“Suicida” #1 by Abraham Diaz

(Italian text)

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Voyeurism, sadism, masochism, self-mutilation, death, murder, suicide, gratuitous violence, sex, masturbation, TV addiction, urban decay. In his solo debut Suicida #1, Abraham Diaz works with these elements, mixes and molds them at will, creating a solid and always funny cartooning. In late 2015, the Mexican artist published with his imprint Ediciones Joc Doc 200 copies of this 28×20 cm comic book, texts in English and Spanish, a screen-printed cover, white and black paper with the addition of green, sometimes used as ink but also for the pages of the inserts. A good-looking but also dirty object, Suicida #1 digs up the underground punk aesthetics and the tradition of the single-artist floppy anthology in one shot. The opening story is The Witness, starring a lonely middle-aged man telling a policeman about a murder he watched spying in his neighbor’s bathroom. Diaz’s line is grotesque, cripples characters’ bodies, stretches their noses, twists their teeth, in a style that looks at many artists we loved over the last twenty years (Kaz, Ivan Brunetti, Johnny Ryan) but also at Mad magazine, gag cartoons, newspaper strips. And it’s not a case if inside the book we find two half sheets with four Misery Funnies, classic gags with text below the cartoons. One of this shows a man naked on the toilet, a steaming mug in one hand, the handset of the phone in the other and below “You don’t seem to understand… I’m my mother’s only child!”. And the telephone handset is a substantial detail, because the whole book is stuck in the 80’s or even before for aesthetics and settings and there is deliberately no trace of cell phones, computers and Internet.

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One of the inserts, Tito, moves on the same nostalgic and irreverent references of the Misery Funnies, showing the Diaz take on Sluggo, Nancy’s friend in the Ernie Bushmiller strip (Tito is the name of the character in the Spanish-speaking countries). Pax Noctis, already seen in Kovra #6 published by Ediciones Valientes, is another highlight, a tale of war and desire about a soldier in the trenches recalling, or more probably imagining, a chase in the forest. The situation culminates with a woman tied to a tree and whipped, then Diaz shows again the man, this time masturbating, while the ending combines sex and death like in The WitnessSuicida #1 seems the consequence of a week spent at home in the dark zapping in front of the TV, nerves on edge, eyes pulsing, the body in the grip of a hysterical frenzy that unleashes the most vile urges. But the cartooning of Diaz is more than this, because often he shows and ridicule human foolishness: if Pax Noctis mocked war and sexism, Milagro En El Congo shows a poor chimpanzee suffering the colonial barbarity on a jungle-green background. In another insert we find three one-pagers about the usual topics, reiterated also in the following ¡Esta Fue Tu Vida!, which introduces the novelty of explicit sex without forgetting ruthless irony and storytelling. Home is the last comic of the book, an heap of crazy lines reproducing the urban chaos. A prisoner is released and has to suffer the arousals of the city, as exhibited nudity, women with tight leggings leading men like dogs on a leash, people copulating in every corner. The gory ending is inevitable as magnificent and you can discover it in the few remaining copies of Suicida #1, sold out at the publisher but still available at this moment on Fatbottom Books and Dripper World. Or you can read Kramers Ergot #9, where Pax Noctis, Home and two of the Misery Funnies have been reprinted. In the meantime, Diaz is working at the second issue and so we’ll read soon a new chapter of his old school comics.

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“Christmas in Prison” di Conor Stechschulte

Se non avete niente di meglio da fare e siete fedeli lettori di Just Indie Comics, sapete già che Conor Stechschulte è uno dei miei cartoonist preferiti di oggi. Il suo The Amateurs è una pietra miliare del fumetto contemporaneo (l’ho inserito nel mio Best of 2014) e la serializzazione di Generous Bosom per Breakdown Press ha già fornito motivi di meraviglia e interesse (per sapere quali potete leggere la mia recensione).

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Nonostante la pubblicazione per case editrici affermate nel panorama del fumetto alternativo, Stechschulte continua a essere un sostenitore dell’autoproduzione, in quanto concepisce il fumetto come un medium fortemente legato ai processi di stampa. Christmas in Prison è finora la sua fatica più impegnativa in questo campo, un volumetto 18×14 cm di 96 pagine realizzato in una molteplicità di tecniche diverse (risograph, serigrafia, offset) e rilegato a mano. L’oggetto già di per sé varrebbe la spesa ma il contenuto è ancora più interessante per molteplici motivi, a partire dal fatto che conferma Stechschulte come un autore con una propria poetica, capace di creare un universo di temi e contenuti.

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All’interno troviamo “pezzi” più che “storie”, dato che a volte il messaggio non è propriamente narrativo e l’interconnessione tra ciascuno di essi, basata sul meccanismo della ripetizione, fa pensare a un LP più che a un’antologia di fumetti o racconti. Prendiamo come esempio le pagine iniziali. Una mano sfoglia un libro, che mostra due volti umani che nella vignetta successiva si fondono tra loro. Ecco dunque una casa con una finestra illuminata, la stessa casa in mezzo al mare con una sagoma all’interno (solo una delle tante silhouette in questo libro), il mare alla luce della luna, nuvole, la figura di un uomo sovrapposta ai rami di un albero, ancora alberi, corpi, uomini, case, una lampada da scrivania, di nuovo il libro, le mani, una figura che barcolla in mezzo al verde, le mani che da eteree e indefinite arrivano a mostrare linee e pieghe. Sarebbe sbagliato ridurre tutto ciò a libere associazioni di idee, sotto c’è un contenuto che va al di là della logica, che parla al nostro emisfero destro, che è sogno, poesia, musica, improvvisazione ma anche rappresentazione di un processo, performance più che fumetto.

