite esplosioni che hanno ridotto G—— City e dintorni (o il mondo intero?) a brandelli e di non aver incontrato nessuno, e a un certo punto realizza “Everyone’s dead… Everyone except you and me”, con il Joker che gli mette una mano sulla guancia e lo bacia chiosando “We’re the luckiest boys in the world”. Ma il vecchio Bruce non si arrende e cerca disperatamente altri segni di vita, soprattutto quando una mattina trova vicino al suo giaciglio dei cupcake lasciati da non si sa bene chi, evento che accoglie con un entusiasmo persino eccessivo. Da lì in poi si sviluppano una serie di situazioni paradossali tra i due protagonisti, che includono sarcasmo, balletti, botte, amputazioni e merda. Ovviamente non vi anticipo il finale, perché vale la pena leggerlo, come vale la pena godersi i disegni di Keck, in un bianco e nero denso e a tratti suggestivo nella rappresentazione della Gotham apocalittica, mentre la padronanza delle espressioni facciali aggiunge verve satirica e assicura grosse risate. E tuttavia alla fine rimane una sensazione di amarezza, forse perché, pur nell’irrealtà dei personaggi, dei luoghi e delle situazioni, non è poi così difficile identificarsi con la disperazione esistenziale di quel Batman lì.

“M” e “N” di Andrew White

Andrew White è un cartoonist statunitense che da qualche anno continua a pubblicare con costanza e dedizione i suoi fumetti in autonomia o per piccole case editrici. Allievo della scuola di Frank Santoro nonché uno delle firme “critiche” dietro il magazine Comics Workbook, il giovane fumettista classe ’90 lavora spesso dietro costrizioni formali mai fini a se stesse ma utili per fare emergere i temi preferiti, creando una poetica intimista e riflessiva che guarda alla teoria della “griglia” fissa di Santoro e ai comics-as-poetry. Tra i suoi progetti ricordiamo per esempio While a Soft Fog Wanders, fumetto totalmente muto che lavora per associazioni di idee tra immagini di indiscutibile suggestione, il duetto letterario For Lives e Read and Erase incentrato sulla vita di Gertrude Stein, il recente All There Is ossia una fanzine che con testi, diagrammi e disegni esamina il Ganges di Kevin Huizenga. Diverse cose le trovate anche online sul suo sito internet, sul suo Tumblr e sulla piattaforma zco.mx, dove si può leggere per esempio il recente Reflections, ulteriore conferma di quanto White si interroghi come pochi altri su cosa significa fare fumetti.

Tra il 2016 e il 2017 White si è autoprodotto il dittico M e N, che ho trovato interessante tanto da decidere di portarlo in Italia distribuendolo attraverso il webshop di Just Indie Comics. Iniziamo dal primo albo del 2016, uno spillato di 44 pagine che contiene tre racconti brevi. Il primo è Clogged Drains, Forgotten Words, una storia della breve relazione tra due uomini, M appunto e Leo, i cui punti di vista vengono proposti a pagine alterne, seguendo una griglia di 12 vignette che lascia spazio ad alcune aperture rompendosi completamente nel finale. L’autore è qui bravissimo nel giustapporre le due prospettive, lasciando libero il lettore di identificarsi con la freddezza di M o con i sentimenti di Leo, prendendosi poi la responsabilità di non lasciare il finale aperto ma scegliendo nelle due tavole conclusive il punto di vista del personaggio più debole. Tutto funziona in questo breve ma intenso fumetto, a partire dai colori tenui pastello, che contribuiscono a rendere indefiniti i contorni di una vicenda ormai lontana nel tempo, fino al testo che spesso riempie intere vignette e che è denso delle suggestioni poetiche tipiche dei fumetti di White, dotato di una prosa secca e senza fronzoli capace di trasmettere emozioni.

La successiva Timeline cambia registro raccontando la vita di un uomo “che galleggia attraverso gli anni, evitando le emozioni per alleggerire il suo peso” in sole 15 tavole caratterizzate da un approccio stilistico del tutto diverso, la pagina utilizzata per disporvi liberamente finestre colorate e linee bianche, una scelta formale ancora mirata ma stavolta lontana da regole troppo stringenti.

Terzo racconto, A Long List of Good Reasons Why Not, e nuovo diverso approccio, una tendenza al caos e a volte allo scarabocchio che non ci si preoccupa di tenere a bada, utile per esprimere sentimenti contrastanti e soprattutto la difficoltà e la goffaggine nell’affrontare situazioni reali come ambientarsi in un nuovo contesto, cambiare lavoro, far accettare la propria omosessualità ai familiari. Nonostante le diverse scelte grafiche e stilistiche alla fine M è un lavoro coeso, anche grazie ai collegamenti tra i diversi episodi, con Leo che sembra quantomeno assomigliare al protagonista del secondo racconto e lo stesso M al centro del terzo insieme al collega e poi compagno Bernard.

La coppia M-Bernard è protagonista assoluta delle prime tre storie di N, gemello dell’albo precedente per pagine e formato. Difficile analizzare separatamente questo trittico, che approfondisce i temi del ritorno a casa, della famiglia, di quanto sia difficile rapportarsi e raccontarsi agli altri, a volte in maniera più metaforica – come nell’iniziale Nowhere – altre in modo più diretto, come accade in Not For Long, in cui l’incompiuto protagonista raggiunge finalmente una sorta di maturazione. Il cuore è ancor di più l’incapacità di parlare della propria omosessualità ai familiari, il tono è sempre sommesso, mai drammatico. La centrale Nightly è invece un intermezzo domestico che poco aggiunge al resto. Lo stile di queste tre storie è del tutto omogeneo, con vignette dallo sfondo monocolore che alternano verde, blu scuro e arancio con qualche variazione di tonalità.

La conclusiva Nine Billion Grains of Sand si discosta invece dal resto dell’albo utilizzando di nuovo colori pastello, linee sfocate e una griglia fissa di 2 x 3 vignette, proponendosi come gemella della prima storia di M anche nella tematica del confronto fra due personaggi e chiudendo dunque il cerchio. White sceglie di chiosare sui temi più che sulla semplice narrazione, facendoci assistere a un tentativo di ideale riscatto del personaggio deluso di Clogged Drains, Forgotten Words ma in uno scenario post-bellico, quasi astratto.

Nel complesso meno riuscito dell’albo precedente, anche per qualche passaggio a vuoto nella rappresentazione della figura umana (al momento un punto debole dell’autore, soprattutto quando decide di utilizzare un tratto più definito), N conferma comunque White come una delle voci più interessanti della scena nordamericana contemporanea, sia per contenuti che per la tenace volontà di perseguire la propria poetica al di fuori di ogni corrente e moda.

Il meglio del 2017 (forse)

Si sa che le liste di fine anno sono un esercizio stupido e i motivi sono molteplici e talmente scontati che non vale nemmeno la pena elencarli. Quest’anno avevo giurato di risparmiarmi questa simpatica tradizione ma, complice la febbre che mi ha preso a cavallo tra Natale e Capodanno, alla fine ho deciso che no, non potevo farne proprio a meno. Il mio principale rammarico è di non essere riuscito a leggere veramente tutto quello che avrei potuto e quindi ho probabilmente in libreria (o negli scatoloni, o nei cassetti della biancheria ma vabbè, questa è un’altra storia) albi o volumi ancora intonsi che avrebbero meritato di entrare in questa lista. Ma alla fine la vita va anche vissuta, non solo letta.

