Just Indie Comics al Treviso Comic Book Festival

L’ampia selezione di fumetti internazionali di Just Indie Comics arriva anche quest’anno al Treviso Comic Book Festival, una delle rassegne dedicate al fumetto più interessanti d’Italia e che per il 2017 ha allestito un programma ambizioso ricco di ospiti internazionali, a partire da Jesse Jacobs, protagonista della mostra Cosmogonia e autore della locandina. In occasione della mostra mercato del 23 e 24 settembre troverete al tavolo di Just Indie Comics non solo il materiale già disponibile nel webshop ma anche, in esclusiva per il TCBF e in anteprima italiana, tutte le nuove uscite dell’inglese Breakdown Press, che in concomitanza con il Safari Festival di Londra dello scorso agosto ha pubblicato una lista di fumetti impressionante per quantità e qualità.

Le novità più corpose sono senz’altro Good News Bible di Shaky Kane, volume extra-size che raccoglie tutti i lavori dell’artista britannico per la rivista Deadline, e Showtime, nuovo graphic novel di Antoine Cossé, di cui saranno disponibili anche la raccolta Palace 0 e la ristampa della storia breve Nwai.

“Good News Bible” di Shaky Kane

“Showtime” di Antoine Cossé

Altra importante novità è il lancio di una nuova rivista di fantascienza, Berserker, che debutta con un primo numero che propone un approccio tutt’altro che classico al genere con articoli, interviste, illustrazioni e ovviamente fumetti a firma Anya Davidson, Lando, Lane Milburn, Benjamin Marra, Jon Chandler. Da segnalare tra le altre cose un’intervista di Sammy Harkham all’artista Robert Beatty e un bell’approfondimento di Jamie Sutcliffe sulla space-opera Galactic Nightmare di Alan Jefferson.

Anya Davidson da “Berserker” #1

Conditioner è invece una raccolta di tre storie di Liam Cobb, che con Breakdown aveva già pubblicato The Fever Closing. Lo stile di Cobb è nel solco di una tendenza contemporanea che al rigore della composizione, quasi architettonico, unisce suggestioni irrazionali.

“Conditioner” di Liam Cobb

Altro titolo è il quarto numero di Windowpane di Joe Kessler, ideale seguito del precedente di cui non riprende però esplicitamente personaggi e trama – sempre astratti nei fumetti del britannico – per richiamarne invece scelte stilistiche e tematiche.

“Windowpane” #4 di Joe Kessler

E anche il Klaus di Richard Short, visto in Italia su Linus, prosegue la sua marcia con un terzo numero pieno di strisce e di guest star come il nostro Fabio Tonetto, Lando, Anna Haifisch e altri.

“Klaus” #3 di Richard Short

Oltre ai titoli di Breakdown troverete al tavolo di Just Indie Comics altre esclusive per il TCBF, come i numeri dal 3 al 6 del Crickets di Sammy Harkham con l’inizio e lo sviluppo della storyline Blood of the Virgin, una selezione di numeri arretrati del King-Cat di John Porcellino e altro ancora.

“Crickets” #6 di Sammy Harkham

“King-Cat” #70 di John Porcellino

E non mancheranno ovviamente i fumetti già disponibili sul sito, dalle ultime uscite Retrofit Comics (Iceland di Yuichi Yokoyama, How To Be Alive di Tara Booth, Steam Clean di Laura Ķeniņš, Combed Clap of Thunder di Zach Hazard Vaupen) all’ultima autoproduzione di Conor Stechschulte Tintering, dal volume The Complete Strange Growths 1991-1997 di Jenny Zervakis (ne ho parlato in questo post) ai comic-book di Noah Van Sciver Blammo #9 e My Hot Date.

“How To Be Alive” di Tara Booth

“Tintering” di Conor Stechschulte

Chiudo la lista segnalandovi infine i fumetti di Diego Lazzarin e Alessandro Galatola, i due autori protagonisti delle mostre del Just Indie Comics Fest lo scorso giugno. Di Diego Lazzarin ci sarà Aminoacid Boy and the Chaos Order, di Galatola l’albo Dio di me stesso coprodotto da Just Indie Comics e CO-CO.

“Aminoacid Boy and the Chaos Order” di Diego Lazzarin

“Dio di me stesso” di Alessandro Galatola

Se siete a Treviso venite almeno a dire CIAO, e nel frattempo date un’occhiata al pirotecnico programma di mostre, incontri e eventi sul sito ufficiale del festival.

10 fumetti dalla Small Press Expo 2017

(English text)

La Small Press Expo è il più importante festival statunitense dedicato al mondo del fumetto indipendente e alternativo, dove vengono assegnati anche gli Ignatz Awards agli autori più interessanti e ai libri più riusciti della stagione passata. La prossima edizione si terrà sabato 16 e domenica 17 settembre, sempre nella solita location di Bethesda, vicino Washington. In occasione della SPX gli editori concentrano le più importanti novità dell’anno, dando vita a un’impressionante lista di cosiddetti “debut books”, di cui potete trovare maggiori dettagli in questa lista. In questo post cerco di selezionare, dal mio personale punto di vista, i dieci libri più interessanti tra quelli annunciati, elencandoli in ordine alfabetico. Alcuni ho avuto già la possibilità di leggerli e quindi ne parlo – per quanto possibile – con cognizione di causa, altri invece sono lavori inediti su cui cerco di far valere le mie capacità di indovino. Prendete dunque questo “best of” come un gioco, come d’altra parte lo sono quasi tutte le liste. Buona lettura.

1. Anti-Gone di Connor Willumsen

Tra Sammy Harkham e Lando, per rimanere ai contemporanei, lo stile del canadese Connor Willumsen esplode in tavole di assoluta bellezza in Anti-Gone, visione di una realtà altra che riprende le atmosfere della serie Treasure Island proiettandole in un contesto metropolitano futuribile quanto decadente. Droghe sintetiche, post-consumismo, rivolte di strada e soprattutto un grande assente, cioè internet… Che si sia davvero rotto, infine? Letto in anteprima e solo in PDF per ora, Anti-Gone sintetizza le tensioni di tanto fumetto contemporaneo ed è già uno dei libri dell’anno.

2. Architecture of an Atom di Juliacks

Al Crack! del 2015 a Roma si era vista The Whole Shabang-Arch Atom, video-opera dell’artista multimediale statunitense Juliacks, classe 1986. Ora esce per 2d cloud l’imponente volume Architecture of an Atom, coronamento di un progetto pluriennale – tra proiezioni, performance, mostre in gallerie e musei d’arte contemporanea – che supera con facilità i confini del fumetto per giungere in un territorio sconosciuto quanto affascinante. Definito eccessivo, misterioso, crudo e sognante, Architecture of an Atom è una delle novità più attese di questo 2017.

