Misunderstanding Comics #8

In questo nuovo appuntamento con la solita rubrica di segnalazioni varie recupero un po’ di albi usciti tra fine 2016 e inizio 2017 di cui non sono riuscito ancora a parlare.
NOTA: Alcuni di questi fumetti potrebbero essere in vendita nel negozio on line di Just Indie Comics. In questo caso il link sul titolo vi porterà direttamente alla relativa pagina del negozio. I miei giudizi cercheranno di essere comunque obiettivi, ammesso che ciò sia possibile. Buona lettura.
Parto a razzo con la prima uscita della linea All Time Comics della Fantagraphics, in cui cartoonist contemporanei come Josh Bayer (curatore del progetto), Benjamin Marra e Noah Van Sciver si uniscono a colonne della Marvel anni ’70-’80 come il compianto Herb Trimpe e Al Milgrom per creare una serie di albi ambientati in un fantomatico universo fumettistico. Qui avevo già detto qualcosa a proposito. Nel frattempo mi è finalmente arrivato questo Crime Destroyer, un albo storico se si pensa che è l’ultimo fumetto realizzato da Trimpe (inchiostrato da Marra) prima della sua scomparsa. La storia, a firma Josh Bayer, racconta di un reduce di guerra che decide di combattere il crimine mettendosi un costume con due pugni giganti sulle spalle e che beve tè mentre si informa sul rapimento di una giovane ragazza da parte di deformi abitanti dei tunnel della metropolitana. Tutte facezie che erano all’ordine del giorno nei fumetti Marvel di quarant’anni fa e che ritroviamo in quello che vuole deliberatamente essere un qualsiasi numero di una qualsiasi serie di supereroi dell’epoca. L’aderenza al modello è totale e se vi aspettavate trasgressione o un po’ di violenza in più perché siamo nel 2017 e pubblica Fantagraphics no, non c’è neanche quella. Persino la carta, i colori e il lettering (a opera dello storico letterista Marvel Rick Parker) riprendono lo stile degli anni che furono. Vi piacerà o no? Dipende se siete o siete stati fan del genere. Io ovviamente sì e per me è una goduria assoluta avere tra le mani la riproduzione esatta dei fumetti che mi hanno fatto veramente innamorare di questa forma d’arte. Per il resto la storia di Crime Destroyer è piuttosto esile e pretestuosa ma magari dalle prossime uscite (in programma più o meno mensilmente) si vedrà anche qualcosa di più. E il sottotesto politico, a sua volta in tono con certe produzioni supereroistiche anni ’70, lascia ben sperare.
Proseguiamo questa rassegna con un paio di albi targati Retrofit Comics, a partire da Our Mother di Luke Howard, per me una delle più belle sorprese degli ultimi tempi, una storia su una madre con disturbi d’ansia e attacchi di panico declinata in modo metaforico e tutt’altro che diretto. Non c’è un vero e proprio dramma in queste pagine né dettagli autobiografici ma piuttosto una serie di storie che raccontano, si interrompono e riprendono, a volte omettendo passaggi ed episodi. Si inizia con due genitori che assoldano un losco figuro dandogli l’incarico di procurare qualche tipo di disordine alla figlia in nome di un’oscura tradizione di famiglia e si prosegue con sconosciuti che si materializzano nel salotto di casa, avventure fantasy, robot,
animali da laboratorio e altro ancora. Howard, già visto all’opera con Talk Dirty to Me pubblicato da Adhouse Books, si conferma come una delle migliori voci uscite dal Center for Cartoon Studies e non solo, consegnandoci un albo perfetto per narrazione e anche ricerca stilistica, molto vario nel segno e nell’utilizzo delle tecniche narrative. Peccato averlo letto soltanto a 2017 iniziato da un pezzo perché sarebbe entrato di diritto nella mia lista dei migliori fumetti del 2016. Ma tanto chissenefrega delle maledette liste. Sempre da Retrofit arriva la più recente fatica di Anya Davidson, cartoonist chicagoana già nota per School Spirit uscito per PictureBox e per il più recente Band for Life pubblicato da Fantagraphics. Albetto brossurato di dimensioni anche importanti (64 pagine), Lovers in the Garden è ambientato a New York nel 1975 e sviluppa a ritmo incalzante una trama che potrebbe essere uscita da un film di quegli anni o anche di Tarantino, Jackie Brown in primis. Traffici di droga, reduci del Vietnam, giornalisti, doppi giochi e sparatorie sono gli ingredienti di quella che potrebbe sembrare una classica gangster story e che invece è innanzitutto il racconto dell’amicizia tra due uomini. Lo stile della Davidson fa il resto e unendo l’uso delle matite colorate a una linea rigida e legnosa rende alla perfezione il passaggio dalla psichedelia al punk che stava avvenendo in quegli anni.