Dopo questa pillola di saggezza, e dopo aver ribadito come sempre che ogni lista di questo genere è innanzitutto condizionata dai pregiudizi di chi la fa (e nel mio caso dal fatto che l’86% dei fumetti che leggo sono americani), rompo il ghiaccio con due titoli decisamente fuori dal comune di due mostri sacri dei comics (e non solo), entrambi pubblicati da Fantagraphics Books. Gary Panter ha dato fine alla sua trilogia dantesca con un libro sul Paradiso che non vede però più protagonista Jimbo ma un hillbilly di nome Songy. Songy of Paradise è come i precedenti Jimbo’s Inferno e Jimbo in Purgatory un volume di grande formato ma poche pagine (si tratta di sole 32 tavole) che con illustrazioni ariose e quasi pulite per lo standard dell’autore coverizza il poema di John Milton Paradiso riconquistato. Un fumetto pazzo, apparentemente esile ma fortemente politico, che fa piazza pulita di ogni distinzione tra arte alta e bassa e dentro cui ci si perde con estrema facilità.

Altro libro che guarda oltre i confini del medium è Whatsa Paintoonist di Jerry Moriarty, sin dal titolo una fusione tra “painter” e “cartoonist”, come conferma l’alternanza tra pagine con grezzi disegni a inchiostro e splendidi dipinti a colori nella tradizione di Hopper e del realismo americano. Il volume è una sorta di testamento artistico e spirituale in cui il quasi 80enne Moriarty guarda ancora una volta alla sua storia personale e all’evento che più di tutti l’ha segnata, la morte del padre avvenuta quando il Nostro aveva soltanto 13 anni. Riletto insieme al volume del 2009 The Complete Jack Survives (raccolta delle strisce ironiche e al tempo stesso amare pubblicate su Raw negli anni ’80, purtroppo di difficile reperibilità), Whatsa Paintoonist risulta ancor più potente e fondamentale.

In un anno in cui le classifiche d’oltreoceano sono dominate da My Favorite Thing is Monsters di Emil Ferris, che personalmente mi ha lasciato più di qualche perplessità, scelgo piuttosto un’altra fumettista tra i primissimi nomi di questa lista: Everything is Flammable di Gabrielle Bell (Uncivilized Books) è uno dei suoi lavori migliori di sempre e racconta, con una maturità e una consapevolezza mai viste prima, il recente periodo in cui la protagonista-autrice si è dovuta relazionare costantemente alla madre. Una gradita conferma è Fante Bukowski Two di Noah Van Sciver (ancora Fantagraphics), molto più divertente del primo, a tratti esilarante, a volte anche profondo (ne avevo parlato brevemente qui).

Tra i tanti bei libri pubblicati da Koyama Press, ne spiccano a mio parere due: Anti-Gone di Connor Willumsen e Old Ground di Noel Freibert, che avevo letto in anteprima in pdf e di cui già vi dicevo qualcosa parlando dei 10 fumetti della Small Press Expo 2017. Se vi siete stufati di leggere sempre la stessa roba e cercate un po’ di cartooning originale qui lo troverete, con il primo dei due che in particolare riesce a sintetizzare le tendenze di tanto fumetto post-fantascientifico contemporaneo (quello, per capirci, di antologie come Mould Map #3, Dôme, Berserker o di etichette come Decadence Comics).

Oppure potreste rivolgervi all’olandese Michiel Budel e al suo Francine, di cui parlavo sempre in occasione della SPX. La raccolta delle sue “franzine” data alle stampe dall’americana Secret Acres è già un cult con la sua monella protagonista e le altrettanto dinoccolate amiche, intente a riempire le serratissime vignette di scherzi al di sopra ogni decenza, trovate assurde, stramberie metanarrative. Qualcosa di simile fa anche August Lipp nel suo Roopert, albetto uscito verso la fine dell’anno per Revival House Press, uno di quei fumetti pazzi che piacciono tanto a me, con personaggi cartoon apparentemente innocui che ne combinano di tutti i colori finendo per allagare la scuola in un fiume (letteralmente) di merda.

Altra novità di fine anno è Sunday #1, il nuovo comic-book di Olivier Schrauwen, primo capitolo del nuovo progetto del fumettista belga, che si propone questa volta di raccontare l’intera giornata del fantomatico cugino Thibault Schrauwen. Qui leggiamo soltanto cosa succede dalle 8.15 alle 10.15 quindi la strada è ancora lunga, ma già il livello è altissimo, con la solita incredibile abilità nel mettere in pagina i ghirigori mentali dei personaggi.

Mi rendo conto dalle mie scelte che preferisco sempre più i fumetti con una logica tutta loro, autoreferenziali, chiusi in se stessi. E allora come posso non citare Iceland di Yuichi Yokoyama, che Retrofit Comics ha meritevolmente proposto al pubblico americano? L’enigmatica storia ambientata tra i ghiacci crea suspense, costruisce mistero e regala un paio di sequenze cinematiche da ascrivere agli annali. Ah, per chiudere, dopo un giapponese, ecco un messicano, ossia Abraham Diaz, che quest’anno ha fatto anche una puntata in Italia. Tempo fa avevo parlato del suo Suicida, ora alcuni di quei fumetti, insieme ad altro materiale, sono stati pubblicati dalla spagnola Ediciones Valientes in Tonto, un volume bilingue pirotecnico per scelte grafiche e tipografiche, che rende giustizia agli sberleffi underground e alle linee impazzite dell’autore.

Veniamo adesso alle antologie. La migliore dell’anno viene ancora dai francesi di Lagon, che se all’inizio del 2016 ci avevano deliziato con Dôme, nel gennaio scorso hanno fatto uscire Gouffre, 300 pagine di roba talmente bella che fate prima a vederla qui. Il 2017 ha segnato anche il debutto della nuova antologia della Fantagraphics, Now, il cui #1 ha mantenuto le promesse grazie a nomi noti e meno noti (per la cronaca i due lavori più significativi all’interno mi sembrano quelli di J.C. Menu e Noah Van Sciver). E speriamo che il livello qualitativo continui a crescere nei prossimi numeri, dato che nel 2018 dovremmo vederne ben tre.

Non so se possa essere considerato giusto mettere una raccolta di materiale pubblicato tra il 2015 e il 2016 in questa lista, ma The Best American Comics 2017 è per larghi tratti una vera bomba e il perché l’ho spiegato in questo post. A proposito di raccolte di materiale già pubblicato, la citazione è d’obbligo per l’operazione da vero archeologo del self-publishing messa in piedi da John Porcellino, che ha ristampato gli oscuri e ormai introvabili primi numeri della fanzine di Jenny Zervakis nel volume The Complete Strange Growths 1991-1997. Anche di questo avevo già parlato in un’apposita recensione. Archeologia transcontinentale è invece quella della New York Review Comics che ha recuperato i fumetti risalenti agli anni ’70 della francese Nicole Claveloux dandogli meritata pubblicazione oltreoceano. The Green Hand and Other Stories, con grafica e introduzione di Daniel Clowes, è particolarmente rilevante per la storia che gli dà il titolo, scritta dalla fumettista insieme a Edith Zha e pietra miliare del fumetto onirico/psichedelico/introspettivo.

Infine, come non citare Monograph di Chris Ware? Il volume formato gigante (ma davvero gigante, dato che pesa più di 3 kg ed è alto quasi 50 cm) è più un libro sui fumetti che un’antologia vera e propria ma va da sé che non può mancare nella collezione di qualsiasi appassionato di Ware con i suoi dietro le quinte, le riflessioni, gli inediti, gli sketch, le foto, gli estratti e addirittura gli inserti in formato mini-comic.