3. Francine di Michiel Budel

Ho un debole per i fumettisti che fanno sempre le stessa cosa (come d’altronde per i gruppi che suonano sempre la stessa canzone) e Michiel Budel è uno di questi. Il suo webcomic Slechte Meisjes era già stato adattato in formato comic-book da Secret Acres nei due numeri di Wayward Girls e adesso dallo stesso editore arriva anche un nuovo volume di 80 densissime pagine, Francine. “Teens can be deceiving, and Francine is exceptionally so – recita la cartella stampa – She murders her bully, fakes her own death, steals her best friend’s mother and makes any situation uncomfortably sexual. She’s awful. Everyone loves her. You will, too”. Uno di quei fumetti-mondo in cui non è facile entrare ma da cui è ancor più difficile uscire.

4. Good News Bible di Shaky Kane

Preparatevi a riempirvi gli occhi, perché qui di cose da vedere ce ne sono davvero tante. Dopo il debutto in patria al Safari Festival sbarca negli Stati Uniti Good News Bible, la raccolta in grande ed elegante formato delle strisce e delle illustrazioni che il britannico Shaky Kane realizzava tra fine ’80 e inizio ’90 per la storica rivista Deadline. Per chi se lo ricorda un tuffo nel passato a cui non si può rinunciare, per gli altri un’occasione imperdibile per scoprire un artista che ha riletto in chiave punk la lezione di Jack Kirby.

5. I Am Not Okay With This di Charles Forsman

Charles Forsman torna allo stile da comic strip che lo ha consacrato con The End of the Fucking World, recentemente diventato una serie tv trasmessa nel Regno Unito da Channel 4, per raccontare un’altra storia di adolescenza disagiata. Ma stavolta la giovane Sydney ha anche dei poteri telecinetici… Che questo nuovo I Am Not Okay With This sia la sintesi perfetta tra il primo Forsman e l’autore citazionista visto all’opera di recente in Revenger e Slasher? Lo sapremo leggendo questo volume, raccolta di mini-comics creati dall’autore per i suoi sostenitori su Patreon.

6. N di Andrew White

Sperimentali, poetici, sempre alla ricerca della novità formale ma senza perdere di vista le emozioni, i fumetti di Andrew White guardano alle teorie di Frank Santoro e al filone dei comics-as-poetry. L’albo di 46 pagine a colori N, seguito ideale di M del 2015, è definito dallo stesso autore “a comic about storytelling, family, and coming home”, oltre che “three short stories drawn in different styles but actually one long story drawn in the same style”. E non è tutto, perché sempre al festival di Bethesda White darà sfogo anche alla sua attività parallela di critico con la pubblicazione di All There Is, un albetto di disegni, diagrammi e saggi a proposito di Ganges di Kevin Huizenga.

7. Night Business di Benjamin Marra

L’uscita ufficiale è prevista solo a dicembre, ma in occasione della SPX Fantagraphics renderà disponibili in anteprima alcune copie di Night Business di Benjamin Marra, hardcover di 250 pagine che raccoglie i primi quattro numeri autoprodotti dell’omonima serie, rimasta incompiuta dal 2011, e sei nuovi capitoli interamente inediti. Meno paradossale di Terror Assaulter, ma comunque esagerata e ironica, Night Business è un viaggio nella New York del 1983 tra serial killer mascherati, ballerine di night club, uomini d’affari viscidi e spietati, giustizieri senza paura ed eroine motocicliste.

8. Now #1

Il debutto di una nuova antologia fa sempre notizia di questi tempi, dato che il classico formato del magazine che assembla periodicamente contributi di diversi autori rappresenta ormai un suicidio commerciale. Ma la Fantagraphics per fortuna non si arrende alle leggi del mercato e concepisce Now, ancora a cura di Eric Reynolds, già editor della compianta Mome. Nel primo numero, che sarà presentato in esclusiva alla SPX, troviamo i contributi di artisti noti e meno noti, americani e internazionali, in un mix micidiale che include Eleanor Davis, Noah Van Sciver, Gabrielle Bell, Dash Shaw, Sammy Harkham, Malachi Ward, J.C. Menu, Conxita Herrerro, Tobias Schalken, Antoine Cossé, Tommi Parrish, Sara Corbett, Daria Tessler, Kaela Graham e Rebecca Morgan (autrice della cover). La speranza è che l’antologia mantenga le promesse di qualità e anche di periodicità, dato che si prefigge di uscire tre volte l’anno.

9. Old Ground di Noel Freibert

Altra casa editrice che ha un programma di tutto rispetto in occasione della SPX è la canadese Koyama Press. Al già citato Anti-Gone è inevitabile aggiungere almeno Everywhere Disappeared, raccolta di storie brevi di Patrick Kyle, e Language Barrier, che mette insieme una serie di zine di Hannah K. Lee. Ma se devo selezionare un altro libro da inserire in questa top ten la mia scelta va senz’altro su Old Ground, graphic novel di Noel Freibert, uno dei fondatori del collettivo Closed Caption Comics nonché editor del fondamentale magazine Weird. Alla prova sulla lunga distanza, Freibert mette in scena con il suo tratto liquido e inimitabile una slapstick comedy che è in realtà un sequel contemporaneo al più tragico dei romanzi gotici.

10. TRUMPTRUMP vol.1 di Warren Craghead III

Sulla pagina trumptrump.tumblr.com, Warren Craghead III condivide ogni giorno ritratti iconoclasti di Donald Trump, accompagnati da citazioni dei suoi discorsi o interviste. L’effetto è parodistico, straniante, spesso orrorifico. Alcuni di questi disegni sono stati raccolti in un voluminoso hardcover di 200 pagine che Retrofit Comics fa uscire per la SPX insieme a Tales from the Hyperverse di William Cardini, How To Be Alive di Tara Booth e Iceland di Yuichi Yokoyama.