Pubblicato da un’altra casa editrice statunitense, la Hic & Hoc, Foggy Notions è un albo di 36 pagine in bianco e nero in cui l’autrice November Garcia utilizza una linea scarna, pagine costruite in modo banale e un lettering goffo e ingombrante per raccontare vicende poco significative e neanche troppo divertenti, tra lavori sfigati, vita di quartiere, malintesi con le forze dell’ordine. Insomma, Foggy Notions è un fumetto fantastico, di quelli che leggerei e rileggerei senza mai stancarmi, soprattutto grazie alla capacità dell’autrice di raccontare con scorrevolezza, acume e disincanto il suo quotidiano. Ciò che lo differenzia da produzioni simili ma meno riuscite è la capacità di creare uno stile proprio e ben definito, in cui tutto è al proprio posto, e di portarlo avanti fino alla fine con la convinzione che solo i testardi sono in grado di avere. E poi la faccia sempre perplessa e disorientata della protagonista, con quegli occhi grandi e la bocca segnata dalle smorfie, valgono da soli il prezzo del biglietto. Altra recente uscita di Hic & Hoc è Dad’s Weekend di Pete Toms, cartoonist californiano che unisce la sua linea pulita e
ordinata a colori piatti e tenui. Ne viene fuori uno stile algido, perfetto accompagnamento per il clima di costante paranoia che si respira nei suoi fumetti. Whitney è un’adolescente che deve passare un fine settimana con il padre, fissato con le sette e le teorie della cospirazione. Quando un suo amico scompare misteriosamente, l’uomo coinvolge la figlia in una ricerca che ben presto diventa un viaggio nella sua malattia mentale, in un’escalation di disagio e imbarazzo. O forse ci sono davvero di mezzo Venusiani e Rettiliani? Coeso e lucido come capita di vedere poche volte, Dad’s Weekend fa categoria a parte in un mondo dei fumetti in cui spesso storie di questo genere si risolvono con una strizzata d’occhio e un sorrisetto furbo al lettore. Lo sguardo di Toms è invece serio e deciso, fino al punto da risultare drammatico. Peccato per i troppi e inflazionati riferimenti al mondo dei social network, ma forse il problema è mio che mi piacciono le cose in cui si vedono ancora i telefoni a disco.
Realizzato per il corso Comics, Emotional Directness and Self-Doubt tenutosi nella primavera del 2016 presso la School of the Art Institute of Chicago, The Fence è l’ultimo mini-comic di Conor Stechschulte, autore di The Amateurs, Generous Bosom e Christmas in Prison, di cui gli affezionati lettori di Just Indie Comics dovrebbero sapere abbastanza. Si tratta di sole 8 pagine realizzate con l’acquerello che non si discostano da quanto visto finora, sia per contenuti (ancora il controllo, un futuro indefinito, la natura e l’acqua) che per scelte stilistiche (e in questo senso l’opera più vicina è senz’altro Glancing, di cui avevo detto brevemente in questo Best of 2014). Ma non c’è da stupirsi, perché ogni opera di Stechschulte richiama le altre, in un gioco di riferimenti e autocitazioni che non è mai noioso ma va a costruire un mondo e una poetica. Non vi rivelo altro perché la storia è brevissima e se vi capiterà di leggerla è bene che lo facciate senza avere preconcetti, per cui mi limito a dirvi che ci sono degli uomini costretti a lavorare tutto il giorno, paesaggi incontaminati, un recinto che è impossibile superare e… apparizioni. Stechschulte continua a parlare un linguaggio misterioso, irrazionale e intuitivo, in cui non tutto è perfettamente intellegibile ma in cui niente è fine a se stesso.