Siamo dunque arrivati a 17 fumetti e qui mi fermo, perchè 17 per il 2017 è perfetto per me che sono un amante della simmetria. Ma non è finita qui, perché il dovere mi impone di dare un’occhiata anche a quanto successo in Italia. Non sono un patriota né l’esperto numero uno dell’editoria nostrana quindi se dimentico qualcosa, cari amici in ascolto, abbiate pietà. E se c’è un’altra cosa di cui non sono esperto è il fumetto giapponese, ma su internet ognuno può dire la sua e quindi ne approfitto per dichiarare che l’evento editoriale dell’anno è stata la pubblicazione da parte di Canicola de L’uomo senza talento di Yoshiharu Tsuge, semplicemente un capolavoro del fumetto di sempre. Punto. Altre due operazioni editoriali degne di nota sono state poi le traduzioni di due fumetti che erano nei miei Best Of degli anni passati (rispettivamente 2014 e 2015) e a cui ho dedicato più di qualche riflessione da queste parti, ossia I dilettanti di Conor Stechschulte portato in Italia da 001 Edizioni e Colville di Steven Gilbert pubblicato da Coconino Press. Già dovreste sapere tutto ma ai più disattenti segnalo l’intervista a Stechschulte pubblicata in occasione della sua mostra al BilBOlbul di quest’anno, la recensione di Colville scritta a suo tempo da Ratigher su queste pagine e l’intervista a Gilbert che di recente ho tradotto in italiano. Se non li avete ancora letti, prima pentitevi e poi correte in edicola. E a proposito di BilBOlbul, a Bologna quest’anno c’era anche una ricchissima mostra dedicata al belga Eric Lambé, autore insieme a Philippe de Pierpont di Paesaggio dopo la battaglia, libro che sembra nelle premesse eccessivamente melodrammatico (cosa che spesso mi tiene a debita distanza) ma che invece traduce la tensione in un paesaggio interiore di indiscutibile bellezza, profondità e simbolico mistero, risultando tutt’altro che scontato e consolatorio. Da non perdere, sperando che sia il primo di tanti libri Frémok ad arrivare qui da noi, perché se c’è un editore che ha spinto il fumetto europeo oltre i suoi limiti è senz’altro questo (va detto a onor di cronaca che Paysage era una coproduzione con Actes Sud).

Sempre Coconino, che difficilmente poteva iniziare meglio il suo nuovo corso editoriale, ha dato luogo a un paio di operazioni di recupero davvero notevoli, prima ristampando, con l’aggiunta di inediti mai visti in Italia, le Storie di David Mazzucchelli risalenti ai tempi di Rubber Blanket (e una raccolta del genere non ce l’hanno nemmeno negli USA), poi portando finalmente da noi Patrice Killoffer con 676 apparizioni di Killoffer, che qui definivo “un viaggio dentro la paranoia, la misoginia e le ossessioni del protagonista rappresentato con un susseguirsi di trovate grafiche geniali”.

Visto che siamo in tema di recuperi, come non citare anche il primo volume dell’American Flagg! di Howard Chaykin, che torna in Italia dopo la prima pubblicazione sulla storica All American Comics della Comic Art? Se pensate che Frank Miller con The Dark Knight Returns si sia inventato tutto ma proprio tutto tutto, guardate e leggete questa roba qui e poi ne riparliamo. Ah, certo, la carta scelta da Editoriale Cosmo per l’edizione non è il massimo e il volume dopo un po’ sembra il mare della California ma vabbè, devo dire che si è visto di peggio. E’ invece un’edizione identica all’originale quella di Oblomov per Quimby The Mouse di Chris Ware, che raccoglie materiale dei primi anni ’90 tratto da Acme Novelty Library e da altre pubblicazioni in cui l’autore unisce la solita passione per introduzioni magniloquenti, colophon interminabili e false pubblicità con memorie di infanzia e riletture di genere, utilizzando uno stile ripreso per lo più dalle strip alla Krazy Kat ed elevato a pura ingegneria a fumetti. Peccato per qualche refuso di troppo, che non compromette la lettura ma che comunque sarebbe stato meglio evitare in un’edizione di tale pregio.

Ok, mi rendo conto di non aver scelto nemmeno un titolo di autori italiani ma non è stato a mio parere un grande anno per le opere made in Italy, o forse sono io che in quasi tutte quelle che ho letto ho trovato motivi di insoddisfazione. Due per me sono nettamente una spanna sopra le altre, e si distinguono per aver scelto modi altri per raccontare una storia, al di fuori di ogni tentazione di linearità (e a volte banalità). The Rust Kingdom di Spugna, edito da Hollow Press e già segnalato tra i 10 fumetti di Lucca Comics, è una potente mazzata in stile cartoon underground in cui l’autore si fa strada tra pezzi di carne maciullata per costruire un’avvincente trama post-fantasy con tanto di colpo di scena finale.

Cry Me a River di Alice Socal, edito da Coconino, è a sua volta un libro chiuso in se stesso, che si concentra però non sui corpi ma sulle emozioni dei protagonisti, una coppia colta nel momento della fine dell’amore. La sofferenza e le lacrime si trasformano in splendidi e visionari disegni, in un’opera che ci ricorda quello che si può fare con il fumetto. E a questo punto è tutto, buon 2018 e saluti a casa.

Torna il Buyers Club con “Now” #1

La terza edizione del Just Indie Comics Buyers Club si apre con il primo numero di Now, l’antologia pubblicata da Fantagraphics che al suo debutto mette insieme il meglio del fumetto americano e non solo, con sostanziosi contributi di autori come Eleanor Davis, Dash Shaw, J.C. Menu, Noah Van Sciver, Tommi Parrish, Daria Tessler, Malachi Ward & Matt Sheean, Antoine Cossé e fugaci apparizioni di fuoriclasse come Sammy Harkham e Gabrielle Bell. “Voglio realizzare un’antologia che sembri invitante per un lettore occasionale di fumetti ma che al tempo stesso lo sfidi man mano che va più a fondo – scrive l’editor Eric Reynolds nell’introduzione – Voglio promuovere un revival della storia breve nell’era dei graphic novel. Voglio dare spazio a una raccolta di cartoonist e di fumetti più eterogenea possibile, una che fornisca un ampio spettro di ciò che il medium è in grado di offrire”. Una missione, questa, che è facilmente assimilabile a quella del Buyers Club, ossia dare diffusione a segni, storie, stili e generi che si vedono poco in Italia, favorendo il buon vecchio comic book, o anche l’antologia appunto, rispetto al più inflazionato formato del graphic novel.