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Il tema del libro e della metanarrazione torna più volte, come tornano il voyeurismo, il controllo, il continuo senso di inquietudine, la solitudine, il dualismo uomo/natura, l’acqua come luogo di mistero, novità, rinascita. Christmas in Prison (o The Many Ways of Doing and the Wrong Way That It’s Done, come viene ribattezzato sul dorso) è così un’opera autonoma, con una fortissima coerenza interna, ma anche una sorta di campionario di sperimentazioni con cui Stechschulte ha arricchito o arricchirà le opere propriamente narrative. E la stessa dinamica era già presente in autoproduzioni come Wather Phase, Lurking/Nocturners, Mountain Comic. Certo, mai il cartoonist statunitense aveva mostrato in passato una tale forza nello sperimentare e nel proporre qualcosa di così organicamente rivoluzionario. E a confermarlo ecco la parte finale del volume, una lunga storia su voyeurismo, percezione e consapevolezza raccontata da una donna immersa nell’acqua e che affonda le radici sin nella letteratura ottocentesca. E’ questo l’episodio più tradizionalmente narrativo del lotto, ma la linearità apparente nasconde mille interrogativi, espressi prontamente nelle pagine conclusive, in cui i balloon rubano la scena al figurativismo con domande esistenziali di un’intensità sempre crescente.

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Se siete interessati a Christmas in Prison, ne trovate ancora qualche copia nel negozio di Just Indie Comics. Oppure potete ordinarlo direttamente dal sito dell’autore.

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Comic shops of the world: The Beguiling

(English text)

Avete presente il faro di Hicksville, dove è custodita una collezione di fumetti così imponente da comprendere opere mai pubblicate di autori come Jack Kirby, Harvey Kurtzman e Wally Wood? Beh, The Beguiling è il posto più simile a quell’immensa biblioteca che mi sia capitato di vedere finora. Non che io vi abbia trovato, come succedeva al protagonista della storia di Dylan Horrocks, un fumetto di Federico García Lorca e Pablo Picasso, però di materiale oscuro e di difficile reperibilità il negozio di Toronto è pieno. L’ho visitato ormai qualche mese fa in occasione del Toronto Comic Arts Festival, un evento che il proprietario Peter Birkemoe, insieme al manager di The Beguiling Christopher Butcher, ha contribuito a organizzare sin dalla fondazione nel 2003. E ho avuto l’occasione di passarci diverse ore, anzi, la prima volta quasi l’intero orario di apertura tante erano le cose da cercare, guardare, sfogliare.

Ma andiamo con ordine. L’interno è sviluppato su due piani. Nel primo ci sono in evidenza tutte le novità nell’ambito del fumetto indie, alternativo e d’autore: appoggiati sui banconi centrali si trovano dunque le ultime uscite di case editrici come Fantagraphics, Drawn & Quarterly, Koyama Press, Conundrum Press, Retrofit Comics, Alternative Comics, Space Face Books, Landfill Editons, Breakdown Press e via dicendo.

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Su una lunga serie di librerie sono invece appoggiati i libri e gli albi del catalogo, divisi in ordine alfabetico per autore: è questa la parte più interessante, con tante rarità che fanno parte da tempo della collezione del negozio o che vengono acquisite da appassionati e collezionisti privati. Eccovi un po’ di foto, con qualche scaffale e alcuni pezzi pregiati, scelti un po’ per passione personale, in parte su consiglio di Birkemoe e anche un po’ a caso.

Tra la B e la C, con Charles Burns ed Eddie Campbell in primo piano

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Tra i vari titoli estraggo questo Burns edito da Le Dernier Cri e ormai di non facile reperibilità

Il "Multi-Story Building Model" di Chris Ware, l'angolo Will Eisner e, in alto, uno scorcio di Italia con "Lontano" di Gabriella Giandelli edito da Canicola

Il “Multi-Story Building Model” di Chris Ware, l’angolo Eisner e, in alto, “Lontano” di Gabriella Giandelli edito da Canicola

Ancora Ware con "Acme Novelty Library" #1

Ancora Ware con “Acme Novelty Library” #1

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Non è rarissimo ma fa sempre piacere vedere un “Lloyd Llewellyn” #1

“Optic Nerve” di Adrian Tomine prima della Drawn & Quarterly

“Funny Animals” #1 del 1972

“American Splendor” #1, 1976

Oltre a questi titoli potrei citarne a memoria tanti altri, come diversi numeri di Raw, qualche Gary Panter d’annata, Multiforce di Mat Brinkman, varie pubblicazioni dell’era d’oro dell’underground, vecchie raccolte di newspaper strip e via dicendo. Una serie di espositori sono invece dedicati a mini-comics, comic book e riviste, con una selezione che ben rappresenta la “scena” del momento. E non tutto riesce a trovare spazio in negozio. Quando infatti mi è capitato sott’occhio un numero di Internet Comics di Maré Odomo pubblicato qualche anno fa dalla Sacred Prism, mi è venuto in mente che tra quegli albetti mi mancava l’ultima uscita, cioè Kickfoot, uno spillato di 16 pagine del collettivo norvegese Dongery uscito nel 2014. Quando ne ho chiesto notizie a Geneve, una delle ragazze che lavorano a The Beguiling, è andata in magazzino e nel giro di due-tre minuti è tornata con l’albo in mano….

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Inoltre è doveroso citare la sezione dei libri di illustrazione, quella delle antologie e la ricca selezione di titoli francofoni e giapponesi, con diverse rarità in lingua e di importazione.