Chiudo segnalandovi due nuove uscite di Steven Gilbert, cartoonist canadese a cui ho dedicato quasi un anno fa una lunga intervista e che ora dopo anni di autoproduzione sotterranea sta per pubblicare il suo primo fumetto ufficiale con l’edizione italiana di Colville, in uscita per Coconino. E proprio a Colville guarda Riverdale, mini di sole otto pagine in cui Gilbert rilegge la sua opera principale come se fosse un fumetto della Archie Comics, cambiandone ambientazione e personaggi. Ne viene fuori una divertente auto-parodia che decostruisce le vicende del modello originale con sintesi a dir poco estrema. Port Stanley segna invece il ritorno del nostro allo stile e ai personaggi dei suoi primi rarissimi fumetti come I Had a Dream e Gardenback. Mini-comic di 40 pagine in bianco e nero quasi completamente muto (c’è un solo balloon con la domanda “Up?”), segue gli spostamenti nello spazio di una figura spesso indefinita, intenta a saltare, correre, guardarsi intorno. Sembra un fumetto sperimentale degli anni Zero ma in realtà Gilbert queste cose le faceva già da prima, infischiandosene di trama, coerenza narrativa, contenuto. Ed è bello vederlo tornare a quelle atmosfere e farci così assistere a un ritorno a casa del suo protagonista, come se fosse finalmente l’ora della liberazione dopo anni di vagabondaggi, di torture e infine di limbo dovuto alla lunga inattività del suo demiurgo. Che ci sia tra le righe qualche riferimento autobiografico, vista la lunga pausa di Gilbert e il suo ritorno in pianta stabile alla produzione fumettistica? Difficile rispondere, ma a confermare il nuovo slancio creativo del cartoonist canadese c’è anche l’uscita del secondo volume di The Journal of Main Street Secret Lodge, che unisce illustrazioni, testi e storie a fumetti a tema Newmarket, la cittadina dell’Ontario in cui Gilbert vive e gestisce il suo comic shop. Niente male per uno che sembrava aver messo definitivamente la matita nel cassetto.
Anteprima di “Tales from the Hyperverse”

Una strega di cristallo alla ricerca di energia magica combatte contro rino-rospi in un mondo fantasy-futuristico dominato da una ragno-regina. E’ più o meno questa la trama di Fuel Quest, il racconto che costituisce uno dei pezzi forti di Tales from the Hyperverse di William Cardini. L’antologia fa parte della nuova campagna Kickstarter dell’etichetta statunitense Retrofit Comics e contiene nelle sue 40 pagine storie brevi ambientate nell’Hyperverse, il mondo già utilizzato da Cardini per il suo Vortex, di cui ho parlato ormai parecchio tempo fa sul vecchio sito di Just Indie Comics.
In Tales from the Hyperverse trovano spazio fumetti usciti su antologie come Smoke Signal e Secret Prison, alcune storie già viste on line e 14 pagine inedite. Tutti i contenuti originariamente in bianco e nero sono stati ricolorati per l’occasione dallo stesso Cardini, con la collaborazione di Josh Burggraf su cinque tavole.
Ma non è questo l’unico albo interessante del Kickstarter della Retrofit, casa editrice guidata dal cartoonist Box Brown e da Jared Smith che uscita dopo uscita sta alzando sempre più il livello qualitativo delle sue pubblicazioni. Della stessa campagna fanno parte titoli come Iceland di Yuichi Yokoyama e How To Be Alive di Tara Booth, insieme a Combed Clap of Thunder di Zach Hazard Vaupen, Steam Clean di Laura Ķeniņš e TRUMPTRUMP vol. 1: nomination to inauguration di Warren Craghead III. Per tutti i dettagli vi rimando alla pagina dedicata. Intanto, buona lettura con Fuel Quest.