Per chi ancora non lo sapesse, il Just Indie Comics Buyers Club è un abbonamento che ho lanciato nel 2016 per sostenere il negozio on line in cui distribuisco materiale americano difficilmente reperibile in Europa, oltre che vari prodotti italiani ed europei di case editrici e micro-realtà a me affini. La formula è la stessa degli anni passati e dunque mi limito a ribadire quanto già detto. Chi aderirà entro il prossimo 10 gennaio riceverà uno o due fumetti ogni tre mesi, a seconda della tipologia di abbonamento scelto, e avrà inoltre diritto a uno sconto del 10% su tutto il materiale ordinato dal sito nel corso del 2018 tramite un apposito codice promozionale che verrà comunicato via mail. La prima spedizione sarà a gennaio, le successive ad aprile, luglio e ottobre. I fumetti saranno per lo più americani, a volte europei, ma sempre e comunque in lingua inglese. Come accennato, esistono due soluzioni per aderire al Just Indie Comics Buyers Club. La prima, quella più economica, viene 40 euro e dà diritto a ricevere un albo a trimestre, spese di spedizione tramite piego di libri ordinario incluse. La seconda, che invece è la versione estesa dell’abbonamento, consentirà di avere in ogni invio due fumetti, per un totale di otto albi annui, e costa 70 euro, con la spedizione sempre inclusa. Se invece della spedizione ordinaria preferite quella tracciata tramite raccomandata, basta segnalarlo al momento del checkout dell’ordine, anche se chiaramente ci sarà un surplus da pagare.

Come lo scorso anno, i fumetti della formula Small saranno uguali per tutti e verranno annunciati e presentati sul sito. I sottoscrittori Large avranno lo stesso fumetto degli Small più un altro che potrà variare da abbonato ad abbonato. Potrete trovare degli spillati di piccolo o grande formato, volumi, volumetti, antologie, tabloid e così via, pubblicati da piccole case editrici indipendenti o autoprodotti. E ovviamente sono aperto a vostri suggerimenti, richieste e idee di ogni tipo o quasi.

Per farvi capire qual è il materiale che vi aspetta se decidete di entrare nel club, ecco il dettaglio dei fumetti inviati durante questo 2017. Blammo #9 di Noah Van Sciver, Get Out Your Hankies di Gabrielle Bell, Our Mother di Luke Howard e i mini kuš! #55-58 a firma GG, Andrés Magán, Evangelos Androutsopoulos e Patrick Kyle sono stati gli albi spediti a tutti. Quelli variabili per gli abbonati formato Large sono stati invece Harold di Antoine Cossé, Hellbound Lifestyle di Alabaster Pizzo e Kaeleigh Forsyth, King-Cat #77 di John Porcellino, l’antologia The Black Hood, Lovers in the Garden di Anya Davidson, Dark Tomato di Sakura Maku, Space Basket di Jonathan Petersen, Tintering di Conor Stechschulte, World in the Forcefield di Alexander Tucker, Freddy Stories di Melissa Mendes, Libby’s Dad di Eleanor Davis, Port Stanley di Steven Gilbert, Face Man di Clara Bessijelle.

Qui sotto trovate i link per abbonarvi. Ripeto, se vi interessa affrettatevi perché sarà possibile aderire SOLTANTO FINO AL 10/01/2018. L’offerta con queste modalità è valida per i soli residenti in Italia, se invece siete residenti all’estero e siete interessati potete contattarmi a justindiecomics [at] gmail [dot] com e vedrò cosa si può fare.

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L’underground al Borda!Fest

Un viaggio nell’underground di una volta a un festival che è underground, ancor prima che nei contenuti, nel luogo e nei tempi, dato che prende vita sotto le mura di Lucca, al Baluardo San Martino, e perché ha la faccia tosta di programmarsi ogni anno in concomitanza con il Festival dei Fumetti in Italia, ossia Lucca Comics. Per il primo anno Just Indie Comics sarà al Borda!Fest e lo farà con una selezione delle solite pubblicazioni vecchie, nuove, italiane e straniere che più o meno già conoscete se seguite questo sito e se date ogni tanto un’occhiata allo shop on line, ma non solo… In esclusiva per il Borda! ho infatti pensato di portare in Italia qualche chicca dell’underground statunitense degli anni andati, riviste e comic-book che rappresentano in qualche modo la storia di un genere, anche se è davvero riduttivo definirlo tale. Per lo più si tratta di spillati che propongono con orgoglio l’ormai poco commerciale format dell’antologia, che invece tanto piace agli appassionati, mentre in un paio di  casi siamo di fronte a recuperi d’epoca di mostri sacri del fumetto a stelle e strisce. Ma prima di vedere di cosa si tratta una COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: il Borda! si terrà dal 2 al 5 novembre ma io potrò esserci soltanto venerdì 3 e sabato 4 dalle 14 alle 20, quindi se vi interessa trovare il materiale di Just Indie Comics fatevi vedere in quei giorni, a quell’ora e soprattutto in quel posto… Per i dettagli sulla manifestazione vi rimando invece alla pagina Facebook e al sito dell’edizione 2017. E ora possiamo cominciare…

Zap Comix #7 – Non si tratta della prima edizione, ovviamente diventata oggetto da collezione, ma di una ristampa di Zap Comix, la rivista lanciata da Robert Crumb nel 1968 e diventata il motore della rivoluzione underground. Questa settima uscita risale al 1974 e mette insieme lavori di S. Clay Wilson, Spain Rodriguez, Gilbert Shelton, Rick Griffin e Victor Moscoso, oltre allo stesso Crumb che partecipa con Mr. Natural meets “The Kid” e l’autoironica R. Crumb presents R. Crumb.

Wimmen’s Comix #7 – Se Zap sconfiggeva i luoghi comuni sul fumetto proponendo contenuti diversi da quelli a cui era abituato il pubblico mainstream, con Wimmen’s Comix si andava anche oltre, superando le usuali convenzioni di genere. Zap era infatti innovativo, trasgressivo, rivoluzionario ma i suoi autori erano tutti… uomini. C’era dunque bisogno di fumetti che rappresentassero com’erano le donne degli anni ’70 e che non avessero paura di mettere in primo piano la loro sessualità. Tra le collaboratrici di questo numero 7, datato 1976, troviamo Joyce Farmer, Terry Richards, Dot Bucher, la Roberta Gregory nota per la serie anni ’90 Naughty Bits e  Melinda Gebbie, poi diventata collaboratrice (Lost Girls, Cobweb) nonché moglie di Alan Moore.

Hup #1 – Qui siamo davanti a una rarità, perché questo non è un albo facilissimo da trovare in giro. Si tratta della prima edizione di Hup di Robert Crumb, spillato edito da Last Gasp nel 1987 e che raccoglie alcune storie del Nostro al meglio delle sue capacità artistiche, con uno stile che negli anni si è fatto ricco, dettagliato, elegante. Dentro ci trovate i Rough-Tuff Cream-Puffs, Mr. Natural e i ben noti “troubles with women”. Insomma, un pezzo di storia del fumetto nella sua forma originale.

Weirdo #20Weirdo è stata tra gli anni ’80 e i primi ’90 la sorella di Zap Comix, alternando come editor lo stesso Crumb, Peter Bagge e Aline Kominsky-Crumb ma proponendo, accanto ai soliti noti, autori promettenti che sarebbero diventati famosi di lì a breve. Questa ventesima uscita, datata nuovamente 1987, presenta un ricco cast composto tra gli altri da Dori Seda, Mary Fleener, Mark Zingarelli, la stessa Aline Kominsky-Crumb e ovviamente suo marito, autore della copertina e del cult Footsy, incentrato sulla sua passione per i piedi femminili.

Young Lust #8 – Facciamo un salto negli anni ’90 per arrivare all’ultimo numero di un’altra storica antologia, dedita alla rilettura in chiave underground dei temi dei romance comics. Questa ottava uscita, datata 1993, è l’ultima della serie e nasconde dietro una bella cover di un giovane Daniel Clowes contributi dell’editor Jay Kinney, Bill Griffith, Spain e di un certo Charles Burns, autore di una pagina dal titolo Love Diary che parte dalla sua passione per le storie d’amore anni ’50 per anticipare le trovate dei lavori futuri.