The Complete Strange Growths 1991-1997

Tra la pubblicazione dei primi numeri di Eightball, il debutto dell’Hate di Peter Bagge, la nascita della Drawn and Quarterly con il lancio di serie regolari a firma di autori come Seth, Chester Brown e Joe Matt, il periodo a cavallo degli anni ’80 e ’90 ha segnato una notevole rivoluzione per il fumetto nord-americano, trasformando definitivamente il concetto di fumetto “underground” e “indipendente” come era concepito fino a quel momento. Innanzitutto le storie di questi cartoonist si proponevano con un linguaggio nuovo e meno autoreferenziale rispetto al passato a un pubblico più vasto, e in secondo luogo alcuni di questi autori uscivano dagli schemi abituali del fumetto “alternativo” come veicolo di contenuti esclusivamente anticonvenzionali, sarcastici, iconoclasti, provocatori. Se la qualità di quel materiale rimane uno dei vertici raggiunti dal fumetto nei suoi tanti anni di storia (almeno dal limitato punto di vista di uno che quella “roba” ha cominciato a leggerla in piena adolescenza, rimanendone irrimediabilmente colpito), è doveroso dire che gli autori citati in precedenza non erano gli unici a portare nuova linfa nel panorama del fumetto a stelle e strisce. Sotto, nel più profondo dei mondi della micro-editoria di cui in Italia poco si sapeva nell’epoca pre-internet – a meno di non incappare in una pubblicità o addirittura in una recensione su The Comics Journal – si muovevano una serie di autori misconosciuti che consapevoli della rivoluzione del do it yourself applicavano i principi produttivi del punk alle loro esigenze, dando vita alla cosiddetta “zine revolution”. Tra questi una delle prime fu Jenny Zervakis, chicagoana di origini greche che nel 1991 cominciò a autoprodursi la fanzine Strange Growths, “strana” come il titolo suggerisce per il modo in cui mette in pagina senza mediazioni racconti autobiografici, aneddoti raccolti sull’autobus, poesie scritte a macchina, ritratti degli abitanti del quartiere, dettagliate descrizioni di sogni, diari di viaggio, riflessioni, saggi in forma di fumetto, disegni di animali, piante, giardini. Il tutto rappresentato con uno stile che definire scarno è poco, dato che la bozza, l’approssimazione, la semplicità erano conseguenze dirette dell’urgenza espressiva, e la ricerca della perfezione formale o della bellezza semplicemente non interessava.

Dei primi 13 numeri di Strange Growths è uscita da poco una raccolta assemblata da John Porcellino e pubblicata dalla sua Spit and a Half, prima opera di un altro autore che esce per l’etichetta (e distribuzione) dell’autore di King-Cat Comics. La scelta non è casuale, perché la Zervakis è stata una fonte di ispirazione per Porcellino e per tutto il movimento dei comics as poetry. “I suoi fumetti sembravano come una trasmissione da un altro pianeta – scrive l’editore nella sua introduzione al volume – un mondo di ironica compostezza, suggestione poetica, raffinata capacità di osservazione, a volte caldi e altre freddi, oppure tutte e due le cose insieme. Forse non c’è bisogno di dirlo, ma per chi non conosce i fumetti che venivano pubblicati in quegli anni, non c’era niente di simile. Mentre la gran parte dei fumetti “alternativi” dell’epoca erano chiassosi e sarcastici, quelli di Jenny erano calorosi, emozionanti, sinceri e sorprendentemente complessi”. “Jenny Zervakis – aggiunge Rob Clough nell’intervista all’autrice che chiude la raccolta – è nata nel 1967 nel West Side di Chicago, e fa parte di una generazione di artisti che reagì alla prima ondata di cartoonist alternativi dell’inizio degli anni ’80, oltre che di una cultura legata al punk, alle fanzine e al do it yourself che è esplosa con la nascita del desktop publishing. Le sue attente riflessioni e la propensione a rappresentare l’immobilità sulla pagina furono tra i primi esempi di comics-as-poetry”.

Come accennato, nel volume troviamo tutto il ventaglio dell’offerta della Zervakis, che alla molteplicità degli argomenti e dei toni unisce varietà nella composizione della pagina e nella costruzione dei diversi pezzi. Le storie non sono mai banali né ripetitive, anzi esprimono voglia di sperimentare e curiosità nelle mille possibilità del medium. I testi ricchi di passaggi poetici e di consapevolezza letteraria fanno capire chiaramente che la Zervakis è più scrittrice che disegnatrice, ma sua è anche una notevole capacità di mettere in scena inquadrature e soluzioni stilistiche “sorprendentemente complesse”, come scriveva Porcellino nell’introduzione, oltreché di regalarci alcune tavole più dettagliate e intense delle altre, soprattutto quando la natura diventa la vera protagonista della rappresentazione. I risultati migliori sono raggiunti quando il particolare, apparentemente insignificante, diventa occasione di riflettere sull’universale, catturando la poesia e anche la complessità delle piccole cose con una scrittura lirica, pregnante, emozionante: Passing Time è il ritratto di una donna anziana intenta a lavorare a maglia (She sits knitting as if she is done living her life and instead pours herself out, stitch by stitch, into some future generation / She has grown her hair, plaited on her head, past any usefulness, past admiration of its beauty to the sheer oddity of persistence), in Silent Passenger una coppia torna a casa di notte mentre la donna (con tutta probabilità la Zervakis stessa) viene colta contemporaneamente da meraviglia e insicurezza (Coming home it was 2 AM beautiful / Someone’s singing / It’s only humans that make music for the sheer joy, the need of it, maybe so / I wish I could seduce you, all over again), Chuparrosa guarda al mondo animale per riflettere sulla vita umana (Sometimes I feel there is a world beyond our petty concerns / While I sit, consumed with my thoughts and worries, birds fly overhead through the rows of backyards). The Complete Strange Growths non è soltanto un pezzo di storia del fumetto autoprodotto statunitense ma anche una lettura appassionante, uno sguardo su un mondo intimo e personale capace di trascende la cronaca del quotidiano per emozionare ancora, a distanza di oltre vent’anni.

Misunderstanding Comics #9

Iniziamo questa nuova puntata dell’usuale ma aperiodica rubrica di segnalazioni varie con Steam Clean, un volumetto brossurato di 84 pagine a firma Laura Ķeniņš, cartoonist metà lettone e metà canadese di cui avevo già segnalato l’ottimo mini-kuš! #42 Alien Beings. Con questa nuova uscita, stavolta targata Retrofit Comics, la Ķeniņš conferma quanto di buono fatto vedere in precedenza, trasformando una situazione apparentemente ordinaria come una sauna tra donne in una meditazione sull’identità di genere, la sessualità, i rapporti interpersonali, il conflitto tra tradizione e modernità.

La rappresentazione tutta colori pastello dell’ambiente nordico e la regolarità quasi schematica delle vignette restituiscono un’atmosfera rilassata, in cui sembra di percepire con le nostre orecchie il silenzio di sottofondo. E neanche i dialoghi fitti rompono questa sensazione di pace, inalterata persino quando si esplicitano tensioni nascoste ed emerge un’aura di sovrannaturale mistero, con un’apparizione divina e spiriti dai contorni naif che aleggiano tra i fumi del vapore. La Ķeniņš propone ancora una volta un cartooning consapevole, rigoroso e maturo, capace come pochi di raccontare personaggi in una fase di transizione. E anche di farci sentire lassù, in quella sauna tra i boschi.