“Fumetti, sesso, guerra…” di Jorge Carruana Bances

Beni di consumo come simboli di benessere e potenza, personaggi dell’animazione e del fumetto, riferimenti espliciti al mondo del cinema e della politica, aerei militari pronti a colpire, corpi nudi spesso ripresi nel mezzo dell’atto sessuale. E’ questo il mondo di Jorge Carruana Bances, artista cubano scomparso nel 1997 e adesso in mostra dopo un lungo oblio nei locali dell’Accademia di Spagna a Roma. La curatrice Suset Sánchez ha messo insieme con la collaborazione degli eredi un buon numero di dipinti di questo artista ingiustamente poco conosciuto, tra l’altro legato strettamente all’Italia, dato che – dopo aver dovuto abbandonare Cuba per motivi politici – visse a Roma dal 1970 fino alla morte.
Quello di Fumetti, sesso, guerra… è un mondo colorato che a prima vista si potrebbe catalogare nel filone della pop art americana. Eppure sarebbe ingiusto farlo, perché se gran parte della pop art si proponeva come rappresentazione mimetica della cultura di massa l’artista cubano esprime un’estetica sperimentale nella forma e dichiaratamente critica nei contenuti. Lo spazio è raramente lineare, anzi è spesso frammentato e attraversato da linee o curve, così che in un’unica opera vengono giustapposti contenuti diversi che, messi in relazione tra loro, lasciano trasparire una convinta e gioiosa opposizione al pensiero dominante senza risultare didascalici. Il corpo è l’assoluto protagonista dei lavori di Carruana Bances e l’erotismo, l’evasione, il viaggio sono gli strumenti capaci di ricomporne i pezzi, rendendolo territorio di liberazione invece che la principale vittima di insuperabili dinamiche politiche, economiche e sociali.
La mostra rimarrà aperta fino al prossimo 7 maggio. Qui sotto un po’ di foto scattate in occasione dell’inaugurazione del 6 aprile scorso. Come sempre, buona visione.
Foto di Serena Dovì
Just Indie Comics su Instagram

Forse non tutti sanno che ultimamente ho deciso di non badare a spese e dotarmi anche di un profilo Instagram. Con la collaborazione di Serena Dovì pubblichiamo contenuti visivi legati al mondo del fumetto indipendente, underground e d’autore, con qualche puntata nei meandri del mainstream e persino dell’arte. La gran parte delle immagini fotografano direttamente la mia collezione di fumetti, soffermandosi non solo sulle copertine ma anche su singole pagine e vignette, tra novità, classici, rarità e chicche del passato recente. Di tanto in tanto il profilo serve a promuovere o a rendicontare mostre, eventi e incontri degni di nota. Da tutto ciò viene fuori che la pagina Instagram di Just Indie Comics è ben più aggiornata del sito stesso, che riesco a portare avanti con estrema difficoltà. Ordunque mettete da parte ogni indugio e schiacciate il tasto SEGUI su www.instagram.com/justindiecomics. E se ancora non siete convinti ecco una selezione delle immagini pubblicate fino a oggi. Buona visione.

Prima serata di #ColorAnti al #monkroma con @alessandrobaronciani e @dottorpira, @tinalsong e #fumettidalfuturo
JICBC pt. 2: “Get Out Your Hankies” di Gabrielle Bell

Seconda serie di spedizioni per il Just Indie Comics Buyers Club, l’abbonamento arrivato alla seconda edizione che permette di ricevere, per chi si è iscritto entro il 10 gennaio scorso, fumetti per lo più americani e a volte anche europei di difficile reperibilità in Italia. Se state leggendo queste righe e non sapete di cosa si tratta, vi rimando all’articolo di presentazione dell’edizione 2017. Qui mi limito a dirvi che tutti gli abbonati riceveranno con l’invio di aprile Get Out Your Hankies di Gabrielle Bell, che ho voluto scegliere come fumetto “uguale per tutti” dopo Blammo #9 di Noah Van Sciver selezionato a gennaio. Di questo albo di 32 pagine edito da Uncivilized Books avevo già parlato brevemente in occasione del mio Best of 2016, quando ne avevo letto soltanto la versione digitale, dato che quella cartacea è uscita negli Stati Uniti soltanto a dicembre. Nell’albo trovate infatti, con qualche intervento di editing, proprio il materiale che l’autrice di Lucky e The Voyeurs ha pubblicato quotidianamente lo scorso luglio sul suo sito, secondo una tradizione che sta portando avanti da qualche estate. Con la solita forma diaristica e l’usuale fluidità di scrittura, la Bell ci racconta i fatti e le sensazioni più disparate, da come scegliere un cocomero alla reazione alla strage di Nizza, dal suo lavoro in una libreria dell’usato ai bagni nell’Hudson River. In mezzo la galleria di indecisioni, paranoie ed elucubrazioni che rappresentano la cifra stilistica dell’autrice, messe in scena con un testo ancora più ingombrante del solito, che tende a riempire la pagina fino a farla diventare barocca, complice anche un segno che negli anni si è fatto più sporco e al tempo stesso intenso. Il tutto in attesa di Everything is Flammable, nuovo lavoro sulla lunga distanza in uscita in questi giorni ancora per Uncivilized.