 

Mr. A #2 – E ora un passo indietro nel tempo con un albo che poco c’entra con i precedenti. Outsider del fumetto per eccellenza, dopo aver rotto con la Marvel Steve Ditko si dedicò alla collaborazione con case editrici come Charlton, Warren e Dc Comics. Nel frattempo creò anche il personaggio di Mr. A, territorio per sviluppare le sue idee filosofiche, che riprendevano la teoria dell’oggettivismo di Ayn Rand. Qui il secondo numero datato 1976, pieno di vignette densissime di testo e caratterizzate dal tratto inconfondibile di Ditko.

10 fumetti da sfogliare a Lucca Comics

In extremis, come già hanno fatto tutti i i più prestigiosi siti d’informazione, propongo anche io la mia breve e sintetica lista dei fumetti da sfogliare a Lucca Comics. Dico “da sfogliare” e non “da comprare” perché, se c’è una cosa che ho imparato nella vita, è che SFOGLIARE E’ GRATIS COMPRARE COSTA. I titoli sono ordinati in rigoroso ordine alfabetico e sono tutte novità dell’ultima ora tranne un paio di volumi già usciti da qualche settimana ma su cui mi è sembrato il caso di soffermarsi. Buona lettura.

 

133 – One Dirty Tree (Oblomov Edizioni) – Un nuovo fumetto di Noah Van Sciver visto solo su Patreon e pubblicato in esclusiva da Oblomov, grande colpo per la nuova casa editrice di Igort, che arriva a Lucca con una quantità impressionante di novità. L’autore di Blammo e Fante Bukowski guarda alla sua gioventù, alla storia della sua famiglia e a una relazione finita in quello che si annuncia come un romanzo di formazione a fumetti. Da non perdere anche perché su carta è un inedito assoluto, senza ancora alcun piano di pubblicazione negli Stati Uniti.

676 apparizioni di Killoffer (Coconino Press) – Una recensione che lessi non mi ricordo bene dove definiva questo libro “come se Tarantino avesse scritto L’apprendista stregone di Walt Disney”. Difficile trovare parole migliori per raccontare a grandi linee questo fumetto, primo di Patrice Killoffer ad arrivare in Italia. Unico nel suo genere, è un viaggio dentro la paranoia, la misoginia e le ossessioni del protagonista rappresentato con un susseguirsi di trovate grafiche geniali.

American Flagg vol. 1 (Editoriale Cosmo) – Arriva quello che dovrebbe essere il primo volume della ristampa integrale dell’American Flagg di Howard Chaykin, un’iniziativa editoriale che se rispettasse le sue promesse sarebbe a dir poco lodevole, dato che una riedizione completa di questa serie distopica anni ’80 non esiste nemmeno negli Stati Uniti. Da verificare prima dell’acquisto la qualità dell’edizione, perché la carta e la stampa scelte da Editoriale Cosmo non sempre hanno convinto.

Collezione Crumb Vol. 4 – Mr. Natural (Comicon Edizioni) – Quasi trecento pagine tutte dedicate a Mr. Natural nel quarto volume della Collezione Crumb, che debuttò proprio a Lucca tre anni fa alla presenza dell’autore. Da allora le uscite procedono a rilento ma procedono, e dopotutto è questo che importa. Tuffatevi nel pazzo mondo hippy del mistico filosofo fricchettone cialtrone più undeground di tutti i tempi.

Drinking at the Movies (Eris Edizioni) – Dopo i libri di Michael DeForge e Jesse Jacobs, continua la collaborazione di Eris con la casa editrice canadese Koyama Press. Ad arrivare in Italia è stavolta Drinking at the Movies di Julia Wertz, autrice che rappresenta una delle voci più interessanti dell’autobiografia a fumetti contemporanea, oltreché abilissima illustratrice della New York meno convenzionale, come testimonia la recente raccolta Tenements, Towers & Trash. E New York è protagonista anche di questo volumetto, che racconta il trasferimento dalla familiare San Francisco alle strade sconosciute della Grande Mela, tra lavori sfigati, appartamenti luridi, sbronze e via dicendo. Insomma, il solito pacchetto ma fatto bene.

The End of the Fucking World (001 Edizioni) – Qualche copia si era vista in sordina già al Treviso Comic Book Festival, ma Lucca dà di nuovo modo di sottolineare la coraggiosa operazione di 001, che porta in Italia l’opera di esordio di Charles Forsman. Uscito prima sotto forma di mini-comics autoprodotti e poi raccolto in volume da Fantagraphics, TEOTFW è un romanzo di formazione del tutto maturo sul piano della forma quanto spiazzante per i contenuti, in cui il passaggio dall’intimismo all’anaffettività fino alla violenza brutale avviene in un batter di ciglia.

Paesaggio dopo la battaglia (Coconino Press) – Capisco più di X-Men che di fumetto belga, ma questo volume targato Fremok che ha vinto il Fauve d’Or ad Angoulême 2017 si preannuncia visivamente affascinante quanto formalmente interessante. Vale la pena sicuramente darci un’occhiata, anche perché il disegnatore Éric Lambé (autore dell’opera insieme allo sceneggiatore Philippe de Pierpont) sarà ospite con una mostra al prossimo BilBOlbul.

Psycho (Eris Edizioni) – Dopo la mostra vista a Carrara, Roma e Macerata, torna anche in libreria l’arte del Prof. Bad Trip. Psycho è il primo di una serie di volumi annunciati da Eris e presenta, oltre al fumetto omonimo, la storia breve Kathodic Karma e un testo critico di Vittore Baroni. Il volume è disponibile anche in un’edizione limitata di 250 copie con copertina serigrafata da Stranedizioni.

Quimby The Mouse (Oblomov Edizioni) – In attesa di vedere Building Stories, da tempo annunciato per Bao, ci pensa Oblomov a pubblicare finalmente in Italia un’altra opera di Chris Ware. Quello dedicato al topo Quimby è un volume oversize che raccoglie materiale dei primi anni ’90 tratto da Acme Novelty Library e da altre pubblicazioni, in cui Ware riprende lo stile delle strip alla Krazy Kat rendendolo dettagliatissimo. Esistenzialismo e perfezionismo vanno a braccetto in un dualismo talmente riuscito da risultare – almeno per me – inquietante.

The Rust Kingdom (Hollow Press) – Il nuovo libro di Spugna, secondo lavoro sulla lunga distanza dopo Una brutta storia del 2014, ha debuttato già al Treviso Comic Book Festival con tanto di mostra di tavole originali ma qui è il caso di tornarci perché in Italia trovare un fumetto così è raro. E per “così” intendo un fumetto che rifiuta ogni forma di realismo per chiudersi nel suo mondo fatto di carne macellata, in cui tra un taglio d’ascia e uno di spada si insinua un plot che smorza con spirito nichilista le suggestioni fantasy. E l’autore si conferma anche maestro dei finali a sorpresa, cosa non certo da tutti.