Se il volumetto della Ķeniņš sembra ricordare i film del norvegese Bent Hamer, il secondo numero dell’antologia-libro Mirror Mirror edita da 2d Cloud guarda a tutt’altro immaginario cinematografico, come la presenza di alcuni contributi a firma Clive Barker lascia intuire. Sotto la cura congiunta di Sean T. Collins e Julia Gfrorer, il volume mette in fila 230 pagine di fumetti e illustrazioni incentrate su un’idea di orrore legata al quotidiano, al corpo e infine alla pornografia. Eccellenti premesse dunque anche se l’antologia è appunto… un’antologia, con i suoi alti e i suoi bassi, e una buona metà dei lavori che risultano piuttosto ordinari, per niente disturbanti né trasgressivi come lascerebbe intendere il progetto, nel complesso troppo pretenzioso rispetto a quanto proposto. Nonostante ciò, di cose buone qui dentro ce ne sono eccome, per esempio il solito subdolo horror delle meschinità umane a firma Josh Simmons – particolarmente a suo agio con i campi lunghi, quasi a sottolineare anche graficamente l’abituale distanza emotiva – oppure Black Flame, un racconto in cui ritroviamo la Megg di Simon Hanselmann alle prese con il suo “lato oscuro” e che è l’occasione per vedere l’autore australiano confrontarsi al tempo stesso con testi altrui (Sean T. Collins) e con un bianco e nero massimalista fatto di pennellate ben più corpose del solito. Al Columbia (con i suoi Pim & Francie), Uno Moralez, Noel Freibert e Dame Darcy danno a loro volta un notevole contributo, pur attingendo ispirazione al loro rispettivo e usuale canone.

E veniamo a una nostra vecchia conoscenza, cioè Noah Van Sciver, che è tornato di recente al suo personaggio Fante Bukowski pubblicando per Fantagraphics il secondo capitolo delle sue avventure, séguito del debutto del 2015 tradotto in Italia da Coconino. Come lascia intendere lo pseudonimo che si è scelto, il protagonista è uno “scrittore” che vive nelle camere di hotel e usa ancora la matita o al massimo la macchina da scrivere, va con le prostitute e beve solo per darsi un tono. Fante non ha nessuna voglia di scrivere e soprattutto non ha talento: la sua missione è raggiungere lo status di artista, essere amato e invidiato dagli altri come lui invidia i “colleghi” che ce l’hanno fatta. Se la prima uscita originale ricalcava il formato romanzo tascabile, la seconda amplia i centimetri e sceglie una grafica retrò in odore di anni ’60, mutuata dall’edizione Black Sparrow Press di Factotum.

Ma soprattutto se nella prima parte si sorrideva, in questa si ride di gusto, e a me è sembrato di non divertirmi così tanto dai tempi dell’Hate di Peter Bagge, pietra miliare dei comics anni ’90 uscita sempre per Fantagraphics. Vi anticipo solo qualche gag iniziale per non rovinarvi troppo la lettura, come quella in cui Fante rompe una matita in due perché è “troppo gialla” e non riesce a concentrarsi sulla scrittura. E il capitolo in cui decide di pubblicarsi una fanzine di poesia (“Sì, sarò l’editor! Sarò il boss! Accetterò tutte le mie proposte!”) è esilarante. Il trasferimento del protagonista da Denver a Columbus sembra anche autobiografico, ma poi a un certo punto ecco spuntare l’autore in carne e ossa, vittima di una divertentissima auto-parodia, nonché rivale in amore di Fante. Sullo sfondo, e neanche troppo, si muovono riflessioni sulla scrittura, il successo, l’ambizione e la vanità che non lasciano affatto il tempo che trovano, rendendo questo Fante Bukowski Two una delle migliori prove a firma Van Sciver.

Quando viveva a Denver, Van Sciver lavorava da Kilgore Books, negozio di libri e fumetti che è anche una small press dedita alla stampa di mini-comics e non solo. Prodotto di punta è il Kilgore Quarterly, antologia tutt’altro che quadrimestrale uscita di recente con un settimo numero molto più ricco del solito, nascosto dietro a una bella copertina di Jason (rilettura di Le Mal du Pays di Magritte) e come sempre a cura del padrone di casa Dan Stafford.

Il volumetto, che propone in parte storie già pubblicate altrove o di prossima pubblicazione, si apre con Dappled Light di Summer Pierre, una storia di 5 pagine leggera e al tempo stesso malinconica, ritratto autobiografico di una bambina che grazie al fumetto può finalmente rifugiarsi, in senso letterale, nel mondo dei vecchi telefilm. Si prosegue con la solita intervista scritta a mano (vezzo di Stafford da sempre, come testimonia la raccolta I Hope This Finds You Well con interviste a Crumb, Tomine, Bagge ma anche a Ian MacKaye, Doug Martsch, Dan Fante e altri) al cover artist Jason e si raggiunge l’apice con Steve McQueen Has Vanished, storia “vera” della sparizione dell’attore raccontata con il solito dettagliatissimo stile da Tim Lane, anticipazione del prossimo lavoro dell’autore di Happy Hour in America e The Lonesome Go. Dopo una inaspettata quanto sintetica chiacchierata con Grace Slick, si passa a un più canonico ma validissimo pezzo underground di Joseph Remnant, tra sfighe quotidiane e ricerca dell’amor perduto, dunque ecco Sam Spina con quattro divertentissime pagine metanarrative che vedono il suo alter-ego pesce alle prese con app e sesso occasionale, e infine la riproposizione di un fumetto di Leslie Stein, The Desk, già uscito in formato mini per Oily Comics e forse il contributo meno significativo del lotto. La terza di copertina è dedicata a qualche nota autobiografica nel solco della più piacevole tradizione del self-publishing a stelle e strisce, a ricordarci che di antologie così curate e con un feeling do it yourself ne vorremmo ancora e ancora.