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“Garo” #111, novembre 1972

Se il piano terra è una vera manna per gli appassionati di fumetto d’autore e underground, il piano superiore è invece riservato al mainstream e assomiglia di più al tradizionale negozio di fumetti americano. Vi trovano spazio i supereroi Marvel e Dc, con tanti titoli d’annata per collezionisti, e le produzioni di case editrici come Image, Dark Horse, Avatar e via dicendo. Anche qui, tuttavia, la selezione è molto accurata e dà particolare attenzione al panorama indie. Inoltre ci sono delle sezioni suddivise per autori, segno che anche qui ci si rivolge a un’audience matura e consapevole.

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Alex fa gli onori di casa al piano superiore, tra un “Forever People” e un “Daredevil”

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“Green Lantern” #8

The Beguiling è anche ben noto per l’attività di vendita di tavole originali, che viene svolta soprattutto on line in uno store dedicato dove è possibile trovare lavori di cartoonist come Sammy Harkham, Kevin Huizenga, Seth, Michel Rabagliati, Shintaro Kago, Brandon Graham, Farel Dalrymple, Jason Lutes, Jeff Lemire, Paul Pope, Eddie Campbell e tanti altri. Sulle pareti del locale si possono ammirare alcuni pezzi della collezione privata: eccovi dunque la prima tavola di Cerebus #23 dell’aprile 1978, che non poteva certo mancare visto il titolo dell’episodio, e una pagina di Joe Matt che vede l’autore, noto collezionista di fumetti d’epoca, dirigersi verso il negozio per vendere delle raccolte di Carl Barks.

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E a proposito di Joe Matt, c’è un’altra tavola da Peepshow #3 che raffigura prima lo stesso autore e i suoi due colleghi Seth e Chester Brown fuori dal negozio e poi Matt all’interno che dialoga con uno dei primi proprietari, Steve Solomos. The Beguiling è stato infatti fondato nel 1987, mentre Birkemoe è subentrato nel 1998.

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La tavola di Joe Matt da “Peepshow” #3

Peter Birkmoe sul suo trono

Peter Birkemoe sul suo trono

Peter Birkmoe Seth

Birkemoe ritratto da Seth in “Wimbledon Green”

Nel corso della mia visita, Birkemoe mi ha raccontato di essere in cerca di locali nuovi e più spaziosi, necessari per esporre un catalogo che in buona parte è relegato in magazzino. Se andate a Toronto, dunque, non mancate una visita a The Beguiling perché potrebbe essere una delle ultime occasioni per esplorare la storica sede al 601 di Markham Street.

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Concludo confermando ciò che scriveva qualche anno fa Jeet Heer su Comics Comics: se non è il miglior negozio di fumetti del mondo, The Beguiling è il miglior negozio di fumetti che io abbia mai visitato. E per questo meritava senz’altro la mia umile attenzione.

Comic shops of the world: The Beguiling

(Italian text)

Do you remember the Hicksville‘s lighthouse, where there is a collection of comics so impressive to include unpublished works of cartoonists as Jack Kirby, Harvey Kurtzman and Wally Wood? The Beguiling is the place more similar to that gigantic library I have seen so far. Well, I haven’t found a comic by Federico García Lorca and Pablo Picasso, as the character of the Dylan Horrocks’ book did, but the Toronto store is really packed with obscure and hard-to-find material. I have visited it last May in the days of the Toronto Comic Arts Festival, an event that the owner Peter Birkemoe, along with the manager of The Beguiling Christopher Butcher, helps organize since the foundation in 2003. And I had the opportunity to spend several hours in the store, looking carefully through its huge catalog.

The store is developed on two floors. The first showcases on the central counters the new arrivals in the world of indie, arty and underground comics, with the latest graphic novels from publishers like Fantagraphics, Drawn & Quarterly, Koyama Press, Conundrum Press, Retrofit Comics, Alternative Comics, New York Review of Books, Space Face Books, Landfill Editons, Breakdown Press and so on.

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The books of the catalog are on the shelves, organized alphabetically by author. This is the most interesting part, with many rarities coming from the store’s backlist or purchased from fans and private collectors, like several issues of Raw, rare Gary Panter’s comics, Multiforce by Mat Brinkman, publications from the underground era, old collections of newspaper strips. Here are some pictures with a few valuable pieces, chosen according to my personal inclination, partly on the advice of Birkemoe and a bit randomly.

Between B and C, with a close-up on Charles Burns and Eddie Campbell

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Among the various books, I pull out this now hard-to-find Burns published by Le Dernier Cri

Il "Multi-Story Building Model" di Chris Ware, l'angolo Will Eisner e, in alto, uno scorcio di Italia con "Lontano" di Gabriella Giandelli edito da Canicola

The “Multi-Story Building Model” by Chris Ware, the Eisner corner and, above, “Lontano” by Gabriella Giandelli

Ancora Ware con "Acme Novelty Library" #1

“Acme Novelty Library” #1 by Chris Ware

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It’s always a pleasure to see a “Lloyd Llewellyn” #1

“Optic Nerve” by Adrian Tomine before Drawn and Quarterly

“Funny Animals” #1, 1972

“American Splendor” #1, 1976

The selection of contemporary comics, minis and magazines is a good representation of the “scene” of recent years, with a lot of books that can’t be displayed in the store. When I found an issue of Maré Odomo’s Internet Comics published by Sacred Prism, it came to me I missed from the same series Kickfoot, a 16-page mini-comic by the Norwegian collective Dongery, released in 2014. When I asked Geneve, one of the employees of The Beguiling, she went in the archive and she came back within two or three minutes with the book in hand.