Per chi non è abbonato al Buyers Club alcune copie di Get Out Your Hankies sono disponibili nello shop. Intanto ecco le prime quattro pagine dell’albo, che pubblico grazie alla collaborazione dell’editore. Buona lettura.
Misunderstanding Comics #7

Riprendo questa rubrica di recensioni brevissime per lettori che non devono chiedere mai recuperando con estrema velocità tre fumetti italiani usciti negli ultimi mesi e di cui non sono ancora riuscito a parlare.
NOTA: Alcuni di questi fumetti potrebbero essere in vendita nel negozio on line di Just Indie Comics. In questo caso il link sul titolo vi porterà direttamente alla relativa pagina del negozio. I miei giudizi cercheranno di essere comunque obiettivi, ammesso che ciò sia possibile. Buona lettura.
Inizio senza troppe esitazioni con Shhh!, terzo volume della serie B Comics edita da Ifix per la cura di Maurizio Ceccato. Come i precedenti Crack! e Gnam!, di cui probabilmente saprete già tutto, raccoglie storie brevi di autori esordienti o quasi, che in alcuni casi si cimentano con il fumetto pur provenendo da altri ambiti. Al di là dell’estetica, che mescola stili e tendenze offrendosi come uno zibaldone del disegno narrativo contemporaneo, a stupire è la facilità di lettura di contributi che, come suggerisce il titolo, sono interamente muti. Raccontare una storia senza l’uso di parole è una delle sfide più complicate per un fumettista e non è facile riuscirci per chi è ancora alle prime armi. E invece la gran parte degli autori centrano il bersaglio, con i vertici raggiunti, almeno per quanto riguarda il mio gusto personale, dal realismo fotografico di Alessandra Romagnoli e dall’incubo burnsiano di Francesco Panatta (foto in basso). Il grande formato, la confezione e la cura editoriale fanno il resto, dando vita a un volume che non sfigurerà nei migliori scaffali della Penisola.
Tra le altre cose che mi sono sfuggite è doveroso citare I segni addosso, volume sul tema della tortura realizzato da Andrea Antonazzo ed Elena Guidolin a partire da un’idea di Renato Sasdelli. Dico doveroso perché la Guidolin è una delle artiste italiane contemporanee che più mi piacciono, pur alle prese con un libro di comics journalism (o graphic journalism che dir si voglia) edito da Becco Giallo, non propriamente la mia merenda quotidiana. Lo scopo è però nobile, dato che I segni addosso va ad occuparsi non solo di noti episodi di tortura tra l’Italia fascista, la scuola Diaz e la prigione di Abu Ghraib ma anche delle carenze dell’attuale legislazione in materia, grazie ai saggi dello stesso Sasdelli e del portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury.
Le pennellate della Guidolin sono perfette per evitare la semplice cronaca e dare alle vicende un respiro assoluto, quasi astratto nel rappresentare ingiustizie e violenze. Le pagine migliori sono quelle in cui i corpi umani, ridotti a ombre, scompaiono in grandi spazi riempiti da schizzi di inchiostro di una potenza rara a vedersi, che risultava ancora più efficace negli originali visti in mostra allo Studio RAM nel corso dell’ultimo BilBOlbul.