JICBC PT. 3 – “Our Mother” di Luke Howard

Dopo Blammo #9 di Noah Van Sciver e Get Out Your Hankies di Gabrielle Bell, è Our Mother di Luke Howard il terzo fumetto “uguale per tutti” del Just Indie Comics Buyers Club, il servizio di sottoscrizione entrato nel vivo della sua seconda edizione. Per chi ancora non sapesse di cosa sto parlando, il Buyers Club è un abbonamento annuale che permette a chi ha aderito entro lo scorso 10 gennaio di ricevere 4 oppure 8 fumetti all’anno in quattro spedizioni a cadenza trimestrale. L’idea è quella di rendere disponibili al pubblico italiano comic book, antologie e mini-comic autoprodotti difficilmente reperibili in Europa, dato che escono fuori dalle logiche distributive e commerciali del fumetto di massa, ormai standardizzate nel formato graphic novel. Se per le spedizioni di gennaio e aprile ho scelto due autori sicuramente noti a chi ha seguito le evoluzioni del fumetto indipendente e d’autore statunitense degli ultimi anni, con la terza mandata ho fatto una scelta di nicchia, dato che Luke Howard è autore meno conosciuto al grande pubblico. Diplomato al Center for Cartoon Studies di White River Junction nel Vermont, Howard ha iniziato ad autoprodurre i suoi fumetti e a collaborare a riviste e antologie sin dagli anni passati nella scuola di James Sturm. Seppur stilisticamente altalenanti, queste prove avevano già diversi spunti interessanti, basti pensare a Junior, Dance Yourself to Death (per Irene #3, che avevo recensito qui) e Trevor, pubblicato nel secondo numero dell’antologia in scatola Dog City e nominato agli Ignatz Awards. Howard, diventato nel frattempo insegnante del CCS, si è così fatto notare agli occhi degli editori di settore ed è riuscito a pubblicare lo scorso anno due fumetti di maggiore ambizione e portata, ossia Talk Dirty to Me, graphic novel uscita per AdHouse Books, e appunto Our Mother, dato alle stampe da Retrofit Comics proprio sul finire del 2016. Se la prima prova sulla lunga distanza ha pregi e difetti e non convince ancora appieno, con Our Mother Howard ha mostrato tutt’altro passo, raccontando con una struttura frammentata e sghemba una serie di storie legate alla figura della madre, vittima di disturbi d’ansia e attacchi di panico, senza mai finire nell’autobiografico e cercando anzi la strada della metafora, dell’ellissi, del fantastico. Su Our Mother mi ero già brevemente soffermato in questa puntata di Misunderstanding Comics. Qui sotto trovate invece le prime 4 pagine del fumetto, che a giorni gli abbonati potranno leggere nella sua completezza e che vi mostro grazie alla collaborazione dell’editore. Buona lettura.

Anteprima di “Dio di me stesso”

Dio di me stesso di Alessandro Galatola è la prima produzione targata Just Indie Comics, pubblicata in collaborazione con lo studio Co-Co in occasione del Just Indie Comics Fest. Per chi segue queste pagine è facile capire perché ho deciso di pubblicare il lavoro di Alessandro, che seguo sin dagli esordi, quando l’ho notato su Facebook e  sul suo Tumblr. Al Crack! di Roma del 2015 l’ho poi conosciuto di persona e ho avuto la possibilità di vederne il lavoro su carta grazie a Safe Space #1, il fumetto che si era autoprodotto in quel periodo. Ne avevo parlato qui, elogiandone lo spirito indipendente e “out” rispetto a quanto siamo abituati a vedere dalle nostre parti, e ne avevo poi distribuito qualche copia ai vari festival e nel webshop.

Quel primo albetto mi aveva già fatto presagire notevoli sviluppi, che sono puntualmente arrivati in Safe Space #2, il fumetto che in realtà non esiste. Galatola lo aveva infatti pubblicato soltanto in una manciata di prototipi per farlo girare tra gli addetti ai lavori, con l’idea di cercarsi un editore senza dover nuovamente ricorrere all’autoproduzione. Quando me l’ha consegnato di persona nel dicembre scorso a Martina Franca durante il festival Manuscripta, sono rimasto sbalordito per i passi avanti fatti dal nostro e per l’originalità della sua proposta, che mediava le nuove tendenze del fumetto con una scrittura mentale, a volte malata altre ironica, più spesso tutte e due le cose insieme ma comunque potente, coraggiosa, consapevole. Ho dunque inserito “il fumetto che non c’è” nel mio Best of 2016 e ho pubblicato la storia Dio di me stesso su questo sito. Va da sé che quando Serena Schinaia e Donato Loforese di Co-Co mi hanno proposto di organizzare un festival di Just Indie Comics a Roma, la scelta di coinvolgere Alessandro Galatola è stata quasi scontata. Abbiamo dunque scelto tre sue storie inedite lette sul prototipo di Safe Space #2 che ci sembravano dense di contenuto, interessanti graficamente nonché omogenee tra loro per metterle insieme in un albo spillato di 32 pagine in bianco e nero intitolato appunto Dio di me stesso. Oltre alla storia che dà il nome alla raccolta, vi trovate gli altri due racconti brevi Crocefisso su un letto di rose e Il club del vomito. Di più non dico, perché entrare nei dettagli di un albo che ho co-pubblicato mi farebbe raggiungere ulteriori livelli di ridondanza. Vi lascio dunque alla descrizione di Dio di me stesso e ad alcune immagini in anteprima. L’albo è ovviamente disponibile nel webshop di Just Indie Comics. Buona visione e – spero – buona lettura.

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Corpi cadenti e lesionati, volti sudati, pattern in bianco e nero, disturbi di frequenza, riferimenti al mondo dell’animazione e dei videogiochi, disinteresse per ogni forma di figurativismo. Nata sulla scia di cartoonist contemporanei come i canadesi Michael DeForge e Jesse Jacobs, l’arte di Alessandro Galatola ha saputo smarcarsi dai modelli iniziali per creare qualcosa di unico nell’attuale panorama del fumetto italiano. Per andare avanti il giovane fumettista pugliese ha dovuto guardarsi indietro, integrando nel suo immaginario l’estetica cyber anni ’80, il lato sporco della beat generation di William Burroughs, l’underground malato e a volte ironico di Mike Diana e Mark Beyer. All’aspetto estetico si accompagna una dimensione testuale densa di contenuto, capace di rappresentare alterità, disagio, alienazione ma anche di rivolgere un sorriso beffardo alle consuetudini sociali. 

“Dio di me stesso” è un albo di 32 pagine in bianco e nero pubblicato da Just Indie Comics e Co-Co in occasione del Just Indie Comics Fest e contenente oltre alla storia omonima gli altri due fumetti brevi “Crocefisso su un letto di rose” e “Il club del vomito”. 

Alessandro Galatola è nato a Bari nel 1993 e frequenta l’ISIA di Urbino. Ha pubblicato su riviste indipendenti come Snuff Comix, Fumé, Gestopo Propaganda, Carousel e online su Verticalismi, 4Panel, Curzio. Nel 2015 fa uscire l’albo autoprodotto “Safe Space” #1, che porta al Crack! Festival di Roma. Si dedica ai graffiti per divertimento.

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Arriva il Just Indie Comics Fest

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Debutta a Roma il festival di Just Indie Comics, un evento nato dalla collaborazione con lo studio di progettazione grafica CO-CO, che sarà anche il luogo dove si svolgerà l’evento, in via Ruggero d’Altavilla 10 al Pigneto. Dal 2 al 4 giugno si susseguiranno in maniera moderatamente vorticosa una serie di appuntamenti dedicati al fumetto underground e non solo, con presentazioni, chiacchierate, bookshop, DJ set, musica dal vivo e soprattutto con le mostre di Diego Lazzarin e Alessandro Galatola, che saranno i due ospiti d’onore.