“The Best American Comics 2017”

Saltata la recensione del volume dello scorso anno, torno a occuparmi su queste pagine di The Best American Comics, la serie edita da Houghton Mifflin Harcourt di cui ho già parlato in questo post a proposito dell’edizione 2015. Se non sapete di cosa si tratta, vi rimando appunto all’articolo di due anni fa per una spiegazione dettagliata del progetto. Qui mi limito a dirvi brevemente che la collana è sempre coordinata da Bill Kartalopoulos, che l’editor di quest’anno è Ben Katchor e che questo sostanzioso hardcover di quasi 400 pagine riunisce, secondo la visione dei curatori, i migliori fumetti di cartoonist americani che hanno visto la luce – in forme e modi differenti – tra il primo settembre 2015 e il 31 agosto 2016. Sì, perché non si tratta solo di fumetti cartacei, dato che The Best American Comics guarda anche al mondo del web e, soprattutto, a quello dell’arte, sviluppando ancor più che in passato – a quanto sembra per precisa volontà di Katchor – quel filone dei paracomics di cui fanno parte opere con la sembianza di fumetti ma destinate ad altro tipo di fruizione. Se aggiungiamo che i lavori selezionati snobbano in toto le major dell’editoria (non c’è nemmeno una pagina di un prodotto Marvel, Dc, Image ecc.) e sono spesso tratti da riviste, mini di difficile reperibilità o fanzine autoprodotte, viene fuori che il volume non è solo l’occasione per fare i conti con lo stato del fumetto americano oggi, ma anche un modo per conoscere nuovo materiale per chi quel tipo di fumetto lì lo segue abitualmente. Ed è apprezzabile che un prodotto del genere arrivi in pompa magna sugli scaffali delle librerie generaliste, portando agli occhi del grande pubblico contenuti particolari, sperimentali, bizzarri che diventano nella loro alterità un inno alla libertà di espressione e di pensiero, come ricordano l’introduzione di Kartalopoulos e l’amaramente post-orwelliana copertina di Matthew Thurber.

Tra i nomi di questo The Best American Comics 2017 ci sono mostri sacri del fumetto americano (Gary Panter, Kim Deitch, Joe Sacco, Bill Griffith), autori più giovani dei precedenti ma ormai ben noti al grande pubblico (Ed Piskor, Michael DeForge, Gabrielle Bell, Patrick Kyle, Matthew Thurber), fumettisti di nicchia ma con una storia editoriale già alle spalle (Sam Alden, Conor Stechschulte, Josh Bayer), cartoonist che vengono dal mondo dell’autoproduzione (Mike Taylor, Lale Westvind, John Hankiewicz), nuove promesse (Sienna Cittadino, Sami Alwani, Laura Pallmall), artisti che hanno esposto in gallerie o spazi culturali (Gerone Spruill, Oscar Azmitia, William Tyler). Difficili citarli tutti, perché i nomi coinvolti sono veramente tanti, così mi limito a fare una veloce rassegna dei miei lavori preferiti tra quelli pubblicati.

Gary Panter, The Future of Art 25 Years Hence – Un fumetto di Gary Panter che sarà sfuggito ai più, otto pagine a colori tratte dal #181 dell’antologia frieze. Una riflessione sull’arte, il reale, il virtuale, l’analogico, il digitale e molto altro ancora, resa sotto forma di dialogo tra tre personaggi “storti”.

Deb Sokolow, Willem de Kooning. – Ispirata da una serie di aneddoti su De Kooning, quest’opera pubblicata dall’artista chicagoana in un’edizione limitata di sole tre copie unisce didascalie e diagrammi dando vita a un interessante esempio di fumetto astratto.

Lale Westvind, The Kanibul Ball – Pur non rappresentando la migliore uscita della serie, Kramers Ergot #9 conteneva materiale di ottima fattura ed è qui presente con ben tre estratti. Tra questi è doveroso segnalare The Kanibul Ball, un rituale rappresentato da Lale Westvind con colori caldi e sequenze psichedeliche.

Oscar Azmitia, Good Haven High – Azmitia ha la sindrome di Asperger, è cresciuto in un contesto fortemente religioso e realizza questi gustosi quadri naif con episodi tratti dalla vita scolastica.

Mike Taylor, Ranchero – Da anni autore della fanzine Late Era Clash, Mike Taylor disegna con le sue linee generose ed elaborate le vicissitudini di due ragazze adolescenti in una piccola cittadina della Florida, tra magliette dei Metallica, centri commerciali, le attenzioni dei ragazzi più grandi e quelle – non richieste – dei genitori.

Matthew Thurber, Kill Thurber – Altra storia dall’ultimo Kramers Ergot. Thurber divide la pagina alternando due diversi piani temporali ma solo alla fine si capisce ciò che sta succedendo… Geniale, prende spunto dall’omonimia tra l’autore di 1-800-MICE e James Grover Thurber.

Sam Alden, Test of Loyalty – Da prolificissimo autore di fumetti on line e cartacei, Alden ha negli ultimi anni centellinato le sue produzioni a causa dell’esperienza ad Adventure Time. Vista sul sito Hazlitt ma con le matite – stavolta colorate – sempre al loro posto, Test of Loyalty è una storia futuristica ma non troppo su un’operatrice cinematografica rimasta senza permesso di soggiorno.

Conor Stechschulte, Generous Bosom #2 (Excerpt) – In ogni volume di The Best American Comics è immancabile qualche estratto da opere lunghe, soluzione che poco lascia al lettore ma che è a conti fatti inevitabile. Questo brano di Stechschulte, un flashback tratto dal secondo (e al momento ancora ultimo) numero della sua serie Breakdown Press, fa il suo effetto anche fuori dal contesto originale.

Sami Alwani, The Dead Father – Tredici pagine in cui uno stile da illustrazione per bambini diventa inquietante fino a sintonizzarsi con un testo denso, complesso e sfaccettato, capace di raccontare un rapporto padre-figlio e una vita intera. Un “grande romanzo americano” da leggere e rileggere.

Laura Pallmall, Picaresque – Realizzato per la Comics Workbook Composition Competition 2015, Picaresque mette in scena le squallide vicissitudini di un balordo qualsiasi in un sobborgo come tanti altri. La rigida griglia di nove vignette per pagina non riesce a contenere né la grezza spontaneità delle matite né il male di vivere dei personaggi.

JICBC PT. 4 – “MINI KUŠ!” #55-58

Quattro fumetti per la quarta e ultima spedizione del Just Indie Comics Buyers Club 2017. Tra qualche giorno gli abbonati troveranno infatti nella loro cassetta delle lettere non un solo albo ma tutti e quattro gli ultimi mini kuš!, ossia gli spillati formato A6 che nascono come spin-off della rivista lettone š! e che contengono storie brevi e autoconclusive di autori internazionali. Di kuš! ho parlato più e più volte su queste pagine e anche altrove, dunque non vi sto nuovamente a raccontare la storia e il progetto di questo editore lettone che è ormai ben noto al pubblico italiano, dato che negli ultimi tempi è stato ospite di diverse manifestazioni nostrane, tra cui l’ultimo Treviso Comic Book Festival.

A inaugurare l’ultima tornata di mini kuš! è l’uscita #55, Valley dell’artista canadese GG, di cui avevo parlato brevemente qui in occasione della pubblicazione on line del suo A Mysterious Process. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, il tratto di GG si è ingentilito (anche troppo per i miei gusti) e le tematiche sono diventate più intimiste, come testimonia il suo I’m Not Here edito di recente da Koyama Press. Valley prosegue questo nuovo tracciato raccontando le vicissitudini di una ragazza che va a cercare un gruppo di amici disperso tra le montagne. E una volta lì ci mette poco a perdersi a sua volta, in mezzo alla natura ma anche dentro se stessa.