Chiudiamo questa breve rassegna con un altro libretto edito verso la fine dello scorso anno, con cui Martoz racconta un finale alternativo del suo Remi Tot in Stunt. La forchetta vibrante è di nuovo pubblicato da MalEdizioni ed è una degna appendice al volume precedente. Il protagonista, un geniale matematico alla ricerca di immani catastrofi a cui sopravvivere, si trova questa volta in Puglia e nello specifico nel castello di Otranto, trasformato in un hotel, dove è così fortunato da vincere un viaggio aereo da Otranto… a Otranto.
Insomma verrebbe da esclamare OTRANTO! e bersi un Negroni ma in realtà tutto (o quasi) ha un senso e a conti fatti le 48 pagine dell’albo risultano le più ordinate e strutturate con Remi Tot come protagonista, dato che il racconto sulla breve distanza porta l’autore a sviluppare un plot più rigido e serrato del solito, scandito da una serie di vignette per lo più di piccole dimensioni che scorrono alla velocità della luce. Come sempre in questi casi una lettura superficiale non basta e bisogna tornare indietro o semplicemente rallentare per farsi strada tra le trovate estemporanee e i momenti di nonsense (uno shogun alle prese con il check-in all’aeroporto, il cane che beve l’acqua di Lourdes per controllare se contiene liquido esplosivo, i piloti che giocano a Subbuteo e così via), trovando quell’ordine che emerge dal caos e che dà senso al tutto. E quell’ordine c’è sempre, perché come ho già scritto altre volte Martoz è un autore che ama sperimentare con le tecniche di narrazione, il segno, i colori ma che non perde mai il piacere di raccontare.
Days of Future Past – 22/03/2017

Nuovo appuntamento con questa rubrica di segnalazioni varie che ogni tanto mi viene voglia di riesumare. Iniziamo con un po’ di novità editoriali e in particolare con qualche crowdfunding tuttora in corso, a partire da Instantly Elsewhere, un’idea matta lanciata da Lorenzo Palloni e Martoz sulla piattaforma Spaceman Project, storia di uno scrittore che non riesce a smettere di scrivere, perché tutte le sue visioni, comprese quelle più pericolose di minacciosi supercattivi, si avverano. Interessante l’idea di proporre il progetto a un pubblico internazionale, infatti il volume sarà disponibile in italiano, inglese, francese e spagnolo, sia in versione brossurata che cartonata. Instantly Elsewhere verrà pubblicato a luglio 2018, dato che gli autori inizieranno a lavorarci soltanto alla fine della raccolta fondi.
Altro crowdfunding è quello lanciato da C’est Bon Kultur, associazione svedese con base a Malmö che pubblica da anni il magazine di storie brevi C’est Bon Anthology, vetrina per nuovi talenti e al tempo stesso territorio di sperimentazione per artisti già affermati. Finita la disponibilità dei fondi che avevano permesso di stampare con una certa regolarità l’antologia, per il 36esimo numero gli svedesi hanno ben pensato di ricorrere a una campagna di finanziamento, che risulta particolarmente interessante per noi italiani vista la presenza di tre artisti nostrani come AkaB, Elena Guidolin e Serena Schinaia. Per un po’ di immagini, ulteriori dettagli ed eventualmente contributi, vi rimando alla pagina Indiegogo del progetto.
Facciamo un salto negli Stati Uniti per segnalare che la 2dcloud di Minneapolis ha reso disponibile la sua collezione primaverile su Kickstarter. Tra i vari titoli spicca il secondo numero dell’antologia-libro Mirror Mirror, stavolta a cura di Sean T. Collins e Julia Gfrörer e con contributi di Lala Albert, Clive Barker, Heather Benjamin, Al Columbia, Dame Darcy, Renée French, Simon Hanselmann, Aidan Koch, Uno Moralez, Jonny Negron, Josh Simmons, Carol Swain. Per saperne di più cliccate velocemente qui, perché mancano pochi giorni alla conclusione.