L’idea non nasce tanto da me quanto da Serena Schinaia e Donato Loforese, ossia le due menti dietro CO-CO, che mi hanno proposto di mettere in piedi un festival di fumetto nel loro studio romano, dove in passato hanno già ospitato mostre legate al mondo dell’arte. E’ questa la prima volta che CO-CO dedica i suoi spazi a un evento così articolato e di ampio respiro. A dire il vero inizialmente il festival doveva essere di più modesta portata ma con il passare delle settimane la cosa ci ha preso la mano e alle prime idee se ne sono aggiunte altre, portandoci a stilare un programma che speriamo possa accontentare se non tutti almeno i migliori gusti.

La scelta di incentrare le mostre su Diego Lazzarin e Alessandro Galatola è venuta da sé per la forte volontà di far vedere qualcosa di nuovo, dando spazio a due voci che si discostano con decisione da ciò che propone l’estetica prevalente dei fumetti indipendenti e autoprodotti in Italia. Di Lazzarin sarà possibile ammirare gli originali tratti dal volume Aminoacid Boy and the Chaos Order, che ho distribuito con ottimi risultati nel webshop, e delle stampe che anticipano il prossimo lavoro Protector of the Kennel. Stesso approccio per la mostra di Galatola, con alcune stampe a colori e soprattutto con le tavole di Dio di me stesso, un albo di 32 pagine contenente tre storie brevi e pubblicato proprio in occasione del festival da CO-CO e Just Indie Comics. Potete leggere il fumetto che dà il titolo all’albo qui.

Lazzarin 7

“Aminoacid Boy and the Chaos Order” di Diego Lazzarin

Alessandro Galatola

“Dio di me stesso” di Alessandro Galatola

L’inaugurazione delle mostre è fissata per venerdì 2 giugno, mentre i due autori incontreranno il pubblico sabato alle 19. Prima di questa chiacchierata ci sarà la presentazione di un libro, di un autore e di un editore che rappresentano al meglio di cosa si parla quando si parla di Just Indie Comics. Spazio dunque a un dialogo tra il sottoscritto e Alessio Trabacchini a proposito di Puke Force di Brian Chippendale (da me inserito tra i migliori fumetti del 2016 e ultima fatica di un artista che ha segnato la storia del fumetto underground statunitense da Fort Thunder in poi), dei fumetti di Conor Stechschulte (cartoonist di cui si è parlato più e più volte su questo sito e autore di The Amateurs, Generous BosomChristmas in Prison) e della Domino Books di Austin English (casa editrice che ha applicato la filosofia dell’art brut al fumetto, come testimonia tra gli altri The Social Discipline Reader di Ian Sundahl). I fumetti appena citati saranno disponibili per l’acquisto nel bookshop.

"Puke Force" di Brian Chipppendale

“Puke Force” di Brian Chipppendale

"Christmas in Prison" di Conor Stechschulte

“Christmas in Prison” di Conor Stechschulte

"Face Man" di Clara Bessijelle edito da Domino Books

“Face Man” di Clara Bessijelle edito da Domino Books

E gli appuntamenti non sono finiti qui. Domenica 4 giugno saranno presentate due novità editoriali: Atlante illustrato delle nuove costellazioni a cura di Studio Pilar, con la partecipazione degli illustratori del collettivo romano, e Souvenir, nuovo albo autoprodotto di Serena Schinaia, di cui ho parlato più volte pubblicando anche un paio delle sue storie brevi. Nel corso dei tre giorni ci saranno inoltre il DJ set di MICA e MICS, il live set di uBiK, il bookshop con tanti fumetti del negozio on line di Just Indie Comics, le stampe in tiratura limitata di Lazzarin e Galatola e i poster di Flag Press.

Di seguito il programma completo, in costante aggiornamento sull’evento Facebook Just Indie Comics Fest. E per chiarezza ribadisco che il festival si terrà da venerdì 2 a domenica 4 giugno presso CO-CO, in via Ruggero d’Altavilla 10 a Roma, dal pomeriggio fino a tarda sera o forse tarda notte, dipende da come ci gira. Se potete venite a trovarci perché sembra proprio una bella manifestazione.

Venerdì 2 giugno 

• ore 18.30 apertura bookshop e inaugurazione mostre di Diego Lazzarin e Alessandro Galatola con aperitivo e DJ set di musica sbagliata di MICA e MICS

Sabato 3 giugno

• ore 16 apertura mostre e bookshop

• ore 17.30 Just Indie Comics presenta:
Puke Force di Brian Chippendale
– i fumetti di Conor Stechschulte
– Domino Books
con la partecipazione di Alessio Trabacchini

• ore 19 incontro con Diego Lazzarin e Alessandro Galatola
Presentazione dell’albo Dio di me stesso di Alessandro Galatola edito da CO-CO e Just Indie Comics
a seguire: live set di uBiK

Domenica 4 giugno

• ore 16 apertura mostre e bookshop

• ore 19 presentazione dell’Atlante illustrato delle nuove Costellazioni a cura di Studio Pilar e di Souvenir di Serena Schinaia

Misunderstanding Comics #8

In questo nuovo appuntamento con la solita rubrica di segnalazioni varie recupero un po’ di albi usciti tra fine 2016 e inizio 2017 di cui non sono riuscito ancora a parlare.

NOTA: Alcuni di questi fumetti potrebbero essere in vendita nel negozio on line di Just Indie Comics. In questo caso il link sul titolo vi porterà direttamente alla relativa pagina del negozio. I miei giudizi cercheranno di essere comunque obiettivi, ammesso che ciò sia possibile. Buona lettura. 