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I must also mention the section of illustration books, the well-stocked anthologies bookcase and the rich selection of French and Japanese titles, with several original editions.

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“Garo” #111, November 1972

If the ground floor is a real treat for arty and undeground comics fans, the upper floor is devoted to the mainstream and looks more like the traditional American comic book store. We find there Marvel and DC superheroes, with many vintage titles for collectors, and the publications of indie imprints like Image, Dark Horse, Avatar and so on. Even this selection is very accurate and gives particular attention to the indie scene. There are also author sections for creators like Alan Moore or Neil Gaiman, confirming that the shop is completely aimed at a mature and knowledgeable audience.

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Alex does the honors upstairs, between a “Forever People” and a “Daredevil”… But we talked mostly about Italian comics

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“Green Lantern” #8

The Beguiling is also well known for its original artwork store, that sells pages and drawings by artists such as Sammy Harkham, Kevin Huizenga, Seth, Michel Rabagliati, Shintaro Kago, Brandon Graham, Farel Dalrymple, Jason Lutes, Jeff Lemire, Paul Pope, Eddie Campbell and many others. A few pieces from the private collection are exhibited on the walls. I’ve taken pictures of the first page of Cerebus #23 from April 1978, with a familiar title, and of a Joe Matt’s page that depicts the cartoonist, a well-known fan of old comics, heading to The Beguiling to sell some Carl Barks’ complete sets.

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And speaking of Joe Matt, there is another page from Peepshow #3 depicting first him and his colleagues Seth and Chester Brown out of the store and then Matt inside talking with one of the first owners, Steve Solomos. The Beguiling was in fact founded in 1987, while Birkemoe took over in 1998.

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“Peepshow” #3 by Joe Matt

Peter Birkmoe sul suo trono

Peter Birkemoe on his throne

Peter Birkmoe Seth

Birkemoe is a special guest in “Wimbledon Green” by Seth

During my visit, Birkemoe told me he is looking for a new and more spacious location, in order to display the whole catalog and to acquire more comics. If you are in Toronto, then, you have to visit the shop at 601 Markham Street, because it could be one of your last opportunities.

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As Jeet Heer wrote a few years ago on Comics Comics, I don’t know if The Beguiling is the best comic shop in the world, but for sure it is the best one I have visited until now. And it definitely deserved my humble attention.

“Suicida” #1 di Abraham Diaz

(English text)

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Voyeurismo, sadismo, masochismo, autolesionismo, morte, omicidio, suicidio, violenza gratuita, sesso, masturbazione, teledipendenza, degrado metropolitano. Nel suo debutto solista Suicida #1 Abraham Diaz lavora con questi ingredienti, li mescola, li forgia a suo piacimento creando un cartooning compatto e sempre ironico, salace, acido quanto basta. A fine 2015 l’artista messicano ha stampato insieme ai suoi compari dell’etichetta Ediciones Joc Doc 200 copie di questo albo 28×20 cm con testi in inglese e spagnolo, copertina serigrafata, carta bianca e nera con l’aggiunta del verde, utilizzato a volte come inchiostro ma anche per le pagine degli inserti. Un oggetto bello a vedersi e al tempo stesso sporco, che ricerca nell’estetica punk il feeling underground dei comic book monografici di una volta, con tanto di pagina delle lettere (unica differenza, i messaggi dei lettori non arrivano più per posta ma su Tumblr). Si inizia con The Witness, protagonista un solitario uomo di mezza età con tanto di baffetto intento a raccontare un omicidio a cui ha assistito spiando nel bagno della vicina di casa. Il tratto di Diaz è caricaturale, storpia i corpi dei personaggi, allunga i nasi, storce i denti, in uno stile che guarda a tanti artisti che abbiamo amato negli ultimi trent’anni (Ivan Brunetti, Kaz, Johnny Ryan) ma anche a Mad, ai gag cartoon, alle newspaper strip. Non a caso all’interno dell’albo troviamo due mezzi fogli con quattro Misery Funnies, classiche gag con testo sotto la vignetta, del tipo uomo tutto nudo sul water, una tazza fumante in una mano, la cornetta del telefono nell’altra e sotto “You don’t seem to understand… I’m my mother’s only child!”. E la cornetta del telefono è un dettaglio da non trascurare, perché tutto l’albo è fermo per estetica e scenari agli anni ’80 o prima ancora, non c’è volutamente traccia di cellulari, computer e tanto meno internet.