Nell’albo di GG c’è un elemento misterioso, quasi da realismo magico, che scoprirete leggendo e che dona al tutto un’aura di mistero. Lo stesso discorso vale anche per gli altri mini del lotto, dove c’è sempre qualcosa di enigmatico, insondabile, difficilmente comprensibile o diversamente interpretabile, una soluzione ideale per espandere nella mente del lettore una storia di sole 24 pagine. A Friend, il mini kuš! #56 a firma Andrés Magán, è esempio calzante di questa tendenza, dato che fa diventare straordinaria una vicenda del tutto ordinaria, ossia quella di un uomo che ha perso il suo cane. A differenza di GG però, qui l’elemento inspiegabile non serve a raccontare il vissuto dei personaggi ma è utilizzato con piglio surrealista per giocare con le regole del fumetto e della rappresentazione in genere.

Ciò che mettono in dubbio i due mini visti finora è lo sguardo del protagonista, che si unisce a quello del narratore rendendo la pagina disegnata quanto meno poco attendibile. E sulle storie, e la loro veridicità, lavora anche Eviction di Evangelos Androutsopoulos. A prima vista poco attraente per il tratto legnoso e i colori severi, il mini kuš! #56 racconta l’occupazione di un fabbricato in riva al mare, mescolando personale e politico, con un approccio che mi ha ricordato per molti versi Avventure sull’isola deserta di Maciej Sieńczyk, visto qualche anno fa in Italia per Canicola. Non c’è niente di modaiolo in queste vignette, ed è davvero meglio così.

L’elemento misterioso di cui si parlava prima diventa persino criptico nel lavoro di Patrick Kyle, senz’altro il nome più noto tra gli autori citati. Anche lui canadese come GG, ha di recente pubblicato ancora per Koyama Press l’antologia personale Everywhere Disappeared, in cui potrebbe essere facilmente inserita questa Night Door. Scordatevi il Kyle narratore dell’eccellente Distance Mover, perché il nostro sviluppa nelle sue storie brevi un approccio sperimentale che fa leva sull’intuito del lettore, invitato a farsi strada tra strutture geometriche in cui si muovono figure sinuose tra l’umano e l’animale. Totalmente muto, il mini kuš! #57 è un piccolo oggetto che, come diceva qualcuno, renderà il vostro salotto un grande protagonista del ‘900. E a questo punto buona lettura.

Just Indie Comics al Treviso Comic Book Festival

L’ampia selezione di fumetti internazionali di Just Indie Comics arriva anche quest’anno al Treviso Comic Book Festival, una delle rassegne dedicate al fumetto più interessanti d’Italia e che per il 2017 ha allestito un programma ambizioso ricco di ospiti internazionali, a partire da Jesse Jacobs, protagonista della mostra Cosmogonia e autore della locandina. In occasione della mostra mercato del 23 e 24 settembre troverete al tavolo di Just Indie Comics non solo il materiale già disponibile nel webshop ma anche, in esclusiva per il TCBF e in anteprima italiana, tutte le nuove uscite dell’inglese Breakdown Press, che in concomitanza con il Safari Festival di Londra dello scorso agosto ha pubblicato una lista di fumetti impressionante per quantità e qualità.

Le novità più corpose sono senz’altro Good News Bible di Shaky Kane, volume extra-size che raccoglie tutti i lavori dell’artista britannico per la rivista Deadline, e Showtime, nuovo graphic novel di Antoine Cossé, di cui saranno disponibili anche la raccolta Palace 0 e la ristampa della storia breve Nwai.

“Good News Bible” di Shaky Kane

“Showtime” di Antoine Cossé

Altra importante novità è il lancio di una nuova rivista di fantascienza, Berserker, che debutta con un primo numero che propone un approccio tutt’altro che classico al genere con articoli, interviste, illustrazioni e ovviamente fumetti a firma Anya Davidson, Lando, Lane Milburn, Benjamin Marra, Jon Chandler. Da segnalare tra le altre cose un’intervista di Sammy Harkham all’artista Robert Beatty e un bell’approfondimento di Jamie Sutcliffe sulla space-opera Galactic Nightmare di Alan Jefferson.

Anya Davidson da “Berserker” #1

Conditioner è invece una raccolta di tre storie di Liam Cobb, che con Breakdown aveva già pubblicato The Fever Closing. Lo stile di Cobb è nel solco di una tendenza contemporanea che al rigore della composizione, quasi architettonico, unisce suggestioni irrazionali.

“Conditioner” di Liam Cobb

Altro titolo è il quarto numero di Windowpane di Joe Kessler, ideale seguito del precedente di cui non riprende però esplicitamente personaggi e trama – sempre astratti nei fumetti del britannico – per richiamarne invece scelte stilistiche e tematiche.

“Windowpane” #4 di Joe Kessler

E anche il Klaus di Richard Short, visto in Italia su Linus, prosegue la sua marcia con un terzo numero pieno di strisce e di guest star come il nostro Fabio Tonetto, Lando, Anna Haifisch e altri.

“Klaus” #3 di Richard Short

Oltre ai titoli di Breakdown troverete al tavolo di Just Indie Comics altre esclusive per il TCBF, come i numeri dal 3 al 6 del Crickets di Sammy Harkham con l’inizio e lo sviluppo della storyline Blood of the Virgin, una selezione di numeri arretrati del King-Cat di John Porcellino e altro ancora.

“Crickets” #6 di Sammy Harkham

“King-Cat” #70 di John Porcellino

E non mancheranno ovviamente i fumetti già disponibili sul sito, dalle ultime uscite Retrofit Comics (Iceland di Yuichi Yokoyama, How To Be Alive di Tara Booth, Steam Clean di Laura Ķeniņš, Combed Clap of Thunder di Zach Hazard Vaupen) all’ultima autoproduzione di Conor Stechschulte Tintering, dal volume The Complete Strange Growths 1991-1997 di Jenny Zervakis (ne ho parlato in questo post) ai comic-book di Noah Van Sciver Blammo #9 e My Hot Date.

“How To Be Alive” di Tara Booth

“Tintering” di Conor Stechschulte

Chiudo la lista segnalandovi infine i fumetti di Diego Lazzarin e Alessandro Galatola, i due autori protagonisti delle mostre del Just Indie Comics Fest lo scorso giugno. Di Diego Lazzarin ci sarà Aminoacid Boy and the Chaos Order, di Galatola l’albo Dio di me stesso coprodotto da Just Indie Comics e CO-CO.

“Aminoacid Boy and the Chaos Order” di Diego Lazzarin

“Dio di me stesso” di Alessandro Galatola

Se siete a Treviso venite almeno a dire CIAO, e nel frattempo date un’occhiata al pirotecnico programma di mostre, incontri e eventi sul sito ufficiale del festival.

10 fumetti dalla Small Press Expo 2017

(English text)

La Small Press Expo è il più importante festival statunitense dedicato al mondo del fumetto indipendente e alternativo, dove vengono assegnati anche gli Ignatz Awards agli autori più interessanti e ai libri più riusciti della stagione passata. La prossima edizione si terrà sabato 16 e domenica 17 settembre, sempre nella solita location di Bethesda, vicino Washington. In occasione della SPX gli editori concentrano le più importanti novità dell’anno, dando vita a un’impressionante lista di cosiddetti “debut books”, di cui potete trovare maggiori dettagli in questa lista. In questo post cerco di selezionare, dal mio personale punto di vista, i dieci libri più interessanti tra quelli annunciati, elencandoli in ordine alfabetico. Alcuni ho avuto già la possibilità di leggerli e quindi ne parlo – per quanto possibile – con cognizione di causa, altri invece sono lavori inediti su cui cerco di far valere le mie capacità di indovino. Prendete dunque questo “best of” come un gioco, come d’altra parte lo sono quasi tutte le liste. Buona lettura.