Parto a razzo con la prima uscita della linea All Time Comics della Fantagraphics, in cui cartoonist contemporanei come Josh Bayer (curatore del progetto), Benjamin Marra e Noah Van Sciver si uniscono a colonne della Marvel anni ’70-’80 come il compianto HCrime Destroyererb Trimpe e Al Milgrom per creare una serie di albi ambientati in un fantomatico universo fumettistico. Qui avevo già detto qualcosa a proposito. Nel frattempo mi è finalmente arrivato questo Crime Destroyer, un albo storico se si pensa che è l’ultimo fumetto realizzato da Trimpe (inchiostrato da Marra) prima della sua scomparsa. La storia, a firma Josh Bayer, racconta di un reduce di guerra che decide di combattere il crimine mettendosi un costume con due pugni giganti sulle spalle e che beve tè mentre si informa sul rapimento di una giovane ragazza da parte di deformi abitanti dei tunnel della metropolitana. Tutte facezie che erano all’ordine del giorno nei fumetti Marvel di quarant’anni fa e che ritroviamo in quello che vuole deliberatamente essere un qualsiasi numero di una qualsiasi serie di supereroi dell’epoca. L’aderenza al modello è totale e se vi aspettavate trasgressione o un po’ di violenza in più perché siamo nel 2017 e pubblica Fantagraphics no, non c’è neanche quella. Persino la carta, i colori e il lettering (a opera dello storico letterista Marvel Rick Parker) riprendono lo stile degli anni che furono. Vi piacerà o no? Dipende se siete o siete stati fan del genere. Io ovviamente sì e per me è una goduria assoluta avere tra le mani la riproduzione esatta dei fumetti che mi hanno fatto veramente innamorare di questa forma d’arte. Per il resto la storia di Crime Destroyer è piuttosto esile e pretestuosa ma magari dalle prossime uscite (in programma più o meno mensilmente) si vedrà anche qualcosa di più. E il sottotesto politico, a sua volta in tono con certe produzioni supereroistiche anni ’70, lascia ben sperare.

Proseguiamo questa rassegna con un paio di albi targati Retrofit Comics, a partire da Our Mother di Luke Howard, per me una delle più belle sorprese degli ultimi tempi, una storia su una madre con disturbi our mother luke howardd’ansia e attacchi di panico declinata in modo metaforico e tutt’altro che diretto. Non c’è un vero e proprio dramma in queste pagine né dettagli autobiografici ma piuttosto una serie di storie che raccontano, si interrompono e riprendono, a volte omettendo passaggi ed episodi. Si inizia con due genitori che assoldano un losco figuro dandogli l’incarico di procurare qualche tipo di disordine alla figlia in nome di un’oscura tradizione di famiglia e si prosegue con sconosciuti che si materializzano nel salotto di casa, avventure fantasy, robot, lovers in the garden anya davidsonanimali da laboratorio e altro ancora. Howard, già visto all’opera con Talk Dirty to Me pubblicato da Adhouse Books, si conferma come una delle migliori voci uscite dal Center for Cartoon Studies e non solo, consegnandoci un albo perfetto per narrazione e anche ricerca stilistica, molto vario nel segno e nell’utilizzo delle tecniche narrative. Peccato averlo letto soltanto a 2017 iniziato da un pezzo perché sarebbe entrato di diritto nella mia lista dei migliori fumetti del 2016. Ma tanto chissenefrega delle maledette liste. Sempre da Retrofit arriva la più recente fatica di Anya Davidson, cartoonist chicagoana già nota per School Spirit uscito per PictureBox e per il più recente Band for Life pubblicato da Fantagraphics. Albetto brossurato di dimensioni anche importanti (64 pagine), Lovers in the Garden è ambientato a New York nel 1975 e sviluppa a ritmo incalzante una trama che potrebbe essere uscita da un film di quegli anni o anche di Tarantino, Jackie Brown in primis. Traffici di droga, reduci del Vietnam, giornalisti, doppi giochi e sparatorie sono gli ingredienti di quella che potrebbe sembrare una classica gangster story e che invece è innanzitutto il racconto dell’amicizia tra due uomini. Lo stile della Davidson fa il resto e unendo l’uso delle matite colorate a una linea rigida e legnosa rende alla perfezione il passaggio dalla psichedelia al punk che stava avvenendo in quegli anni.

Pubblicato da un’altra casa editrice statunitense, la Hic & HocFoggy Notions è un albo di 36 pagine in bianco e nero in cui l’autrice November Garcia utilizza una linea scarna, pagine costruite in modo banale e un lettering goffo e ingombrante per raccontare vicende poco significative e neanche troppo divertenti, tra lavori sfigati, vita di quartiere, malintesi con le forze dell’ordine.foggy notions november garcia Insomma, Foggy Notions è un fumetto fantastico, di quelli che leggerei e rileggerei senza mai stancarmi, soprattutto grazie alla capacità dell’autrice di raccontare con scorrevolezza, acume e disincanto il suo quotidiano. Ciò che lo differenzia da produzioni simili ma meno riuscite è la capacità di creare uno stile proprio e ben definito, in cui tutto è al proprio posto, e di portarlo avanti fino alla fine con la convinzione che solo i testardi sono in grado di avere. E poi la faccia sempre perplessa e disorientata della protagonista, con quegli occhi grandi e la bocca segnata dalle smorfie, valgono da soli il prezzo del biglietto. Altra recente uscita di Hic & Hoc è Dad’s Weekend di Pete Toms, cartoonist californiano che unisce la sua linea pulita e dad's weekend pete tomsordinata a colori piatti e tenui. Ne viene fuori uno stile algido, perfetto accompagnamento per il clima di costante paranoia che si respira nei suoi fumetti. Whitney è un’adolescente che deve passare un fine settimana con il padre, fissato con le sette e le teorie della cospirazione. Quando un suo amico scompare misteriosamente, l’uomo coinvolge la figlia in una ricerca che ben presto diventa un viaggio nella sua malattia mentale, in un’escalation di disagio e imbarazzo. O forse ci sono davvero di mezzo Venusiani e Rettiliani? Coeso e lucido come capita di vedere poche volte, Dad’s Weekend fa categoria a parte in un mondo dei fumetti in cui spesso storie di questo genere si risolvono con una strizzata d’occhio e un sorrisetto furbo al lettore. Lo sguardo di Toms è invece serio e deciso, fino al punto da risultare drammatico. Peccato per i troppi e inflazionati riferimenti al mondo dei social network, ma forse il problema è mio che mi piacciono le cose in cui si vedono ancora i telefoni a disco.

Realizzato per il corso Comics, Emotional Directness and Self-Doubt tenutosi nella primavera del 2016 presso la School of the Art Institute of Chicago, The Fence è l’ultimo mini-comic di Conor Stechschulte, autore di The Amateurs, Generous Bosom e Christmas in Prison, di cui gli affezionati lettori di Just Indithe fence conor stechschultee Comics dovrebbero sapere abbastanza. Si tratta di sole 8 pagine realizzate con l’acquerello che non si discostano da quanto visto finora, sia per contenuti (ancora il controllo, un futuro indefinito, la natura e l’acqua) che per scelte stilistiche (e in questo senso l’opera più vicina è senz’altro Glancing, di cui avevo detto brevemente in questo Best of 2014). Ma non c’è da stupirsi, perché ogni opera di Stechschulte richiama le altre, in un gioco di riferimenti e autocitazioni che non è mai noioso ma va a costruire un mondo e una poetica. Non vi rivelo altro perché la storia è brevissima e se vi capiterà di leggerla è bene che lo facciate senza avere preconcetti, per cui mi limito a dirvi che ci sono degli uomini costretti a lavorare tutto il giorno, paesaggi incontaminati, un recinto che è impossibile superare e… apparizioni. Stechschulte continua a parlare un linguaggio misterioso, irrazionale e intuitivo, in cui non tutto è perfettamente intellegibile ma in cui niente è fine a se stesso.