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Sulle stesse coordinate nostalgiche e irriverenti delle Misery Funnies è l’inserto in formato orizzontale Tito, che mostra la versione Diaz di Sluggo, l’amico di Nancy nella strip di Ernie Bushmiller (Tito è il nome con cui il personaggio è noto nei paesi di lingua spagnola). Pax Noctis, già vista su Kovra #6 delle Ediciones Valientes, è un altro pezzo forte, una storia di guerra e desiderio, un uomo costretto in trincea che ricorda o più probabilmente immagina un inseguimento in un bosco. La situazione culmina con una donna legata a un albero e frustata, poi si torna al soldato nella trincea che si masturba, fino al finale che unisce di nuovo sesso e morte come nel pezzo d’apertura. Suicida #1 sembra la conseguenza di una settimana passata chiusi in casa a fare zapping al buio davanti alla tv, con i nervi a fior di pelle, gli occhi che pulsano, il corpo in preda a una frenesia isterica che scatena le pulsioni più becere. Ma il cartooning di Diaz non è tutto qui, perché spesso denuncia e mette alla berlina senza mezzi termini l’idiozia umana: se Pax Noctis si prendeva gioco della guerra e dei deliri di onnipotenza sessisti, Milagro En El Congo è invece la storia animalista di un povero scimpanzé stampata su sfondo in risograph verde giungla. Arriviamo dunque a un altro inserto, questa volta apribile formato poster, dove troviamo tre fumetti di una pagina sui temi abituali, ribaditi anche nel successivo ¡Esta Fue Tu Vida!, che introduce la novità del sesso esplicito ma senza dimenticare l’ironia spietata e il gusto per lo storytelling, presenti ovunque nella produzione del messicano. Home è il fumetto conclusivo, un trionfo di linee impazzite che riproducono il caos metropolitano (stessa soluzione adottata in Home Is Where the Hatred Is, storia breve di Diaz per š! #24): un carcerato esce di prigione ma deve subire gli stimoli continui della città, rappresentati in modo parossistico con nudità esibite senza remore, uomini al guinzaglio di donne dai leggings attillati, gente che copula in ogni angolo. Il cruento finale ve lo potete immaginare oppure potete leggerlo sulle poche copie rimaste di Suicida #1, esaurito presso l’editore ma ancora disponibile, almeno al momento in cui scrivo queste righe, su Fatbottom Books, Dripper World e Feel It Records. Oppure potete procurarvi Kramers Ergot #9, dove sono state ristampate di recente Pax Noctis, Home e due delle Misery Funnies. Intanto Diaz è al lavoro sul secondo capitolo e noi restiamo così in trepidante attesa di leggere altri dei suoi fumetti old school.

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Misunderstanding Comics #5

Dopo una lunga pausa riprendo a segnalare un po’ di fumetti, che di recente si sono davvero accumulati sulla mia libreria (e scrivania, e comodino, e divano, e lavatrice, ecc. ecc.). Impossibile stare dietro a tutto quello che esce e difficile anche scrivere di tutto quello che leggo. Ci provo cercando di essere sintetico e sapendo benissimo che questi fumetti meriterebbero una trattazione ben più approfondita della mia. Ma, come al solito, faccio ciò che posso.

Negli ultimi mesi si è parlato parecchie volte di Martin López Lam su Just Indie Comics ma io devo ammettere di aver letto soltanto di recente il suo Sirio, uscito a inizio anno per l’eccellente casa editrice spagnola Fulgencio Pimentel. Strana coincidenza, ho sottratto il volume all’infinita pila di libri da leggere proprio quest’estate, in un paio di settimane tra fine luglio e inizio agosto che ho passato in ferie ma, per una serie di circostanze, senza andare in vacanza. Non sono stato recluso come i personaggi della storia di López Lam né è stato trovato un cadavere nella piscina vicino casa mia, ma l’atmosfera di costante attesa, la canicola estiva che aumenta giorno dopo giorno, i paesaggi brulli e i personaggi che girano e rigirano intorno a se stessi mi hanno fatto entrare ancor di più nella storia.

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Più che un giallo, Sirio è il racconto di una separazione che vede protagonisti personaggi che sembrano per la maggior parte del tempo fantasmi, con i loro stati d’animo resi splendidamente attraverso un’infinita serie di soluzioni grafiche diverse e i due colori utilizzati, blu e ocra, che sono parte integrante della narrazione. C’è un gran senso di libertà, di sperimentazione in queste pagine, ma al tempo stesso nessuna linea, nessuna sovrapposizione di colori, nessun cambiamento di registro è sprecato. Il volume è in spagnolo ma a richiesta è disponibile un libretto con traduzione inglese allegata. Cercate di recuperarlo perché ne vale la pena.

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Un altro autore che propone una ricerca stilistica autonoma, lontana da ogni moda, è senz’altro Austin English, di cui ho avuto l’opportunità di parlare in precedenza come patron dell’eccellente etichetta Domino Books di Brooklyn. Come López Lam, English non cerca assolutamente un disegno facile e attraente. La sua è un’estetica volutamente sgraziata e imperfetta, che mescolando energicamente tecniche, materiali e colori sfocia nell’arte delle avanguardie storiche e dell’espressionismo astratto. Tuttavia la voglia di dipingere, disegnare e sperimentare non porta mai l’autore a trascurare l’impianto fortemente narrativo dei suoi fumetti. Le storie hanno sempre una trama definita, anche se sembrano più sceneggiature di opere teatrali che fumetti tradizionalmente intesi per il modo in cui trattano i personaggi, non soggetti con una personalità e un background alle spalle ma figure che compiono azioni in uno scenario delimitato.gulag-casual-02

Proprio lo spazio è il protagonista delle cinque storie raccolte di recente da 2dcloud nel volume Gulag Casual. Si tratta di The Disgusting Room (2010), My Friend Perry (2011), Here I Am! (2011), Freddy’s Dead (2012) e A New York Story (2015): tutte hanno in comune la tematica della casa vista come luogo familiare e rassicurante che viene invaso dalla violenza e dall’aggressività del mondo esterno.

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Ancora per 2dcloud è uscito Someone Please Have Sex with Me di Gina Wynbrandt, anche in questo caso un’antologia di fumetti in gran parte già visti in albi autonomi. Le storie raccontano la fissazione per Justin Bieber (One Less Lonely Girl, 2012), una puntata ai Teen Choice Awards sotto la guida di Kim Kardashian (Tiger Beat Exclusive, 2013), la ricerca disperata di un partner sessuale che arriva fino a un lontano futuro (il racconto che dà il titolo alla raccolta, 2014), gatti parlanti che mettono incinta la protagonista (Big Pussy, 2015) e videogiochi che la trasformano in una spietata cacciatrice di uomini (Manhunt, 2016).