E a proposito di novità editoriali d’oltreoceano, ha da poco debuttato la All Time Comics, nuova collana di supereroi Fantagraphics curata da Josh Bayer. Sì, lo so che “nuova collana di supereroi Fantagraphics” sembra una cosa strana e infatti lo è, dato che questa nuova linea editoriale che strizza l’occhio alla Marvel degli anni ’70 fa collaborare alcuni dei migliori nomi dell’underground di oggi come lo stesso Bayer, Benjamin Marra e Noah Van Sciver con istituzioni del fumetto supereroistico come il compianto Herb Trimpe e Al Milgrom. Io ne avevo parlato parecchio tempo fa, ancor prima che la Fantagraphics entrasse in gioco rilevando il progetto, all’inizio pensato sotto forma di autoproduzione. Se invece volete notizie fresche vi rimando a un bell’approfondimento con tanto di interviste pubblicato su Newsarama, mentre qui trovate un trailer della serie girato da Samuel Bayer (fratello di Josh), regista noto tra l’altro per aver firmato il video di Smells Like Teen Spirit dei Nirvana. E tra gli attori in carne e ossa del trailer c’è addirittura l’ex Sex Pistols Steve Jones. Io nel frattempo ho messo le mani sul primo comic book del lotto, Crime Destroyer, di cui spero di parlarvi a breve.
Rimaniamo in tema di fumetti, video e musica per un po’ di autopromozione. Venerdì 31 marzo alle 20 sarò infatti al Monk di Roma per la ricchissima serata di debutto di ColorAnti, con la proiezione del documentario Fumetti dal futuro – Quattro storie di autoproduzione di Serena Dovì, incentrato sulle vicende artistiche e non solo di Ratigher, Maicol & Mirco, Dottor Pira e Alessandro Baronciani. Gli ultimi due saranno presenti all’evento e parleranno dei loro più recenti progetti in un incontro coordinato dal sottoscritto, oltre a disegnare delle cassette bootleg di This is Not a Love Song. E sempre TINALS presenterà in anteprima la VHS di Dirty Dancing illustrata da Baronciani e una mostra della nuova collana Not Tv ZPPNG, con remake grafici di programmi e personaggi televisivi degli anni che furono, da Bim Bum Bam a Il pranzo è servito, dal Pennello Cinghiale a Sandra Milo, con illustrazioni a firma AkaB, Nova, Silvia Sicks, Dario Panzeri, Silvia Rocchi, Viola Niccolai, Veci, Pablo Cammello, Chiara Lu, Paola Rollo, Valentina Lorizzo, Isabella Bersellini. Come si suol dire non mancate e, se proprio dovete mancare, che sia almeno per un buon motivo.
Tre fumetti di Anna Krztoń

Anna Krztoń è una fumettista e illustratrice polacca che vive attualmente a Varsavia, animatrice di una scena sempre più vivace e ricca di artisti, editori, autoproduzioni ed eventi. Oltre agli albetti che si è stampata per proprio conto e a quelli che ha pubblicato per piccole realtà locali, la Krztoń ha collaborato in questi ultimi anni a diverse antologie internazionali, come Ink Brick, Dirty Diamonds, C’est Bon, Stripburger, Tieten Met Haar, Kuti Kuti, SW/ON. Attualmente sta lavorando alla sua prima graphic novel, che uscirà per l’editore polacco Wydawnictwo Komiksowe nel 2018.
In queste tre storie sono rappresentate soltanto in parte le numerose sfumature della produzione dell’autrice, a partire da quella più propriamente realistica che troviamo sia in Constant Sorrow che in Early Mornings, simili per tono e tematiche a First Weeks, mini-comic autoprodotto di cui avevo detto brevemente in questa puntata di Misunderstanding Comics. Room of My Own è invece un lavoro diverso, meno narrativo e più impressionista, esemplificativo di un mood sognante, astratto e naif che è un elemento costante dei fumetti della Krztoń.
Se volete approfondire, vi rimando al sito di Anna e vi ricordo che alcune copie di First Weeks sono disponibili nello shop on line di Just Indie Comics. Per ora, buona lettura.
“Impatience” di Inés Estrada

Nonostante i suoi 26 anni, la cartoonist messicana Inés Estrada ha già all’attivo un gran numero di storie a fumetti, di cui è difficile tener traccia dato che sono state pubblicate con vorticosa continuità tra comic book, zine, siti internet e antologie. Ad aiutarci a mettere ordine in questa vasta e variegata produzione ci pensa Impatience, volume di 200 e più pagine che sulle orme del precedente Ojitos Borrosos mette insieme una serie di episodi più o meno brevi realizzati tra il 2012 e il 2016 con l’aggiunta di qualche inedito.