Chiudo segnalandovi due nuove uscite di Steven Gilbert, cartoonist canadese a cui ho dedicato quasi un anno fa una lunga intervista e che ora dopo anni di autoproduzione sotterranea sta per pubblicare il suo primo fumetto ufficiale con l’edizione italiana di Colville, in uscita per Coconino. E proprio a Colville guarda Riverdale, mini di sole otto pagine in cui Gilbert rilegge la sua opera principale come se fosse un fumetto della Archie Comics, cambiandone ambientazione e personaggi. Ne viene fuori una divertente auto-parodia che decostruisce le vicende del modello originale con sintesi a dir poco estrema. Port Stanley segna invece il ritorno del nostro allo stile e ai personaggi dei suoi primi rarissimi fuport stanleymetti come I Had a Dream e Gardenback. Mini-comic di 40 pagine in bianco e nero quasi completamente muto (c’è un solo balloon con la domanda “Up?”), segue gli spostamenti nello spazio di una figura spesso indefinita, intenta a saltare, correre, guardarsi intorno. Sembra un fumetto sperimentale degli anni Zero ma in realtà Gilbert queste cose le faceva già da prima, infischiandosene di trama, coerenza narrativa, contenuto. Ed è bello vederlo tornare a quelle atmosfere e farci così assistere a un ritorno a casa del suo protagonista, come se fosse finalmente l’ora della liberazione dopo anni di vagabondaggi, di torture e infine di limbo dovuto alla lunga inattività del suo demiurgo. Che ci sia tra le righe qualche riferimento autobiografico, vista la lunga pausa di Gilbert e il suo ritorno in pianta stabile alla produzione fumettistica? Difficile rispondere, ma a confermare il nuovo slancio creativo del cartoonist canadese c’è anche l’uscita del secondo volume di The Journal of Main Street Secret Lodge, che unisce illustrazioni, testi e storie a fumetti a tema Newmarket, la cittadina dell’Ontario in cui Gilbert vive e gestisce il suo comic shop. Niente male per uno che sembrava aver messo definitivamente la matita nel cassetto.

Anteprima di “Tales from the Hyperverse”

(English text)

Una strega di cristallo alla ricerca di energia magica combatte contro rino-rospi in un mondo fantasy-futuristico dominato da una ragno-regina. E’ più o meno questa la trama di Fuel Quest, il racconto che costituisce uno dei pezzi forti di Tales from the Hyperverse di William Cardini. L’antologia fa parte della nuova campagna Kickstarter dell’etichetta statunitense Retrofit Comics e contiene nelle sue 40 pagine storie brevi ambientate nell’Hyperverse, il mondo già utilizzato da Cardini per il suo Vortex, di cui ho parlato ormai parecchio tempo fa sul vecchio sito di Just Indie Comics.

In Tales from the Hyperverse trovano spazio fumetti usciti su antologie come Smoke Signal e Secret Prison, alcune storie già viste on line e 14 pagine inedite. Tutti i contenuti originariamente in bianco e nero sono stati ricolorati per l’occasione dallo stesso Cardini, con la collaborazione di Josh Burggraf su cinque tavole.

Ma non è questo l’unico albo interessante del Kickstarter della Retrofit, casa editrice guidata dal cartoonist Box Brown e da Jared Smith che uscita dopo uscita sta alzando sempre più il livello qualitativo delle sue pubblicazioni. Della stessa campagna fanno parte titoli come Iceland di Yuichi Yokoyama e How To Be Alive di Tara Booth, insieme a Combed Clap of Thunder di Zach Hazard Vaupen, Steam Clean di Laura Ķeniņš e TRUMPTRUMP vol. 1: nomination to inauguration di Warren Craghead III.  Per tutti i dettagli vi rimando alla pagina dedicata. Intanto, buona lettura con Fuel Quest.

 

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Just Indie Comics su Instagram

Forse non tutti sanno che ultimamente ho deciso di non badare a spese e dotarmi anche di un profilo Instagram. Con la collaborazione di Serena Dovì pubblichiamo contenuti visivi legati al mondo del fumetto indipendente, underground e d’autore, con qualche puntata nei meandri del mainstream e persino dell’arte. La gran parte delle immagini fotografano direttamente la mia collezione di fumetti, soffermandosi non solo sulle copertine ma anche su singole pagine e vignette, tra novità, classici, rarità e chicche del passato recente. Di tanto in tanto il profilo serve a promuovere o a rendicontare mostre, eventi e incontri degni di nota. Da tutto ciò viene fuori che la pagina Instagram di Just Indie Comics è ben più aggiornata del sito stesso, che riesco a portare avanti con estrema difficoltà. Ordunque mettete da parte ogni indugio e schiacciate il tasto SEGUI su www.instagram.com/justindiecomics. E se ancora non siete convinti ecco una selezione delle immagini pubblicate fino a oggi. Buona visione.

 

Schermata 2017-04-08 alle 21.48.47

Chris Cilla from Kramers Ergot #7, Buenaventura Press, 2008

 

Schermata 2017-04-08 alle 21.54.00

Brian Chippendale, Puke Force, Drawn & Quarterly, 2016

 

Schermata 2017-04-08 alle 21.56.07

Lale Westvind from Gouffre, Lagon Revue, 2017

 

Schermata 2017-04-08 alle 21.57.46

Lauren Weinstein from The Ganzfeld #6, PictureBox, 2008

 

Schermata 2017-04-08 alle 21.59.08

Uno Moralez, Frontier #1, Youth In Decline, 2013

 

Schermata 2017-04-08 alle 22.00.30

Kevin Huizenga, Supermonster #10, 1999

 

Just Indie Comics @ Varchi Comics

Just Indie Comics @ Varchi Comics

 

Art Spiegelman, Day at the Circuits, from Breakdowns, Pantheon Books, 2008

Art Spiegelman, Day at the Circuits, from Breakdowns, Pantheon Books, 2008

 

Art Green from The Collected Hairy Who Publications 1966-1969, Matthew Marks Gallery, 2015

Art Green from The Collected Hairy Who Publications 1966-1969, Matthew Marks Gallery, 2015

 

Prima serata di #ColorAnti al #monkroma con @alessandrobaronciani e @dottorpira, @tinalsong e #fumettidalfuturo

Prima serata di #ColorAnti al #monkroma con @alessandrobaronciani e @dottorpira, @tinalsong e #fumettidalfuturo

 

Adrian Tomine, Optic Nerve #1, 1991

Adrian Tomine, Optic Nerve #1, 1991