1. Anti-Gone di Connor Willumsen

Tra Sammy Harkham e Lando, per rimanere ai contemporanei, lo stile del canadese Connor Willumsen esplode in tavole di assoluta bellezza in Anti-Gone, visione di una realtà altra che riprende le atmosfere della serie Treasure Island proiettandole in un contesto metropolitano futuribile quanto decadente. Droghe sintetiche, post-consumismo, rivolte di strada e soprattutto un grande assente, cioè internet… Che si sia davvero rotto, infine? Letto in anteprima e solo in PDF per ora, Anti-Gone sintetizza le tensioni di tanto fumetto contemporaneo ed è già uno dei libri dell’anno.

2. Architecture of an Atom di Juliacks

Al Crack! del 2015 a Roma si era vista The Whole Shabang-Arch Atom, video-opera dell’artista multimediale statunitense Juliacks, classe 1986. Ora esce per 2d cloud l’imponente volume Architecture of an Atom, coronamento di un progetto pluriennale – tra proiezioni, performance, mostre in gallerie e musei d’arte contemporanea – che supera con facilità i confini del fumetto per giungere in un territorio sconosciuto quanto affascinante. Definito eccessivo, misterioso, crudo e sognante, Architecture of an Atom è una delle novità più attese di questo 2017.

3. Francine di Michiel Budel

Ho un debole per i fumettisti che fanno sempre le stessa cosa (come d’altronde per i gruppi che suonano sempre la stessa canzone) e Michiel Budel è uno di questi. Il suo webcomic Slechte Meisjes era già stato adattato in formato comic-book da Secret Acres nei due numeri di Wayward Girls e adesso dallo stesso editore arriva anche un nuovo volume di 80 densissime pagine, Francine. “Teens can be deceiving, and Francine is exceptionally so – recita la cartella stampa – She murders her bully, fakes her own death, steals her best friend’s mother and makes any situation uncomfortably sexual. She’s awful. Everyone loves her. You will, too”. Uno di quei fumetti-mondo in cui non è facile entrare ma da cui è ancor più difficile uscire.

4. Good News Bible di Shaky Kane

Preparatevi a riempirvi gli occhi, perché qui di cose da vedere ce ne sono davvero tante. Dopo il debutto in patria al Safari Festival sbarca negli Stati Uniti Good News Bible, la raccolta in grande ed elegante formato delle strisce e delle illustrazioni che il britannico Shaky Kane realizzava tra fine ’80 e inizio ’90 per la storica rivista Deadline. Per chi se lo ricorda un tuffo nel passato a cui non si può rinunciare, per gli altri un’occasione imperdibile per scoprire un artista che ha riletto in chiave punk la lezione di Jack Kirby.

5. I Am Not Okay With This di Charles Forsman

Charles Forsman torna allo stile da comic strip che lo ha consacrato con The End of the Fucking World, recentemente diventato una serie tv trasmessa nel Regno Unito da Channel 4, per raccontare un’altra storia di adolescenza disagiata. Ma stavolta la giovane Sydney ha anche dei poteri telecinetici… Che questo nuovo I Am Not Okay With This sia la sintesi perfetta tra il primo Forsman e l’autore citazionista visto all’opera di recente in Revenger e Slasher? Lo sapremo leggendo questo volume, raccolta di mini-comics creati dall’autore per i suoi sostenitori su Patreon.

6. N di Andrew White

Sperimentali, poetici, sempre alla ricerca della novità formale ma senza perdere di vista le emozioni, i fumetti di Andrew White guardano alle teorie di Frank Santoro e al filone dei comics-as-poetry. L’albo di 46 pagine a colori N, seguito ideale di M del 2015, è definito dallo stesso autore “a comic about storytelling, family, and coming home”, oltre che “three short stories drawn in different styles but actually one long story drawn in the same style”. E non è tutto, perché sempre al festival di Bethesda White darà sfogo anche alla sua attività parallela di critico con la pubblicazione di All There Is, un albetto di disegni, diagrammi e saggi a proposito di Ganges di Kevin Huizenga.

7. Night Business di Benjamin Marra

L’uscita ufficiale è prevista solo a dicembre, ma in occasione della SPX Fantagraphics renderà disponibili in anteprima alcune copie di Night Business di Benjamin Marra, hardcover di 250 pagine che raccoglie i primi quattro numeri autoprodotti dell’omonima serie, rimasta incompiuta dal 2011, e sei nuovi capitoli interamente inediti. Meno paradossale di Terror Assaulter, ma comunque esagerata e ironica, Night Business è un viaggio nella New York del 1983 tra serial killer mascherati, ballerine di night club, uomini d’affari viscidi e spietati, giustizieri senza paura ed eroine motocicliste.

8. Now #1

Il debutto di una nuova antologia fa sempre notizia di questi tempi, dato che il classico formato del magazine che assembla periodicamente contributi di diversi autori rappresenta ormai un suicidio commerciale. Ma la Fantagraphics per fortuna non si arrende alle leggi del mercato e concepisce Now, ancora a cura di Eric Reynolds, già editor della compianta Mome. Nel primo numero, che sarà presentato in esclusiva alla SPX, troviamo i contributi di artisti noti e meno noti, americani e internazionali, in un mix micidiale che include Eleanor Davis, Noah Van Sciver, Gabrielle Bell, Dash Shaw, Sammy Harkham, Malachi Ward, J.C. Menu, Conxita Herrerro, Tobias Schalken, Antoine Cossé, Tommi Parrish, Sara Corbett, Daria Tessler, Kaela Graham e Rebecca Morgan (autrice della cover). La speranza è che l’antologia mantenga le promesse di qualità e anche di periodicità, dato che si prefigge di uscire tre volte l’anno.

9. Old Ground di Noel Freibert

Altra casa editrice che ha un programma di tutto rispetto in occasione della SPX è la canadese Koyama Press. Al già citato Anti-Gone è inevitabile aggiungere almeno Everywhere Disappeared, raccolta di storie brevi di Patrick Kyle, e Language Barrier, che mette insieme una serie di zine di Hannah K. Lee. Ma se devo selezionare un altro libro da inserire in questa top ten la mia scelta va senz’altro su Old Ground, graphic novel di Noel Freibert, uno dei fondatori del collettivo Closed Caption Comics nonché editor del fondamentale magazine Weird. Alla prova sulla lunga distanza, Freibert mette in scena con il suo tratto liquido e inimitabile una slapstick comedy che è in realtà un sequel contemporaneo al più tragico dei romanzi gotici.

10. TRUMPTRUMP vol.1 di Warren Craghead III

Sulla pagina trumptrump.tumblr.com, Warren Craghead III condivide ogni giorno ritratti iconoclasti di Donald Trump, accompagnati da citazioni dei suoi discorsi o interviste. L’effetto è parodistico, straniante, spesso orrorifico. Alcuni di questi disegni sono stati raccolti in un voluminoso hardcover di 200 pagine che Retrofit Comics fa uscire per la SPX insieme a Tales from the Hyperverse di William Cardini, How To Be Alive di Tara Booth e Iceland di Yuichi Yokoyama.