Il volume dà conto della poliedricità della proposta della Estrada, con variazioni sensibili di tono e contenuto tra un fumetto e l’altro, che tuttavia sono sempre facce diverse della stessa medaglia, dato che la poetica dell’autrice è nel complesso già matura e sufficientemente focalizzata. Tra la divertente serie Ghost Girl vista on line su Vice, gli haiku in forma di striscia a fumetti destinati al magazine letterario The Believer e la polifonia di Sindicalismo #89, emergono episodi che si collegano l’uno all’altro e riconducono a temi preponderanti, su tutti il corpo femminile, che l’autrice esplora nel suo rapporto con se stesso, con l’altro sesso, con lo spazio circostante e soprattutto con la natura. Ne sono ottimo esempio il panteismo dell’introduttiva (e splendida) The Multiverse is inside of you e l’altrettanto riuscita Beeing, tratta dal mini kuš! Borrowed Tails, in cui assistiamo a un’autentica palingenesi.
Anche CS, originariamente pubblicata negli Stati Uniti da Sacred Prism, torna sul tema di corpo e natura mostrando un piccolo essere femminile – probabilmente un virus – innamorato del corpo umano che si trova ad abitare, mentre Cenote è un’esplorazione della sessualità che diventa ricerca di se stessi, avventura, visione.
Come detto non è questo l’unico tema di una raccolta variegata e ricca di stimoli contenutistici e anche visivi, basata su un approccio estetico che non ricerca la perfezione ma descrive con piglio underground, e spesso con ironia, il caos emotivo e materiale dei personaggi rappresentati. E infatti tra le immagini ricorrenti del libro ci sono le case e le stanze dei protagonisti, in cui i corpi si confondono tra cibo, bottiglie e oggetti della quotidianità.
Impatience è un volume di 206 pagine con testi in inglese e spagnolo (con sottotitoli). Autoprodotto, formato 15×20 cm, è stampato con inchiostro viola su carta opaca e copertina rossa con dettagli metallici. Qualche copia è ancora disponibile nel negozio on line di Just Indie Comics.
“Starchild” di Jim Pluk

Nell’ultima tappa del suo tour europeo, l’11 febbraio a Roma negli spazi di Studio Pilar, l’artista colombiano Jim Pluk (di cui avevo già pubblicato il fumetto Si fuera un alma en pena) ha presentato la sua ultima fatica Canosa’s Welcome, edita dalla Perfectly Acceptable Press di Chicago, e una serie di illustrazioni intitolata Starchild. Quest’ultima non è né la classica personale che cerca di dare conto delle diverse modalità di espressione dell’autore né un’opera a tema che predilige un ambito ben preciso per escluderne altri. Anzi, si potrebbe dire che Starchild è l’una e l’altra cosa, dato che all’interno di un unico grande collage a muro sono raccolte tante illustrazioni, realizzate con tecniche e stili diversi, che rimandano a quanto fatto vedere da Pluk nei suoi fumetti e al tempo stesso stimolano lo spettatore sul tema della natura umana, delle sue origini e del suo futuro. Se non mancano alcune scene di vita quotidiana, caratterizzate per lo più dalla presenza degli animali, a dominare sono soprattutto i contatti tra l’uomo e altre forme di vita, espressione grafica dell’interesse preponderante del nostro per il mistero, l’ignoto, l’alieno. Il tema non a caso ritorna in Canosa’s Welcome, dove viene messo in scena l’incontro tra la bambina protagonista e due extraterrestri. E a sentire quanto raccontato nel corso dell’incontro presso Studio Pilar, anche le future opere a fumetti di Pluk rimarranno nello stesso territorio, dato che ha annunciato una nuova storia incentrata sulla teoria della Terra Cava. Intanto godetevi un po’ di foto che sembrano la trasposizione in toni colorati e cartoon di un universo che – come diceva qualcuno – non è terrestre.
Foto di Serena Dovì