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La cosa che più colpisce della Wynbrandt è la capacità di focalizzarsi su pochi elementi per poi portarli all’estremo: il plot parte sempre da particolari realistici e autobiografici, apparentemente insignificanti, che vengono sviluppati in situazioni ai limiti, paradossali, divertenti, a volte surreali. Si tratta di un modus operandi che l’autrice dimostra di saper gestire sin dalle prime prove, segno di una cartoonist giovane ma dalle idee chiare. Anche dal punto di vista grafico la Wynbrandt è bravissima a rappresentare il suo alter-ego nei minimi dettagli, concentrandosi soprattutto sulle espressioni facciali, con una serie veramente infinita di smorfie, e sui suoi capelli, disegnati con una cura certosina. Ma d’altronde sarebbe un crimine trattare con superficialità dei capelli così lunghi.

Visto che ci siamo, rimaniamo in tema di autrici femminili con due albi pubblicati da Retrofit ComicsHellbound Lifestyle della coppia Alabaster Pizzo-Kaeleigh Forsyth e Late Bloomer di Maré Odomo. Il primo è un diario della Forsyth, al suo debutto nel mondo del fumetto, illustrato dall’autrice di Mimi and the Wolves: una collaborazione nata, come svela la bio pubblicata alla fine dell’albo, da circostanze particolari, dato che le due si sono conosciute dopo aver scoperto che stavano uscendo con la stessa persona da un anno. Diventate ottime amiche, hanno realizzato un fumetto divertentissimo scandito da note e conversazioni tratte da uno smartphone, pieno di situazioni assurde, di buoni propositi finiti male, di ragionamenti contorti e soprattutto di idee, idee, idee una dietro l’altra che ci si potrebbero riempire tanti altri fumetti o intere stagioni di serie tv. Belli anche i colori sparati che donano un’estetica pop a un’opera che potrebbe piacere anche a chi non legge abitualmente i fumetti.

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Late Bloomer è invece un volumetto in bianco e nero di piccolo formato (14 x 11 cm) in cui Maré Odomo raccoglie con il modus operandi già mostrato nei due mini Internet Comics usciti per Sacred Prism (ne avevo parlato brevemente qui) riflessioni, disegni, schizzi, scarabocchi, cancellature, frasi. Le prove precedenti affascinavano per l’uso del colore e per la stampa in risograph, risultando esteticamente molto attraenti, mentre questa versione in bassa fedeltà ha l’aspetto di uno sketchbook. Ma in qualsiasi modo vengano pubblicati vale sempre la pena di sfogliare, leggere, guardare gli haiku visivi della Odomo: c’è un sentimento qui dentro che più di ogni narrazione restituisce le emozioni provate dall’autrice, lasciando al lettore un’impressione, un qualcosa difficile da verbalizzare o razionalizzare. Pagina dopo pagina si va avanti tra momenti di realismo (I will forget this), domande che ci si potrebbe fare per una vita intera (Where’d you go?), storie che finiscono (If i see you, I will walk away), vuoto esistenziale (Nothing to cry about), chiusura in se stessi (Don’t wanna talk about it). Quando si arriva all’ultima pagina non si ha un’idea precisa di ciò che abbiamo appena letto ma soltanto la sensazione che qualcosa dentro di noi è successo.

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“š!” #24 + “mini kuš!” #38-42

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While the new issue of š! is hot off the press featuring Western artists inspired by Japanese manga, I’m taking some time to translate this review I published in Italian a few months ago about the previous release of the Latvian anthology and the latest mini-kuš!, now including the most recent one by Laura Ķeniņš. š! #24 is introduced by a beautiful cover by Līva Kandevica and showcases over twenty short comics by international artists, this time around the theme Urban Jungle. If the mood of these A6 booklets is mostly playful and ironic, in every issue there are some different voices, which can be rough, meditative or abstract. For example, in the fashion-themed anthology (š! # 22), Hetamoé’s and Léo Quievreux’s contributions reinterpreted the main theme as something deeply and disturbingly connected to body and flesh. And the same Marie Jacotey, who created the cover and the opening story, is a pleasantly atypical cartoonist, who hides under her colored pencils a crudeness in both line and content.

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Abraham Diaz

And so, which are the “lone voices” of this release? My preference is definitely for Abraham Diaz, a Mexican cartoonist born in 1988 recently seen in Kramers Ergot #9 and of whom I’ll talk again very soon on Just Indie Comics. Diaz has a messed-up cartoon style and draws characters with huge heads and expressions between the stupid and the pissed off. His art is full of lines going on their own, of colors that don’t ever fill the whole space of the figures, of a crooked lettering reporting humorous and absurd dialogues. G.W. Duncanson is another artist aesthetically alien from the rest. His beautiful urban art contribution displays a pictorial black and white made up of graffitis, subways, skyscrapers. This is one of these š! comics I would like to see published in a larger size one day.

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G.W. Duncanson

Both Diaz and Duncanson are debuting artists in the magazine and this means the editors David Schilter and Sanita Muižniece are successful in finding new names to add to the usual ones. This is confirmed by two other newcomers, more in line with the general tone of the anthology. The first is Sami Aho of the Finnish collective Kutikuti: Fooled Again is at first sight similar to Anya Davidson’s work and is an entertaining and accomplished short story with a great underground feeling of yesteryear and bright colors. Mathilde Van Gheluwe of Tieten met Haar is another new name in š! and her debut conquers immediately with warm watercolors, a charming style reminiscent of the other Flemish Brecht Evens and a precise and effective storytelling. But there are also interesting contributions by some regulars in this issue. Dace Sietina’s style is constantly growing and now is closer to the aesthetics of Russian art from ’50s and’ 60s, Amanda Baeza leaves aside geometry for once and creates a nice figurative work in black and white, while Jean de Wet confirms the good things he already showed in the mini-kuš! #20 (I talked about it here).

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Mathilde Van Gheluwe

And speaking of mini-kuš!, let’s have a quick look at the latest fives, all by female cartoonists. The mini-kuš! #38-41 were published last March, while the #42 was out in May. Three Sisters is the title of the first one by Latvian artist Ingrīda Pičukāne, about three girls who find a drunk and naked man in the middle of the forest. The women speak in French, the man in Russian, and there aren’t subtitles, a choice that gives authenticity to the story. The booklet is a twisted fairy tale developing horizontally, with a white frame at the edges of the pages that encloses the colorful forest, rendered with an appealing mosaic effect, while the women are typified from big, exploding eyes, symbols of an intense sensuality. The charm of Pičukāne‘s work is even more powerful in the original art, that was part of a  kuš! exhibition at the latest Ratatà festival in Macerata (you can see some pictures here).

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Ingrīda Pičukāne

Colorful but with a more contemporary style is the mini-kuš! #39 by American cartoonist Tara Booth, who has also a funny three-page comic in Urban JungleUnwell is the story of an out-of-ordinary day in the life. The protagonist wakes up alongside an unlikely hipster, sneaks away after puking in his toilet, gets on a bike, thinks back to when she put her panties on the lover’s head, creates a painting with the ass (literally), goes out with her dog, meets a pervert in the park, gets drunk again… I won’t tell the ending but everything works perfectly in this wordless comic that might seem a silent film, drawn in a patchwork style reminiscent of South Park and with a great use of color. The page is completely at the service of the girl, so that the panels sequence is often broken by her vertical movements on the page. Unwell is definitely an excellent example of a successful mini-comic.

Tara Booth

Tara Booth

If these two booklets have a dionisiac and lively mood, the mini-kuš! #40 by Hanneriina Moisseinen looks algid and rigorous. 1944 tells, as the title suggests, a war episode, namely the evacuation of Carelia, drawn by the Finnish cartoonist in parallel with the birth of an animal, representing the cruelty of nature and war together. The linear plot would need a decisive surge and Moisseinen’s pencils and panel grids are a little too straightforward on this occasion, even if the story is brutally poetic in its very own way.

1944

Hanneriina Moisseinen

The mini-kuš! #41 is a great opportunity to admire a technicolor comic by Aisha Franz, committed to depict a not-so-far future made of apartment complexes, drones, changing sexual identities, pleasure machines. EYEZ isn’t a strong narrative work but relies mostly on the visual approach and on a simplified line compared to previous Franz’s work as the Alien graphic novel. But this hyper-pop version of her fascinates and conquers, so that we want more and more. And soon, if it’s possible.

Aisha Franz

Aisha Franz

The 42nd mini-kuš! was released in May and features Alien Beings by Latvian-Canadian cartoonist Laura Ķeniņš, whose work was published before in š! #19 Mathematics and in š! #21 Business Time. This is a story about aliens and divorce, with the title indicating both the extraterrestials the family supposedly met in the first pages of the mini-comic and the two parents becoming “aliens” the one with the other (and also with their children). The colored pencils used by Ķeniņš are perfect to illustrate a story saw in first person from the daughter of the couple, a coming-of-age tale about growing up in a divided family. In the end the close encounter seems a too-simplistic justification for the break-up and the human relationships are the real unidentified object. Ķeniņš focuses on the girl’s feelings and on the dynamics of the divorce, building a strong, intense and cohesive story.

Laura Kenins

Laura Ķeniņš

“Deriva” di Serena Schinaia

(English text)

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Di Serena Schinaia ho già scritto su queste pagine a proposito della sua ultima fatica solista, l’albo Ceniza/Cenere pubblicato dalle Ediciones Valientes di Martín López Lam, e di Una giornata scorsa, il progetto collettivo che ha realizzato presso l’Accademia di Spagna a Roma insieme allo stesso López Lam, Silvia Rocchi e Roberto Massó. La Schinaia è un’artista pugliese nata a Taranto nel 1986, che dopo aver studiato filosofia estetica e linguaggi del fumetto a Bologna si è trasferita a Roma, dove al momento vive e lavora. I suoi disegni sono apparsi in diverse antologie, ha collaborato con Lo Straniero, Hamelin, il Goethe Institut, e ha esposto in occasione di vari festival, come Bilbolbul, Komikazen, Napoli Comicon, oltre ad aver vinto i premi Reportage per Reality Draws 2012 e Coop for Words 2014. Il suo lavoro è fortemente evocativo, non usa balloons ma solo testi minimali che è riduttivo chiamare didascalie, in quanto non si limitano a descrivere ma danno forza a ciò che le immagini rappresentano, di solito momenti di passaggio, attimi in cui sta per succedere qualcosa oppure in cui qualcosa in realtà è già successo. Se l’ultimo Ceniza sperimenta un tratto più definito, la colorazione in blu/grigio e l’utilizzo in simultanea di italiano e spagnolo, il primo albo autoprodotto Deriva è invece rappresentativo della prima fase della sua produzione, caratterizzata da un bianco e nero intenso fatto di pennellate impressioniste e da frasi laconiche, che fanno pensare più a riferimenti musicali (mi vengono in mente, su tutti, i Massimo Volume) che fumettistici. Di seguito potete leggere due delle cinque storie che riempiono le 32 pagine dell’albo, di cui è uscita di recente anche l’edizione in inglese, ancora autoprodotta, intitolata Drift e disponibile nel negozio on line di Just Indie Comics, dove trovate anche alcune copie di Ceniza. Sul sito delle Ediciones Valientes è invece disponibile il leporello di Una giornata scorsa. Per il momento, buona lettura.

 

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“Drift” by Serena Schinaia

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I already wrote about Serena Schinaia on Just Indie Comics when I reviewed her latest solo effort, the comic book Ceniza/Cenere published by Ediciones Valientes and in this post about Una giornata scorsa, the collective project she developed at the Real Academia de España in Rome with Martín López Lam, Silvia Rocchi and Roberto Massó. Schinaia is an artist born in Taranto, 1986 and after studying Aesthetic Philosophy and Theory of Comics in Bologna she moved to Rome, where she currently lives and works. She was featured in several anthologies, collaborated with Lo StranieroHamelin, the Goethe Institut and exhibited in various festivals, such as Bilbolbul, KomikazenNapoli Comicon. She won the prize Reportage for Reality Draws 2012 and the contest Coop for Words 2014. In her work she doesn’t use balloons but only laconic sentences that aren’t simple captions, as they don’t just describe the drawings but give power to what she represents, creating a deeply evocative result. If the recent Ceniza showcases a more defined line, a blue/gray color palette and the use of Italian and Spanish simultaneously, her first self-published 32-page comic book, Drift, is representative of the first phase of her production, marked by an intense black and white made up of impressionist brushstrokes. Below you can read two of the five stories of the comic book, which is available in Just Indie Comics online shop, where you can also find some copies of Ceniza. In the meantime, have a good read.

 

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“Fobo” di Gabriel Delmas

(English text)

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di Weedzie Kalashnicock

Fobo è una metafora della follia dell’amore, una canzone sullo squilibrio chimico, un poema per tutti coloro che cercano e un lamento per coloro che trovano. In sintesi, un’allucinazione metafisica.

E’ anche il divertente racconto di uno spermatozoo che, come tutti gli spermatozoi prima di lui, ha assolutamente bisogno di trovare un uovo per assicurarsi un posto nell’eternità. Ma, mentre tenta di compiere il suo destino, diventa ossessionato da qualcos’altro. Ciò che vuole veramente è penetrare il cuore dell’universo. E questo desiderio lo porta a inseguire ogni barlume, ogni bagliore, ogni buco nero, ogni punto lontano, fino a dove e fino a quando riesce a farlo.

All’inizio è pieno di speranza. Riesce ad attraversare ogni paesaggio immaginabile. Incontra la donna con un occhio solo, la insegue, gioca con lei. E’ aiutato da una vegetazione amichevole, i cui tentacoli ricurvi lo salvano quando pensava che stessero per strangolarlo. Viene mangiato da strane creature fluttuanti con i ventri rigonfi e i volti sorridenti, un po’ stupide ma anche affettuose, che in realtà non vogliono fargli del male, dato che lo portano verso nuovi e ancor più stimolanti territori. E’ costretto a fermarsi, incapace di proseguire, ma poi riprende la sua corsa. Riesce a prevenire ogni catastrofe e a muoversi sempre più avanti nella sua ricerca. Le sue avventure sono spaventose e divertenti. Sembra essere (e comincia a credersi) invincibile. Diventa il capo di alcune creature che incontra lungo la strada. E’ così euforico da sentirsi onnipotente, sembra che non ci sia niente che non possa fare.

Fobo si sente tutt’uno con l’universo e con le creature intorno a lui. Sembra che tutti facciano il tifo per lui. Si sente coccolato.

Ma cosa sta succedendo? E’ vero che sono tutti dalla parte di Fobo? Ogni creatura lo porta più vicino, ma a cosa? Tutto ciò è amore o un inganno? Dove si trova?

Fobo guarda le cose sotto un’altra luce. Ciò che sembra essere una cosa, subito dopo comincia a sembrarne un’altra. Ogni volta che Fobo emerge da una cavità, ne trova un’altra e un’altra ancora. E sono le cavità a guardare Fobo, non il contrario. Ne può penetrare una ma ce n’è sempre un’altra dietro l’angolo. Sia che guardi giù o su, che entri o che esca, non è mai dall’altra parte. E’ imprigionato, proprio come tutti gli altri esseri in questo labirinto umido e oscuro.

E’ forse un clone? O un drone? Pensava di essere migliore! Diverso! Che cos’è?

Prima Fobo trovava tutto eccitante, folle e misterioso mentre ora pensa: “Devo essere provocato e stimolato in eterno? Riuscirò mai a penetrare il mistero che sto cercando di comprendere? Devo essere preso in giro per il resto dei miei giorni, e tutto il mio tempo, tutti i miei sforzi non serviranno a niente?”

Questa non è la storia di una razza che cerca di sopravvivere, e neppure la storia di una selvaggia lotta per essere il miglior spermatozoo dell’universo. E’ la storia della disillusione del vincitore. La sua sofferenza è esistenziale.

La verità è che Fobo ha una pistola sempre carica ma può sparare soltanto a salve, per l’eternità.

Questa è la storia dell’Orrore.

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Traduzione di Gabriele Di Fazio. Fobo è l’ultimo lavoro di Gabriel Delmas ed è un volumetto di 64 pagine, brossurato, 15×21 cm, pubblicato da Hollow Press